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Autore: Ely79    30/05/2010    3 recensioni
Harry è Auror e vive a Grimmauld Place con la sua famiglia, ma il palazzo cade a pezzi e le memorie dei Black ingombrano ancora le stanze. Ginny, preoccupata per James e Albus e per la figlioletta in arrivo, decide di rivolgersi a chi può dar loro una mano.
Genere: Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: James Sirius Potter, Nuovo personaggio | Coppie: Harry/Ginny
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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Tavola 3 - Studio di fattibilità
Un Ron claudicante entrò al Paiolo Magico. Era esausto e non vedeva l’ora di mettere qualcosa sotto i denti. Fosse stato anche solo un piatto vuoto, l’avrebbe divorato. Nigel, David e Marvin dietro di lui erano altrettanto pesti e sfiniti. Dopo la missione notturna, la prospettiva di una buona giornata stentava a concretizzarsi. Si diressero al tavolo che Tom destinava loro abitualmente e, con grande sorpresa, lo trovarono occupato dalla signora e signorina Weasley. Il volto dell’Auror s’illuminò mentre le raggiungeva zoppicando.
«Ron! Che ti è successo?»
«Niente, niente. Ehi, patatolina di papà! Hai portato mamma a farmi una sorpresa? Ma che brava la mia streghina!» disse sollevando in aria la piccola che cominciò a sgambettare allegra.
«Ron…»
«Sto bene, è solo una distorsione»
Hermione diede uno sguardo preoccupato ai colleghi del marito che prendevano posto lamentandosi. Tutti e tre fecero segno che le cose stavano come aveva detto. Affatto rincuorata, gli tirò la mantella per convincerlo a sedere. Obbediente, il marito si lasciò andare sulla sedia al suo fianco, allungandosi per baciarla, ma una mano sulle sue labbra lo fermò.
«È whisky quello che sento?» domandò la donna, piuttosto seccata.
«Per la miseria, Herm, è solo un goccio. Il brindisi di fine caso, è tradizione!»
«Tradizione un corno! Lo sai che non devi bere quando hai in braccio la bambina!» obbiettò, prendendo in grembo Rose.
«Non è perché prendo in braccio Rose, è perché bacio te! E tu non puoi bere whisky, cara la mia astemia temporanea» fece lui, alludendo con perfidia alla dieta della gravidanza. «Se avessi saputo che vi avrei trovate qui mi sarei lavato i denti, ma avete voluto farmi una…» e s’interruppe di colpo. «Tesoro... tutto… a posto?»
La donna sorrise. Hermione aveva deciso di farsi visitare da un normalissimo ginecologo oltre che dai guaritori del San Mungo. Aveva convinto anche Ginny ad imitarla, se non altro per orientare le scelte dei nomi e dei colori dei corredini.
«Tutto a posto» ripeté. «Il piccolo di casa saluta tanto il suo papà. O quel che ne resta»
«Andiamo, non sono… piccolo? V-vuoi dire… maschio?!? È… è un maschio?!?»
La faccia incredula di Ron scatenò un tenero risolino della bimba.
«Maschio» confermò pacifica. «Finalmente ha deciso di farci sapere chi è»
Nelle due precedenti ecografie, il medico non era stato in grado di dire nulla riguardo al sesso del nascituro, che teneva ostinatamente le manine sul bassoventre. Ora però, pareva aver cambiato idea.
Weasley balzò in piedi, riaccasciandosi subito dopo. La fitta alla caviglia non gli tolse il sorriso.
«Ragazzi, offro un giro! Avete sentito? È un maschio! Maschio! Tom, porta una bottiglia di Ogden!»
«Non ci pensare neanche!» tuonò la moglie, ma lui non la sentiva: la gioia procuratagli dalla notizia l’aveva reso sordo alle sue proteste.
«Aspetta almeno che arrivi Harry! A proposito, dov’è?»
«Infermeria» rispose spiccio Nigel.
«È ferito?»
«No, beh, sta bene. È andato ad accompagnare Lawson, cioé... lui sì che è messo male»
«Lui? Non l’Unicorno?» sghignazzò perfido David.
Proprio non riusciva a non punzecchiare l’altro, anche in sua assenza.
«Unicorno
La strega non era al corrente dell’operazione cui suo marito aveva preso parte.
