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Autore: Red Death    10/06/2010    2 recensioni
Inizio della storia... spero che vi piaccia ^^
La ragazzina non poteva conoscere il perché di quel cadavere abbandonato sul suo corpicino gracile...
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L'alba non vuole arrivare. Sono qua con il corpo addormentato di Luke vicino a me, fisso il soffitto come fosse la cosa più bella che abbia mai visto e non solo quattro travi marce e muffe.
Sento che si muove sotto le coperte e che piange anche nel sonno. Lo abbraccio, portandomi la sua testa contro il petto per coccolarlo. Voglio farlo sentire protetto come lui a fatto con me in tutti questi anni, anche se la verità è che tra poco la protezione sarà l'ultimo dei nostri problemi. Come faremo a vivere? Adesso che Amelie non ci potrà più aiutare, cosa possiamo fare?
Luke si tira su, ha gli occhi blu ancora assonnati e gonfi di lacrime, ma mi guarda già con un sorriso mentre si stiracchia. È come se leggesse nel mio pensiero, quando sono preoccupata.
«So a cosa stai pensando, Sel. Non ti preoccupare, ce la caveremo come ce la siamo sempre cavata…»
Vorrei farlo star zitto, vorrei che tornasse a dormire perché lo so che sta dicendo soltanto bugie. «Come fai a conoscermi così bene?»
Ride, e mi fa piacere sentire che ne è ancora capace; ne avevo dubitato dopo tutte le lacrime di questa notte. «Trucchi del mestiere» mi sussurra, facendo schioccare la lingua con soddisfazione. Sì, anche io lo conosco bene. Conosco la cadenza del corpo che sta andando a rivestirsi nel buio della notte ancora inoltrata, conosco i suoi sospiri che rivelano la tristezza infinita che tenta invano di nascondere, conoscevo i suoi occhi che cercano i miei in questo preciso istante.
«We, bella incantata! » mi passa davanti agli occhi una mano e io, con un sorriso, mi riprendo. «Sel, credo che dovremmo andare a casa, a prendere quello che potrebbe servirci. Se l'hanno uccisa non sappiamo ancora per quanto tempo la casa resterà lì…»
Annuisco, so che tra poco la bruceranno. È usanza. I Vendicatori uccidono, straziano il corpo, si prendono gli occhi e, a distanza di qualche giorno, bruciano la casa. Poi, via via, i segni della loro vittima nel tempo scompaiono, i loro nomi iniziano ad essere cancellati dagli archivi, i loro oggetti vengono rubati , i loro ritratti distrutti finché della persona non rimangono che una manciata di ricordi che vanno persi nel vento come polvere. Non voglio neanche immaginare il cadavere della povera Amelie senza i suoi occhi, blu come quelli del figlio ma più saggi, più liberi. Quegli occhi che non mi permettevano di farla soffrire, anche a costo di mentire.
Usciamo di corsa, senza chiudere la porta. Se qualcuno volesse entrare ce la farebbe comunque, ci diciamo sempre, perché dovrebbero avere l'accortezza di sfondarcela quando possono entrare comodamente spingendola? Londra di notte mi piace particolarmente finché posso vederla dall'alto della mia camera, al sicuro dietro una finestra senza vetro. A distanza così ravvicinata mi fa salire un brivido lungo la schiena, ma non ho intenzione di farmi vedere debole di nuovo. Mi muovo con sicurezza, tenendo la testa alta, anche se sotto la camicia tremo.
Dobbiamo attraversare mezza città per arrivare a casa di Amelie, e non si prospetta un'impresa piacevole. Odio lo squallore dei bassifondi della mia città.
Non posso farci niente, mi dico per consolarmi. Luke cammina davanti a me, è troppo veloce perché io riesca completamente a stargli dietro. Lo sa anche lui che è una sfida contro il tempo, ma noi non possiamo modificarlo se non correndo, come stiamo ormai facendo. Il Tamigi scorre scuro, il vento fischia e infuria facendomi congelare, ma non smettiamo di correre finché non arriviamo alla chiesa. Sembra ancora più imponente di notte, dalle finestre colorate vediamo uscire il tipico bagliore delle candele chiuse al suo interno. Dobbiamo solo svoltare l'angolo, ma nessuno di noi due si decide. Siamo entrambi piegati in due con il fiato smorzato, e guardiamo dietro quella curva.
Devo prendere coraggio.
Devo prenderne per tutti e due, perché dovrò essere io ad infonderglielo.
Un respiro. Attendo.
Un altro. Annuisco.
MI decido.
Faccio un passo, un passo pesante, poi un altro, come avessi appena imparato a camminare. Gli tendo la mano e, insieme, ci avviciniamo alla verità.

Non avrei mai pensato che la cenere fosse tanto orrenda da vedere, quando ce n'è così tanta. È grigia, come la morte e puzza di cadavere. Io sospiro, vedo Luke avvicinarsi alla casa, o meglio, alle ceneri della casa: un ammasso di braci ancora calde, travi bruciate, pezzi di calcinaccio scurito dal fumo, pezzi di libri che ora si riducono a qualche parola distrutta dalle fiamme.
«Cazzo. Cazzo. CAZZO!!» inizia a urlare, tira calci alla cenere che si solleva in volute grigiastre, si porta le mani fra i capelli e urla ancora di più, finché la sua voce non diventa roca e i suoi polmoni non hanno più fiato.
Mi avvicino e lo abbraccio. Mi fa tenerezza, una tenerezza incredibile. Tutto quello in cui credeva è andato perduto nel fuoco, tutto quello che per noi poteva essere una speranza è morto. Siamo soli nell'universo, ora. Soli insieme.

