Sono in una
bizzarra, indefinibile fase Boh, quindi riesco a concludere solo cose
del genere.
Comunque… benvenuti nel pre-UAMPICNEHESR* (tra
l’altro scritto al presente… così in
qualche contorto modo sembra persino un
po’ meno Utopico, no?... Ok,
no. E’ che uno ci prova =___=).
Volevo tanto ringraziare per le recensioni a “Somiglianze
scomode”. Fanghérls, unitevi! E
l’UAMPICNEHESR diventerà realtà *-*
(seh. Come no. Al massimo se Kishimoto ci lobotomizza Sasuke potremo
forse evitare troppi spargimenti di sangue xD).
Per
un cassetto
Un
po’ di privacy, non gli sembra di chiedere troppo.
Solo un po’ di privacy. Tra i più basilari diritti
del cittadino.
E lui, suo malgrado, è ancora un cittadino di quel fottuto
posto.
« Sì che ne hai il diritto, ‘ttebayo! Ma
ora piantala di pontificare, teme! » sbuffa Naruto, ed il
sorriso divertito lascia il posto ad una smorfia scocciata.
Come se lui avesse
il diritto di essere scocciato.
« Guarda che qui la vittima sono io.
» si sente in dovere di chiarire Sasuke, ringhiando. E gli
sventola un paio di mutande sotto al naso.
« E’ capitato, teme! » brontola il
jinchuuriki, e gliele strappa di mano, gettandole subito dopo sul
letto. Sasuke emette un sibilo esasperato, tanto lieve che finisce
quasi soffocato dal flebile tonfo della stoffa che atterra sul
copriletto.
E’ così che fa, quando si arrabbia.
Tanto Naruto alza la voce, ululando con foga quasi animalesca, tanto
lui l’abbassa, riducendo minacce ed insulti a sussurri
rabbiosi che fanno ancora più paura.
Nessuno di loro è mai stato un signore della diplomazia e
non di rado le loro liti, dopo un notevole spettacolo pirotecnico, si
concludono con una poco sana scazzottata. Quando non si raggiungono i
picchi degli scontri a colpi di jutsu, certo.
Di solito, sta a Sakura tentare di calmare le acque. Lei minimizza,
rimette apposto i cocci e ci ride su. Loro si sentono stupidi
– e lo sono, e sanno di esserlo, anche se mai
l’ammetterebbero – e dopo due ore litigano ancora,
ma col tono bonario di chi gli insulti li usa come soprannomi.
Solo che ora Sakura non c’è.
E invece ci sono loro due, nella stanza di Sasuke, che è
diventata un po’ la stanza di tutti –
ché lui le altre le tiene chiuse, e guai a metterci piede
dentro – a guardarsi in cagnesco.
« Non trovo più nulla,
in questa casa. Non potete organizzarmi l’esistenza!
» accusa l’Uchiha, e la sua voce annuncia tempesta.
« Troveresti le cose, se le cercassi nel loro posto!
»
« Il loro posto è quello in cui le avevo lasciate,
dobe. »
« Intendi quando te ne sei andato ad Oto? Sette
anni fa?! »
L’Uchiha pare accusare il colpo, ma si riprende subito.
« Proprio
così. »
sibila, assottigliando gli occhi. « E di sicuro non avevo
lasciato le tue mutande
tra le mie cose.
»
« Ci sono capitate! »
« Pure queste?!
» e vedersi cacciare sotto al naso svariati capi di
biancheria di Sakura non giova al già scarso autocontrollo
del jinchuuriki. « Ce le avevo nel
letto.» aggiunge Sasuke, irritato.
Naruto indietreggia.
« Ma allora tu… lei… tu
e lei… » balbetta, folgorato.
« E non mi avete detto niente?! »
Sasuke lo fissa per un paio di secondi.
Poi, evidentemente, ricorda di essere un genio e, realizzata
l’ambiguità della precedente affermazione, lascia
cadere le mutandine ed il reggiseno.
« Che cavolo hai capito, imbecille
colossale che non sei altro? » mugghia,
con sdegno. « Io non… lei non… proprio
no. Assolutamente. »
« Si… sicuro? Guarda che non ci sarebbe niente di
male, insomma, cioè. Lei ti ama, lo dice da una vita, e
tu… beh, tu… » Naruto si incarta e poi
assume un’aria meditabonda, che poco gli si addice.
«Bah, teme. Tu sei tu. Con tutte le conseguenze del caso.
» scuote la testa bonariamente, come se stesse parlando del
suo bambino troppo vivace. « No, hai ragione. Probabilmente
non avete fatto niente. » conclude infine, e la notizia
sembra renderlo più tranquillo.
