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Autore: wari    30/05/2010    7 recensioni
E mentre sua madre si sporgeva con impeto per abbracciare quell'uomo dalla voce severa e la fronte spaziosa che era appena comparso sulla soglia, Sasuke si chiese se fosse davvero possibile innamorarsi di qualcuno in meno di due settimane. Decisamente improbabile. Assurdo. Inconcepibile. Quindi, a giudicare dall'evidenza dei fatti, il mondo era semplicemente impazzito.
(seconda classificata allo "Storm in Heaven [SasuHina contest] indetto da Red Diablo e hachi92)
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hanabi Hyuuga, Itachi | Coppie: Hinata/Sasuke
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Avrei potuto aggiornare prima, ma la Genitrice si fregò il pc (che tecnicamente sarebbe suo… ma questo è solo un irrilevante dettaglio <___<). Ora, poiché sono in fase istaminico-depressiva, pubblico. E starnutisco pure sull’html: magari per una volta la pagina mi riesce come voglio io e non come decide lui xD

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Con un leggero fruscio di carta strappata, Hinata gettò il foglio del calendario nel cestino.

Erano trascorsi sei giorni.

Se durante la giornata evitare i contatti con i nuovi coinquilini risultava in verità piuttosto semplice - a causa degli stessi che, fatta eccezione per Mikoto, erano soliti farsi educatamente i fatti loro - alle ore dei pasti lo scontro diventava inevitabile.

Richieste innocenti come “passami la salsa di soia” erano quasi fonte di panico per Hinata, che ormai condiva il cibo solo se le salsiere erano a portata di mano sua o di Hanabi.

Ad essere obiettivi, Itachi non rappresentava un grosso problema; ma Sasuke pareva assolutamente ben disposto a sgozzare chiunque avesse osato rivolgergli incautamente la parola.

In effetti, suo fratello sembrava rimasto l'unico che riuscisse a cavargli di bocca più di tre sillabe, fosse anche la minaccia di una morte dolorosa.

La casa era in uno stato di tensione costante, nonostante i buoni propositi di Hiashi che, invece, si mostrava quasi di umore allegro mentre cercava di coinvolgere poli opposti a partecipare a simpatiche attività di gruppo. Aveva rinunciato però la quarta sera quando, dopo aver proposto di vedere un film tutti assieme, Sasuke gli aveva rivolto un'occhiata tanto raggelante che sua madre si era vista costretta a rimproverarlo apertamente, per una volta.

E così, con quella stralunata situazione domestica, Hinata aveva quasi dimenticato la spada di Damocle che pendeva sul suo collo.

Anzi, con il comportamento quasi esasperante di Sasuke, che sembrava ben deciso ad osteggiare l'instaurazione di un clima – certo non felice - ma perlomeno di pacifica sopportazione, era persino arrivata a prendere in considerazione quella disgrazia come una possibile soluzione ai suoi problemi: una fuga.

Non molto onorevole, ma comunque legalizzata e persino approvata da suo padre; la soluzione perfetta.

Ma ora, con quella data cerchiata di rosso sotto il naso, non poté evitare di sentire il consueto macigno posarglisi dritto sullo stomaco. Probabilmente la sua era una preoccupazione del tutto infondata, del resto aveva tentato l'ammissione unicamente per far contento Hiashi; solo che adesso, la prospettiva di vedersi comparire tra le mani i risultati delle prove e la possibilità di aver superato il test ed essere stata ammessa in quella stupida, prestigiosa scuola privata di Tokyo esattamente come suo padre aveva sempre desiderato, le fecero montare un'ansia serpeggiante che le tolse l'appetito.

Non voleva andarci, assolutamente.

Si trovava bene, ad Osaka. Aveva degli amici, non molti, ma ne era contenta. E poi era il posto dove era cresciuta, casa sua. La casa dove c'era stata la mamma; aveva il dovere di proteggerne il ricordo, prima che Hanabi, troppo piccola per conservare qualcosa di più di una nebbia confusa, dimenticasse del tutto.

Andarsene a Tokyo era fuori discussione.

Quando suo padre l'aveva accompagnata all'esame di ammissione, due mesi prima, era stata quasi tentata di sbagliare di proposito il test, ma non ne aveva avuto il coraggio, sentendosi una specie di truffatrice ai suoi occhi. In compenso, era certa di non essere stata brillante nell'orale, il suo tallone d'Achille. C'erano quindi buone probabilità che la sua richiesta venisse gentilmente respinta.