«Beh, non potremmo parlare del caso, sai com’è. Atti secretati» disse Ron con aria misteriosa mentre, incurante del divieto uxorio, serviva ai colleghi un po’ di liquore. «Comunque, visto che c’è il tuo settore ministeriale di mezzo… siamo andati a fare un controllo ieri sera. Una soffiata sul contrabbando creature magiche. Unicorni per lo più»
«Santo cielo, il contrabbando di unicorni è vietato da secoli!» esclamò lei, rammentando la pila infinita di leggi e decreti a riguardo e le pesantissime sanzioni previste.
«Sì, okay amore. È vietatissimo, lo sappiamo. Nei giorni scorsi Francis ha preso contatti, facendosi passare per un compratore e noi l’abbiamo seguito…»
«Vorrei tanto sapere come c’è riuscito, quel buffone…» domandò Marvin, versando il secondo giro di whisky sotto lo sguardo irato di Hermione.
«Ehi, sto parlando io! Dicevo. Ad affare quasi concluso siamo saltati fuori, ma i contrabbandieri erano in gamba e…»
«Tutti danesi» intervenne Nigel.
«Insomma! Insomma, cominciamo a duellare. Schiantesimi, Deflagranti, Bombarde,…» ma la donna proruppe in un singulto strozzato per lo spavento.
«Oh, Merlino
«Non finisco più se continuate ad interrompermi tutti quanti!» sbottò Ron, battendo un pugno sul tavolo per ribadire il suo ruolo di narratore. «Dunque… Duelliamo come pazzi e, nella fuga, quelli liberano uno stallone che ha la bella pensata di caricare il primo malcapitato che ha davanti»
Fece una pausa, aspettando che la consorte concludesse, ma quella lo fissava in attesa del proseguo.
«Francis!»
«Oh, certo. Francis. E… come sta?»
«Grazie per l’interessamento, sembro Semitrasfigurato in un panda» rispose una voce impastata.
Lawson era appena entrato traballando nella sala. Sotto la scomposta zazzera bionda si scorgeva un occhio nero e semichiuso nonostante l’unguento. Le lesioni da creatura magica impiegavano parecchio tempo per guarire, anche se lievi.
«Mi sono spostato appena in tempo per non finire incornato, ma quella bestiaccia ha scalciato. Il medimago dice che se non mi ha sfondato la testa è solo perché m’ha preso di striscio» spiegò, ancorandosi al tavolo nel tentativo di raggiungere indenne la sedia.
I capogiri lo stavano uccidendo.
«Che peccato…» sibilò David. «Per l’unicorno, dico. Poteva vantarsi con il branco di aver spaccato la testa ad un Auror»
«Si sarebbe azzoppato, con la zucca dura che si ritrova Law!» e Marvin esplose in una sonora risata, seguito dagli altri.
«Ah, piantatela! Non me l’ha rotta, ma fa male lo stesso!» mugolò, tenendo il capo fra le mani.
«Dove hai lasciato Harry?» chiese Ron, guardando intorno mentre gli allungava il cordiale.
«Uh? Era dietro di me… starà parlando con Tom. Che si festeggia?»
«Mio figlio!»
Tutti attendevano un qualche battuta, ma Francis era talmente frastornato che tacque, ingollando d’un fiato il contenuto del bicchiere.
«Che fai qui?» chiese qualcuno dalla porta.
Harry li aveva raggiunti, tampinato dall’oste pronto per le ordinazioni, e fissava accigliato in direzione dell’Auror.
«Capo, siamo arrivati insieme, se te lo fossi scordato» osservò dolorante.
«No, scusami, non dicevo a te. Parlavo con lui» e indicò alle sue spalle.
Sul corrimano delle scale era appollaiato un barbagianni. Alla zampa portava una lettera. Harry gli fece cenno di avvicinarsi e l’animale, con due eleganti passi laterali, si portò al limite del posatoio prima di planare sul tavolo.
«Lo conosci?» fece Nigel, allontanandosi un poco con la sedia.
Non aveva grossa simpatia per quei postini: uno gli aveva quasi cavato un occhio quand’era bambino.
«È Palladio. È dell’Archimaga»
Rose lo osservava con grande interesse e timore. Probabilmente qualcosa nella testolina ricciuta le diceva fosse in qualche modo imparentato con Leotordo.
«Cì-cì-cì» chiamò, indicandolo timidamente col dito.
