Anime & Manga > Il mistero della pietra azzurra
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Autore: Puglio    02/06/2010    1 recensioni
Secondo volume della saga "I Signori dell'Universo" seguito della serie "Nadia: il mistero della pietra azzurra". Nadia, Jean e gli altri sono partiti alla ricerca del significato della pietra che Kurtag ha affidato alla ragazza prima di morire. Winston è impegnato a trovare Nadia, prima che l'Ordine riesca a raggiungerla. Lisa, Michael e Hunter non riescono a rassegnarsi all'idea che la loro amica è là fuori, da sola... e intanto, i misteriosi assalitori che avevano raggiunto Nadia al porto sono ancora a piede libero...
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La porta si aprì, e tre uomini irruppero nella stanza con le pistole alla mano. Winston li stava aspettando premuto contro il muro, le mani alzate, lo sguardo saldo.

Aveva una sola idea su come cavarsela. L'unica che gli era venuta in mente.

Non si mosse. Ma abbassò cautamente gli occhi sulla pistola che uno di quei tipi gli stava minacciosamente puntando addosso.

«Ce ne avete messo ad arrivare» disse, a denti stretti. Cercava di ostentare una calma assoluta, ma qualcosa nella sua voce tradiva una certa inquietudine. L'uomo lo guardò con un misto di stupore e diffidenza. Quindi spostò la sua attenzione sui tre corpi che giacevano ai suoi piedi, senza abbassare la pistola.

Incredibilmente, pensò Winston, la sua idea stava funzionando. Almeno per il momento. Aveva immaginato che il Consiglio avrebbe basato l'intera operazione sulla sorpresa, nella speranza di coglierlo impreparato a casa sua. Del resto, era la loro unica possibilità, poiché in quanto Accolito e agente personale del Reggente, Winston era protetto dal più completo anonimato. Nessuno sapeva chi era, dove trovarlo e come contattarlo, al di là della cerchia ristretta di De Molay. Per il resto del mondo, Winston Churchill non era che un nome. Perciò, gli sarebbe bastato sfuggire a quegli uomini per acquistare un notevole, seppur temporaneo, vantaggio su chi lo voleva morto.

Certo, Winston sapeva perfettamente che era solo questione di tempo: prima o poi, il Consiglio sarebbe comunque riuscito a raggiungerlo. Tuttavia, per identificarlo e colpirlo una volta che avesse lasciato il paese, avrebbero avuto bisogno di molto più tempo di quello che al momento avevano a disposizione. Ma a lui bastava molto meno di tutto quel tempo. Al momento, gli bastava il fatto che non gli avessero ancora sparato. E, soprattutto, che continuassero a non farlo ancora per un po'.

«L'obiettivo è stato eliminato» fece Winston, più tranquillo. «Merito del cecchino». E indicò la finestra con un cenno. L'uomo rispose con una smorfia.

«E tu chi accidenti sei?»

«Agente Cecil Tennyson» mentì lui. «Sono qui per ordine del nuovo Reggente».

Winston lanciò un'occhiata di scuse al corpo senza vita di Cecil, per poi tornare a posarli sull'uomo di fronte a sé, che lo fissava intensamente e che ancora lo teneva sotto tiro. Per qualche istante, l'unico pensiero che riusciva a prender corpo nella sua mente, era se quel tipo se la sarebbe bevuta oppure no. Perciò, quando lo vide rinfoderare l'arma, seppur con una certa circospezione e senza mai togliergli gli occhi di dosso, Winston sospirò, decisamente più sollevato.

«Mostrami il tuo identificativo» gli ingiunse l'uomo, tendendo la mano. Winston fece per cercare qualcosa sotto il soprabito.

«Eccolo» disse, porgendogli l'astuccio di cuoio che aveva fatto appena in tempo a sfilare dalla tasca di Cecil, poco prima che quei tipi gli entrassero in casa. L'uomo lo prese, lo aprì e lo scorse velocemente.

«Perché nessuno mi ha detto di te?»

«Perché è così che doveva essere».

L'uomo sembrò non gradire troppo quell'ultima affermazione. Ma tutto sommato suonava decisamente in linea con l'operato abituale del Consiglio. Non era affatto infrequente che ad un'operazione ne venisse affiancata un'altra, segreta, di supporto. Questo perché, di solito, le operazioni del Consiglio non prevedevano insuccessi. Soprattutto in casi come quello.

«È lui?» disse, indicando il corpo di Cecil. Winston annuì, riprendendosi il distintivo e riponendolo in tasca.