Sasuke emette una sorta di basso ringhio, che può essere
interpretato in egual misura come un’espressione di stizza o
una minaccia di morte tramite genjutsu.
« Non è questo il punto. » abbaia.
« E dimmelo te qual è il punto, genio! Non ho
iniziato io, mi pare! »
Sasuke lo guarda per una frazione di secondo, incredulo.
Poi esplode.
Il
terzo gradino a partire dal basso è marcio.
Lo sanno tutti e due.
Sasuke ha imparato a saltarlo all’età di nove anni
e mezzo, più o meno da quando l’umidità
ha iniziato ad intaccare le mura della casa, assalendo per prima cosa
la scala, che è di legno, e solo gli dei sanno il
perché.
Ma tant’è, Sasuke aveva altro a cui pensare che
mettersi a riparare gradini, e il malvagio è rimasto
così.
Naruto l’ha appreso in seguito, dopo averci quasi rimesso una
gamba, in pratica. L’hanno riparato alla meglio, lui e
Kakashi sensei, ché a Sasuke continuava a non interessare un
granché – e certo, lui
lo saltava a memoria, c’era o non c’era non
cambiava niente - ma
il gradino non ha comunque un bell’aspetto.
E scricchiola. Dei crepitii da far invidia ad un falò.
Così Naruto lo salta, e tanti saluti.
Solo che ora la scala l’ha scesa di fretta, perché
Sasuke lo vuole ammazzare.
Ha schivato il primo assalto e si è lanciato al piano di
sotto, il teme alle calcagna.
La cosa lo diverte, in verità.
Naruto adora fare
rissa con Sasuke, perché, a dirla tutta, quello è
l’unico modo con cui riescono a comunicare appieno:
perché lui parla troppo, tutto insieme e troppo veloce;
perché Sasuke non parla quasi per niente, e quando parla ci
vuole il crittologo, o almeno uno bravo con le associazioni di idee, in
grado di comparare le parole ad un quadro psichiatrico più
che contorto.
E allora tanto meglio una bella scazzottata, con minacce di morte
associate, che a Naruto più che far paura, danno un senso di
nostalgia dei vecchi tempi - non che rimpianga i pessimi tempi passati,
sia chiaro - un modo alternativo di rivangare, giusto un po’
più movimentato che stare sul divano a guardare diapositive.
Un modo per dirsi che anche se tutto è andato allo sfacelo e
loro non sono più loro – perché non si
può pretendere di avere per sempre dodici anni - qualcosa,
solo qualcosa,
non è poi tanto diversa da com’era.
E, per questo stupido motivo, si picchiano.
Come due mocciosi dell’accademia, con la seria intenzione di
spedire l’avversario all’ospedale, almeno da parte
dell’Uchiha.
E allora Naruto schiva, incassa, attacca, risponde agli insulti e poi
crolla nel gradino marcio, con un ululato che rimbomba, amplificato nel
quartiere deserto.
Quella
che Sakura trova al suo rientro, non è esattamente una scena
idilliaca.
Certo, non è che pretenda di essere accolta da un pasto
caldo ed i suoi compagni in grembiulino; anche perché se
può abituarsi all’idea di Naruto in grembiule, con
Sasuke l’immaginazione la costringe ad uno sforzo troppo
eccessivo, e lei ha già un principio di emicrania. E allora
Sakura preferisce semplicemente supporre che i due stiano amabilmente
attendendo il suo ritorno, magari persino con una certa ansia.
Non per la sua persona, sia chiaro.
Lei è semplicemente un grazioso, utile gadget
gestisci-fornelli, in omaggio con il miso ramen ed i pomodori ripieni
che ha promesso al mattino, in un moto di infinita bontà
– perché sembravano tanto dolci, mezzi
addormentati, mentre lei era già pronta per andare a lavoro
– che le ha impedito, al momento, di comprendere la lampante
realtà dei fatti: avrebbe dovuto mantenere la promessa dopo
una giornata lavorativa di otto ore; avrebbe dovuto perdere
mezz’ora a fare la spesa al mercato e, ultima ma non meno
importante, miso ramen e pomodori ripieni, oltre ad essere delle
ricette sufficientemente laboriose, non c’azzeccano nulla
l’una con l’altra.
Sarà quindi costretta a preparare doppia cena, a meno di non
volersi sorbire le lamentele di Naruto e peggio,
gli sguardi truci di Sasuke, che sotto quella bella faccia impassibile
è probabilmente la persona più viziata,
capricciosa ed egocentrica che Sakura abbia mai avuto la sfortuna di
incontrare.
