Versione
riveduta e corretta.
Come naturale
conseguenza del successo ottenuto, viene riproposta la versione riveduta e
corretta di The Elevator.
Dedicata
a Chiara. Ancora una volta…
Questa one-shot è nata per caso. Nella vita mi è
capitato spesso di prendere un ascensore, e per fortuna quando l’ho fatto, non
si è mai bloccato e non ha mai dato segni di cedimento apparente. Di solito
sono stati viaggi brevi, da un piano o forse due, ma quando sei dentro, in
quello stretto e angusto spazio, ti accorgi di quanto possa essere difficile
poter anche solo pensare di restar chiuso, per ore, a tal modo.
Non so voi, ma io non lo sopporterei.
Fatto sta che, dalla mente decaduta di un pazzo
squilibrato, è uscito fuori questo.
Non so se possa far più o meno ridere o piangere la
cosa.
Come alcuni ben sapranno, questo non è il mio genere
usuale di scrittura, quindi scusatemi se riterrete il lavoro alquanto penoso.
Non ho saputo fare di meglio, in ogni caso.
Molte sarebbero ancora le cose da dire.
Ma vi annoiereste e lascereste la storia ancor prima
che essa abbia inizio.
Quindi, vi lascio… in questo posto un po’ strano,
forse romantico in prospettiva.
Vi lascio, ai piedi di quell’ascensore che
per errore si è bloccato. A voi decidere se salire o no.
In ogni caso…
Buona lettura…
The
elevator
“ Le porte si
aprono, le porte si chiudono… attimi infinitesimali ci separano dal dubbio e
dalle conseguenze. A volte, per cambiare il destino, basta poco…
Basta una
porta. Aperta o chiusa. Un ascensore che si blocca e due persone che rimangono
dentro.
Per cambiare il
destino, basta poco davvero… vuoi provarci anche tu? “
The elevator – La storia
Higher now
In the sky
You make me feel like I can fly
So high
Elevation
Love
Lift me out of these blues
Won't you tell me something true
I believe in you
Ora più in
alto
Nel cielo
Mi fai sentire come se potessi volare
Così in alto
Elevazione
Amore
Sollevami fuori da queste tristezze
Potresti dirmi qualcosa di vero
Io credo in te
(U2 – Elevation)
*** *** ***
Ronald Weasley non ha avuto
affatto una buona giornata.
Vi è mai capitato, per
assurdo – in uno di quei giorni strani – che le cose non vadano mai come ci si
aspetterebbe? Avete mai avuto la sensazione che ogni pretesto possibile per
andare avanti sia qualcosa per portarvi progressivamente alla rovina?
Ecco, Ronald Weasley ha
questa spiacevole situazione da districare. Non ci sono modi per spiegarla e
non ci sono parole da spendere in merito. È una condizione che esiste e che
gravita sulla sua esistenza. Futili i tentativi che possono soverchiarla.
Semplicemente Ronald Weasley
è stufo. Ha trascorso una giornata che definire angosciante è qualcosa di
tremendamente ingiusto, passando ore e ore su scartoffie inutili per giungere
alla conclusione, per nulla fuori luogo, al quale era già arrivato da tempo:
non avrebbero scoperto nulla di nuovo a questa maniera.
E se cercare di trovare un
colpevole era il suo esaltante compito del giorno, sperava che almeno non lo
avrebbero rinchiuso per molto in quello stanzino maleodorante, sormontato da scaffali
e scaffali di cianfrusaglie babbane, pericolosamente prossime ad una bella
caduta di gruppo. Ci aveva provato, davvero, a fare come i suoi superiori gli
avevano detto, ma era più forte di lui. Quello era un lavoro snervante,
infruttuoso dal suo punto di vista, e l’unica persona che conosceva che lo
avrebbe accolto con dedizione, adesso ce l’aveva tremendamente con lui:
naturalmente, Hermione.
Sì, perchè se Ronald Weasley
non aveva avuto affatto una buona giornata, sicuramente c’era un motivo più che
valido, che andava oltre ai semplici turni di burocrazia post-delitto. Lui era
un Auror, e semplicemente era abituato a questo genere di cose. Omicidi,
incantesimi fuori controllo, bande oscure e criminali che facevano qualche
strage in centro… tutta roba di una certa tranquilla monotonia. Un qualcosa
d’ordinario, di già visto, di già vissuto… Non poteva di certo definire il suo
lavoro, come un lavoro noioso. Eppure… Ronald Weasley provava un qualcosa di
stretto al petto, una sensazione al limite del fastidioso. Un martelletto
piccolo, appuntito, che dilaniava da tempo la carne immaginaria della sua
anima, tormentandolo. Schernendolo.
Sei una stupida! gli aveva detto, ben sapendo che quelle parole non rappresentavano il
vero, ma che comunque erano in grado di ferirla profondamente. L’aveva vista
con i suoi occhi azzurri, opachi, fuggire in lacrime e sparire dietro una porta
che sarebbe stata chiusa davanti a lui come un miraggio. Stupida, stupida
Hermione. Perché non potevano fare a meno di litigare tutte le volte? Perché
non poteva chiudere quella dannata bocca quel giorno?
Perché adesso come non mai si
sentiva in colpa?
Non l’aveva più rivista. Né
sentita. Era un Auror esperto anche lei, e di certo se non voleva farsi trovare
non ci sarebbe stato nulla che avrebbe potuto distoglierla da quella decisione.
Irreperibile, era il termine esatto.
Ma vedete, il destino vuole
che a volte le occasioni si ripresentino e nulla e nessuno, nemmeno il nostro
caro Ronald Weasley, avrebbe potuto dire quello che di lì a poco sarebbe
successo.
Ronald Weasley non aveva
avuto affatto una buona giornata… ma le giornate si concludono sempre allo
scoccare della mezzanotte, nella sua ora magica.
Non so quanto magica possa
risultare questa storia ai vostri occhi. Per quelli che l’hanno vissuta lo è
stata. E anche un brutto periodo, di colpo, può diventare qualcosa di
incredibilmente eccezionale.
Ai soggetti, il compito di
renderlo tale.
*** *** ***
Hermione Jane Granger si
poteva dire soddisfatta di quella giornata.
Era tutto filato liscio,
senza intoppi. Aveva svolto il suo consueto lavoro di capo in seconda, in
maniera oltremodo invidiabile, supportando le reclute in tutte le occasioni e
con molta efficienza. Anche il suo diretto superiore si era congratulato con
lei, il che era molto strano, vista la natura piuttosto schiva del soggetto in
questione, e aveva detto con parole di straordinaria musicalità che di questo
passo sarebbe stata promossa alle forze avanzate. Non poteva di certo non dirsi
soddisfatta della cosa. Stava crescendo, e in fretta anche…
Ormai non era più una
ragazzina, si stava facendo una discreta donna, come amava decantare qualcuno,
e sì sa, i complimenti in certi casi fioccano anche se non c’è né
effettivamente bisogno. Questa volta non era uno di quei casi, però. Sapeva di
essere stata capace nel suo lavoro e sentirsi realizzata in qualcosa, era
senz’altro un motivo di grande gioia per lei, che fin da piccola si era
abituata a primeggiare.