«Alla fine è morto, il bastardo» commentò l'uomo; e punzecchiò con la punta lustra della sua scarpa il cadavere di Cecil, grugnendo per la soddisfazione. Winston rispose con un sorriso. I due uomini di fianco alla porta avevano appena rinfoderato le armi.

Eppure, nessuno sembrava notare che non aveva ancora estratto la mano dalla tasca interna del soprabito.

«Andiamo, è finita» disse l'uomo, voltandosi verso gli altri, con il braccio alzato. Fu allora che, del tutto casualmente, i suoi occhi caddero su una foto che non aveva ancora potuto notare perché, incorniciata e appoggiata com'era su un tavolino posto di fianco all'armadio, era del tutto nascosta a chiunque entrava nella stanza. L'uomo socchiuse gli occhi, incuriosito, il braccio ancora a mezz'aria, mentre faceva un passo avanti per guardare con più attenzione. Un ombra di sgomento attraversò il suo volto teso, non appena riconobbe in quel giovane ufficiale in divisa che posava accanto a un anziano signore, l'uomo a cui aveva appena dato le spalle.

«Tu...» disse, voltandosi. Un'esplosione improvvisa, uno sparo, gli mozzò la voce. La testa dell'uomo vacillò all'indietro, per poi ricadergli sul petto, gli occhi sbarrati e ormai senza vita ancora puntati sulla pistola che Winston teneva saldamente in pugno. Mentre l'uomo si accasciava lentamente al suolo, Winston spostò rapido l'arma sull'agente alla sua sinistra e sul suo compagno che, presi alla sprovvista, non fecero in tempo a metter mano alle armi. Winston fu rapido nel freddare il primo con un colpo alla testa, mentre al secondo piantò tre pallottole in petto.

Con animo insolitamente calmo, aprì il revolver con uno scatto, ricaricando il tamburo senza mai perdere d'occhio l'ingresso. Ai lati della porta, i corpi senza vita dei due agenti, la schiena contro il muro e la testa abbandonata sul petto. Il sangue imbrattava le pareti, alle loro spalle.

Winston spostò gli occhi sullo specchio da barba alla sua destra. Nel piccolo tondo schizzato dall'acqua si intravedeva il palazzo di fronte. Scorse un'ombra, veloce, e un luccichio, nel riflesso della finestra che si affacciava sulla sua stanza. Fece un rapido calcolo. Il cecchino doveva trovarsi all'incirca al quarto piano.

Si avvicinò al tavolino ed estrasse la foto dalla cornice, piegandola in due e ficcandosela in tasca. Quindi si chinò a terra, strisciando fino all'ingresso. Una volta arrivato alla porta si alzò, ricomponendosi gli abiti e lanciando un'ultima, veloce occhiata al suo appartamento.

Non vi sarebbe mai più tornato, ora poteva esserne sicuro. Presto, la polizia di tutto il regno si sarebbe messa sulle tracce del misterioso proprietario di quell'appartamento, insieme agli agenti del Consiglio. Quella casa, Londra, la stessa Inghilterra... da quel momento era tutta terra bruciata, per lui.

Raccolse il suo sacco da viaggio e infilò le scale, scendendo i gradini con disinvoltura. Occhi allarmati lo fissavano attraverso le porte accostate, dilatandosi dalla paura al suo passaggio e scomparendo rapidi dietro gli usci prontamente sbarrati. Lui ignorò quegli sguardi penetranti e curiosi, che lo punzecchiavano alle spalle e alla nuca come uno sciame di piccoli insetti voraci, procedendo senza mai voltarsi. Sul pianerottolo, al piano di sotto, alcune persone erano uscite dalle proprie stanze vincendo ogni paura, e si scambiavano eccitate parole veloci. Quando lo videro arrivare tacquero improvvisamente, fissandolo a lungo e scostandosi al suo passaggio, come a decidere se dovessero aver paura di lui oppure no. Winston attraversò quel capannello senza una sola parola, rapido, fissando dritto avanti a sé e fendendo la folla come una lama affilata.

Conosceva quelle persone, una per una. Le aveva incontrate innumerevoli volte, su e giù per le scale, nell'androne del palazzo, davanti all'ingresso delle loro abitazioni. Le conosceva, proprio come loro pensavano di conoscere lui. Per questo sapeva che quelle persone l'avrebbero presto tradito, raccontando ogni cosa alla polizia. Sapeva che nel giro di poco tempo sarebbe diventato l'uomo più ricercato del Paese, perché quelle persone avrebbero parlato.

In fondo era giusto. Lui aveva tradito per primo la loro fiducia, attirando il pericolo in casa loro, mentendo sulla sua identità.