Infrangere un patto, fosse anche sostituire i promessi pomodori ripieni
con un’innocente insalata, sarebbe recepito da lui come
qualcosa di assimilabile all’alto tradimento. E,
poiché il soggetto in questione è proprio Sasuke,
Sakura non riesce neanche ad arrabbiarsi come dovrebbe, vista
l’assurdità intrinseca della cosa.
Anche se fosse, comunque, discutere è decisamente fuori
dalle sue possibilità, quella sera.
E’ stanca, stanca davvero.
Ed il suo unico desiderio sarebbe quello di sprofondare in un letto -
poco importa se a casa sua o a casa di Sasuke, dove ormai sembra che
lei e Naruto passino la maggior parte del tempo, quasi a compensare la
lontananza forzata degli anni passati - e restarci per i due millenni
seguenti.
Persa in questo vago desiderio irrealizzabile, aprendo la porta, buste
della spesa alla mano, Sakura finisce col domandarsi quando
è successo che lei sia diventata la badante di due bambini
capricciosi.
Neanche il tempo di rispondersi, o di togliersi entrambe le scarpe, ed
un immane fracasso le fa cadere le buste dalle mani, con conseguente,
disastroso spiaccichio di pomodori.
L’urlo belluino di Naruto, poi, la fa scattare dentro con la
scarpa sinistra ancora saldamente ancorata al piede.
« Che succe… »
Preferisce non concludere la frase. Perché probabilmente
dovrebbe cominciare a formulare insulti, e sarebbe poco costruttivo. Ci
sarà tempo dopo,
per gli insulti.
« Naruto »
inizia quindi, serrando i pugni. « Perché sei nella scala.
»
Lui tentenna, indeciso su se urlare dal dolore, visto che la sua gamba
destra, fino al ginocchio, sembra ormai essersi assimilata alle schegge
di legno, o dare la colpa a Sasuke.
« Oh, beh. Che differenza fa? » lo precede
l’Uchiha, sibilando. « Tanto ormai è dappertutto.
Poco ci manca che mi si infiltri nelle tubature.»
Sakura aggrotta le sopracciglia.
In anni di frequentazione ha imparato a sue spese che i dialoghi con
Sasuke andrebbero tenuti solo dopo un’ora di meditazione, per
aprire la mente in modo che l’interlocutore sia pronto
all’interpretazione per analogia delle sue parole.
Ovviamente, Sakura non ne ha il tempo, e così si limita ad
attivare tutti i recettori, pronta a rielaborare le informazioni
facendo ricorso alle sue conoscenze in ogni campo dello scibile umano.
« Naruto è stato invadente, oggi? »
domanda allora, cauta.
« Oggi? »
ringhia Sasuke, ancora in pieno raptus collerico. « Questo
qui è nato invadente!
E pure, tu… cazzo! Siete ovunque.
»
Ora, Sakura, pur avendo nel tempo incrementato la propria autostima, si
sente ancora abbastanza mortale da potersi definire non ubiqua.
Così attende, sperando in altre parole e zittendo con un
unico gesto nervoso le lamentele di Naruto, ancora opportunamente
incassato nella scala.
Per una volta, non resta delusa.
« Dove mi giro mi giro ci siete voi, o pezzi di voi, o
Kakashi… » e Sakura evita di chiedere cosa
accidenti c’entri Kakashi, per non interrompere la rara
grazia di un discorso che superi i tre monosillabi poco intelligibili.
« E le mutande, porca miseria! Quante accidenti di mutande
avete?! » E giù col mutismo e le braccia conserte.
Restano in silenzio per un paio di secondi, Sasuke in piedi, dietro,
con espressione scocciata; lei di fronte, un sandalo sì ed
uno no, i capelli spettinati – ché al mercato ha
dovuto sbaragliare tre massaie, per accaparrarsi gli ultimi pomodori
rimasti. Gli stessi che si sono spiaccicati nell’ingresso
– e, nel mezzo, come un fungo biondo, Naruto, una gamba nel
gradino e la faccia contrariata.
« Traduco io, Sakura. » smozzica, imbronciato,
mentre cerca di scastrare l’arto intrappolato. « Il
teme dice che gli diamo fastidio. Non ha
privacy. »
Sakura spalanca gli occhi solo per una frazione di secondo, prima di
assottigliarli e puntarli dritti contro Sasuke, con
un’espressione indefinibile che sembra coprire tutta la gamma
delle emozioni che vanno dall’ira funesta,
all’offesa e al dolore.
« Ti diamo fastidio,
Sasuke? » sputa, in un sibilo fin troppo simile a quelli
dell’Uchiha.