«Sì, piccolina, è l’uccellino portalettere» confermò la madre.
«‘ao! ‘ao!» salutò educatamente lei con la manina.
Palladio rimase immobile, passando in rassegna con sdegnoso contegno i presenti frattanto che il destinatario leggeva la missiva.
«Problemi?» domandò Ron, sbocconcellando una fetta di pane.
«No. Voleva comunicarmi che sta completando lo sblocco magico dell’attico in anticipo di due giorni sul programma»
«Soddisfatto d’aver dato retta a mia cognata?» lo stuzzicò Hermione.
Sapeva che quella faccenda non lo aveva convinto del tutto.
«Cosa posso dire? Abbiamo fatto bene ad affidarle i lavori. È in gamba, si vede. Ha molta esperienza per avere la nostra età. Però mi dà un po’ i brividi. Non è un molto socievole, è rigida, distaccata, fredda. Secondo Ginny sbaglio, ma per me era a Serpeverde. Ho questa fissa da quando l’ho incontrata la prima volta» ammise.
«Come si chiama?» s’informò David che era stato Prefetto per quella casa.
«Goldstein. Camille Goldstein»
«No, non è di Serpeverde» replicò. «Ricordo tutti gli studenti da quando sono entrato nell’Ottantanove a quando sono uscito. Un nome così ce l’avrei stampato in fronte. Non si sente spesso, ti resta impresso. Origini tedesche, olandesi, roba simile»
Harry fece spallucce, non aveva risposte. La vita privata della strega era top secret.
«Infatti, era a Corvonero. Devo averlo letto sulla Gazzetta. Sapete, quando ha sistemato la casa del Ministro. Se ne parlò per un po’. Il suo è un nome conosciuto in giro» fece Marvin pensieroso.
«Solo io non avevo idea di chi fosse?» borbottò risentito Potter, prendendo parte al brindisi.
Il gruppo si mise a ridere. Era incredibile che il più famoso eroe del mondo magico avesse così poca cognizione degli alti nomi illustri del suo tempo.
«Smettetela ragazzi, Francis non sta bene!» li zittì Hermione, indicando l’Auror che teneva le mani premute sul viso respirando affannosamente.
«Francis?» chiamò Harry preoccupato.
Il giovane inspirò profondamente, tornando ad appoggiarsi allo schienale. Era pallido da far spavento e lo sguardo sembrava febbricitante.
«M-mi gira la testa. Capo… forse è meglio… s-se vado a casa. Non… non mi sento per niente bene»
«Marvin, potresti accompagnarlo?»
«Posso andare da solo. Ce la faccio» ma il collega gli aveva già artigliato un braccio.
«Non fare l’eroe. Ne abbiamo già uno in squadra, basta e avanza. Anche in tontaggine!»

***

Camille diede una scorsa agli appunti, confrontando quanto aveva scritto con ciò che le stava intorno. Lo studiolo dell’ultimo piano era il terzo ambiente che affrontava a Grimmauld Place. Doveva ammettere che discutere a suon di fatture con quei mattoni decrepiti era per certi versi affascinante e sostanzialmente snervante. Specialmente quando si metteva di mezzo quella specie di pipistrello guerriero che era l’elfo di casa. Aveva fatto il demone a quattro quando si era avvicinata ad una delle due camere da letto di quel livello. La signora Potter le aveva spiegato che apparteneva ad una persona a cui Kreacher era molto affezionato e l’aveva pregata di trattarla con riguardo, modificandola il meno possibile.
«Trattarla con riguardo… ma stiamo scherzando? Vogliono che ristrutturi questo posto o mi prendono in giro? Non si può lavorare così» sibilò, incurante dello scalpiccio sul pianerottolo. «Vorrei sapere chi diamine mi ha convinta ad accettare quest’incarico. Quella no perché l’elfo ci è affezionato, l’altra neppure perché era del padrino di Potter e guai a togliere quelle porcherie appiccate ai muri! Il buco dell’elfo no perché è meglio resti così, il soggiorno grande a doppia altezza magari potremmo abbassarlo e fare delle altre stanze… Perché diamine non hanno comprato una villetta in periferia se volevano dei loculi e non delle stanze degne di questo nome? Giuro che non lo capirò mai. Agrippa*, che pazienza ci vuole!»
