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Autore: Shainareth    07/06/2010    4 recensioni
*** Si ringraziano Atlantislux per l'impeccabile betaggio, Ike_ ed Erecose per l'indispensabile consulenza, e Milly Miu Miu per le bellissime illustrazioni. Nonché tutti voi lettori. ***
[Dragon Age: Origins] Ero viva per davvero? O quel disgraziato mi aveva seguita nel regno dei morti col solo intento di prendermi per i fondelli? Pensando a questa possibilità, valutai seriamente l’idea di dargli una testata sul naso. Se non lo feci, fu unicamente perché Duncan si avvicinò a noi e mi porse un boccale d’acqua. Ancora frastornata, mi misi a sedere e bevvi avidamente, come se avessi una sete insoddisfatta da giorni, cercando di mandare via l’orribile sapore che avevo ancora in bocca.
Unica precisazione: la protagonista NON è una Mary Sue. XD
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!
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- Questa storia fa parte della serie 'Nimue Surana'
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CAPITOLO DOCIOTTESIMO – LE ANTICHE ROVINE




Scendemmo giù per una scalinata ancora intatta, nonostante un grosso squarcio nel muro d’ingresso. Quel luogo era sopravvissuto nei secoli alle intemperie, eppure pareva ancora abitato per via delle fiaccole accese ai lati delle pareti. Forse erano proprio i mannari a tenerlo vivo. Il pavimento al di là del portone che attraversammo poco dopo presentava alcune lastre divelte, ma questo non ci impedì in alcun modo di procedere. Un’altra gradinata ci condusse in un’ampia sala, al centro della quale vi era una pedana circolare costituita da due gradini. Per raggiungerla, però, avremmo dovuto scendere altre scale, stavolta crollate e sostituite dalle grosse e massicce radici di un albero che era riuscito a vincere la pietra posta lì da mano artificiale.

   «Questo posto è di fattura elfica», ragionò Alistair sottovoce, come se avesse timore di disturbare qualcuno o qualcosa. «Non sono i nani a vivere sottoterra?», domandò, iniziando a scivolare cautamente verso il basso e tendendo una mano a Wynne per agevolarle la discesa.

   «Non chiedetelo a me», risposi cercando di non rompermi l’osso del collo, vista la mia proverbiale agilità. «Non so niente degli antichi elfi. Sono nata in un tugurio e cresciuta in una torre.»

   «Torre dalla quale io mi sarei buttata giù sin dal primo giorno», commentò Morrigan, accendendo la stizza della mia anziana insegnante.

   «Si dà il caso, Morrigan, che il Circolo dei Magi sia un’importante istituzione che educa i maghi affinché non si lascino sottomettere dai poteri sopiti nel loro animo.»

   Lei sbuffò. «Come? Tarpandogli le ali?»

   Tossii rumorosamente di proposito, sperando che la smettessero di discutere su una questione che avrebbe solo inasprito i loro rapporti. «Proporrei di proseguire in silenzio per accertarci che non ci sian…!» Tanto per cambiare, i miei piedi si rifiutarono di mantenere aderenza col suolo ed io sarei ruzzolata giù se Leliana non mi avesse afferrata per la gonna, tirandomela per non farmi spaccare la testa ed alzandomela vergognosamente davanti a tutti, anche se solo in parte.

   «State bene?», mi chiese preoccupata.

   Sopraffatta dall’imbarazzo, mi aggrappai come meglio potei ad una delle radici ed annaspai: «Sì, sì, ma lasciatemi, adesso!» Lei obbedì, aiutandomi a sollevarmi per un gomito. «Grazie», le dissi non appena recuperai un minimo di decenza.

   «Oggi è proprio una bella giornata, eh?», sentii farneticare Alistair dabbasso. «Il cielo è di un azzurro incredibile.»

   Morrigan aggrottò la fronte. «Che cavolo dici? Ormai è quasi notte. E anche se fosse, dove lo vedi il cielo da qua sotto?», non si capacitò, provando a guardare in alto, forse in cerca di una crepa nel soffitto che facesse filtrare la luce esterna. Ma Alistair non aveva la più pallida idea di cosa stesse dicendo e, anzi, parlando a vanvera cercava di non farmi pesare il fatto di aver assistito alla scena. Nonostante tutto, ancora una volta apprezzai la sua delicatezza nei miei riguardi.

   Quell’incidente, comunque, ci distrasse al punto che non ci accorgemmo di essere nuovamente sotto attacco se non quando dei lupi mannari provenienti da un varco sulla destra ci assalirono. Fu una fortuna che fossero in due soltanto, e sapendo ormai come districarci in uno scontro con quelli della loro razza, riuscimmo ad abbatterli in poco tempo.

   Alistair si offrì di allungare il collo oltre il punto in cui quelle bestie erano comparse alla nostra vista, scoprendo così un altro corridoio discendente ed una porta sbarrata che ostruiva il passaggio. «Dubito che ne spunteranno ancora da qui.»

   Sulla sinistra c’era un arco simile, mentre davanti a noi, in fondo alla sala si poteva scorgere un terzo ingresso, anch’esso sigillato.

   «Visto che, come ci ha gentilmente fatto notare Morrigan, il sole è ormai tramontato, forse ci converrebbe recuperare un po’ di forze prima di proseguire», consigliò Wynne, guardandosi attorno. «Tornare in superficie significherebbe esporci ai pericoli degli animali selvaggi, forse, e proseguire potrebbe voler dire andare incontro ad altri mannari.»

   «Suggerite dunque di accamparci qui, per stanotte?»

   «Per ora è tutto tranquillo. Approfittiamone finché possiamo.»

 

Alistair si offrì di fare il primo turno di guardia, e dopo non più di un paio d’ore, Leliana gli diede il cambio sotto il mio sguardo vigile. Incapace di stare fermo per la preoccupazione, e di trovare pace nel sonno esattamente come me, lo vidi allontanarsi verso il passaggio di sinistra. Mi alzai silenziosamente dal punto in cui mi ero stesa per non disturbare le altre, ed ignorando l’occhiata interrogativa della nostra compagna dai capelli rossicci, lo seguii.