E lui infatti rimane un attimo interdetto, e guarda da
un’altra parte. Sulla faccia impassibile, le sopracciglia si
aggrottano un poco.
« Beh, sì. » conclude, tagliente.
« Siete invadenti. Momenti non posso neanche andare in bagno
senza che un corteo di gente mi stia alle calcagna. »
E sono solo loro due. Fossero stati in tre, avrebbe giurato di essere
pedinato da una mandria.
« Oh, bene! » Sakura gli punta un dito contro, come
stesse brandendo una katana. «
Ma certo! Siamo incredibilmente invadenti,
noi, eh? Ovviamente tu preferiresti restartene tutto il santo giorno
qui da solo, in questo posto! » e ammicca alla casa, con un
gesto ampio che però, si capisce, sottintende
l’intero quartiere abitato da morti. « Lo sai cosa
sei, Sasuke Uchiha? » prende aria, rossa in viso. «
Un imbecille, ecco cosa! Un
imbecille masochista! »
Nel silenzio che segue lo sfogo, Sasuke e Naruto si scambiano uno
sguardo ebete, frastornati.
Che Naruto sia sempre stato fuori dagli schemi, con i suoi colpi di
testa e le sue piantate, e i proclama a voce alta, tanto che ormai
tutto il villaggio sa quali siano i suoi sogni per il futuro,
è risaputo.
Che Sasuke sia completamente irrazionale ed impulsivo, oltre che
tragicamente pazzo ed autolesionista, traspare da ogni sua azione,
tanto che con il tempo persino lui stesso ha dovuto iniziare a
riconoscerlo, anche se solo in minima parte.
Ma Sakura no.
Anche se qualche volta, da quel luccichio che di tanto in tanto le
anima lo sguardo, si può pensare che sia abituata a tenere a
freno una qualche parte primitiva e violenta del suo Io; anche se
sbraita, tira pugni come una boxer e quando si arrabbia – e
accade spesso - fa paura, ma paura davvero, non si rivolge a Sasuke
gridando come una baccante, con gli occhi lampeggianti ed un indice
imperioso che farebbe arretrare di tre passi anche uno shinobi della
stazza di Kisame Hoshigaki.
A tutti gli altri forse sì, ma non a Sasuke.
« Naruto! » annuncia. E già basta questo
perché lui scastri la gamba con un unico schiocco secco del
legno e si metta sull’attenti. « Ce ne andiamo!
Muoviti! »
Il jinchuuriki, dapprima impegnato a mascherare abilmente una smorfia
di dolore – e a trattenersi dall’urlare,
perché ha la netta sensazione di essersi fracassato una
rotula - le rivolge uno sguardo incredulo. Si volta di scatto verso
Sasuke che, in effetti, sulla faccia ha pure lui
un’espressione un po’ ebete, come se non avesse
capito bene.
E Sakura ribadisce, implacabile. Non urla più, ma fa
spavento.
« Mi hai sentita, Sasuke kun »
e sottolinea l’ormai abbandonato appellativo con una smorfia
rabbiosa, come fosse una specie di insulto. « Noi ce ne
andiamo. Stavolta ce ne
andiamo noi,
visto che la nostra presenza ti è tanto intollerabile.
» e gira i tacchi, il piede nudo che arranca scompagnato
accanto alla scarpa sinistra.
« Muoviti
Naruto! »
ringhia, quando ha già voltato l’angolo del
corridoio.
Con un’ultima, incredula occhiata all’indirizzo di
Sasuke, Naruto zoppica veloce dietro di lei.
L’estate
sembra non volersene andare più. Fa dannatamente caldo e
Naruto non si spiega come accidenti faccia Kakashi ad andarsene in giro
bardato a quel modo.
« Se sei tanto in pena, va da lui. » ripete il
maestro, pacato.
L’occhio vigile è puntato su Obito che, seduto
sull’erba, osserva il viavai di un formicaio con espressione
assai coscienziosa, che poco si addice alla faccia di un bambino.
Naruto emette uno sbuffo scoraggiato, accasciandosi contro lo schienale
della panchina. Il suo ghiacciolo si è sciolto. Ne aveva
dato la metà a Kakashi, sperando almeno di risolvere
l’enigma della maschera, tanto per fare qualcosa di
fruttuoso, ed invece il maestro, scaltro, l’ha ficcato in
mano ad Obito. Il pargolo a sua volta, l’ha poi generosamente
offerto alle formiche, che ora gli zampettano attorno in una fila
ordinata.
Naruto distoglie lo sguardo.