Mi avvicino a quello che resta e inizio a frugare nella cenere. Devo salvare i libri. Una società che brucia i libri prima o poi passerà a bruciare le persone, e questo non deve accadere.
Mentre frugo come un cane nella cenere le mie mani incontrano pezzi di copertina, pagine maciullate, pezzi di carta bruciati che un tempo raccontavano storie di uomini e di mondi lontanissimi.
Mi fa quasi ridere pensare che ci sia gente tanto stupida da voler buttare al macero tanta sapienza. Alzo gli occhi verso Luke e lo vedo chinato verso un cumulo di stoffa nera. Lo riconosco, era la poltrona su cui Amelie stava sempre seduta a cucire. Anche i suoi ferri, che ora non sono altro se non due barrette di metallo incandescente, sono buttate lì di fianco, con un filo di cenere avvolto sopra. Strappa dallo scheletro della poltrona un pezzo di stoffa che si è salvato dal fuoco e se lo porta al petto con un sorriso amaro.
«Sai, quando ero piccolo e mio nonno morì, mia madre mi raccontò che i morti non vanno né in paradiso né all'inferno, ma che diventano solo angeli che fanno del bene a quelli rimasti in terra. Mi disse che non dovevo essere triste, perché lui mi avrebbe aspettato poi sotto forma di angelo quando fosse arrivato il mio momento e che, prima o poi, tutti saremmo tornati insieme. Io non dovevo piangere per lui perché altrimenti l'avrei fatto soffrire, e che quando gli angeli soffrono piangono, e scoppiano i temporali.»Alza gli occhi verso il cielo scuro «Dovremo prepararci ad un'enorme tempesta, perché sto per far soffrire tutti gli angeli che sono rimasti nella mia famiglia.»
Mentre parla le lacrime non si fermano più dentro agli occhi di mare, ma scendono lungo le guance, sul mento, sulla camicia fino a cadere sulla terra bruciata. Vorrei far cessare tutte le lacrime che stanno scendendo questa notte, vorrei tornare indietro nel tempo e andare a salvare Amelie prima che sia troppo tardi. Ma, come per la maggior parte delle cose che vorrei, non posso farlo. Non posso fare altro se non condividere in silenzio il suo dolore.
Scruto la stanza per cercare cosa possiamo ancora salvare. Mi sembra di essere entrata all'inferno, c'è morte e desolazione ovunque. I miei occhi non sanno neanche più dove posarsi, davanti a tanto orrore. Mi mordo il labbro finché non esce un rivoletto di sangue caldo che sa di metallo.
C'è un quadernino nero sotto un cumulo di polvere e braci, sembra quasi intatto.
«Ehi, Lu', vieni a vedere…»
Lo prendo e lo pulisco dalla polvere. Wonder! È rivestito di un materiale strano che però l'ha salvato dalla furia distruttrice dell'incendio. Le pagine sono ancora tutte perfettamente integre, riesco a leggere ognuna delle parole scritte con una grafia piccola e ordinata sulle pagine ingiallite.
“Allora c'è speranza!"
«Luke, questo è un tesoro! È riuscito a salvarsi!»
So che Luke conosce la mia passione per qualunque cosa sia scritta su carta, ma posso anche capire che non condivida il mio entusiasmo.
«Già, Sel… lui si salvato.»
"Stupida, stupida, stupidissima, stupidissima!" mi porto un dito alla bocca e inizio a masticarmi l'unghia; lo faccio solo quando sono pericolosamente nervosa. Mi sorride, mi prende la mano e me la lascia contro il fianco. «Quante volte ti ho detto di non farlo?»
Vedo il libretto che spunta dalla sua tasca, come se volesse nascondermelo. Però riesco a leggere le iniziali scritte in oro sulla sua copertina: J.D.
J.D?
Tendo una mano per cercare di prenderlo.
«Ah-ah, piccola curiosano. Te lo ridò quando arriviamo a casa, adesso dammi una mano qua.»
Si avvicina al camino e inizia a spazzolare la cenere con le mani..
«C'è una cosa che dovresti vedere…» mi dice, con la lingua fra i denti mentre pulisce il fondo del camino e si intravedono già le pietre scure.
Quando finisce la mia faccia è pallida come quella di un cadavere e, anche se non posso vedermi, so che la sorpresa si riconoscerebbe ad un chilometro di distanza.
«Tu… mi devi ancora delle spiegazioni.»
«Sì, Sel, lo so ma adesso non…»
Mi giro verso di lui e lo congelo con lo sguardo.
«No, signorino. Adesso.»


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Nella tana del bianconiglio:
xD allors, io non so parlare, però grazie Dust per aver letto anche il secondo, orrido capitolo xD il mistero in realtà c'è anche per me xD chissà dove mi guida questa volta 'sta storia xD
  
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