   «Siete imprudente», lo sgridai quando si accorse di me, lasciandosi raggiungere. «Non andatevene in giro da solo.»

   «Vi ho svegliata? Mi spiace.» Davanti a quel tono contrito, abbandonai l’idea di continuare nella mia predica. «Voglio solo dare un’occhiata per accertarmi che non ci siano pericoli imminenti», dichiarò, riprendendo a camminare.

   «E se ci fossero? Finireste per farvi ammazzare», protestai, tallonandolo come Merlino avrebbe fatto con me.

   «L’ottimismo di voi donne è qualcosa di sconcertante», mi prese in giro, scendendo alcuni gradini in tutta tranquillità e precedendomi fino ad una pila di macerie che sbarravano il tragitto. «Ecco, non c’è nulla», affermò Alistair, alzando appena le braccia ai lati del corpo e lasciandole ricadere giù, mentre le sue mani andavano a battere contro la corazza che gli riparava la parte alta delle gambe. «Vi preoccupate sempre per niente», mi accusò, continuando però a guardarsi attorno nella semioscurità di quel corridoio abbandonato.

   Vista la tranquillità del posto in cui adesso ci trovavamo, lontano dalla bolgia della foresta e da occhi indiscreti, reputai che quello fosse il momento migliore per quella famosa chiacchierata privata che mi ero ripromessa di fargli il giorno addietro. «Alistair, ora che siamo soli, potrei parlarvi qualche minuto?», esordii non appena mi accorsi che stava per ripercorrere la strada a ritroso.

   Rallentò il passo. «Certamente», disse, distendendo le labbra verso l’alto. «Di che si tratta?»

   Mi fermai, e anche Alistair fece lo stesso. «Di noi due», rivelai, cercando di non apparire troppo tetra.

   Il suo sorriso si smorzò, e lui spostò il peso del corpo da un piede all’altro. «Qualcosa non va?», mi domandò con voce incerta, accorgendosi della mia serietà.

   Scossi il capo per tranquillizzarlo. «Volevo solo scusarmi con voi per non essere stata onesta fino in fondo», iniziai a spiegargli. «Vi assicuro che non vi ho mai mentito», precisai a scanso di equivoci, «ma ammetto di non avervi detto come stessero esattamente le cose.» Presi coraggio e, calando le ciglia per non guardarlo in faccia, aggiunsi: «E me ne vergogno.»

   «Di che state parlando?», volle sapere giustamente Alistair. Il suo tono non implicava ancora alcun rimprovero, e questo mi diede la spinta per organizzare in maniera convincente il mio discorso, senza temere di fargli del male. Non troppo, per lo meno.

   «Io… ai vostri occhi devo esser sembrata una poco di buono, vero?»

   Lui mi fissò allibito. «Cosa? Siete matta? Perché mai?»

   «Per via di Cullen», risposi, quasi interrompendolo.

   A quel punto, Alistair tentennò. «Avevate detto di non pensare più a lui.»

   «Non l’ho mai amato», gli confermai, e tanto bastò per vederlo rasserenarsi un po’ in viso. «Tuttavia, ho creduto che, notando la facilità con cui sono passata da lui a voi, vi foste fatto una brutta opinione di me.» Complimenti, Nimue, mi applaudii da sola: stavo impostando il mio ragionamento come se fossi andata a letto con entrambi.

   Alistair si accigliò, evidentemente contrariato per qualcosa. E benché fossi certa che volesse biasimarmi a causa di quella mia convinzione, riuscì a stupirmi. «State forse dicendo che è per questa ragione che mi sono messo a farvi la corte? Perché vi reputo una facile?»

   «Oh, Creatore, no», esclamai, coprendomi gli occhi con una mano.

   Lui mi afferrò per il polso e me la scostò dal viso affinché i nostri sguardi si incrociassero ancora. «Vi giuro che non è per quello.»

   «Lo so, Alistair, vi credo», provai a tranquillizzarlo. Quella conversazione non era affatto cominciata nel migliore dei modi. «Siete troppo onesto per fare questo genere di cose. O per approfittarvi delle debolezze di chicchessia», specificai, per cavargli dalla testa anche quell’idea. Dopotutto, qualcuno di più maligno avrebbe potuto anche ipotizzare che Alistair si fosse fatto avanti proprio nel momento in cui ero più vulnerabile, così che magari io potessi cercare consolazione fra le sue braccia.

   «Non oserei mai farlo», mi assicurò, serio, allentando la presa su di me.

   «La verità è che ho scoperto troppo tardi come comportarmi con voi», confessai. «Dopo l’ultima volta, a Redcliffe… Quel giorno, nello studio dell’Arle, pur intuendo cosa stavate per dirmi, io… interpretai le vostre parole in maniera sbagliata.»

   Alistair assunse un’espressione confusa. «Cosa… Cosa c’era da fraintendere?»

   «Non è colpa vostra», misi in chiaro, arrossendo. «È che sono stupida.»

   «No che non lo siete.»

   «Credevo che le vostre fossero le parole di un amico.»

   Il sorriso che stava per abbellirgli i tratti del volto a causa dei miei sensi di colpa gli si congelò sulla bocca. «… D’accordo, magari un pochino lo siete», biascicò atono.

   Disperata, mi aggrappai alle cinghie della sua armatura. «Alistair, vi giuro, non ho mai, mai, mai voluto prendermi gioco di voi. È solo che non volevo ferirvi.» Il suo silenzio pesò parecchio sulla mia coscienza. «Il fatto è che dopo tutto quello che era successo a Redcliffe e a Kinloch Hold ero talmente confusa che avrei avuto bisogno di tempo per riordinare le idee, e in quel frangente l’ultimo dei miei pensieri …»

   «Ero io?», mormorò Alistair con rassegnazione.

   «No», negai con decisione. «E lo sapete», gli rimproverai. «Non c’è stato un solo istante in cui non vi abbia tenuto in considerazione. Sin da quando ci siamo conosciuti.»