Certo, a quel punto suo padre l'avrebbe biasimata, disprezzata per la sua incapacità e l'avrebbe trattata con freddezza, ma poi, forse, gli sarebbe passata. Lei, da parte sua, avrebbe fatto del suo meglio per diplomarsi con un buon voto e poi avrebbe continuato gli studi, per non deluderlo più.

Sospirò.

Dalla finestra, le pareva quasi che la cassetta della posta occhieggiasse nella sua direzione.

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Dalla tromba delle scale arrivava un vago odore di minestra che, nonostante i suoi fermi propositi di reclusione spontanea in camera sua – o meglio, sua e di Itachi - riuscì a fargli venire un certo appetito. Stette per un po' a fissare in modo vacuo la copertina del libro che aveva tirato fuori dalla roba di suo fratello - solo per scoprire che, come aveva sempre supposto, il Diritto non lo interessava neanche minimamente – e poi si alzò, lasciando il tomo sulla libreria.

Ormai Sasuke aveva adottato una politica che Itachi definiva di “guerra fredda”, con gli altri abitanti della casa. Scendeva alle ore dei pasti, elargendo sguardi truci a chi osava intralciare il suo cammino e rispondendo in modo così gelido da rasentare la maleducazione. Già dotato di un carattere naturalmente scostante, il nuovo esasperante atteggiamento gli riusciva in verità piuttosto semplice da attuare, ma subodorava che a breve il leggero biasimo di Mikoto la quale, intuendo il suo disagio per la nuova situazione in quanto adolescente in fase di crescita - e Sasuke era quasi convinto che fosse stato Itachi a persuadere la madre in questo senso – si stava comportando più pazientemente di quanto lui si fosse ragionevolmente aspettato, sarebbe esploso in una ramanzina secolare.

Sasuke aveva quindi trascorso gli ultimi giorni a formulare nuovi piani per poter esprimere efficacemente il suo muto risentimento, senza però incappare nelle ire di sua madre; attività molto impegnativa che attualmente lo aveva visto costretto a trascorrere più di due terzi della giornata chiuso in camera da solo o in compagnia di un silenzioso Itachi ed i suoi manuali di Diritto.

All'ennesimo brontolio di protesta del suo stomaco, si decise ad uscire, chiudendosi silenziosamente alle spalle la porta della stanza.

« Ah, Sasuke, eccoti qua... » Mikoto spuntò fuori dalla camera da letto. Si stava infilando un orecchino – impresa che doveva essere quantomeno titanica, a giudicare da come stava stirando il lobo con aria concentrata – ed indossava un abito blu, piuttosto elegante. Sasuke la squadrò da capo a piedi, registrando quei dettagli con vago panico.

« State uscendo. » asserì infine, quando dalla stanza emerse anche Hiashi Hyuuga, in completo scuro.

Mikoto sorrise, radiosa.

« L'ho sempre detto che sei perspicace. » lo prese in giro. Poi assunse un tono pratico, riuscendo finalmente a piazzare il gioiello al suo posto. « Hinata chan sta preparando la cena... Noi faremo tardi, non aspettate alzati. Comunque c'è Itachi ed il numero del ristorante... »

« Quanti anni pensi che io abbia, kaa san? » si ritrovò a chiederle, paziente.

Lei sospirò, dandogli un leggero buffetto sulla guancia.

« Lo so, lo so... Fammi fare la mamma, ogni tanto. »

Sasuke si strinse nelle spalle, sibilando qualcosa di indefinito e cedendo il passo a lei e a Hiashi, che lo salutò con un breve cenno del capo. Poco dopo, sentì la voce flebile di Hinata che li salutava dalla cucina e quella squillante di Hanabi, che li accompagnò alla porta, raccomandandogli di fare tardi. L'ammonimento di Hiashi, che intimava alle figlie di andare a letto presto, perse di qualsiasi serietà sotto le falsissime rassicurazioni della bambina.

« Guardiamo un film dell'orrore? Ne inizia uno alle undici meno un quarto! » propose infatti neanche cinque minuti dopo, non appena si sedettero a tavola.

Hinata finì di servirle la sua porzione, scoccandole uno sguardo di rimprovero.

« Non credo proprio sia una buona idea... »

« Che film è? » intervenne Itachi, mentre si ingegnava a rompere l'uovo nella sua ciotola di tsukimi udon*.