Ma non tutti la pensavano
così, ad ogni modo. Non gli facevano né caldo né freddo le occhiate languide di
alcuni sui colleghi, o i vari apprezzamenti che i passanti in centro facevano
su di lei. A lei importava essere riconosciuta per quello che era, non voleva
di certo dei titoli in più. Una persona forte, tutta di un pezzo… pronta magari
a buttarsi nel fuoco pur di riuscire in qualcosa. Intelligente anche, sotto
molti punti di vista. Ma come già detto non tutti la pensavano così…
Sei una stupida! si era sentita dire dalla persona che fra tutte avrebbe dovuto capirla
meglio. Una semplice bambolina che non comprende la differenza fra destra e
sinistra, e che fa versetti da oca, sculettando da una parte all’altra… la
riteneva così davvero, fino a quel punto?
Stupida, stupida Hermione.
Che si fa sempre condizionare da quel babbeo con i capelli rossi, che cade in
lacrime ad ogni parola di troppo… ma adesso è arrivato il momento di dire
basta. Non lo voleva più rivedere per un bel po’ di tempo. Avrebbe fatto a meno
dei suoi commenti idioti e delle sue frecciatine inutili. La considerava una
stupida? Bene. Avrebbe lasciato “il pronipote di Einstein“ tutto solo. Tanto
non avrebbe avuto problemi, no? Con la sua immensa intelligenza e le sue
spiccate capacità intuitive da Troll, sicuramente sarebbe stato in grado di
cavarsela, cavolo!
Chi aveva bisogno di lei?
Sorrise alla fine della
giornata che gli si prospettava davanti. Doveva controllare un vecchio hotel
babbano abbastanza scadente, per alcuni incantesimi di magia oscura applicati
ad alcune camere. I soliti scherzi idioti contro i babbani, nulla di serio in
ogni caso…
Se la sarebbe sbrigata con
poco e presto sarebbe tornata al confortante calduccio di casa sua, priva
d’ogni singola preoccupazione.
Hermione Jane Granger si
poteva dire soddisfatta di quella giornata. Non ci è noto sapere se lo sarebbe
stata anche in seguito, dopo che gli eventi avessero fatto il loro lento e
cauto corso.
Per una volta ancora.
*** *** ***
Un terribile e fastidioso mal
di testa.
“ Ma… signore… perché proprio
io?
Parole uscite stentate. Un
consistente groppo alla gola. Salivazione a zero.
Davanti un uomo corpulento,
le mani tozze e il collo incavato nelle spalle, con un’espressione
indecifrabile sul volto. Il mio diretto superiore.
“ Non discuta Capitano
Weasley. Questo compito è stato affidato a lei, e lei “ disse, calcando bene
l’ultima parola “ lo porterà a termine.
Di certo non si può
discutere.
“ Come vuole, signore… sarà
fatto “
Un saluto militare, un cenno
col capo… un ordine che avrei preferito non sentire e che comunque m’irrita in
maniera considerevole. Frasi che non avrei voluto dire ma che mi vedo costretto
a sopportare.
Il comandante rispose al mio
sistematico movimento di testa con un ghigno basso, il sorriso di un uomo
tutt’altro che vivo, e si allontanò caracollando sotto il suo peso influente.
Nella sua scia un esile fischiettio senza preoccupazioni.
Una vera e propria carognata.
Non bastano i turni
massacranti di notte, e le analisi faticosamente svolte al mattino; non conta
niente se io adesso sto male, e ho il mal di testa; non importa… perché
semplicemente nel mio lavoro si deve solo obbedire. E sembra strano detto così,
da me, uno che in passato è sempre stato una testa calda, che ha sempre agito
d’impulso… Non mi sarei mai sognato di dover sottomettere la mia indole in
maniera così definitiva, ma così il cielo ha voluto e in ogni caso non serve a
niente lagnarsi per questo. O meglio, non ora almeno.
Penso solo che a volte questi
giochetti potrebbero anche risparmiarseli, tutto sommato. Il comandante poteva
scegliere benissimo qualcun altro. Non è un compito che si possa rivelare così
difficoltoso. Poteva mandare Joe, Dan… che so Matt… novellini alle prime armi, certo, ma comunque in grado di
svolgere un lavoro del genere. Una specie di grande disinfestazione domestica,
dopotutto. Un po’ come ripulire la cacca di Doxy
dalle pareti, se mi è consentito il paragone.
E invece, non a caso mi
verrebbe da dire, sono stato scelto io. Capitano Weasley, sottoufficiale in
comando, gran pirla universale e rifiuto umano della società. Sicuramente deve
essere uno spasso per loro (maledetti aguzzini, che peste vi colga!). Mandare
il sottoscritto a svolgere l’ennesima incombenza dopo ore e ore di lavoro è
proprio una galanteria, se posso usare un eufemismo. Una carognata in piena
regola e a regola d’arte, sotto tutti i punti di vista.
E allora che fare? Seguire il
protocollo, naturalmente. Capire, obbedire, eseguire, e fare rapporto. Questi i
segreti del buon Auror. Ah, in aggiunta anche: non fare domande, e non dare
risposte se non interpellati. Un codice di vita studiato appositamente per
tutte le teste matte che si vedono in giro. Io ormai mi sono abituato,
rassegnato a questa realtà che mi vede primariamente sotto. Lo so, arcadico
dirlo, ma i veri momenti di soddisfazione che ho da tutto questo vengono
proprio dal combattere. Lì sì che possiamo sfogare tutte le energie represse e
concatenate che abbiamo dentro. Spezzare un nemico che a poco a poco si sta
facendo sempre più debole, ma allo stesso tempo audace, e distruggere con la
nostra aggressività tutto quello che ci si para d’incontro.
Ma anche questo, purtroppo o
con gran sollievo da che parte la si vuole guardare, succede sempre più
raramente. Solo mischie separate. Qualche morto ogni tanto. Un calderone di
valore rubato o un assalto alla Gringott.
Nulla che si possa definire emozionante.