   «Questo mi conforta un po’», disse lui, pur senza entusiasmo. «Per me è stato lo stesso con voi. Anche se immagino sia stata una cosa comunque diversa.» Sospirò. «Ma almeno adesso capisco perché mi evitavate.» Se n’era accorto. E questa nuova consapevolezza mi fece male. Mi sentii un mostro. «Che idiota sono stato…»

   Abbassò gli occhi, ed io allungai una mano per accarezzargli una guancia. «È stata una mia mancanza», ripetei, colpevole. «Adesso però le cose sono cambiate. Ho fatto ordine nei miei sentimenti.» Le sue iridi castane tornarono di nuovo su di me, e non poté sfuggirmi il fatto che fossero piene di tristezza. Il cuore mi si strinse in una morsa terribile, e se avessi potuto, mi sarei inflitta duemila scudisciate per espiare il mio maledetto peccato. Anzi, avrei dato a lui il frustino per punirmi e lasciargli sfogare quella delusione fino a che non mi avesse strappato la carne di dosso. «Quando quel mannaro vi ha ferito», presi a spiegargli, facendo poi scorrere le dita sul suo petto e sul suo fianco sinistro, «mi sono sentita morire.» Tacqui per qualche secondo, per scongiurare il tremore della voce dovuto alle lacrime che cercavano di vincermi. «In quel momento ho realizzato che non ho bisogno soltanto della vostra amicizia.»

   «Insomma… dovevo farmi squartare per farvi rendere conto che sono un uomo anch’io», mi accusò blandamente. Era stanco di parlare. Voleva una risposta sincera e definitiva.

   Mi sollevai faticosamente sulla punta dei piedi, convinta di stupirlo con un gesto d’amore. Lo sorpresi invece con una goffa scivolata dovuta alla nostra differenza d’altezza, finendo con un fragoroso cozzare di denti che fece esclamare entrambi per il dolore.

   «Mi dispiace, mi dispiace!», implorai, di nuovo sul punto di piangere per la mia totale incapacità nell’arte della seduzione.

   Lui alzò una mano per farmi zittire, l’altra davanti alla bocca, forse per assicurarsi che fosse ancora tutto intero. «Che volevate fare?»

   «Baciarvi», pigolai mortificata.

   Alistair inarcò un sopracciglio. «Rompendomi un incisivo?»

   Serrai le palpebre, coprendole con i pugni per la vergogna. «Sono una colossale demente, lo so. Perdonatemi. Per tutto.»

   Lo sentii ridere affettuosamente, mentre chiudeva i palmi a coppa attorno al mio viso. «Siete dolcissima», mi smentì. Tornai timidamente a guardarlo, e lui passò la punta dei pollici sotto i miei occhi per asciugarli. «Un po’ tonta, forse», fu costretto a concedermi, «ma io non sono certo nella posizione per potermi vantare di avere un acume più sviluppato del vostro: avevate bisogno di tempo e non l’ho capito. Sono stato un bell’egoista.»

   «Questo non è vero», mi intestardii, pronta a sorvolare su ogni sua mancanza dopo ciò che io avevo fatto a lui.

   «Se non sono egoista, allora sono stupido.»

   «Quindi… siamo due stupidi», conclusi.

   Annuì gravemente. «Dovremo farcene una ragione.»

   «Mh.»

   Si curvò su di me e sfregò il naso contro il mio. «Però lasciate fare a me, va bene?»

   Feci segno di sì con la testa ed aspettai come una bambina obbediente. E quando avvertii le sue labbra sulle mie, non ci misi molto a ricambiare il bacio, comprendendo finalmente quanto fossi stata sciocca a non averlo fatto sin dalla prima volta.

 

«Ecco perché tardavano tanto.»

   La voce divertita di Leliana ci fece sobbalzare, costringendoci a spiccicarci l’uno dall’altra. Imbarazzata, tentai di nascondermi dietro Alistair, che si offrì subito di farmi da scudo contro gli sguardi delle nostre tre compagne. «In realtà, noi…», si schiarì la gola, non sapendo bene da dove cominciare.

   «Un’altra visione del genere, e vomiterò l’anima», borbottò Morrigan, visibilmente infastidita.

   «Uh, buono a sapersi», la prese in giro lui, afferrandomi per le spalle e facendo per baciarmi di nuovo. Lo respinsi con il ramo della Grande Quercia, facendo ridere Leliana ancora una volta.

   Wynne venne in mio soccorso. «Spero che, oltre ad appartarvi, abbiate per lo meno dato uno sguardo intorno.»

   «È tutto chiuso, qui», rispose Alistair. «Stavamo per tornare indietro. Più o meno», ammise poi.

   Lei sospirò pesantemente, fissandoci a metà fra rimprovero e pazienza. «Allora probabilmente ci toccherà combattere ancora», ci informò. «Di là abbiamo avvertito dei rumori, è per questo che vi abbiamo raggiunti.»

   «Hai dei pessimi gusti, sai?», mi stava dicendo intanto Morrigan, sconcertata. Le scoccai un’occhiataccia, ma evitai di risponderle e mi misi a seguire gli altri senza ulteriori perdite di tempo.

   Tornammo nella sala, vuota esattamente come l’avevamo trovata all’inizio, a parte le carcasse dei due mannari e alcune ossa, forse appartenenti a degli elfi, sparpagliate nel mezzo della pedana circolare.

   «Oltre la porta in fondo», ci spiegò Leliana. «O almeno è ciò che ha detto Morrigan.»

   Mi aspettavo che Alistair pronunciasse una qualche battuta del tipo: E c’è da fidarsi di quello che dice lei? Invece tacque e si avviò per primo verso il punto indicatogli. Prima di gridare al miracolo che lo aveva, almeno per una volta, spinto a dar credito alle parole della Strega delle Selve, la piacevole consapevolezza di essere cagione del suo buon umore mi portò scioccamente ad arrossire.

   Accostai un orecchio alla superficie lignea che ci separava dall’ambiente successivo, ma non udii nulla. Guardai gli altri e scossi il capo. «Se qualcosa c’è, non è nelle immediate vicinanze.»

   «Andiamo, allora.» Alistair tornò alla testa del gruppo, offrendosi egli stesso come volontario per aprirci il portone ed affidandosi alla prontezza delle frecce di Leliana e ai poteri magici di noi maghe.