« Ma Sakura mi ucciderebbe! Avresti dovuto vederla. Era
furibonda. Peggio di quando la beccai nuda per sbaglio…
» rabbrividisce, al ricordo dello scampato pericolo.
Poi prosegue, sospirando rumorosamente « Lei dice che
“abbiamo il coltello dalla parte del manico” e
“dobbiamo lasciar cuocere Sasuke nel suo
brodo”» cita, gesticolando. « Non capisco
perché se la prende tanto, voglio dire, Sasuke dice sempre
di non sopportarci, ma non è che lo pensi sul serio. Credo.
»
Kakashi scuote la testa.
« Il punto è: Sakura pensa davvero che
Sasuke verrà a chiedervi scusa implorandovi di tornare?
»
Si scambiano uno sguardo d’intesa, maestro e allievo.
Sasuke che chiede, o semplicemente pensa di
chiedere scusa, è quanto di più utopistico possa
essere immaginato.
E’ molto più verosimile che Sakura si alzi una
mattina proclamando il suo amore imperituro per Rock Lee.
E, infatti, sono passati cinque giorni e di Sasuke nemmeno
l’ombra.
C’è la seria possibilità che sia
rimasto arroccato nel quartiere degli Uchiha, a nutrirsi di avanzi
scaduti, piuttosto che mettere piede in quello che lui si ostina a
chiamare il villaggio della Feccia - nonostante tutti i loro tentativi
di farlo ragionare con un minimo di razionalità su quanto la
cosa sia infantile, oltre che poco spiritosa – o, peggio, che
se ne infischi di loro e prosegua la sua esistenza come se nulla fosse.
« Non potresti parlarci tu, sensei? » conclude
Naruto, supplichevole.
Kakashi sussulta.
« Con Sakura? »
« Ma certo che no! Con Sasuke! »
Lui dà in una mezza risata, visibilmente sollevato.
« Ah… ma certo. Lascia fare a me. Lo sai che i
discorsi sono il mio forte. » ride.
E Naruto lo segue, sbottando in una fragorosa risata.
Evidentemente, è assolutamente naturale, almeno per loro
due, ritenere che un ex mukenin sia un interlocutore di gran lunga
preferibile ad una Sakura inferocita.
Kakashi
l’ha sempre detto di essere abile con le parole.
Naruto, nonostante le sue esperienze, non pensava che potesse essere così abile,
ma tanto meglio.
« Si può sapere che hai da ridere come un beota?
» gli brontola Sasuke, dalla sua postazione preferita,
appollaiato accanto alla finestra, la schiena appoggiata alla parete.
Naruto non riesce a smettere.
Sakura sorride con lui.
« Insomma, piantatela! … E’ solo un
cassetto. » borbotta Sasuke. « Se vi cedevo un
armadio che facevate? »
Sakura non riesce più a trattenersi, e scoppia a ridere,
mentre ripone una maglietta dal suo lato, proprio accanto alle
appariscenti mutande arancioni di Naruto. E non si lamenta per
l’infausta mescolanza. Va benissimo così.
« Se con soli cinque giorni di broncio abbiamo ottenuto un
cassetto, vedrai che la prossima volta con un paio di settimane ti
invaderemo anche bagno e cucina, Sasuke. » gli cinguetta,
riponendo della biancheria.
Sasuke distoglie lo sguardo, con un sibilo contrariato, e si volta
verso la finestra.
« Diavolo
di un Kakashi… »
-Note (troppo lunghe, la
logorrea è una brutta cosa, ahimé ^^”)-
*Utopico
Allegro Mondo Perfetto In Cui Naruto E’ Hokage E Sasuke Ride
(sempre meglio ribadire).
Ebbene
questa cosa è
quindi ambientata in un improbabile (mah, diciamo pure completamente
irrealizzabile) futuro post shippuden, senza nulla di particolarmente
definito. Era una roba che avevo voglia di scrivere così,
tanto per impegnare le mani: non sono sicura che la
“trama” sia comprensibile, non sono neanche sicura
che la conclusione abbia un senso, ma è così che
mi è uscita e purtroppo non sono riuscita a modificarla
più di tanto. Ah, c’è questa cosa,
ehm… Kakashi ha un figliuolo, che non so da chi o cosa (?
xD) sia stato partorito, né attualmente mi interessa saperlo
(e qui sta parte della bellezza delle fanfiction, a parer mio *-*).
C’è, si chiama Obito per ovvi motivi e non ho idea
del perché io abbia voluto complicarmi la vita ficcandocelo
in mezzo, visto che se ne poteva tranquillamente fare a meno. Ma
tant’è, il danno ormai è fatto
*fischietta*.