Il compito che mi si presta
davanti oggi rientra esattamente in quella particolare categoria: monotonia
totale e completa. Alcuni idioti, come se fosse la cosa più importante da fare
al momento, hanno tappezzato un alberghetto da due soldi con disgustose magie
oscure anti-babbano. Water che rigettano il loro infausto contenuto. Porte che
si aprono e si chiudono sulla faccia dei clienti. Mostruose caricature
d’insetti giganteschi che gravitano per il soffitto. Insomma… un casino. E
naturalmente la polizia magica non è abbastanza efficiente da svolgere un
lavoro così basilare. Meglio lasciar fare agli Auror, no? Che sicuramente non
avranno nulla da fare…
Maledetti rompicoglioni!
Un pensiero più sentito che
pensato. Una doverosa, e giustificata dopotutto, chiarificazione con il proprio
ego, ormai in subbuglio da molti mesi ormai.
Devo sembrare uno spettro.
Vedo riflessa la mia immagine nello specchio antistante alla porta della
caserma. Le occhiaie sono grandi e scure, le palpebre pesanti e lievemente
segnate. Non mi meraviglierei di certo se un rivolo di bava adesso mi spuntasse
dalla bocca. I miei capelli sono un caos perpetuo e la lotta da ecatombe che ho
intrapreso contro di loro ha già decretato un vincitore: io ho perso. Sento il
peso della stanchezza che si abbatte su di me. Ma ormai è andata. Ho un lavoro
da finire e poi… forse… potrò riposarmi qualche ora.
Ma non si sa mai… in fondo,
qui, si deve solo obbedire.
*** *** ***
Adoro passeggiare per le
strade della Londra trafficata. È molto rilassante. E molto curioso,
soprattutto. Imbattersi in persone di tutti i tipi, di tutte le salse, d’ogni
nazione… Vedere sguardi spenti, vivi. Ascoltare le lingue distaccate e fredde
dei paesi dell’est, e il tono calmo e gioviale di quelli che qui vengono
chiamati i “sudisti”, in modo non
propriamente caloroso. Un assemblaggio di parole melodiose e aggraziate, di
culture che vanno oltre confine e che si uniscono, inscindibilmente. Ma anche
l’aspetto cacofonico delle macchine che passano e sfrecciano per le strade, il
rombo dei motori dalle marmitte inquinanti, lo stridere delle gomme
sull’asfalto… tutto in netto contrasto.
Un sorriso increspa
febbrilmente le mie giovani labbra. Mi sento fresca, viva, riposata. Qui nel
caos della Londra bene non ricevo ordini, e non devo per forza eseguirli. Non
devo per forza sopportare la presenza ingombrante dei miei colleghi e il
chiassoso vociare maschile di una caserma che di donne ne ha ben poche. E, soprattutto, non devo – e non sento il
bisogno – di piangere come una fontana ogni qual volta me lo ritrovo davanti.
La situazione era diventata
davvero invivibile. E stare lontana da lui per un po’ non mi ha fatto che bene,
in ogni caso. Quanto meno non sento più i suoi insulti, e le sue frecciatine
idiote, nei sogni che la notte riesce a concedermi.
Mi faccio largo tra la folla
giocosa per arrivare a destinazione. Nello spazio che mi si presenta davanti,
un grosso tendone da circo riempie la vasta piazza in cui mi sono venuta a
trovare. Un bambino, che avrà più o meno l’età di un anno, è tra le braccia di
un patetico clown, e piange disperato. La mamma, una signora dall’abito scuro e
dagli occhiali spessi, guarda la scena con discreta apprensione e cerca in
qualche maniera di quietare lo scalmanato bebè.
Attorno una marea di gente
colorata che si fa largo a spintoni, con grande vociare. Mi accorgo di essere
finalmente arrivata.
Un grosso edificio dai muri
scrostati e grigi troneggia sulla piazza, incutendo a priva vista un certo
timore. Un neon lampeggiante, intermittente – quelli che si vedono spesso nei
night club – segnale la presenza di un hotel in quel posto, che visto così, di
primo acchito, ha più le sembianze di una casa popolare. Il nome che recita la
scritta rossa fosforescente, ha un che di predestinato: Hotel dei due cuori.
Decido di entrare e di
sbrigarmi quanto prima. Non mi sembra il genere di posto che si può definire
raccomandabile. Entro nella hall, in quello spazio che separa i corridoi dalla receptions, e lo spettacolo che mi si
presenta davanti mi sorprende notevolmente. Vasi giganteschi di fiori profumati
adornano la sala e un grosso e vistoso tappeto rosso d’ordinanza ricopre i
marmi lastricati e bianchi dell’ingresso. L’ambiente è tutt’altro che scadente,
dopotutto. Di certo da quello che si poteva desumere da fuori, questo è
senz’altro abbastanza per un piccolo alberghetto di così bassa fama. Mi
avvicino al tavolo della receptions con
calma flemmatica e sorrido alla ragazza che mi si pone davanti.
“ Posso esserle utile? “
E’ una ragazza carina, forse
abbastanza cresciuta per la sua età. Il suo tono è leggero e rispettoso, e
dietro alle iridi cobalto dei suoi occhi sprizza una vita che per un momento –
non è che un attimo – mi sorprende, spiazzandomi.
Cerco di essere il più
discreta possibile nel rispondere al suo quesito.
“ Ho un lavoro da svolgere ai
piani superiori, sotto commissione del sig. Norman…
il gestore dell’hotel, credo “ dico in modo spiccio, ma senza prolungarmi
troppo sui particolari.
La ragazza dagli occhi
cobalto mi sorride. Buon segno. Non farà domande.
“ Benissimo. Faccia pure…
credo non abbia bisogno del mio aiuto per trovare la strada, no? Prenda
l’ascensore se vuole… non è guasto anche se potrebbe dare quell’impressione “
dice scandendo melodiosamente tutte le parole, come in un canto mistico.
Sorrido di rimando. Non un
sorriso di circostanza. Un sorriso vero, di ringraziamento.
“ Grazie mille. È stata
gentilissima…”
“ Ma si figuri. “
Mi armo di buona volontà e
volto le spalle a quel sorriso radioso. O come l’impressione che in un'altra
vita, se il caso avesse voluto, avremmo potuto diventare ottime amiche,
nonostante tutto.
Scaccio questi pensieri dalla
testa e m’incammino verso l’ascensore blu notte ai lati della sala.
Effettivamente non ha un aspetto molto rassicurante. Il pulsante di richiamo
dai piani superiori è spaccato in più punti e il getto luminescente della
lampadina posta sopra l’ascensore stesso, va ad intermittenza come a segnalare
un calo di corrente. Il lucido metallo delle porte di quel marchingegno è
graffiato abbastanza vistosamente sul davanti e si sente un leggero cigolio
provenire da dentro.
Decido di infischiarmene,
nonostante tutto.
Quella ragazza mi ha infuso
talmente tanta fiducia che adesso, di certo, non mi spavento per un ascensore
malandato.