   La porta fu spalancata con un colpo secco, ed il nostro compagno, riparatosi preventivamente con lo scudo, si trovò a fronteggiare un corridoio vuoto, i cui lati erano costeggiati da colonne di marmo intarsiate e da statue di foggia femminile – forse divinità. Diversi metri davanti a noi si poteva scorgere un arco d’ingresso a qualche altra stanza, mentre altri due passaggi si diramavano perpendicolarmente a pochi passi di distanza dal punto in cui ci trovavamo.

   Ci mettemmo nuovamente in ascolto, certi che il rumore provocato dal calcio con cui Alistair aveva annunciato il nostro arrivo avrebbe allarmato qualcuno, o più probabilmente qualcosa, ma nessun suono ci raggiunse. Per prima cosa provammo a dare uno sguardo sulla sinistra, dove una breve scalinata discendente ci condusse ad un cumulo di macerie, del tutto simile a quelle che pochi minuti prima avevano assistito al chiarimento fra Alistair e me. Identico paesaggio fu quello che trovammo sulla destra. Rimaneva dunque l’arco in fondo al corridoio.

   Quando però osammo avvicinarci, un frenetico zampettare ci indusse ad arrestare il passo, e non appena mi accorsi di ciò che era sparso in terra e che pendeva dalle pareti, il sangue mi si raggelò nelle vene: enormi ragnatele, perfette nella loro trama geometrica che mi avrebbe senza dubbio affascinata se le mie gambe non avessero iniziato a tremare.

   «Nimue, state indietro», cominciò Alistair, allarmato, spostandosi davanti a me.

   Non ci fu bisogno di ripetermelo, perché subito mi accodai al gruppo, stringendo fra le mani il mio nuovo bastone ed imponendo al mio cuore di stare calmo. Dovevo scacciare la paura prima di cederle del tutto, dovevo pensare con lucidità: non era affatto sicuro che la bestia che aveva creato quelle trappole mortali fosse ancora nei paraggi. E se anche così non fosse stato, poteva benissimo avere dimensioni tali da essere schiacciata sotto la suola di uno stivale senza portarmi sull’orlo della follia.

   Un sibilo mise a tacere ogni traccia di buonsenso nella mia coscienza, e quando alzai lo sguardo al soffitto, ormai del tutto incapace di controllarmi, un urlo mi esplose dai polmoni. «Tenetela lontano!», gridò Alistair più avanti, mentre Leliana mi correva accanto e mi chiudeva in un abbraccio, impedendomi il resto della visione.

   Accasciandomi al suolo, mi aggrappai a lei, tremante come una foglia, piangendo e continuando a lanciare strilli che non avrebbero reso le cose semplici per nessuno. Sospetto anzi che furono proprio questi ad attirare i compagni del primo, massiccio ragno che era calato su di noi, terrorizzandomi al punto da perdere ogni barlume di lucidità. Non so cosa accadde dopo nello specifico, e non potendomi avvalere della vista, avevo solo udito e olfatto a darmi un’idea di ciò che mi era attorno: il rumore di tenaglie che scattavano, quello di una spada che affondava nella carne di qualcuno, il brusio degli incantesimi di Morrigan e Wynne, la voce concitata di Alistair e quella più pacata e più vicina di Leliana, che cercava, invano, di farmi calmare. Su tutto, spiccava l’odore del sangue, forte, penetrante, nauseante. Forse gli altri erano feriti ed io me ne stavo immobile a pensare egoisticamente alla mia fobia. Dovevo reagire, volevo reagire. E il mio corpo non obbediva. Mi odiai, provando, insieme all’orrore, rabbia e vergogna.

 

Mi diedero dell’acqua per farmi calmare, ma il respiro era ancora troppo accelerato e le lacrime continuavano ad uscire da sole. Da svariati minuti, ormai, ripetevo le mie scuse a tutti, reputandomi un’imbecille. Alistair mi teneva stretta fra le braccia come se fossi stata sua figlia, più che la sua innamorata, e Wynne mi sorrideva e mi accarezzava il viso come faceva quando ero piccola e scappavo a cercar riparo dietro la sua gonna in presenza di un microscopico ragno domestico. Non ero cambiata granché in tutti quegli anni, a ben pensarci, a parte forse il fatto che non potevo davvero più permettermi certe sceneggiate alla mia età e, soprattutto, in situazioni di autentico pericolo come quella di un attimo prima.

   Fortunatamente nessuno si era fatto troppo male. Solo Alistair costretto al corpo a corpo con quelle schifose creature era stato morso ad una gamba, ma lo schiniere aveva retto e lui ne era uscito per lo più incolume. «Va meglio?», mi domandò con pazienza, quando si accorse che avevo almeno smesso di piangere. Annuii e tirai su col naso, e lui mi premiò con un bacio sul capo.

   «Potrebbero essercene degli altri», fu l’agghiacciante rivelazione di Morrigan, di ritorno dalla sua ispezione nella sala in fondo al corridoio insieme a Leliana. «È pieno di ragnatele e di bozzoli antropomorfi, di là.»

   «Chiudete il becco», le ordinò Alistair in tono brusco quando mi sentì tremare di nuovo. «Non c’è niente di là, non c’è niente che ci interessi», mi rassicurò.

   «Non voglio esservi di peso», cominciai con un filo di voce, «per cui, per favore, la prossima volta pensate a voi stessi.» Per lo meno le mie buone intenzioni c’erano. «Leliana, Leliana», chiamai, allungando una mano verso di lei, che si inginocchiò al mio fianco, stringendo le dita alle mie come se stesse ascoltando le ultime volontà di un moribondo. «Leliana, non fatelo più», le rimproverai con scarsa convinzione. «Non esponetevi più al pericolo per me, ve ne prego.»

   «D’accordo», mi promise tranquilla. «Mi limiterò ad ammazzare quelle bestie prima che vi siano addosso.»

   Quell’immagine mi provocò un conato di vomito, ma riuscii meravigliosamente a dominarmi e mi limitai a rantolare: «Grazie.» Lei curvò le graziose labbra carnose all’insù.