Udì una risatina che la fece sobbalzare.
La porta era aperta sul pianerottolo, dove il figlio maggiore dei Potter la osservava divertito succhiando una bacchetta magica di zucchero.
Aveva specificato sin dal principio che bambini ed elfi domestici dovevano stare ben lontani dalle stanze interessate dai lavori di ristrutturazione. Gli incantesimi che impiegava potevano essere molto pericolosi e lei teneva molto alla sicurezza sul luogo di lavoro, a costo d'essere pedante.
«Cosa vuoi? Non puoi stare qui» lo sgridò, visibilmente contrariata.
«Io ttego!» rispose baldanzoso il piccolo, sventolando una bacchetta di zucchero.
«Tu… cosa?»
La risposta l’aveva presa in contropiede, più per il tono che per il suo significato. James le si avvicinò, sfoderando un sorriso birichino. Fece appena in tempo a bloccarlo, prima che mettesse i piedi sul Cerchio di Drómi** che stava agendo sulle fatture più antiche. Sarebbe bastato sbavare una runa per destrutturare l’equilibrio magico di quell’ambiente e chiunque poteva facilmente intuire che in assenza di quella condizione base sarebbe stato rischioso proseguire nelle opere.
«Tu è ttega,» disse, poggiando le manine sulla sua gamba per essere più eloquente, prima di portarsele al petto e proseguire con un altrettanto significativo: «io ttego! Gadda!»
La donna, basita, tentava di ricostruire una sintassi comprensibile quando James prese ad agitare il dolcetto, simulando il rumore prodotto dai sortilegi.
Acchiappare un marmocchio di due anni fu un’impresa ben più ardua del rimuovere uno Spiritello delle Pozzolane dalla cupola del Pantheon.: scivolava via dalle mani peggio di un Avvincino intinto nell’olio.
«Fuori e restaci!» ordinò quando riuscì a spingerlo nuovamente sul ballatoio, senza che avesse miracolosamente operato alcun genere di danno.
Lui rispose continuando ad imitarla, muovendo convulso le braccia nell’aria. Avrebbe voluto impartirgli una sonora ramanzina, ma dubitava avrebbe capito i motivi che la spingevano. Chiuse la porta, ripetendo dentro di sé di non farsi intenerire da eventuali suppliche o scenate.
Recuperò il blocco caduto a terra e controllò il Drómi. I contorni del cerchio erano ancora verde-azzurri, segno che non aveva ancora concluso lo sblocco dei Difensivi, mentre le rune, ormai di un giallo pallido, indicavano che i Dissimulanti, i Silenzianti ed i Distorsori erano stati annullati.
Un tonfo fuori, sulle scale. Pochi attimi di silenzio. Un pianto dirotto.
«Oh, Agrippa santissimo, ma cos’ho fatto di male?» borbottò fra sé, pestando un piede per sottolineare quanto quelle perdite di tempo la infastidissero.
Spalancò la porta e trovò il bambino raggomitolato a faccia in giù sul pavimento che piangeva disperato.
«So che me ne pentirò» mormorò fra sé, inginocchiandosi accanto al fagottino.
Posò una mano sulla schiena che sobbalzava ad ogni singhiozzo e sforzandosi di apparire il meno seccata possibile, gli domandò il perché di tutto quell’inutile chiasso. Un poco alla volta, tirando sul col naso, James si mise a sedere sconsolato.
«Otta! Otta!»
«Otta?» chiese Camille, senza capire.
Le porgeva la bacchetta di zucchero, spezzata irrimediabilmente in tre parti dalla caduta.
«Ttega aggiutta! Tu aggiutta!» la incitò.
«Aggiu… Vuoi che aggiusti questa roba? Ma non si può! È impossibile!»
«Ttegga aggiutta! A maggìa!»
«La magia non serve, il cibo rientra nelle eccezioni di Gamp, lo sanno tutti. Il cibo non si crea dal nulla e non si modifica, è una qualità intrinseca che nessun mago può cambiare. Ricreare il legame tra questi frammenti per renderli un unicum come da principio, è impossibile» spiegò, rendendosi conto che il suo interlocutore doveva ignorare il significato di quelle parole. «Rimarranno così. Stringi, o ti cadranno sulle scale» e gli fece chiudere le dita sulle astine appiccicaticce.