Pazienza, pensò. Non poteva mica ammazzarli tutti.

Giunto agli ultimi gradini, si fermò, incerto. Una guardia se ne stava proprio sul portone principale, a gambe larghe, e gli dava le spalle. Ancora indeciso sul da farsi, Winston posò a terra il suo sacco e riprese a scendere, seppur molto lentamente. Estrasse la pistola, sollevò il cane.

Fu allora che la signora Carlyle decise di rientrare dalla sua passeggiata.

Winston deglutì. Osservò la guardia seguire con gli occhi il lento ingresso della donna nell'edificio. Si stava voltando. Ancora un istante e l'avrebbe visto.

La signora Carlyle sorrideva. Chups, il suo cane bassotto, sgambettava faticosamente nell'atrio.

La donna accennò un saluto all'uomo fermo sulla porta, che però non ricambiò. Winston continuò a scendere le scale, un gradino alla volta. Fissava il volto della donna, fissava le spalle dell'uomo.

Il sorriso della signora Carlyle incontrò il volto teso di Winston, e si allargò all'improvviso. Lui fece una smorfia. Aveva un pessimo presentimento.

«Buona giornata» disse la signora Carlyle con la sua voce tremolante. Chups scodinzolò. Winston si volse prontamente di spalle, ficcandosi la pistola in tasca e reprimendo una volgarità.

«Vieni qui, Chups» latrò la signora Carlyle, chinandosi a sollevare il cane e sbuffando sonoramente. Nella tasca dei pantaloni, Winston serrò le dita attorno all'impugnatura della sua pistola. La guardia lo fissava, poteva vederlo con la coda dell'occhio.

«Potrebbe essere così gentile da darmi una mano?»

Winston strinse i denti. La signora Carlyle sorrideva stolidamente, fissandolo con i suoi occhi color cenere. «Dico a lei, signor...»

«Certo».

Senza lasciare la presa intorno alla pistola, Winston si avvicinò alla donna, offrendole il braccio.

«Prego» le disse, a denti stretti. Lei sorrise, aggrappandosi a lui.

«Grazie» rispose, scuotendo la testa. Ancora sorrideva.

La guardia restò a fissarli per qualche istante. Quindi si volse. Estrasse l'orologio dal taschino, rivolgendo un'occhiata alle scale per poi scrollarsi nelle spalle.

«Lei è proprio gentile».

«Non c'è nessun problema».

Winston contava i gradini che gli restavano prima di poter lasciare il braccio della signora Carlyle. Ancora qualche passo. Ancora uno.

«Grazie» disse lei «da qui io e Chups possiamo continuare da soli».

Winston salutò con un sorriso tirato.

«Lei è davvero un giovanotto gentile, signor...»

Uno sparo echeggiò lungo le scale. Con un grido, la signora Carlyle cadde riversa al suolo, tirandosi dietro Winston tra i latrati furiosi di Chups.

Winston sollevò gli occhi. Un uomo correva lungo le scale, verso di lui.

Improvvisamente, si ricordò della guardia che Cecil aveva solo tramortito.

Un errore stupido, che avrebbe pagato caro.

«Fermo!» gli gridò l'uomo. Istintivamente, Winston si volse verso l'entrata, dove la guardia che stazionava di fronte alla porta, allertata da tutto quel frastuono, si era appena girata: i loro occhi si incontrarono lungo i gradini e con un movimento veloce l'uomo estrasse la pistola, mentre Winston, la mano ancora in tasca, premette il grilletto: partì un colpo, che però mancò del tutto il bersaglio, andando a bucare la parete. La guardia sgranò gli occhi dalla sorpresa, scomparendo velocemente dietro lo stipite del portone.

Ci furono grida. Chups abbaiò. Winston estrasse l'arma, saltando oltre la ringhiera. Atterrò pesantemente, sbilanciandosi e ruzzolando a terra, rialzandosi nell'attimo in cui l'uomo che lo inseguiva lungo le scale si affacciava al pianerottolo, prendendolo di mira. Con uno scatto doloroso, Winston si gettò di lato. Un proiettile gli sibilò accanto, incendiando l'aria al suo passaggio. Lui rotolò malamente su un fianco, sbattendo con la testa contro al muro. Si girò, come poté, intravide la guardia, ormai sopra di lui. Fece fuoco.

Trattenendo il respiro, Winston osservò il corpo dell'uomo ruzzolare lento e scomposto giù per le scale. Si premette contro il muro, puntando a casaccio la pistola all'ingresso e facendo fuoco. Vide la guardia sulla porta abbassarsi e schivare il colpo, proprio mentre stava per premere il grilletto.