   «Ora in piedi, ci avete già fatti preoccupare abbastanza», mi esortò Wynne, scrollandomi giocosamente per un braccio.

   Alistair mi sostenne quando le gambe mi tremarono, ma riuscii comunque a riacquistare un equilibrio più o meno stabile. «E le carcasse…?», domandai, tenendo gli occhi fissi nel vuoto per non vedere i cadaveri delle creature appena abbattute.

   «Congelate e mandate in frantumi», sbuffò Morrigan, seccata non poco per tutta quella perdita di tempo.

   Respirai a pieni polmoni e alzai la testa per guardarmi finalmente intorno. «Bene», dichiarai recuperando un po’ di coraggio, «sono pronta.»

   «Sicura?», si preoccupò ancora Alistair. Gli rivolsi un sorriso, seppur incerto.

   «Prima della fine del corridoio ce n’è un altro sulla sinistra», ci spiegò Leliana. «Non so dove possa portare, curva verso destra ed è l’unica via libera.»

   Non avendo alternative, ci incamminammo per la direzione indicataci da lei, dove trovammo l’ennesima scalinata discendente. Per precauzione, procedevamo cautamente in fila indiana: fornito dell’armatura più pesante e resistente, Alistair si mise ancora una volta in testa al gruppo, seguito da Wynne, pronta a proteggerlo con i suoi incantesimi da eventuali attacchi improvvisi, mentre io me ne stavo al centro, attaccata alla sua sottana non solo in senso figurato, e dietro di me Morrigan e Leliana ci guardavano le spalle.

   «Sei la vergogna dei Custodi Grigi», mi stava dicendo spassionatamente la Strega delle Selve. «E prima ancora dei maghi.»

   «Voi non avete paura di niente?», provò a difendermi l’altra.

   «Dell’ignoranza e della stupidità», ammise Morrigan. Dopo un secondo però volle precisare: «Tuttavia Alistair è un’eccezione.»

   Questi sospirò pesantemente. «Se non state zitta, giuro che vi tappo la bocca con uno dei miei calzini. E vi assicuro che sarà un’esperienza così traumatica che dopo avrete la fobia dei vostri stessi piedi.»

   Lei si lasciò scappare un verso disgustato, ma per lo meno evitò di parlare ancora. E se anche avesse voluto replicare, nessuno di noi le avrebbe più prestato attenzione poiché un ruggito rimbombò esattamente dal fondo del passaggio che stavamo attraversando.

   «Ho… Ho come un pessimo presentimento», ci fece sapere Leliana, palesando la preoccupazione di tutti e arrestando il passo come noialtri. «Non potremmo tornare indietro?»

   «Voi stessa avete detto che non ci sono altre strade», le rispose Wynne, cercando di mantenere la calma. «Alistair, volete che vada io avanti?»

   Lui le sbarrò la strada con un braccio. «Sarebbe un’onta indelebile, il mio onore di gentiluomo me lo vieta», affermò risoluto. «Morrigan, vi cedo il passo volentieri, se volete.» Quella gli lanciò un insulto che per decenza eviterò di ripetere. «D’accordo, d’accordo, bastava dire di no.»

   «Alistair, aspettate», iniziai con voce tremula e i nervi ancora tesi, agguantandolo per un polso. «Non potete esporvi così ad inutili rischi.»

   «Inutili?», mi sorrise. «Non abbiate paura, ho uno scudo e un’armatura.» Anche suo fratello li aveva quando era stato ammazzato da chissà cosa. «E poi sono certo che voi mi tirereste subito fuori dai guai», aggiunse, liberandosi gentilmente dalla mia presa e riprendendo ad avanzare verso l’ignoto. «Lo fate sempre, no?» Nonostante la paura, lo tallonai da vicino, per nulla intenzionata a lasciarlo morire: avevo promesso di proteggerlo e lo avrei fatto, a qualunque costo.

   Dopo un’altra svolta, il corridoio terminò in una nuova sala, simile a quella d’accesso alle rovine, ma più piccola, con la parete in fondo completamente sventrata ed uno squarcio gigantesco nel soffitto che lasciava penetrare la luce del cielo stellato ed il soffio fresco del vento di inizio autunno. Un secondo ruggito annunciò l’arrivo del nostro prossimo avversario, e l’oscurarsi improvviso del chiarore lunare a causa di due ampie ali mi indusse a chiedermi per quale dannatissima ragione il Creatore si ostinasse a mandarci addosso le sue creature più pericolose. A dirla tutta, all’inizio mi ero abbandonata alla convinzione che si trattasse dell’Arcidemone; poi mi ero ricordata che non vi era la minima traccia di corruzione, lì intorno, e avevo dovuto concludere che quello che ci stava planando addosso non era altro che un semplice drago. Persino più piccolo di quanto avessi temuto inizialmente.

   «Signore», annunciò Alistair, concentratissimo su di esso, «vi affido la mia vita.» Quindi partì a passo di carica, lo scudo davanti a sé e la spada pronta a scattare.

   «Alistair!», gridai terrorizzata. Se lo avessi seguito per fermarlo – e ci sarei riuscita perché ero più veloce di lui – avrei rischiato di esporre entrambi ad un pericolo maggiore, per cui mi limitai ad imprecare contro la sua incoscienza, annotando di prenderlo a schiaffi semmai fosse uscito vivo da quell’attacco suicida.

   E mentre Leliana incoccava le frecce sul suo arco ed io e Morrigan iniziavamo a scagliare i nostri incantesimi di elettricità e di gelo, sentii Wynne formularne rapidamente che non conoscevo: attorno ad Alistair comparve un alone azzurrognolo, e sotto ai suoi piedi si disegnò una figura luminosa che lo seguiva in ogni suo movimento.

   Il drago caricò il nostro imprudente compagno, che tuttavia riuscì a scansarsi prima di essere colpito dalla sua zampata e a scalfirne anzi la corazza con la Lama Verde che Kaitlyn gli aveva donato a Redcliffe. Che avesse davvero già ucciso una di quelle creature?