Tornando nello studiolo, si domandò quanto sarebbe trascorso prima che le lacrime del bimbo esplodessero nuovamente, obbligando l’elfo a raggiungerli e a portarselo via una volta per tutte. L’interrogativo rimase tale: James taceva, rannicchiato un po’ su sé stesso. Di sicuro stava rimuginando qualcosa, e l’Archimaga aveva tutta l’intenzione di restarne all’oscuro. Aveva pensieri ben più complessi da seguire.
Il perimetro esterno del Drómi era impallidito. Le tracce lasciate dal gesso sul parquet stavano lentamente tornano al candore originario. Attese ancora qualche istante perché l’ideogramma completasse il suo corso, verificò con un incantesimo la sua effettiva efficacia, e lo dissolse con un colpo di bacchetta.
Spuntò dall’elenco delle procedure lo svincolo di quel locale dalle protezioni magiche e cercò nella borsa le ampolle per la fase successiva: pulizia e consolidamento. Pozione Solvente per eliminare le vecchie carte da parati tarmate, di un tenue color zaffiro, ed il Filtro Amun-Ra**, che spandeva una tenue aureola dorata, per dare nuova vita alle strutture e agli incantesimi che le sorreggevano. Rilesse con attenzione le istruzioni, meditando eventuali ritocchi alla stregoneria che si apprestava a compiere. Era sempre bene ripassare ogni dato, ogni aspetto, per non cadere in errore. L’Archimagia non ne ammetteva.
Prese un piccolo contenitore d’argento e versò dieci gocce della prima pozione e sei della seconda, mescolandole con un bastoncino d’olivo. Il liquido cambiò colore, divenendo opaco e violetto. Emanava un odore freddo e pungente che cominciò a spandersi nell’aria. La donna socchiuse gli occhi, ignorando il leggero senso di stordimento che le provocavano i vapori. Con l’ausilio di un Levitante, fece in modo che il preparato andasse a spandersi lungo lo zoccolino, cominciando ad agire immediatamente. Aloni dal margine iridescente andavano allargandosi con esasperante lentezza sui rivestimenti logori.
Sedette sul profondo davanzale della finestra, frugando ancora nella borsa, e ne trasse una clessidra.
«Due ore dovrebbero bastare» meditò, valutando la resa della pozione.
Agitò l’orologio d’ottone e lo posò sul pavimento. Prese gli schizzi di quel piano, tornando a valutare per l’ennesima volta le varianti chieste dal cliente.
«Mantenere le camere così come sono, che idea assurda» brontolò per l’ennesima volta. «Avrei creato un magnifico terrazzo a pozzo con un accesso nascosto alla guferia ed un angolo relax molto intimo. Sarebbe stato uno splendido angolo di Bali in piena Londra. Invece no, conta di più la camera del padrino morto da idiota piena di oscenità vecchie di trent’anni!» sbuffò.
Stava per posare la penna d’aquila sulla pergamena ed apportare una correzione alla dicitura quando un suono si sovrappose allo sfrigolio della tappezzeria che si dissolveva. Un raspare, insistente e sottile, faceva da sottofondo alle frasi incantate che guidavano il risanamento. La cosa la impensierì non poco. Aveva letto di Demoni delle Soffitte e dei Ghoul e dell’uso che ne era stato fatto in un passato non troppo remoto. Era possibile che ne avessero costretto uno fra quelle pareti? Non aveva molto senso. Occorreva un tipo di Anatema molto complesso ed instabile; era un sistema impiegato per la difesa nei caveau o di quei luoghi in cui venivano custodite ricchezze e manufatti magici. A quanto ne sapeva, lo praticavano esclusivamente i folletti della Grigott, che mai e poi mai l’avrebbero esteso ad una semplice abitazione. Meglio comunque accertare se fosse opera di magia ordinaria prima di avanzare ipotesi. Poteva trattarsi di un Gratta e netta lanciato per dispetto dall’elfo di casa.
«Encanto Revelio!» ma non apparve alcun scia luminosa.
Il rumore era generato da qualcosa all’esterno. Qualcosa di normale.
«Oh, no. Agrippa aiutami…» supplicò levando gli occhi al soffitto, quasi che l’antico mago romano potesse venirle in soccorso.