In quel momento, qualcuno da fuori lanciò un grido.

«La polizia!»

Winston trasalì. Si sporse. La guardia all'ingresso era scomparsa.

L'operazione era fallita. Si stavano ritirando.

Sarebbero tornati al Consiglio, a riferire dell'accaduto. E sarebbero tornati l'indomani, e il giorno seguente e quello dopo ancora, finché non fossero riusciti a ucciderlo. Non c'era luogo al mondo in cui non avrebbero potuto raggiungerlo. Non sarebbe mai più stato al sicuro.

Aveva bisogno di tempo, tempo per organizzarsi. Non poteva permettere che la notizia della sua fuga giungesse tanto in fretta alle orecchie del Consiglio. Doveva prima occuparsi di Lisa e degli altri. Doveva farli fuggire, metterli al sicuro. E per questo, per tutto questo, gli serviva tempo. Se anche uno solo di quegli uomini fosse riuscito a sfuggirgli, sarebbe stata la fine.

Grida e schiamazzi giungevano dalla strada. La polizia doveva essere vicina.

Con la pistola in pugno, Winston uscì allo scoperto. Fuori, attratta dal rumore degli spari, la gente si raccoglieva agli angoli delle strade, fissando ansiosa in direzione del caseggiato e gesticolando con eccitazione. Il suo uomo camminava indifferente, diretto verso la folla. In quel momento, si trovava proprio nel mezzo della carreggiata, sotto gli occhi di tutti.

Se fosse riuscito a raggiungere l'altro lato della strada, l'avrebbe perso.

Non c'erano molte soluzioni. Così, serrando le labbra, Winston gli mosse dietro.

«Ehi!»

L'uomo si volse, leggermente sorpreso. Non si fermava.

«Ehi, bastardo. Dico a te».

Winston affrettò il passo, sollevando la pistola. La gente prese a gridare. L'uomo non si voltò.

«Sono qui, idiota!»

Con un movimento repentino, l'uomo si volse, esplodendo un colpo in direzione di Winston. Lui si mosse, all'ultimo istante; e con il cuore che si bloccava, sentì il proiettile ronzare accanto al suo orecchio destro. Fu senza pensare che sparò. Tre colpi ravvicinati, mentre continuava a camminare. La guardia si accasciò a terra, con un lamento. Winston continuò ad avanzare, tra le grida della folla impazzita. Avvicinandosi all'uomo, lo vide che tentava di sollevare il braccio, e senza soffermarsi a pensare, esplose un altro colpo, finendolo. La gente fuggì terrorizzata, mentre lui ormai raggiungeva l'altro lato della strada. All'improvviso, uno sparo risuonò alto, sopra la sua testa. Il terreno ai suoi piedi deflagrò in una miriade di piccole schegge.

Da perfetto idiota, si era completamente dimenticato del cecchino.

Con uno scatto repentino, sfrecciò verso il marciapiede.

Un altro sparo, e un altro. Quel maledetto aveva un fucile semiautomatico.

L'unica consolazione era che quel tipo non sembrava un gran che, come tiratore.

Winston controllò le pallottole che ancora gli restavano. Non più di due colpi. E non aveva la minima idea di quante guardie restassero nell'edificio. Forse due, al massimo tre. Se era fortunato, avrebbe trovato solo il cecchino.

Ma ora il cecchino sapeva che lui lo stava cercando. E si sarebbe sicuramente fatto trovare pronto.

Winston strinse i denti e si allontanò rapido, aggirando il muro del palazzo e dirigendosi all'ingresso posteriore. Come al solito, la polizia arrivava fischiando a tutto spiano. Li avrebbe sentiti un sordo a chilometri. Senza dubbio il modo migliore per arrivare sul luogo di una sparatoria con la sicurezza di non trovare più nessuno.

La gente fuggiva davanti a lui; ma Winston, ostentando tranquillità, svoltò dietro l'edificio, infilandosi nella prima porta che trovò. A una prima occhiata, il palazzo sembrava deserto. Le pareti erano ricoperte di tappezzeria scadente, che puzzava in modo terribile. Le porte scrostate erano perfettamente adeguate allo squallore di quell'ambiente. Probabilmente si trattava di un complesso di appartamenti che venivano usati per appuntamenti clandestini. Un uso abbastanza comune, per i palazzi di quel quartiere.

Winston percorse il corridoio silenzioso, camminando rasente al muro. Il pavimento era ricoperto da moquette rossa spelacchiata. Faceva schifo, ma almeno attutiva i suoi passi.