   La bestia ruggì per il dolore e frustò la coda, falciando il suo aggressore che perse l’equilibrio e cadde a terra. Rotolò sul fianco per non essere travolto quando il suo avversario si agitò e s’impennò sugli arti inferiori a causa di una saetta che gli perforò un occhio. Invocai un Glifo di Paralisi per consentire la fuga ad Alistair, che si rialzò senza neanche barcollare e tornò ad affondare il ferro fra le scaglie del drago, sotto l’attaccatura di una delle ali, e poi anche in una zampa. Non servì a nulla, tuttavia, perché di lì a pochissimo le sorti della battaglia cambiarono drasticamente.

   Stufo di essere bersagliato in quel modo, il drago provò a rialzarsi in volo, seppur a fatica, e planò nuovamente verso terra per attaccare Alistair, riuscendo a colpirlo in pieno. E tuttavia egli non si fece quasi nulla. Ricollegai quel prodigio alla magia che Wynne stava continuando a mantenere attiva su di lui, e la cosa mi lasciò a bocca aperta. La coda della bestia saettò nella nostra direzione, così improvvisamente che non riuscimmo a schivare in tempo. Fui sbalzata contro la parete alle mie spalle, battendo la nuca e perdendo il mio bastone. Sentii un rivolo caldo fra i capelli, la vista offuscata dal dolore. Quando riuscii di nuovo a guardarmi attorno con lucidità, mi accorsi che Wynne giaceva a terra poco lontano da me, apparentemente svenuta – o per lo meno speravo che lo fosse.

   Stavo per strisciare nella sua direzione quando mi accorsi con orrore che il sigillo di protezione che aveva avvolto Alistair fino ad un momento prima era svanito. Afferrai il ramo della Grande Quercia e mi rimisi in piedi, cercando di controllare i capogiri e precipitandomi in suo soccorso. Leliana mi anticipò, conficcando due frecce nel muso del drago, una sotto l’occhio già ferito. Morrigan iniziò a recitare non so che incantesimo, ma prima che potesse scagliarlo, anche lei fu travolta da un colpo di coda, finendo per volare contro un ammasso di detriti. Rimanemmo in tre. Per poco, però, perché quando il bestione tornò a prendere di mira Alistair, evitando i dardi di Leliana e resistendo alle mie magie convenzionali, si schiantò contro di lui con tutta la testa, e per un attimo temetti che lo afferrasse fra le mandibole e lo squartasse con le zanne aguzze. Alistair fu scaraventato contro una colonna, ricadendo poi pesantemente a terra in un clangore metallico.

   Urlai di rabbia, ma il drago mi ignorò e si avventò su Leliana. Ricorsi ad altro un Glifo di Paralisi e quello s’arrestò a mezz’aria, immobile, divenendo vittima dei nostri colpi. La mia compagna provò a scoccare una freccia dei Dalish, non ottenendo risultati: anch’io, poco prima, mi ero già dovuta arrendere al fatto che il fuoco non gli provocasse alcun danno. E la cosa mi aveva anche messa in allarme, perché quella sua resistenza alle fiamme limitava i miei interventi. Se solo avessi saputo usare la magia del gelo…!

   Liberatosi dalla mia morsa, la creatura s’avventò su Leliana, che fu in grado di sfuggire alle sue fauci, ma non alla zampata, finendo per essere gettata lontano come un foglio di carta. Ero sola. Sola contro un drago. Wynne, Morrigan, Alistair e Leliana giacevano al suolo, privi di conoscenza o comunque del tutto in grado di combattere ancora. Gli ultimi due, avendo riportato meno danni grazie alle armature, provarono a rialzarsi, ma le membra indolenzite e le ossa rotte li tennero incollati lì dov’erano, gridando dinanzi alla prospettiva di assistere impotenti alla mia morte.

   Tutti loro mi avevano protetta contro i ragni. Contro degli stupidissimi, maledettissimi ragni giganti. E ora rischiavano la vita perché io ero troppo inetta per ricambiare il favore.

   Gialli come la due enormi pietre di topazio intagliate, gli occhi del drago si fissarono su di me. Vi lessi il pericolo, eppure per la prima volta in vita mia non tentennai. Rimase fermo a studiarmi da lontano, e questo mi concesse il tempo necessario per formulare il primo incantesimo: il sangue che stavo perdendo e che mi stava portando via parte delle energie mi ricordò di una magia arcana che, in un certo senso, non era troppo dissimile da quelle proibite. Queste ultime non le conoscevo né mi interessavano, ma l’assorbimento di vita di un nemico mi era stato insegnato al Circolo. Era una cosa che mi repelleva non soltanto per l’idea in sé di venire a contatto con il sangue di qualcun altro, quanto soprattutto per quella di appropriarsene. Mi sembrava una pratica assai peggiore e più subdola di quella di un volgare assassino. Eppure fu la prima carta che giocai per poter poi, nel pieno delle forze, continuare la mia battaglia personale per la sopravvivenza, l’orgoglio e, prima ancora, la lealtà che dovevo ai miei compagni.

   Mi concentrai e guidai il flusso dei miei poteri verso la creatura dinanzi a me. Strisciò invisibile, silenzioso. Il drago si mosse appena, avvertendo qualcosa di strano, quasi volesse indietreggiare. Infine, la trappola scattò: la forza magica gli penetrò nelle viscere, strappandogli dal petto una discreta quantità di linfa vitale e ritornando repentinamente a me. Il mio corpo fu invaso da un calore avulso dalla mia persona, ed un nuovo vigore mi rimise in sesto, mentre la bestia lanciava un ruggito di dolore, dibattendosi contro un nemico che non poteva vincere né vedere.

   Respirai faticosamente per alcuni istanti; poi, recuperata padronanza di me, mi focalizzai sulla mia seconda mossa. E quando il drago si lanciò all’attacco, lo sorpresi con un’Esplosione Mentale, stordendolo e facendolo piombare a terra con un frastuono sulla pedana circolare, dalla quale si staccarono diverse schegge. Stordito, disorientato, rimase alla mercé del mio terzo incantesimo: simile a quella che Morrigan aveva richiamato a Redcliffe davanti alla chiesa del villaggio, ma molto più soffocante e letale, una tempesta di morte si abbatté sulla bestia alata, spossandola al punto da lasciarla agonizzante al suolo anche dopo che ebbe recuperato parte delle funzioni cerebrali.

