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Autore: Sleeper    04/06/2010    3 recensioni
Pianeta terra. Un lungo conflitto ha spazzato via una gran parte della civiltà umana. Il mondo, stravolto e deturpato dalle esplosioni e soffocato dal sangue dei soldati, è una creatura morente. In pochi sono sopravvissuti, i più fortunati e i cosidetti "Ghiaccioli", o soggetti posti in stato di congelamento in luoghi sicuri ed attrezzati. Una nuova alba ora sorge faticosa sulla terra: gli ultimi uomini lottano per la sopravvivenza in un mondo divenuto sterile. 7 brevi racconti, scatti di vite diverse.
Genere: Horror, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Sigaretta?” Spiò senza curiosità il pacchetto dorato e stropicciato, un filtro che spuntava. Lo sfilò, accennando un grazie, infilandolo fra le labbra secche e spaccate. Tornò a concentrarsi sull’ alba distorta dai fumi chimici e dalle radiazioni, che invisibili ammorbavano l’aria ed il terreno. Il sole sorgeva su quella landa arida e desolata. Un deserto, dove prima si ergeva un’ imponente foresta di conifere. Il terreno spaccato, scheletriche braccia sporgevano dal terreno: resti di tronchi carbonizzati e contorti. L’accampamento improvvisato era pronto: Sid aveva piazzato i pannelli solari sulle moto e Miina aveva preparato i giacigli mimetici. A lui era toccato l’ingrato compito di piazzare il sistema di sicurezza, un’ operazione scomoda e lunga. Aveva da poco terminato e si gustava il suo pasto: zuppa di fagioli liofilizzata, fredda e gelatinosa, avanzata dalla sera precedente.

Viaggiavano durante la notte. Era più comodo e sicuro. Durante il giorno riposavano e caricavano le moto, per avere energia assicurata lungo tutto il loro viaggio. La luce del sole era il loro carburante e sicuramente non temevano di rimanere a secco. L’astro del mattino aveva da poco conquistato una spanna di cielo in più, quando Nick decise di godersi il meritato riposo. Il primo turno di guarda era di Sid. “Ci vediamo fra un paio d’ore amico..” Commentò, ravviandosi i capelli grigio topo, scarmigliati. Gettò il mozzicone fumante a terra e lo schiacciò con la punta dello stivale, distratto dal colore malsano delle nuvole all’orizzonte, sperò vivamente che non si trattassero di nubi tossiche: avrebbero notevolmente rallentato il loro viaggio. Si calò nel proprio pertugio, sul sottile materasso e cadde all’ istante in un sonno pesante.

L’aroma sintetico dei fagioli in polvere lo svegliò, lo stomaco che borbottava prepotente. La sua testa grigia sbucò dal terreno, a qualche metro dai piedi esili di Miina che girava pigramente il contenuto di una piccola pentola.

“Abbiamo quasi finito le scorte d’acqua.. La sosta nel prossimo centro abitato sarà obbligatoria..” Borbottò la ragazza a mo’ di saluto. Il giovane sbuffò contrariato, stropicciandosi gli occhi scuri: la notizia di una sosta obbligatoria non era mai piacevole.  “Più piccolo è il posto in cui ci fermeremo e meglio sarà..” Commentò, Miina lo guardò consapevole dei numerosi rischi dell’ avventurarsi in una grande città, costantemente pattugliata dai Bot guardiani. Sid zoppicò fino al basso focolare che illuminava la sera, la propria protesi fra le mani ed i jeans arrotolati a mettere in mostra il roseo moncherino, rimasuglio della gamba sinistra “Lo sapete anche meglio di me che ormai le scorte si trovano solamente nei centri abitati più grandi…”Sentenziò, un gemito di fatica nel sedersi a qualche metro da Nick. Cominciò ad armeggiare con l’arto metallico, allacciando le chiusure al ginocchio. Non c’era da discutere. Un’ ultima occhiata al cielo scuro e malaticcio, il sole, in un tripudio di colori tossici e sgargianti, era soffocato dietro alle nude colline.

 

Il rombo delle motociclette rimbalzava fra le grandi vetrate di quegli enormi palazzi, di quella città deserta. Seattle. La carcassa del glorioso luogo che era stato un tempo: l’asfalto spaccato e le strade ingombre di rifiuti e carcasse maleodoranti, non meglio identificate. I grandi grattacieli si tendevano verso il cielo, dita di vetro, ferro e ruggine. Le finestre buie e spaccate. Troneggiava ciò che rimaneva della Space Needle, l’antico simbolo della città, contorto e ripiegato su sé stesso, miracolosamente sopravvissuto alle esplosioni che aprivano buchi e crateri nella città fantasma.

