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Autore: CottonBatu    30/05/2010    7 recensioni
Piove.
Genere: Generale, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ermione odia la pioggia

Ermione odia la pioggia. E pure i pini.

 

 

 

 

 

 

 

Piove.

Ermione chiude la finestra che dà sul pineto accanto casa sua, con una smorfia disturbata che le abbruttisce il volto raggrinzito e magro.

Ermione odia la pioggia. E pure i pini.

Odia come la pioggia sia così umida, bagnata, logorante, scrosciante, dirompente, debosciata.

Ci stai sotto e i vestimenti leggieri ti si appiccicano addosso e a quel punto addio pudicizia, benvenute trasparenze. I capelli si appiattiscono sulla testa, si attaccano alla fronte come gli amanti più spudorati e smaniosi, gocciolano e pesano, fornicano tra loro, s’intrecciano, si uniscono, amanti inseparabili, vogliosi e voraci, lascivi e depravati.

Odia come i pini abbiano aculei così pungenti, come siano così perpetuamente verdi, come non dimostrino mai l’età che hanno, neanche d’inverno, quando gli altri alberi si struccano e si mostrano in tutta la loro naturale vecchiaia, rugosi e miseri.

Proprio come lei.

Il suo volto era bello una volta, i suoi occhi scuri e intriganti erano energici, espressivi, elusivi, i suoi lineamenti erano puri, tenui, carezzevoli, seducenti. La sua pelle era liscia e diafana, profumata di buono e di giovinezza, la sua mente vivace e sognatrice, carica di speranze e aspettative su cui aveva ancora la forza e la voglia di contare.

Ermione chiude gli occhi, Ermione è stanca ora.

La pioggia s’infrange contro i vetri delle finestre, scivola meretrice lungo la grondaia, si struscia languida contro la vernice, affonda nelle screziature del palazzo, s’insinua, si nasconde, si trastulla.

Tace, Ermione. Tace e ascolta

Non c’è voce umana che corrompe il suo orecchio, non c’è rumore mortale che violenta la sua memoria.

C’è la pioggia.

La pioggia che cade, la pioggia che purifica, la pioggia che pulisce, che lenisce le ferite, che svanisce tra le fronde.

La pioggia che viola la terra, che penetra, profana, stupra i mirti divini e le ginestre fulgenti di fiori accolti, che si struscia sui pini scagliosi ed irti, che bagna le mani ignude e i volti silvani, incurante, impietosa, implacabile.

La pioggia ride, la pioggia cade e coccola i suoi figli, li accoglie, li accudisce e li illude.

Illude le menti giovani, illude il rimembrare vivido nel suo tocco, illuse e illude, ancora, di nuovo, per sempre.

Tace, Ermione. Tace e ricorda.

Ricorda di quando la terra profumava di vita, ricorda di quando amava la pioggia e non si curava della giovinezza ostentata dei pini pungenti perché lei era più giovane e più bella e più viva e più verde di loro.

Ricorda i risolini soffocati, lo scroscio impertinente della pioggia, la sorpresa virulenta, le carezze impudiche, i sospiri malcelati.

Ricorda, Ermione. Ricorda e piange.

Piange al riparo dalla pioggia, piange e si dispera, piange e sembra che l’acqua le bagni di nuovo le guance, piange e la natura canta per lei.

Corre alla finestra e la spalanca, audace, miserabile, smaniosa, desiderio sfrenato di udire di nuovo quella canzone, solo una volta ancora, solo un momento ancora.

E il pino canta per lei, il mirto canta per lei, il ginepro canta per lei, un coro di voci, strumenti diversi, orchestra ancestrale, immortale e crudele che la strazia, le apre il petto e le strappa via il cuore.

Piange, Ermione e le sue mani ignude sono bagnate di lacrime, ora

La cicala dirige la sua orchestra, canta anche lei, suona anche lei, si prostra, si inchina rispettosa per lei, ma la pioggia è troppo forte.

Il suo canto è il più potente e sovrasta, spegne, distrugge il lavoro delle figlie dell’aria.

Ermione tende l’orecchio; ascolta, ascolta.

Un nuovo canto accompagna la sua mestizia, la figlia del limo è giunta lì per lei, per onorarla, per infliggerle l’ennesimo colpo mortale nella memoria.

La rana gracida ora piano, ora più forte, poi smette, poi ricomincia, ora piano, ora più forte. La rana è venuta per lei, canta per lei una serenata che solo lei può cogliere e comprendere.

Piove.

Ermione sospira, singhiozza, si calma,

singhiozza ancora, trema, si calma.

Il vento profuma di vita, il vento aiuta la pioggia.

Piccole gocce le arrivano sul viso, si mischiano alle lacrime, si uniscono, si fondono depravate le une con le altre e scivolano.

Scivolano sulle guance scarne, scivolano sul collo teso, scivolano sul petto diafano, scivolano sulle labbra tremanti e screpolate.

La pioggia la rivuole con sé, Ermione, la pioggia è la madre affettuosa che non abbandona mai i suoi figli.

La natura canta per lei, la pioggia la rivuole con sé, il vento è ausilio di unione, ma Ermione è sola ora; nessuno più con cui respirare, nessuno più per cui vivere.

Il cuore nel petto è come un frutto marcio e rovinato, tra le palpebre gli occhi sono come stagni putridi, i denti negli alveoli mandorle troppo mature per essere colte.

Non c’è più nessuno che corre con lei, mai più baci nascosti, mai più labbra che la cercano incuranti della pioggia che la bacia per prima come fosse anche’essa un’amante.

Lo sguardo di Ermione si perde tra le fratte,

chi sa dove! chi sa dove!

ma il suo corpo è pesante e fermo e rigido, ora.

Non corre più, Ermione, non sente più la pioggia scivolarle lungo le gambe dal pallore dell'innocenza, non sente più il verde vigor rude che si allaccia ai malleoli e che intrica i ginocchi, Ermione è ferma ora, e non sente più.

Ermione trema, Ermione ricorda e trema ancora, di nuovo, più forte.

Guarda lontano, ma non vede niente.

Guarda il verde, ma non vede vita.

La pioggia cade, ma non cade più per lei.

Le lacrime sostituiscono il suo lavoro, bagnano il suo volto oltraggiato e triste e amareggiato e il suo corpo trema ancora, trema di nuovo, trema per sempre.

Si stringe al petto il maglione pesante e chiude la finestra;

lascia fuori la pioggia, la esclude, la abbandona, si abbandona.

Ermione le gira le spalle e si asciuga le guance con la manica logora.

Il tempo delle illusioni è finito;

troppo illuse, mai più illude,

o Ermione.

 

 

 

 

 

Hello everybody C:

Che dire, ho tenuto questa cosa per me per almeno un anno e non so bene come definirla, ma…ecco qui. Harry Potter non mi basta più, e non mi basta più da molto tempo. Immagino sia finalmente ora di rendere pubbliche le mie follie letterarie fuori dal mondo potteriano e devo dire di essere piuttosto nervosa al riguardo, ma credo sia davvero arrivato il momento di gettarmi.

Che altro dire, spero via piaciuta e, se volete, un commento è sempre il benvenuto.

A presto :)

 

 

   
 
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