   Il suo sguardo mi cercò ancora, questa volta implorando pietà. Mi avvicinai a lei non appena l’effetto della Nube Mortale si fu dissolto e, sentendola gemere, le posai una mano sul muso incrostato di sangue. «Mi spiace sia finita così», le dissi. «Se solo non ci avessi attaccati…» Un soffio di vento proveniente dal debole battito dell’ala che non era rimasta schiacciata sotto al suo enorme peso mi scostò dal viso i capelli già scompigliati ed impiastricciati di sangue e sudore. «Riposa, ora.»

   Alzai gli occhi al cielo notturno e richiamai il Fulmine.

 

«Siete molto più pericolosa voi di Morrigan.»

   Scossi le spalle. «Forse», ammisi. «Ma odio quel tipo di incantesimi.»

   «Perché?» Accovacciato scompostamente ai piedi della colonna che gli aveva rotto un braccio ed almeno un paio di costole, Alistair mi guardò come se avessi bestemmiato. «Sono utilissimi.»

   «Lo sono molto più quelli di Wynne», replicai aiutando quest’ultima a mettersi a sedere. Eravamo vivi tutti e cinque, ma le ferite riportate da alcuni di noi necessitavano della Magia Guaritrice della nostra Incantatrice anziana, che tuttavia non era attualmente in grado di eseguirla. Avevo perciò distribuito i primi impiastri curativi e dato fondo a quel poco di arte magica medicamentosa che conoscevo, ottenendo per lo meno che tutti riprendessero i sensi, rassicurandomi almeno in parte delle proprie condizioni di salute. «Preferisco preservare la vita, piuttosto che toglierla», spiegai. «Wynne, bevete un altro po’ di questo», dissi poi, abbassando la voce per rivolgermi a lei soltanto.

   Accostò le labbra alla boccetta e ne mandò giù il contenuto a piccoli sorsi. «Non avete ancora imparato», mi rimproverò con un sorriso stentato.

   «Eppure uso gli stessi ingredienti di tutti gli altri», obiettai arrossendo a causa del sapore non troppo gradevole delle pozioni che preparavo. «Cos’era quell’incantesimo che avevate posto su Alistair?»

   «Il Sigillo della Vita», mi rivelò Wynne, lasciandosi sfuggire una smorfia per via del dolore alle vecchie ossa indolenzite. «È simile al Glifo di Difesa, ma si concentra su un unico essere, seguendolo come un’ombra. Come avrete notato, è piuttosto efficace.»

   «Pensate che potrei impararlo anch’io?»

   «È un degli incantesimi di base dei Guaritori Spirituali», rispose tornando a rilassare i tratti del volto anziano.

   Avevo già capito che per portare avanti la missione dei Custodi Grigi di cui io ed Alistair ci eravamo dovuti far carico era indispensabile che perfezionassi le mie tecniche e ne imparassi di nuove che potessero tornarci utili sul campo di battaglia, ma tra il diventare una Mutaforma ed una Guaritrice Spirituale non avevo dubbi. «Mi insegnereste?»

   La linea della bocca di Wynne si curvò verso l’alto. «Risolviamo questa faccenda dei Dalish e sarò a vostra completa disposizione.»

   «Non saprò mai come sdebitarmi.»

   «Ci penserete quando saremo di nuovo in una situazione come questa e voi metterete a frutto ciò che avrete imparato da me.»

   Il passo strascicato di Leliana ci distolse dal nostro discorso. «Ci sono i corpi di alcuni cavalieri, più in fondo», esordì accasciandosi esausta e dolorante accanto a noi e poggiando la schiena contro la parete. «Persino quello di un nano. Probabilmente erano venuti qui a cercar gloria o a rubare il tesoro del drago.»

   «Che tesoro?»

   «Si dice che queste creature custodiscano un lauto bottino, fatto di oro, pietre preziose, armature, armi e quant’altro possa destare il loro interesse», ci raccontò. «A ben guardare, sotto questo punto di vista non sono poi tanto diversi da delle comuni gazze ladre.»

   «Credete che riusciremo a trovarvi una nuova corazza per Alistair?», domandai subito.

   Lei annuì. «È probabile. Anzi, se volete, vi accompagno a dare uno sguardo.»

   Fece per rimettersi di nuovo in piedi ma la frenai con una mano premuta sulla sua spalla. «Riposatevi», le raccomandai. «Sono l’unica in grado di combattere ancora, qualora ve ne fosse bisogno, quindi lasciate che sia io a pensare a tutto.» Fu sul punto di obiettare, ma mi misi l’indice davanti alla bocca per intimarle il silenzio.

   Mi alzai e mi diressi allora verso Morrigan, stesa ancora sulle lastre di pietra sudice e divelte che ricoprivano la pavimentazione della sala. Quando mi avvicinai, mi piantò gli occhi addosso con aria feroce. «Di’ ancora una volta che non sei in grado di uccidere Flemeth, e ti eviro il fidanzatino.»

   «Che c’entra lui?», volli sapere, indispettita, chinandomi su di lei per passarle un altro impiastro.

   Lei lo afferrò con malagrazia, senza un minimo di riconoscenza. «Con te non riesco a prendermela», confessò con un borbottio imbarazzato, girandosi su un fianco e puntellandosi su un gomito. «Sarebbe come fare violenza su una bambina cerebrolesa», aggiunse poi per trarsi d’impaccio, stappando la fialetta e disgustandosi per il sapore della mia medicina. «Ma lo schifo di questi cosi fa comunque di te un’autentica criminale.»

   «Se non lo vuoi, me lo riprendo», la provocai, allungando la mano.

   Lei me la schiaffeggiò per farmi stare ferma. «Va’ ad aiutare quel poveretto», mi esortò poi stancamente, trovando per miracolo una parola gentile nei suoi confronti. «Se prima non avesse colpito più volte quella bestia con la sua spada, dubito che saresti uscita incolume dallo scontro.»