Premo il pulsante di richiamo
e attendo. Vedo la lucina luminosa segnare i vari piani che l’ascensore supera
e le porte aprirsi subito dopo.
Sto per entrare… ma una voce
insistente, e troppo conosciuta per essere confusa, mi giunge all’orecchio.
“ Hermione! “
E inevitabilmente dal mio
corpo scappa fuori un sospiro.
Questa non ci voleva.
*** *** ***
Mi trovo nella hall
dell’albergo più squallido che mi sia mai capitato di vedere. I fiori alle
porte e i tappeti lussureggianti all’ingresso non m’imbrogliano. Di certo
questo posto non può garantire un servizio di qualità. E poi diciamocelo, ha un
nome veramente ridicolo. Dai, Hotel dei
due cuori, che nome assurdo è? Sembra uscito da uno di quei film babbani
strappalacrime che tanto piacevano a mia madre. Sapete quando papà comprò - o
forse meglio dire, sequestrò – una semplice televisioncina da due soldi da un
tizio abbastanza losco, la mamma non approvava completamente. Frigge le cervella! diceva nell’impeto
rabbioso del suo ruolo di madre e di moglie. Ma alla fine è lei che ne è
rimasta stregata. Ha visto tutti i film disgustosamente romantici che esistono
sul pianeta e ancora non è doma. Ogni giorno aspetta papà con ansia, in attesa
di qualche casetta nuova da inserire
nel videotrasmettitore, o qualcosa
del genere. È partita totalmente.
Mi guardo in giro e il mio
sguardo si perde nella vasta aria receptions
dell’ingresso. Non si può dire che il luogo sia stretto o angusto,
quantomeno ha il vantaggio – minimo, sia chiaro – di essere un posto arioso e
aperto a tutti i tipi di clientela.
Il mio sguardo cade su una
ragazza dall’aria pensosa, che con gesti distratti della mano si prende alcuni
ciocchi di capelli castani nel palmo. Non posso non notare – il mio istinto da
maschio maturo me lo impone – che effettivamente è una bella ragazza. Ha un
qualcosa che ispira fiducia dal primo momento, e così in quest’attimo mi chiedo
se non l’ho già vista da qualche parte.
Il tono con cui mi rivolgo a
lei, che ancora non si è accorta della mia presenza, è quanto di più virile e
sensuale mi sia mai riuscito in vita mia.
“ Signorina, avrei bisogno di
lei… “
Il lei che esce dalle mie
labbra è quanto di più audace si possa fare. Sembra più la proposta di un
maniaco invasato che di un Auror desideroso d’informazioni.
“ Mi dica… sono a sua disposizione. “
Oh… la ragazza ci sa fare. La
risposta che esce fuori dalle sue labbra ben disegnate è un chiaro invito alla
mia provocazione. Un’autentica caccia al topo.
Il mio volto viene illuminato
dal suo sorriso.
Sorrido a mia volta.
“ Dovrei andare ai piani
superiori. Ho un compito che il sig. Norman
mi ha assegnato personalmente… crede che la mia presenza possa arrecare
disturbo lassù? “
Weasley sei un Dio. Una
lievissima sviolinata alle orecchie della ragazza. Il sorriso si fa ancora più
ampio.
“ No, non credo disturberà
sig… ehm… “
“ Weasley… ma tu puoi
chiamarmi Ron, se vuoi…”
Ripeto: Weasley sei
ufficialmente il mio Dio. So che l’auto-celebrazione è un po’ squallida nella
maggior parte dei casi, ma sapete quando si è euforici la mente vaga un po’ per
conto suo, in fin dei conti. Improvvisamente mi accorgo di non avere più il mal
di testa.
“ Oh certo… vai pure, Ron …”
Un altro sorriso. Quella
ragazza sembra nata giusto per fare quello. Mi riprometto di portare avanti un
certo discorsetto con la pulzella, finito
il lavoro sporco. Chissà… sarà il
fascino della divisa…
Decido di staccarmi dalla
celeste visione dei suoi occhi, azzurri cobalto come i miei, e di portare fine
all’ultimo supplizio della giornata. M’incammino verso lo spazio che porta ai
piani superiori e mi dirigo verso le scale.
Improvvisamente un rumore
secco giunge alle mie orecchie. Più uno scampanellio diroccato che altro. Mi
volto verso la direzione del rumore e quello che mi si presenta davanti mi
toglie completamente il fiato.
Una figura slanciata e
abbastanza impettita si trova di fronte a me. Non potrei mai confonderla tra le
altre. Lei semplicemente si distingue sempre… in tutto.
E anche se la mia voce cerca
disperatamente di fare il contrario, dal mio cervello appannato nasce il
desiderio di attirare la sua attenzione. Un po’ come buttarsi tra le fauci di
un leone inferocito.
È un lampo.
“ Hermione! “
E dal movimento della sua
testa che giunge ai miei occhi, so di essere di nuovo nei guai.
Questa non ci voleva.
*** *** ***
Cerco di trovare dentro di me
la calma interiore.
Faccio un bel respiro.
Ne faccio due.
Ma come mai queste diavolerie
Zen non funzionano mai nei momenti
del bisogno? Voglio dire, a che serve fare corsi d’aggiornamenti specifici per
controllare la tensione se poi non riesco mai a fronteggiare queste situazioni?
Voglio dire, non è che tutte le volte che lo vedi, o lo senti, puoi comportarti
così.
Non posso piangere sempre.
Non voglio piangere sempre.
E soprattutto non voglio dare
la soddisfazione a quel bellimbusto di avere ancora il controllo su di me.
Nossignore! Ne va del mio onore, stavolta. Cercherò d’essere fredda e
distaccata come si confà ad un buon Auror.
Senza degnarlo di uno sguardo
entro dentro al piccolo vano dell’ascensore. Un lieve odore di cicche
bruciacchiate s’impossessa di me e la sgradevole sensazione che solo i posti
sporchi sanno donarmi, sembra imprigionarmi fin dal primo impatto. Cerco di
premere sbrigativamente il pulsante di risalita, in modo da non dover convivere
con lui anche in uno spazio così stretto. Le porte si sono quasi chiuse del
tutto, ma…
Come una furia – tipico, mi
verrebbe da dire – s’infila selvaggiamente nell’angusto scompartimento e per
inerzia sbatte violentemente il braccio sulle porte ormai sigillate
dell’ascensore.
Era proprio questo quel che
volevo evitare.
Perché capitano tutte a me?
Sento l’ascensore cominciare lentamente la sua salita, e donare ai già
traballanti passeggeri alcune scosse poco rassicuranti.
Il mio atteggiamento è quello
classico delle Mura di Gerico.