« “L'alba dei morti ammazzati quattro”! »

«Almeno non è “I criceti contro Dracula”. E' già un passo avanti. » brontolò Sasuke, rimestando il contenuto della sua ciotola con aria annoiata. L'insana passione per i film horror che Itachi aveva ereditato da Shisui, un individuo che Sasuke preferiva evitare di considerare suo cugino – sebbene, purtroppo, quello fosse esattamente il suo ruolo - non aveva mai portato a felici conseguenze. Ricordava con orrore tutte le notti che, da bambino, aveva passato nel terrore di veder spuntare zombie putrescenti dall'armadio e psicolabili armati di motosega in giardino. Ora, cresciuto, questo genere di cose gli scivolava addosso senza danno, ma, a parte la nervosa eccitazione di Hanabi, quello che aveva letto negli occhi di Hinata al solo sentire il titolo del film, lo aveva messo in all'erta.

« Non è meglio se ce ne andiamo a dormire come persone normali? » propose quindi, atono.

« Hai paura, otouto? » lo stuzzicò invece Itachi, mentre Hanabi ghignava, la testa opportunamente nascosta dietro la ciotola.

Sasuke sospirò. Era una battaglia persa in partenza.

« E va bene. Ma nessuno venga a piangere da me, stanotte. » e con un'occhiata di sfuggita ad Hinata, tornò a concentrarsi sulla cena.

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Con le palpebre serrate, le erano arrivati solo inquietanti lampi di colore. Bagliori rossastri che il cervello di Hinata era riuscita ad associare ad una serie infinita di carneficine, squartamenti e stragi più o meno truculente. Del resto, le grida torcibudella dei protagonisti erano state un valido supporto alle sue fantasie.

Gli altri invece parevano essersi divertiti, chi più chi meno.

Itachi aveva seguito il film con serietà, sorridendo in alcuni punti che, secondo l'annoiata telecronaca di Sasuke, erano così ridicoli che una partita di bocce tra anziani sarebbe stata ben più coinvolgente. E, in effetti, in era in questi momenti che le risate di Hanabi avevano superato i decibel consentiti, costringendo Hinata ad ammonire la sorella; Hanabi aveva semplicemente continuato a soffocare le risa con un cuscino premuto sulla faccia; cosa ci fosse di esilarante in un cadavere macilento che sgorgava sangue dalle orbite vuote, poi, questo Hinata non l'aveva ancora capito; ma si era coperta gli occhi con discrezione, stritolando il bracciolo del divano e aspettando che finisse.

E ora, nonostante non avesse fatto altro che protestare, sostenendo di non avere sonno, Hanabi era crollata come un sasso non appena aveva posato la testa sul cuscino, e lei era rimasta lì, nel buio della stanza ad ascoltare il silenzio.

Ora, logica e razionalità le stavano spiegando con voce pacata che, a quasi sedici anni, avere paura di zombie risorti o qualsiasi cosa fossero, era estremamente patetico ed infantile. Del resto, la casa silenziosa, i rumori attutiti in strada, l'odore un po' stantio degli avanzi di minestra, le urlavano di accendere la luce prima che un cadavere le comparisse alle spalle.

Si tirò a sedere di scatto, odiandosi per quel suo comportamento da bambina paurosa.

Ci mise quasi venti minuti per decidere che aveva urgente bisogno del bagno e, quando finalmente sgattaiolò fuori dalla stanza, prese a voltarsi per guardarsi le spalle più volte di quanto fosse umanamente comprensibile, soprattutto in considerazione del fatto che, col buio del corridoio, fosse stata seguita da un corteo vestito a festa, non se ne sarebbe accorta.

Quando uscì dal bagno, chiudendo cautamente la porta, si era un po' tranquillizzata e con un moto di orgoglio, si stava decidendo ad accantonare quelle paure infondate e tornarsene a letto, risoluta a dormire senza curarsi del resto.

Poi urtò qualcosa. Qualcosa che emise un gemito sordo.

Hinata restò paralizzata al suolo, gli occhi spalancati, senza avere il coraggio di voltarsi. Boccheggiò per una frazione di secondo, poi gridò.

O almeno cercò di gridare, ma l'urlo le morì in gola, quando una mano le si serrò stretta proprio davanti alla bocca.

Si divincolò, assestando una gomitata all'aggressore, pestando piedi e contorcendosi come un'anguilla, cercando di liberarsi. Doveva gridare, fuggire, svegliare Hanabi, chiamare la polizia...

« Hinata... Hinata! » il bisbiglio, più forte dei precedenti, la spinse ad immobilizzarsi di colpo.

