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Autore: Diana924    03/06/2010    0 recensioni
Caterina de'Medici è a letto, e ripercorre la sua vita, il 24 dicembre 1588...
Genere: Malinconico, Introspettivo, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Regine ed amanti-Francia'
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Nel 1558 la Francia perse la secolare guerra con l’Impero ed Enrico fu obbligato a firmare una pace con la Spagna. Il re Filippo II decise di infilare in mezzo alla pace anche tre matrimoni. La mia figlia più grande, Elisabetta di Valois, sposò lo stesso re di Spagna, anche se era stata promessa all’inizio al principe delle Asturie. La terza, Claudia, sposò il duca di Lorena, imparentato con i Guisa. Infine mia cognata Margherita sposò il duca Filiberto di Savoia.

Fu allora che accadde. Era una mattinata soleggiata ed Enrico aveva deciso di partecipare a un torneo. Aveva già disarcionato il cognato, quando decise di misurarsi contro il conte scozzese Gabriel de Montgomery. Io non ne ero felice e cercammo tutti di dissuaderlo, ma non ci ascoltò. Ad un certo punto la lancia del conte gli perforò l’elmo e gli si conficcò nell’occhio destro.

Lo riportammo subito al Louvre e si convocò Ambroges Parée, il miglior medico di Parigi. Fu tutto inutile.

Enrico II di Valois, re di Francia, mio amato marito morì dieci giorni dopo quell’infernale duello.

Mio figlio Francesco era divenuto re, re Francesco II di Valois, io ero vedova, Diana era in disgrazia e i Guisa regnavano tramite la giovane Maria Stuart. La felicità più grande per me fu quella di cacciare Diana di Poitiers, duchessa del Valentinois, finalmente non l’avrei più dovuta vedere, quella vecchia che aveva stregato mio marito.

Le proposi uno scambio: il suo castello di Chenonceaux, dominio della corona regalatone da mio marito, in cambio del nostro castello di Anet, dove è vissuta in esilio e dove è morta.

Sapevo che mio figlio era re, ma ero anche certa che sarebbe stato un fantoccio nelle mani del duca Francesco e dei suoi fratelli.

Mi dicono che il re sta arrivando e per un po’ smetto di ricordare, voglio ricevere degnamente mio figlio, anche se sono a letto. Chiederò a lui il motivo dei rumori che ho avvertito poco fa. Lo sento arrivare e mi sforzo di alzarmi. Mio figlio non cambierà mai, è sempre vestito in modo stravagante e nonostante l’età si muove come un bimbo.

<< Ho fatto uccidere il signore di Guisa, madre mia! >> E’ la prima cosa che mi dice, l’unica che non avrei mai voluto sentire. Enrico di Guisa morto; Enrico di Guisa ucciso, ucciso da mio figlio. Questo è il crollo rovinoso di tutta la mia politica, mio figlio ha distrutto in tre minuti il lavoro di trent’anni. Trent’anni di paziente lavoro andati in fumo.                                                                                                       << Vi dico che ho ucciso il re di Parigi e ora sono il re di Francia! >> mi ripete mio figlio, felice come non mai. Ha eliminato un rivale politico e un rivale in amore con un colpo solo, lo sciocco.

<< Voglia Iddio che con questo colpo non vi siete nominato Re di Niente >> rispondo gelida, è questo il suo unico titolo: Re di niente. Mi fissa e poi se ne va, a festeggiare un atto che lo ha rovinato.

Come nel peggiore dei sogni rivedo i loro volti, di tutti loro. Mio figlio Francesco II, morto dopo solo un anno di regno. Mia nuora Maria Stuart, decapitata in Inghilterra dopo aver chiesto aiuto a sua zia la regina Elisabetta Tudor, l’eretica. Mia figlia Elisabetta di Valois, morta a soli ventisette anni, in Spagna, e a quelle voci, secondo le quali lei e il suo figliastro erano amanti. Mio cugino Ippolito, fatto avvelenare da mio fratello Alessandro, invidioso della sua popolarità. Alessandro stesso, ucciso a tradimento dal nostro cugino Lorenzino de’Medici, che è morto assassinato più di quarant’anni fa. Il duca Francesco, ucciso vilmente a Blois, da un assassino pagato da Coligny, morto chiedendo vendetta. Antonio di Borbone, che prima di morire si fece confessare da un prete e da un pastore. Jeanne d’Albret, sua moglie, l’irrinunciabile fanatica, la temibile regina di Navarra. Io non l’ho fatta avvelenare, è stato il mal di petto, ma questo suo figlio non lo vuole sapere. Coligny. Il mio sbaglio più grande e la mia vittoria più completa.

Mia figlia Margot, era bella, giovane e io dovevo rimediare al suo sbaglio. Lei si era infatti innamorata di Enrico di Guisa ma io non potevo permetterlo, non i Guisa. Avevo già sperimentato il loro strapotere e avevo promesso a me stessa che non sarebbe più accaduto, poco importava se avessi spezzato il cuore di Margherita. Quando mio figlio Enrico mi avvertì convocai il re Carlo IX e tutti e tre andammo nelle sue stanze. Lei ci salutò cortesemente. Carlo diede ordine ad Enrico di sorvegliare la porta. La picchiammo a sangue per un’ora, come si permetteva di amare un membro di quella famiglia! 

Dopo cercai di renderla presentabile, anche se fu un’impresa disperata.

Dovevo trovarle un marito; alla fine scelsi suo cugino, Enrico di Borbone, figlio della fanatica Jeanne d’Albret, regina di Navarra. Io e mio figlio Carlo ci pensammo a lungo e decidemmo che era il partito giusto, un matrimonio per la pace. Ma Jeanne d’Albret morì due mesi prima del matrimonio, non m’importò tanto, sarebbe tutto proseguito.

Il giorno del matrimonio Carlo dovette dare un pugno sulla nuca di Margot, per farle abbassare la testa e il cardinale di Borbone considerò quel gesto come un si e consacrò la regal coppia. Era ciò che io volevo.

Tre giorni dopo un sicario dei Guisa, un certo Maurevel, ferì gravemente Coligny, ma non abbastanza gravemente, doveva morire, il “mio compare” non doveva più essere d’intralcio alla nostra politica.

Dovemmo prendere provvedimenti. Si occuparono di tutto i Guisa, Enrico di Guisa in testa, ansioso di vendicare suo padre. A loro si unì mio figlio Enrico, allora duca d’Angiò, ora re di Francia, domani forse cadavere. Il segnale doveva essere la campana di Saint-Germain-l’Auxerois, che si trova vicino il Louvre. Fu allora che mi spaventai, perché mi dissero che anche dei borghesi si erano uniti ai Guisa e ai loro uomini. Ordinai che si fermasse tutto, che si sospendesse.  Mi fu risposto che era impossibile, ma che l’Ammiraglio era morto. Purtroppo non fu il solo a morire. Morirono metà dei capi ugonotti. Io nel frattempo avevo dato ordine che si salvasse mio genero, poteva essermi utile.

Il giorno dopo Carlo lo obbligò, lui e suo cugino il principe di Condé, ad abiurare la loro Fede ugonotta e a divenire cattolici, o meglio per il Bearnese si trattò di tornare cattolico, perché già in precedenza aveva abiurato, con disperazione della sua fanatica madre.

Nel frattempo Enrico, la luce dei miei occhi, era divenuto re di Polonia, grazie a me. E eravamo a buon punto per le trattative con l’Inghilterra, per far sposare il mio ultimo figlio con la regina Elisabetta. Ma poi cambiò tutto.

   
 
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