Silenzioso. Freddo.
Imperioso.
Sento il mio scomodo compagno
di viaggio respirare profondamente, cercando l’aria persa nella corsa
precedente. Con una mano si strofina in modo possessivo il braccio malandato.
Oh, poverino… sì è fatto la
bua. E ti aspetti che ti dia parole di conforto, stupido idiota?
Si volta cauto verso di me,
in imbarazzo… so che preferirebbe mille volte che gli urlassi contro, piuttosto
che restare in silenzio. Sarebbe una situazione che quanto meno potrebbe
gestire. Questa no.
Lui odia il silenzio.
Ed è per questo che inizia a
parlare, a sproposito, come fa sempre lui. Dentro la mia anima di ferro si
dipinge un ghigno sadico, il ghigno di chi ha le redini del gioco.
“ Oh suvvia, Hermione… non fare
così. Non ti sembra di avermi punito abbastanza? Mi terrai il broncio in
eterno? Ti ho cercata e ricercata in questi mesi. Telefonate, lettere, visite
ai tuoi… dove ti eri cacciata? Mi hai fatto stare in pensiero, cavolo! Ancora
mi chiedo cosa ti ho fatto di male… “
Uno sproloquio assurdo.
Parole senza senso, messe a vanvera. Sento lentamente la rabbia salire. I
propositi di stare calma e rilassata si sono andati a fare una passeggiata. Ron
ha il potere di farmi incavolare terribilmente, senza freni. Solo con la sua
solo presenza.
“ Ancora mi chiedo cosa ti ho fatto di male? Te lo dico io, stupido
imbecille! Sei uno stronzo, ecco cosa sei! E pretendi che io ti parli ancora?
Mi hai umiliato l’ultima volta che ci siamo visti! Io a differenza tua SONO UN
ESSERE UMANO “ la voce che aumenta di tono “ E NON MI FACCIO TRATTARE ANCORA
COME MI HAI TRATTATO TU, RAZZA DI IDIOTA! “ la mia voce è un fiume in piena
d’imprecazioni e d’insulti che aumentano d’intensità.
Vedo il suo volto confuso
afflosciarsi per l’ennesima sconfitta verbale da parte della sottoscritta, e il
proprio animo nascondersi la coda tra le gambe, in segno di resa.
SBAM!
Le luci si spengono
improvvisamente e l’ascensore si ferma di colpo nel vuoto. Un lucina
d’emergenza si attiva sul pannello alla mia destra e c’informa che l’ascensore
è bloccato.
Grazie mille dell’informazione, inutile trabiccolo!
Sento le energie abbandonarmi
completamente. Perché tutte a me? Perché ogni occasione è un pretesto per
mettere alla prova i miei nervi?
Con questi pensieri che mi si
formano nella mente, non posso fare a meno di pensare: anche questa non ci
voleva.
*** *** ***
Improvvisamente diventa tutto
buio.
Rumori metallici e sinistri
accarezzano l’aria. Un leggero odore di fili bruciacchiati si stagna nell’ambiente.
Cerco di visualizzare la
situazione in prospettiva, da tutti i punti di vista.
Mi trovo su un aggeggio
traballante, che oscilla da una parte all’altra, e non so bene il motivo perché
sono qui. Sono stato investito da una parziale cecità dei sensi e adesso sono
accecato dal leggero chiarore diffuso delle luci d’emergenza. Mi trovo nella
spiacevole situazione di non poter fuggire, nel caso c’è ne fosse bisogno.
Diciamo che mi sono proprio andato ad infilare in un bel casino.
Non potevo prendere le scale
invece che questo coso… sì, come si chiama… aviatore,
ecco. Sarebbe stato logico e infinitamente più rilassante.
Adesso invece sono qui. In
una morsa di ferro e metalli sconosciuti. In compagnia di una tigre dai denti
affilati, pronti a colpirmi se solo avessi aperto bocca.
Il mio sguardo percorre tutto
lo spazio circostante e si fissa su Hermione, intenta come al solito a voler
trovare una soluzione. La sento indistintamente, anche ad occhi chiusi,
trafficare con il pulsante di soccorso del panello a me antistante. Percepisco
il suo nervosismo. So che preferirebbe non avermi mai più dovuto incontrare sul
suo cammino, e la capisco. Ma forse questa situazione è un segno del cielo.
Devo inventarmi qualcosa, cavolo.
Qualcosa per il quale la sua
guardia feroce al suo orgoglio, possa capitolare. Mi serve qualcosa che possa
far sciogliere il ghiaccio che è in lei, un pretesto per ritrovare anche un
minimo contatto.
E mentre penso a tutto
questo, e lei è intenta nel suo lavoro di soccorso, fa capolino dentro di me
un’idea assolutamente diabolica. Una carognata anche questa, ma dal mio punto
di vista un autentico colpo di genio.
Improvvisamente, e con tutto
il rumore che mi riesce di fare, mi accascio a terra in preda ad attacchi
spaventosi. Mi dimenò come un pazzo e aumento in maniera consistente il
respiro.
La vedo voltarsi impaziente,
con sguardo freddo ma adesso lievemente preoccupato.
“ Cosa c’è, Ron? “
Mi acquieto giusto un attimo.
Il sudore che scende dalla mia fronte potrebbe concorrere al premio Oscar,
quello che assegnano ai babbani più meritevoli, e il pallore opaco che sono
riuscito a simulare con la mia faccia è degno di un attore di primo ordine.
Rispondo con voce flebile,
quasi soffocata.
“ Mi sento male… “
Lo sguardo che ricevo è un
coltello che mi passa sopra la testa, ma non ci faccio caso.
“ E a cosa ti sentiresti
male, di grazia? “
Il suo tono è tutto un
programma. Non è una persona che si possa ingannare facilmente, la mia
Hermione, ma per nulla intimidito continuo a rincarare la dose.
“ Sono claustrofobico… non
pensavo di doverci restare per molto in questo aviatore… “
Weasley. Ripeto. Sei il mio
Dio.
Mi sembra quasi di aver
scorto un sorriso dietro quella maschera di freddezza assoluta. Sento le prime
crepe formarsi nello spesso blocco di ghiaccio che mi si presenta davanti.
La voce che arriva alle mie
orecchie è quanto di più melodioso mi possa capitare di sentire.
“ Ascensore, Ron. Non aviatore…
“
Nessun richiamo isterico.
Nessun attacco di rabbia. Nessuno scoppio improvviso di nervi. Più che altro il
tono rassegnato di chi non ha alternative. La prima prova penso che si possa
dire superata a pieni voti.
“ Quello che è… su Jane,
dammi una mano, ti prego “
E in quel momento posso dire
di aver dato scacco al re, o meglio… alla regina.