« Sa... Sasuke kun...? »

Una voce contrariata, attutita.

« Sasuke kun un corno... volevi uccidermi? »

Hinata riprese a respirare.

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Il pendolo batté le due.

Il naso era ancora lì, attaccato alla sua faccia, ma Sasuke aveva la netta impressione che Hinata glielo avesse quasi rotto, con quella maledetta gomitata.

« Mi... mi spiace... » borbottò ancora, imbarazzata.

Sasuke scosse la testa, brusco. Dopotutto, era stato lui ad afferrarla alle spalle come un malintenzionato. Che poi le avesse tappato la bocca solo per evitare che svegliasse il vicinato, lei non poteva saperlo.

« La prossima volta sii meno silenziosa. Così me ne accorgerò, se c'è qualcuno in bagno. » brontolò, burbero.

Lei gli passò il ghiaccio, premurosa, studiandogli il naso come se fosse il cadavere di un truculento omicidio commesso da lei stessa. Gli occhi chiari, grandi e un po' spettrali, esprimevano dolore e contrizione.

« Senti, non è il caso di fare quella faccia. » iniziò Sasuke, sorprendendo per primo se stesso, considerato che, almeno a detta di Itachi, tra i suoi più grandi talenti c'era quello di drammatizzare fino allo spasmo ogni inezia. « Non è morto nessuno, dopotutto. Solo, se decidi di farmi fuori, sappi che preferisco una fine rapida ed indolore. »

Lei annuì, nascondendo il viso paonazzo sotto la frangetta. Sasuke scrollò le spalle, rassegnato, e fece per andarsene.

« Tu... » Hinata aveva iniziato a borbottare qualcosa, pianissimo. « Io... volevo chiedertelo da un po'... ecco... »

Sasuke sollevò un sopracciglio e si voltò, rivolgendole uno sguardo incalzante, ma ben deciso a voltarle le spalle se non fosse riuscita ad articolare una frase almeno comprensibile entro i tre secondi seguenti.

« Tu... ci odi? »

La domanda, insolita, quasi impertinente, pronunciata come un sussurro poco più che inudibile, riuscì non si sa come a risuonare nel silenzio della cucina.

« Chi. » si trovò a domandare Sasuke, che non era certo di aver afferrato correttamente il senso della domanda.

Hinata prese ad agitarsi sulla sedia, torturandosi i polpastrelli, con evidente disagio.

« Noi... nostro padre, Hanabi... me. »

L'altro non rispose, preferendo invece spostare la sua attenzione sul soprammobile a forma di tanuki* che stava appollaiato sul tavolino del salotto, accanto ad un vaso cinese.

« E tu? Tu non ci odi? » borbottò, senza guardarla. Era piuttosto bruttino, quel tanuki.

Hinata restò in silenzio per quasi trenta secondi. Poi mugolò qualcosa di indistinto.

« Io... non so. » sussurrò, infine. « Siete piombati qui... è stato tutto così... veloce... »

Lo sbuffo di Sasuke fece quasi eco.

« Non è che noi siamo stati così entusiasti di venire qui così, su due piedi. » disse, amaro.

« Immagino... » iniziò lei, cauta. « Anche io sarei almeno... arrabbiata, con noi... »

« Non siamo noi, i malvagi invasori? » ribatté Sasuke, sarcastico.

Hinata si alzò, spingendo indietro la sedia senza far rumore.

« Non... non ha importanza chi è arrabbiato con chi, oramai... » più che un'affermazione era un'ammissione. Un'ammissione che le stava costando evidente fatica. « Loro... tou san e Mikoto san... sembrano felici, insomma... »

« Pare siano gli unici. » sputò fuori Sasuke, lapidario.

« Ma lo sono. Noi non... Non abbiamo il diritto di impedirgli di esserlo... »

Sasuke affondò le mani nelle tasche del pigiama, stizzito.

« E noi? Non non ne abbiamo il diritto? » lo disse tanto rapidamente e tanto a bassa voce che, per un attimo, sperò di averlo solo pensato. Ma non doveva essere così, perché, con la coda dell'occhio, distinse Hinata che spalancava gli occhi, sorpresa, per poi riabbassarli subito dopo, le mani a stritolare un lembo del pigiama a pois, decisamente troppo infantile per le forme generose della ragazza; Sasuke distolse completamente lo sguardo, costringendosi a fissare quel maledetto tanuki di cattivo gusto.

« Me ne vado... » lo dissero contemporaneamente, lui tra l'imbarazzato e lo scocciato e lei, tremante e dubbiosa, come se avesse appena sganciato una bomba senza conoscerne gli esatti effetti.