Udì un rumore, lungo le scale. Al piano superiore, c'era qualcuno che camminava. Winston si affrettò, nel modo più silenzioso possibile.

Quando si affacciò, il corridoio era vuoto.

Dove sei?

Una porta sbatté. La terza camera, sulla sinistra.

Winston si avvicinò cautamente. Caricò il cane ed entrò, sfondando la porta. Un uomo grasso e nudo, piuttosto giovane e sprofondato in un lettone sfatto, si nascondeva sotto il lenzuolo, tirandoselo terrorizzato fin sopra le orecchie. In piedi, accanto al letto, una donna, non più giovanissima ma ancora piacente lanciò un grido, lasciando cadere a terra la sua vestaglia.

«Di là» fece l'uomo tremante, tirando fuori un braccio e indicando una porta che dava sull'appartamento a fianco. «È appena uscito. Per l'amor di Dio, non ci faccia del male».

Winston fece per muoversi, quando una serie di spari risuonò alle sue spalle. La porta esplose in un mare di schegge e lui si tuffò a terra, tra le grida dell'uomo e gli strilli isterici della donna. Un ombra attraversò veloce il corridoio, esplodendo altri colpi dentro la camera, al suo passaggio. Winston si alzò. La porta, al piano di sotto sbatté. Corse giù per le scale, verso l'ingresso, dove aprì la porta di scatto, dimenticandosi ogni cautela. Vide l'uomo, in mezzo alla strada. Correva verso la polizia, indicava loro l'edificio. I poliziotti lo allontanarono e si diressero a passo svelto verso il palazzo. Winston fissò il suo obiettivo mischiarsi tra la folla, tranquillo.

Era finita, l'aveva perso.

...o forse no.

Con il cuore in gola, Winston corse su per le scale. Primo piano, secondo, terzo. Al quarto piano si fermò.

Fissò la serie di porte che si aprivano lungo il corridoio. Quali camere davano sulla strada? Quelle a sinistra? O erano quelle a destra?

Ripercorse mentalmente le scale. Dovevano essere quelle a destra.

La porta di ingresso sbatté, quattro piani più in basso. Poteva sentire i passi della polizia, rapidi, lungo le scale.

Terza camera, quarta...

Doveva essere quella. Doveva assolutamente essere quella.

Girò la maniglia. La porta era aperta. La luce accecante del sole lo investì all'improvviso, insieme a una brezza leggera che filtrava dalla finestra spalancata. La stanza era completamente vuota. A terra, accanto a una sedia, un fucile abbandonato.

Sapeva che il cecchino l'avrebbe abbandonato lì, per comodità e cautela, confidando che nessuno sarebbe riuscito a trovarlo tanto in fretta.

Un grosso errore.

Winston imbracciò il fucile. Il Browning 1892 montava un piccolo obiettivo a cannocchiale, una novità per l'epoca, proprio come il sistema di caricamento semiautomatico con sottrazione a gas. Un'arma magnifica, sviluppata su precisa richiesta del Consiglio. Un'arma che lui conosceva bene.

Puntò l'obiettivo, cercando tra la folla. Sembrava che l'uomo si fosse dileguato. Con la speranza che gli moriva nel cuore, Winston sospirò, sollevando gli occhi dall'obiettivo. Fu allora che lo vide. Lungo la strada più lontana, un uomo camminava, solo: troppo solo, per non essere sospetto.

Winston puntò il mirino su di lui. L'uomo si volse, come se si sentisse osservato. Winston l'aveva solo intravisto in volto, ma non ebbe dubbi. Fu lo sguardo a tradirlo. Lo stesso, identico sguardo con cui anche lui si guardava ogni mattina allo specchio, da quando era entrato nel Consiglio. Lo sguardo di un fantasma.

Winston caricò l'arma. In un attimo, mesi di addestramento ritornarono vividi alla sua memoria. E con essi, tre anni di guerra.

Sentì le dita che gli formicolavano. Quell'uomo doveva trovarsi a cento metri, forse più.

Non era un problema.

Trattenendo il respiro, premette il grilletto. Uno sparo riecheggiò in quella mattina assolata. Dalla folla, in strada, si levò un grido strozzato. La polizia irruppe nella stanza pochi istanti dopo.

La luce accecante del sole colpì agli occhi gli agenti, insieme a una brezza leggera, che fece sbattere le imposte alla finestra aperta. Gli uomini della polizia si guardarono intorno. Tutto quello che trovarono fu un fucile, abbandonato accanto a una sedia vuota.

  
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