*** **** ***
Ronald Weasley sei un perfetto idiota.
Non
capisco perché quell’ebete patentato debba per forza mettere alla prova i miei
nervi tutte le volte. È un sacrilego alla mia intelligenza, un uomo che non
riconosce le mie doti intuitive e che non le apprezza. Pensa di essere furbo.
Ma è solo patetico.
Già
di per sé la situazione non è delle più rosee. Ci vorranno ore prima di essere
cavati da questo buco, ammesso che c’è la facciano in tempi così brevi, e in
aggiunta a tutto ciò, quest’idiota si mette a fare anche le commedie!
Il
modo con cui si è afflosciato a terra è assolutamente da rivedere. Di certo,
poteva evitare di fare tutto quel rumore. È sempre stato un attore scadente,
Ronald.
E
poi agitarsi così, suvvia… sembrava avesse le convulsioni quell’idiota. E un
claustrofobico, come si definisce lui, non ha tutte queste reazioni. O
quantomeno non così vistose.
Cercò
di guardarlo nel modo più freddo possibile dall’alto del mio metro e mezzo
abbondante. Lo sguardo che fiondo su di lui è inceneritore e le parole di
circostanza che mi escono dette sono come grossi macigni pronti per una
lapidazione.
Sei
un grande stronzo, Ronald Bilius Weasley!
“ … non pensavo di doverci
restare per molto in questo aviatore…
“
Uno
stronzo patentato.
Nonostante
tutto mi esce un sorriso. Non so se anche questo fa parte della patetica
commedia che ha cercato di mettere in piedi, ma il modo che ha di definire gli
oggetti babbani – in un modo tutto suo – mi ha sempre fatto sorridere. E
l’espressione genuina con cui lo fa me lo rende così tenero…
Ma
non devo cascarci. Hermione, su! Non puoi farti imbambolare così.
Cerco
di riguadagnare la freddezza che mi è appartenuta e rispondo da ragazza
saccente quale sono.
“ Ascensore, Ron. Non aviatore…
“
E anche se il solo dirlo mi
fa sorridere, non posso fare a meno di pensare ancora che tu sia uno stronzo,
Ronald Weasley.
Un vero stronzo.
Uno stronzo irrimediabile.
“ Quello che è… su Jane, dammi una mano, ti prego “
Un
adorabile stronzo.
E
in quel momento ho capito di aver perso. Di essermi fatta condizionare ancora
una volta da lui. È più forte di me.
Usare
il mio secondo nome di battesimo, diciamocelo tondo tondo, è stato sleale da
parte sua. Sa che quando mi chiama così, io mi sciolgo come neve al sole, e
mille campanelle dorate mi tintinnano nella testa. Sa che solo lui può
chiamarmi così, tra tanti, perché io gliel’ho concesso. E non posso fare a meno
di pensare che in fondo, sono irrimediabilmente cotta di lui.
Dannazione!
Decido
di prendermi almeno una piccola, seppur misera, rivincita personale. Con tutta
la sensualità presente nel mio corpo, mi chinò verso di lui, avvicinandomi al
suo orecchio e sussurro: “ Ok, Bilius…
“
E
so che sta per esplodere.
Lo
vedo diventare rosso di rabbia, di colpo. Le vene s’ingrossano sul suo collo in
maniera oltremodo preoccupante. Semplicemente so come mandarlo in bestia, nello
stesso modo con cui lui ci riesce con me.
“
NON CHIAMARMI BILIUS! LO SAI CHE LO ODIO! “
Certo
che lo so, razza di zoticone. Ma una minima soddisfazione vorrai concedermela,
no? Lo sguardo che ricevo mi dice che non vorresti concedermi nemmeno quella.
Io per risposta aggravo il peso dei miei colpi.
“
Non è colpa mia se hai un nome ridicolo… Bilius.
“
Stavolta
forse ho esagerato.
Vedo
la tigre assopita dentro di lui, risvegliarsi di colpo. La luce dietro ai suoi
occhi è febbrile, atteggiamento di difesa e d’attacco allo stesso tempo. Odia
essere colpito nei suoi punti deboli.
“
Hai superato il limite. “
E
con furia impazzita si abbatte su di me. Il mio gesto di reazione è lento e
impreparato, complice lo sbigottimento che filtra dai miei occhi. Sento il suo
peso sul mio corpo. Mi schiaccia le braccia ai fianchi e sorride… un sorriso
sadico. Il sorriso di un pazzo maniaco stupratore.
Cerco
di divincolarmi ma è praticamente impossibile.
Abbiamo
il fiatone entrambi, chi per lo sforzo, chi per l’ansia.
“
Adesso mi chiamerai con il mio nome… forza! “
“
Ron… per favore, mi fai male… “
“
Risposta esatta. Ron. Hai vinto un premio… “
Percepisco
chiaramente l’agitazione dei suoi sensi e posso vedere che l’istinto ha ormai
preso il sopravvento, vittima di un gioco incominciato per caso e proseguito
per impeto. Ormai la danza è iniziata e non possiamo sottrarci.
Istintivamente
si abbassa su di me.
Ed
è un attimo…
Un
bacio casto, breve… uno sfiorare appena di labbra. Occhi chiusi che cercano
alla ceca un contatto agognato.
Sento
il suo respiro sul mio viso e mi sembra di essere in paradiso. Non voglio
aprire gli occhi perché ho paura di svegliarmi, non voglio scoprire che in
fondo questo era solo un bel sogno.
Serrò
le iridi strette strette, e mi rendo conto che adesso sono completamente in suo
potere. Lui si muove dentro la mia bocca con sapiente maestria e il contatto
che c’è fra noi, è un muoversi lento di lingue ed emozioni che si fondono
all’unisono. Non posso fare a meno di pensare, così tra un momento di lucidità
e l’altro, che io adoro quel maledetto stronzo. E non posso fare a meno di lui,
neanche se lo volessi intensamente.
Con
uno sforzo enorme, sento il peso che mi bloccava a terra alzarsi di colpo e
rotolare accanto a me. Distinguo chiaramente il suo respiro affannoso giungere
da vicino e sento la sua mano grande e callosa percorrere la mia schiena,
accarezzandola.
Un
brivido mi sbatte da una parte all’altra. Mi lecco le labbra in modo casuale e
non posso fare a meno di risentire il suo sapore nella mia bocca.
Respiro.
Respiro
ancora.
Mi
volto. E i nostri occhi s’incatenano come fili invisibili in quello spazio
ristretto. Restiamo così, forse per ore… con lui che mi accarezza gentilmente
la schiena e io che lo guardo nelle sue iridi chiare.