Lentamente, socchiuse l’uscio ed abbassò lo sguardo sul legno consunto. Il guastafeste era sdraiato sulle assi e vi sfregava un avanzo della bacchetta. Cosa rappresentasse l’intrico di linee ondulate che si spezzavano in corrispondenza delle venature, riannodandosi in gomitoli disordinati qua e là, non era dato sapere.
James si girò a guardarla. Sotto i capelli arruffati aveva lo sguardo ancora arrossato ed il naso che colava, ma sorrideva. Aveva il sospetto che qualunque cosa stesse per dire o fare, l’avrebbe trovata sgradevole.
«Io didegno» esordì fiero.
La strega strabuzzò gli occhi. Le parole in sé erano poco significative, eppure l’avevano lasciata sgomenta.
«Di… disegni? Che cosa?»
Di solito non perdeva tempo in quel genere di incontri, le era capitato altre volte di avere intorno mocciosi pestiferi, che però riusciva ad allontanare con una sola occhiataccia. Perché il signorino Potter era diverso? Perché non era corso a cercare conforto dalla madre? E poi, che le importava di quel scarabocchiava a terra?
Il piccino allungò il collo, tirandosi goffamente a sedere per spiare oltre la soglia.
«Ello» disse, accennando deluso all’interno.
«El…»
Camille si voltò di scatto, seguendo il ditino di James. Stava indicando dove prima era il Cerchio di Drómi. Dunque la sua voleva essere una versione primitiva e piuttosto personale, ma indiscutibilmente attinente di uno dei più articolati incantesimi di rottura esistenti?
L’Archiamga riesaminò il prodotto di quell’improvvisazione infantile. Due cerchi concentrici esterni, o qualcosa di simile almeno, il Pentacolo ridotto ad una nuvoletta spigolosa, tanti segnacci al posto delle rune,… certo mancavano le Linee di Ahtisaari, i Nodi Intermedi di Koivisto, l’Ideogramma di Rehn-Vatanen e molto altro ancora, ma la base era stata identificata con inquietante destrezza.
«Jamie, che stai combinando?» domandò una voce dal piano di sotto.
«Didegno co a ttega!» rispose, sbraitando allo stesso modo.
Disegno con la strega. La stava imitando ancora. No. Era impensabile, improponibile. Non si poteva fare.
Lo fissò e lui di rimando. Due tondini d’ottone brillavano irriverenti sopra le guance gonfiate da un sorriso da topo. Quel sorriso che sua madre aveva definito “peggiore di un Imperius”.
«Non ci provare neanche. Con me serve altro!» rimbrottò, rientrando.
«Io ttego! Come atte!» e soffiò forte tra i dentini.
Cercava ancora di riprodurre i suoni che aveva ascoltato.
«Ne dubito, sei piccolo» lo accusò.
La peggiore affermazione da rivolgere a James. Il cupo broncio che sostituì all’istante la sua gioia pareva minaccioso.
«Butta, ttega! Iooègaandeetubuttacattìa! Iooputteegodittega!» urlò senza versare una lacrima né prendere fiato tra le due frasi.
Non erano parolacce, solo la rivendicazione torrenziale e poco discorsiva del suo essere un maghetto con un ego fuori taglia, che non sentiva di meritare quell’insinuazione. Per Camille fu la prova che la fattibilità in tempi brevi delle opere necessitava di un ritocco al rialzo: era certa che quel marmocchio non l’avrebbe lasciata in pace.

*Agrippa: in questo caso, Marco Vipsanio Agrippa. Generale, amico e genero dell'Imperatore Augusto, edificò moltissimi edifici nell'Antica Roma.
** Cerchio di Drómi: nella mitologia nordica, Drómi è una delle catene che gli Asi usarono per immobilizzare il lupo Fenrir e che lui spezzò.

***Amun-Ra: dal dio egizio omonimo, incarnazione del sole e della creazione universale.

Un ringraziamento a chi mi sta seguendo questa storia e mi ha inserito tra le sue preferenze: ArwenBlack, domaris72, DANINO, irymat, sbrilluccica. Attendo con ansia i vostri commenti.
Per Foolfetta: l’equivoco iniziale è lecito, e nel proseguo scoprirai perché. E Ron è sempre Ron!
Per Circe: ci sono diversi personaggi che ruoteranno intorno a questa fiction, tra cui proprio Ron e Kreacher, ma preferirei non svelare oltre.
   
 
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