Sasuke, che intendeva solo andarsene a dormire, lasciando cadere quel dialogo sin troppo intimo e quasi folle, specialmente a quell'ora del mattino, sollevò un sopracciglio, voltandosi.

Hinata stava sformando la stoffa del suo pigiama con perizia chirurgica.

« Io... forse... forse presto me ne andrò... a Tokyo. »

« Per quella storia della borsa di studio... ? » chiese Sasuke, ripescando vaghi ricordi di conversazioni tenute a tavola; lo chiese più per la curiosità di scoprire quale fosse il nesso che connetteva la faccenda al precedente dialogo.

Lei annuì.

« Così... toglierò il disturbo... dovrete solo... trovare qualcuno che cucini, ma c'è la governante, che... »

« Ma questo che c'entra? » si ritrovò a chiederle, esplicitamente, prima che lei andasse del tutto alla deriva. Da come l'aveva superato, a passi leggeri, dirigendosi verso le scale, sembrava che una volta sfiorato l'argomento fosse saltata sulla difensiva ed ora stesse cercando di battere in ritirata in tutta fretta.

Si bloccò, le dita già tese verso il corrimano.

« Io... toglierò il disturbo... voi... starete più larghi... »

« Tu non ci vuoi andare affatto. » sentenziò Sasuke, sicuro. E fu certo di aver colto nel segno, quando lei si girò di scatto, muta.

« E' perché lo vuole tuo padre. » concluse, e fu quasi certo di aver messo il dito in una piaga aperta. Hinata si mordicchiò nervosamente il labbro.

« E' meglio per tutti. »

« E cosa è meglio per te? » la domanda, scettica e quasi accusatoria, restò sospesa nel vuoto.

Hinata augurò una fugace buona notte e salì rapida i gradini.

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Note:

*tsukimi udon: minestra di uova e pasta

*tanuki: procione. E non ho idea del perché qualcuno dovrebbe comprare un soprammobile a forma di procione. Mah.

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Sono così brava che rispondo persino ai commen… *linciaggio*

Un milione di grazie per le recensioni, comunque. Mi aggiro in acque sconosciute e sentire pareri (oltre a quelli delle giudici) fa bene alla salute xD

 

Ainsel: sono felice (enormemente felice *-*) che ti piaccia. A dire il vero i personaggi, soprattutto Itachi, sono un po’ OOC… mi sono fatta gli sconti sulla pena, visto che la storia è ambientata in AU (sporchi mezzucci e labili scuse *si fustiga*). E nei dialoghi tra Itachi e Sasuke mi sono lasciata trascinare troppo. Devono essere le ripercussioni che l’avere un fratello ha inciso nella mia povera psiche a livello inconscio *scuote la testa*

Aspetta… da dove hai detto che hai fatto l’accesso…?! …ok, vado a gongolare in un angolo. Con estrema dignità, eh. *saltella spargendo petali di viole*

 

Wendy94: difatti, non ho mai scritto niente di più romantico di questa roba (e sorge spontanea la domanda: “ma sei pazza ad iscriverti ad un contest sul SasuHina?” Risposta: “sì.”). Diciamo che “si fa quel che si può con i mezzi che si hanno” xD Spero comunque possa essere di tuo gradimento. Bax, abbrax e abracadabrax anche a te xD (orpò sembra una maledizione celtica *lol*)

 

apheniti:  mah, buono a sapersi… io pensavo fosse alquanto banale, a dire la verità ^^” (anche se le giudici mi avevano rassicurato su questo punto… sì, sono un essere patetico che necessita di rassicurazioni, a quanto sembra) Ma se mi dici che il tema è originale son contenta *-*

 

evechan: oh che bello, l’hai notato *-*. No, perché il cambio di paragrafo mi costa un combattimento corpo a corpo col tag p che mi fa perdere in media tre anni di vita a capitolo *distrugge il pc a colpi di rasengan*… sì, sono catastroficamente inabile.

 

ecila94hina: mi spiace di averti lasciata preda di  un simile dilemma morale xD E’ già bello che tu abbia letto il primo capitolo e ti sia fermata a commentare, quindi libera da vincoli e mettila dove ti pare. Secondo me stampata e accartocciata, ‘sta storia è utile pure da mettere sotto la gamba del banco per evitare che traballi u__u (metodologia Art attack per il riciclo delle Cose Inutili).

 

 

 

 

  
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