E
non posso fare a meno di parlare, spezzando quell’equilibrio sacro e mistico
che si è venuto a formare, deglutendo notevolmente al suono delle mie parole…
“
Ron… io… “
Lui
mi blocca. Sento un dito appoggiato sulle labbra e rabbrividisco ancora.
Si
avvicina ancora di più a me e improvvisamente sento di nuovo caldo. Un caldo
accecante, ingombrante, che scende dalle mie labbra ormai in fiamme, fino a
giungere al mio cuore, riscaldandolo.
Mi abbraccia
da dietro. Sento un’emozione vivida percuotere il mio essere.
Istintivamente
appoggio la mia testa sul suo petto e chiudo gli occhi ancora una volta. Sento
il suo corpo abbassarsi e alzarsi al ritmo con il suo respiro e tutta la
stanchezza della giornata passata, cadere su di me.
Morfeo
mi chiama, ma devo farlo… devo dirlo… prima di cedere.
Estratto
da un pozzo profondo e da salite invalicabili che tormentano il mio cuore, il
pensiero che mi si è formato nella testa esce fuori in tutta la sua consistenza
e le mie labbra agiscono d’impulso.
“ Ron…
ti amo… “
E
sprofondo in un sonno senza sogni.
*** *** ***
Sto
baciando Hermione in un ascensore e mi pare la cosa più naturale di questo
mondo.
Non
so cosa mi sia preso. A volte – o spesso che forse è più preciso – mi sembra
d’essere proprio un animale. Solo che non ci ho visto più… lo sa che odio
quell’insulso nomignolo da due soldi. Mi ha provocato e io ho agito di
conseguenza… Solo che ora le conseguenze si sono spostate in un campo che è
difficile da controllare. Semplicemente faccio fare tutto all’istinto. Assaporo
le labbra di Hermione come se lo facessi ogni giorno di questa vita, e mi perdo
in quel delirio dei sensi che poi solo lei riesce a donarmi.
Penso
che in fondo la giornata non è andata poi così male.
Rivedo
fuggevolmente tutte le scartoffie esaminate nel pomeriggio e mi chiedo cosa mi
abbia portato a fare quello che sto facendo. Capisco che la situazione ha un
che di tragicomico, ma non posso fare a meno d’essere grato al cielo per quello
che si è venuto a creare. Rinchiusi come due sacchi dell’immondizia in un
contenitore troppo stretto, balliamo il valzer dell’amore profondo, leggero. Un
gioco fatto di labbra, saliva, e lingua, ad un ritmo infinito che viene dal
cuore.
Percezione
dei sensi a mille. Battito accelerato. Palpitazioni incontrollate.
Semplicemente mi sembra di aver bisogno di un cardiologo in questo momento,
fatto di sbalzi ebbri e placidi, di contraddizioni assurde ma comunque non
prive di logica.
Sto
letteralmente perdendo la testa.
Con
un gesto abbastanza brusco mi stacco da lei – diciamocelo pure, a malincuore –
e con fare insistente prendo ad accarezzarle possessivamente la schiena,
circuendo un territorio che di per sé è già controllato ampiamente. Vedo il suo
sguardo posarsi su di me e i nostri occhi perdersi in una concentrazione di
vitalità indissolubile, ricongiungendosi al creato dagli avvenimenti senza
senso.
La
sento trattenere il respiro a quel contatto, e un brivido d’adrenalina si
espande dentro di me. Voglio che non finisca…
Voglio
restare così in eterno.
La
sento.
La
sento.
I
suoi occhi da cucciolo smarrito vogliono dirmi qualcosa al di là delle parole.
Affetto, gioia… amore.
“
Ron… io… “
Non
c’è bisogno di parlare. Non c’è bisogno di sentire. Esistiamo solo noi due e
nient’altro, piccola mia. Futile tutto quello che ci sta attorno.
Con
un gesto delicato le poggio un dito sulle labbra e le tolgo il respiro per
l’ennesima volta. Mi avvicino cauto, ma deciso.
Solo
noi due… il resto non ha importanza…
La
abbraccio da dietro e l’attiro a me, contro il mio petto. Vedo la sua testa
oscillare in sincronia con il mio respiro e capisco cosa voglia dire trovarsi
in quel fantastico luogo che è il paradiso.
Non
importano le cicche annerite di sigaretta per terra, né l’odore nauseabondo dei
gas di scarico dell’ascensore. Non importa se siamo sdraiati sul freddo metallo
di una gabbia mal congegnata. Non importa… perché siamo insieme.
E
insieme staremo ancora… e ancora… e ancora… fino alla fine di tutto.
La
sento rilassarsi completamente su di me e immagino i suoi occhi dalle vedute
ampie, quietarsi, chiudersi a poco a poco per le emozioni e la stanchezza. Non
vedo i suoi specchi di verità ma li trovo dentro di me. Profondi come il cielo
e la terra, sconosciuti come un luogo sacro, belli… come lei.
Una
vocina sottile raggiunge il mio udito. Musica che mi attraversa concupiscente e
che mi sorprende, nonostante tutto.
“ Ron…
ti amo… “
Tre
parole. Un’esistenza.
Lei
è caduta tra le braccia di Morfeo e si strofina sul mio petto nel suo sonno
senza sogni. Le accarezzo gentilmente la testa e le sistemo in ciocche fini i
capelli.
So
che non può sentirmi ma so che capirà lo stesso.
“ Ti
amo anch’io, Hermione… anch’io…”
E
in preda ad un’angosciosa stanchezza, poggio il capo sulla sua testa e chiudo
gli occhi. Forse Morfeo potrà prendere anche me.
Solo
per questa volta.
*** *** ***
5 ore dopo…
“
Ron mi scappa… fai qualcosa! “
I
sogni sono troppo belli per poter durare.
Siamo
rinchiusi in questo sgabuzzino penzolante da ore ormai e i miei nervi stanno
raggiungendo lentamente la soglia dell’esaurimento. In piedi, con
un’espressione di trattenuta disperazione, la mia adorata Hermione, che si
contorce le mani in grembo, non trovando pace. È più o meno mezz’ora che mi
angoscia con questa storia. I miei timpani incominciano a fischiare e ancora mi
chiedo dov’è finita la pace che poco prima ci aveva imprigionato.
Sbuffò
vistosamente e volgo le spalle alla mia interlocutrice, assumendo un certo
rispettoso distacco.
“
Ma cosa vuoi che faccia? Scusa tanto se non mi sono portato il gabinetto da
casa! Siamo bloccati se non te ne fossi accorta. “
Il
cipiglio che il suo volto assume non è propriamente qualcosa di rassicurante.
“
Oh grazie tanto, Dottor Weasley. Sai, non mi ero accorta della cosa! Se non
trovi al più presto una soluzione, giuro che te la faccio addosso! “
Una
minaccia in piena regola. Una richiesta senza appello.