   Proprio incolume non ero, visto il taglio sulla testa. Ma poiché si trattava effettivamente di roba di poco conto rispetto alle ferite degli altri, non replicai e mi avviai verso Alistair, cercando un’altra boccetta nel mio sacchetto di pelle. Quasi arrestai la mia azione a metà, però, perché sorpresi il nostro Principe intento a litigare con le cinghie della propria armatura.

   «Aspettate, aspettate. Vi aiuto», mi offrii subito, accucciandomi di fronte a lui, che lasciò ricadere le braccia con un gemito. «Bevete questo, intanto», gli ordinai, iniziando a slacciare l’imbracatura che teneva insieme i pezzi della parte superiore della corazza. «Come fate a portare addosso questa roba?»

   «Abitudine, credo», mi sentii rispondere dopo qualche momento. Alzai lo sguardo e vidi Alistair scrutare l’impiastro con aria assai riluttante. «Lo… avete preparato voi?», mi chiese.

   Per nulla stizzita da quell’implicita accusa, sospirai. «O quello che avete in mano o quello che ha preparato Morrigan. A voi la scelta.» Lo mandò giù d’un fiato. «Ci vuole pazienza.»

   «Concordo», ebbe la faccia tosta di annuire lui.

   «Non vi picchio solo perché siete già malconcio», gli feci presente, sfilandogli delicatamente la pettiera ed alleviandolo dal suo peso. «Che diavolo vi è saltato in mente di scagliarvi così a cuor leggero contro un drago?», gli domandai poi, cercando di contenere la rabbia.

   Visibilmente sollevato dal potersi permettere finalmente di respirare a pieni polmoni, Alistair contrasse i muscoli del viso per una fitta al costato. «Con gli Ogre ha sempre funzionato.»

   «Contro un drago», ripetei, prendendogli il mento con una mano per fissarlo negli occhi. «Dra-go», sillabai come se stessi parlando con un ritardato mentale. «La capite la differenza?»

   «Certo che sì», rise lui, per poi lamentarsi ancora. «Mi fidavo di voi. E ho fatto bene i miei conti.»

   Strinsi le dita attorno al metallo della sua armatura per non farlo attorno al suo collo e serrai le palpebre. «E se io non fossi stata all’altezza?»

   «Leliana mi ha raccontato come avete ridotto il mannaro che mi aveva ferito», mi smentì Alistair categorico. «Credete poco in voi stessa, ecco perché siete così scettica riguardo alla vostra vera forza», ci tenne a farmi sapere. «Anche le altre la pensano allo stesso modo.»

   Ne avevano parlato tra loro? Di questo? Discutevano di me in quei termini?

   «Non sono affatto invincibile», misi in chiaro, mostrandomi contrariata.

   «Nessuno dice questo», obiettò ancora lui. «E lo avete dimostrato prima, con quei grossi, schifosi ragni sputa-veleno.»

   Una vertigine mi costrinse ad aggrapparmi al suo ginocchio. «Erano… velenosi?», boccheggiai.

   Mi sorrise e mi passò una carezza sul naso con il dorso di un dito. «Erano. Ma sono morti. Non pensateci più, d’accordo?»

   «E se ce ne fossero altri?», cominciai ad agitarmi.

   «Li ucciderò tutti», mi promise. «L’ho fatto anche prima, no? Vi fidate di me?»

   Annuii convulsamente. «D’accordo. Allora bevete un’altra pozione», dissi, mettendomi freneticamente a cercare un’altra fialetta nella sacca.

   «Così sarò in grado di difendervi meglio, eh?», mi lesse nel pensiero lui con un sospiro.













Accipuffolina! Sono sparite delle recensioni! Bon, immagino che chi le ha cancellate avesse i suoi buoni motivi, ma ammetto che la cosa mi ha spiazzata un po'. XD
Tornando a noi, finalmente un capitolo che mi piace abbastanza. Vuoi per il chiarimento fra Nimue e Alistair, vuoi per la battaglia contro il drago. In realtà quest'ultima avrei voluto renderla più complicata, ma non essendo portata per questo tipo di scene, ho preferito risolvere in modo diverso, e cioé dando maggiore forza alla magia adoperata da Nimue (tra l'altro è stata davvero lei ad uccidere il drago durante la mia partita, anche senza specializzazioni).
Questa settimana aggiorno giusto perché mi sento in dovere di farlo, ma siccome ho scritto solo una paginetta dall'ultima volta che ho postato qui, è probabile che la prossima settimana vi lascerò a bocca asciutta. Ma non del tutto: ieri ho abbozzato la shot di cui parlavo nella recensione a quella di Salice (Ancora i miei complimenti per quel gioiellino. ^^), e in più me la sono anche illustrata con un disegno (sproporzionato, ma va beh). Spero di riuscire a mettere entrambi online quanto prima. Intanto, per chi fosse curioso, nella mia gallery su DeviantArt (il nick è sempre quello) trovate tutti gli scarabocchi che faccio di tanto in tanto su questa long (ma il disegno per la shot è decisamente più serio). In ogni caso, non aspettatevi dei capolavori.
Detto questo, non mi resta che ringraziarvi tutti quanti: Atlantislux per il betaggio e la recensione, Lara ed Erecose perché mi sopportano ogni santo giorno, anche agli orari più impensati, Evertine (Sempre buonissima: le tue parole mi hanno sinceramente commossa!), Ashar (Eccoli qui i ragni! Contenta? XD Ho visto che hai aggiornato, appena ho un attimo leggo e commento. ^^), ENS (Schieramento discutibile per TE! XD Per me invece era l'unico che mi garantisse subito la vittoria! <3 Ad ogni modo, sei stato gentilissimo nelle ultime righe che mi hai lasciato!), The Mad Hatter (Oh, guarda che non è una fanfiction comica, sai? XD Comunque, spero davvero di farti ridere/sorridere ancora con i capitoli a venire. ^^), Cass per aver inserito la presente fra le storie seguite, e tutti gli altri anonimi lettori.
Buona settimana a tutti!
Shainareth





  
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