Nick rallentò leggermente, ammaliato dallo spettacolo disgustosamente decadente. Le fioche luci arancioni dei lampioni illuminavano le strade deserte in quella notte priva di luna. Il trio procedeva sicuro, sotto la guida di Miina che sembrava conoscere la zona. Sapevano quanto potesse essere rischioso per dei ricercati avventurarsi nei ventri labirintici delle vecchie megalopoli, procedevano cauti.

Nick era ricercato per ammutinamento ed alto tradimento. Ricordava ancora quel fucile sproporzionato e difficile da imbracciare a soli quindici anni. Ricordava gli ordini rigidi e folli: “Sparate a vista. Nessuna pietà.”. Ricordava di averli eseguiti quegli ordini, una, due, tre volte. Un giorno qualcosa si era spezzato, durante uno scontro. Era la battaglia decisiva di quella violenta, inutile e sanguinaria guerra civile che vedeva le popolazioni isolate ed affamate del Nevada attaccare la California, stato ricco e prosperoso. Lui aveva diciassette anni e veniva da Carson City, combatteva per mangiare, uccideva per sopravvivere, ma l’immagine di quella donna in lacrime, il corpo del figlio, intriso di sangue, fra le braccia, non l’avrebbe mai scordata. Ammutinamento. Alto tradimento, perché non aveva ucciso quella donna a cui aveva già portato via il figlio. Perché aveva abbassato il fucile ed era fuggito.

 

Una pungente voce metallica lo riportò rapidamente alla realtà.

“Codice: Ricercato 5678. Nick Blackhood. Ricercato 4538. Miina Kosonen. Ricercato 5420. Sid Valence. Vi ordiniamo di fermarvi, immediatamente e di alzare le mani dietro alla nuca.”

Erano cinque. Profili snelli di metallo. Ammassi di chip e collegamenti minacciosi. Inchiodarono rapidamente, i muscoli tesi nel girare le grosse moto da strada, prima che gli androidi facessero fuoco. Una pioggia virulenta di colpi investi lo spazio dove qualche attimo prima si trovava Sid. L’uomo sfoderò la semi automatica e rispose al fuoco consentendo agli altri due di avvantaggiarsi. Miina a sua volta snudò l’arma, accelerando nella corsa. Nick appoggiò una mano sull’impugnatura del fucile che portava a tracolla. Appiattiti sul manubrio, affilavano le orecchie oltre il rombo del vento, a captare il suono soffuso delle sonde. Sid si affiancò a loro. “Ne ho abbattuti un paio, ma presto arriveranno le Guardie e non possiamo permetterci di scontrarci con loro.” Nick imprecò sottovoce, gettandosi una rapida occhiata alle spalle. Intravide una scintilla azzurra, ronzare silenziosamente alle loro spalle. Un paio di pallottole lo sfiorarono. Il dolore lo attraversò, bruciante. Sentì il sangue inzuppargli la manica sinistra della giacca, strinse i denti, senza tentare di tamponarsi la ferita superficiale. Miina si voltò, rapida come un fulmine, tolse la sicura all’ arma e sparò un paio di colpi. Un’ espressione di trionfo le si dipinse sul viso pallido, dai tratti fortemente nordici. Congelata in quell’ attimo, sussultò, colpita alle spalle. Un arabesco scarlatto fra le labbra candide, cadde al suolo, lentamente a quella folle velocità. Le ossa rotte, il sangue che schizzava ovunque. Nick puntò terrorizzato gli occhi in avanti: un cordone di Guardie, i fucili snudati e puntati su di loro, impediva il passaggio delle motociclette. I due rallentarono, il cuore in gola, come due ragazzini colti in fragrante con le mani nella marmellata.

“Scendete dai veicoli, gettate le armi a terra ed alzate le mani!” Intimò qualcuno dalla doppia fila di forze dell’ ordine. Gli uomini si fissarono, coscienti del destino di morte che li attendeva. Sid annuì, impercettibilmente e Nick sorrise. Le mani corsero decise alle manopole dell’ acceleratore. Si costrinsero ad aumentare la loro velocità, ad appiattirsi sulla carena delle moto.

Non ci arrenderemo mai. Per Miina. Per la libertà.

Le Guardie aprirono il fuoco.

  
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