Ho
davanti a me un’aguzzina. Mi chiedo che fine ha fatto l’angelo alato che stavo
accarezzando poco prima…
Con
tutta la calma possibile mi volgo verso di lei, e con fare rassicurante le
metto una mano sulla spalla.
“
Ok, vediamo cosa si può fare... “
Mi
guardo un po’ intorno ma come prevedevo quello che mi aspetta è sconfortante.
Non ci sono mezzi per uscire. Non ci sono posti per restare appartati e non c’è
niente che possa essere utile alla nostra situazione.
Leggo
nel suo sguardo le sue stesse conclusioni. Siamo ad un punto morto.
“
Se non riesci a trattenerti, sarai costretta a farla qui sul serio… non vedo
altre soluzioni. “
Delusione.
“
Oh, maledizione. Ci sarà il modo di uscire di qui! Non c’è la faccio più! “
“
Lo credo… e per quanto buffo possa sembrare non possiamo usare neanche le
bacchette. Quegli idioti hanno reso la zona completamente anti-magia. Siamo in
trappola. “
Sconforto.
“
Ron… cosa facciamo? “
Afflizione.
“
Non lo so… non lo so davvero… “
SBAM!
Speranza!
Un
colpo secco riecheggia nell’aria e l’ascensore viene riempito improvvisamente
da luce artificiale. Con qualche scossone sembra poter proseguire la sua corsa
verso l’alto. I numeri sul display ruotano come impazziti ma ormai è fatta.
L’ascensore ha ripreso il suo cammino.
“
EVVIVA! “
Sento
le forme di Hermione appoggiarsi al mio corpo, in un abbraccio caloroso. Sembra
una bambina a cui è stato dato il suo regalo di Natale.
Sorrido.
Forse
usciamo, finalmente. Anche se, volendo guardare in modo obiettivo alla cosa, ad
una parte di me un po’ dispiace, dopotutto.
Devo
ringraziare questo trabiccolo, davvero.
Le
porte dell’ascensore si schiudono e rivelano il tanto agognato corridoio
dell’ultimo piano. Hermione si fionda fuori euforica e un grido di
soddisfazione le esce spontaneo dalle labbra.
Giubilo.
Alla
fine del corridoio, lei, la ragazza della receptions,
che ci squadra di sottecchi, forse preoccupata della nostra sanità mentale. Non
dobbiamo avere per nulla un bell’aspetto. Si fa incontro con aria desolata e il
volto, teso per la tensione accumulata, si scioglie in un sorriso che sa tanto
di liberazione.
“
Oh non sapete quanto mi dispiace. Sono desolata… Non era mai successo prima,
davvero. “
Immagino.
Il
sorriso che le rivolgo è tuttavia spontaneo e pieno di sana gratitudine.
“
Non si scusi. Non è colpa sua… sono cose che possono capitare. “
Hermione
annuisce entusiasta al mio fianco e sembra essersi scordata temporaneamente del
problemino fisiologico che tanto l’assillava. Il corpo in preda ad
un’eccitazione febbrile.
“
Mi spiace comunque, Ron… “
Inferno.
Il
tono della ragazza è il più languido di questo mondo. Una bramosia nascosta nel
pronunciare il mio nome. Un attacco spudorato in piena regola.
Si
avvicina a me con fare sensuale e comincia strusciarsi contro la mia giacca in
maniera esplicita, ma mantenendo comunque un certo contegno.
Per
la prima volta ho paura.
Mi
volto verso Hermione cercando conforto ma quello che vedo non è per nulla
rassicurante.
La
testa boccolosa di lei è piegata in avanti e sotto a quell’assembramento di
capelli fa capolino un sorriso. Un ghigno satanico.
Una
voce flebile.
“
Inizia a correre. “
Non
me lo faccio ripetere due volte. Con uno scatto felino mi muovo in direzione
delle scale e mi precipito a perdifiato verso l’uscita.
Lei
è dietro. Corre. Anche lei.
“
COME HAI OSATO ENTRARE IN CONFIDENZE CON QUELLA SQUALDRINA? RONALD WEASLEY IO
TI UCCIDERO’! “
E
non è una minaccia, è una promessa.
Ma
nonostante tutto sorrido. Ancora.
Io
la amo.
Lei
mi ama.
E
anche se dovrà avere un cadavere in più sulla coscienza, nulla potrà cambiare.
Ed è così che il giorno più strano ed emozionante della mia vita si concluse,
tra la folla di una Londra bene un po’ agitata, negli spazi sconfortanti di un
hotel scadente, e con una pazza scatenata che tentava di uccidermi.
La
nostra storia finisce qui, in quel luogo chiamato “ Hotel dei due cuori “ che già da tempo sapeva tanto di presagio. La
nostra storia continuerà, per la vita.
Per
lei.
Per
me.
Per
noi…
Per
sempre.
The end
*** *** ***
Ringrazio tutti quelli che con strenua ostinazione
sono arrivati fino qui.
Sapete quanto possa far piacere vedere le letture
della tua storia aumentare, e sapete con quanto gioia un autore accoglie le
recensioni che gli vengono lasciate.
Sappiate inoltre che io vi adoro tutti, allo stesso
modo, e che non posso far a meno di essere felice se mi lasciate qualche
traccia di voi.
Anche solo per dire che, in fondo, non è nulla di che.
Un ringraziamento speciale e sentito va alla carissima
Angèle87, che ha letto la storia in
anteprima, ha dato consiglio e mi ha sopportato in tutti i complessi mentali in
cui sono incorso.
Questa storia è soprattutto per lei.
Ti voglio bene, Angèle… grazie di tutto!
*** *** ***
Angolo degli annunci:
E’ stato aperto da un qualche mese un nuovo forum di
Harry Potter molto carino. Abbiamo un gioco di ruolo, lo smistamento, e ogni
settimana chi troverà la soluzione all'indovinello che l'Amministratore propone
vincerà avatars, gift e animazioni riguardanti chiaramente Hp! Abbiamo bisogno
di nuovi iscritti per salire nella Top 100! Quindi, perché non ci fate un
salto? Ci farebbe davvero molto piacere.
Sento il bisogno di proporvi anche un altro
forum! Non che io condivida i principi morali di questo sito, ma visto che è
stato creato da 3 delle mie più care amiche, mi sembrava giusto segnalarlo!
Solo per chi odia, disprezza, ritiene indegna di
ruolo di attrice… Emma Watson!
Per coloro che volessero contattarmi, per
parlare del forum o di qualsiasi altra cosa, accludo il mio indirizzo e-mail e
il mio indirizzo MSN:
*** *** ***
<< Un
grazie infinito al cielo, per avermi donato le stelle… >>