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Autore: Mistral    10/06/2010    4 recensioni
Causa impegni vari delle autrici (leggasi, tra le altre cose, lavoro e cosplay per Fumettopoli e Lucca da preparare) la pubblicazione dei capitoli subirà uno slittamento. Chiediamo scusa a tutti i lettori per l'inconveniente!
YULLEN SAGA - PART 5
Anche per chi ha sempre convissuto con un’illusione, non è facile accettare l’idea di esserlo inspiegabilmente e improvvisamente diventato. Eppure, anche se la tua unica certezza è quella di non avere certezza alcuna, di non sapere né il dove, né il come né il perché di quanto stai vivendo, davanti ai tuoi occhi si susseguono quadri viventi che aprono scenari nuovi su chi non avevi mai voluto, forse per inconscio rifiuto, conoscere a fondo. Saprai cogliere ciò che è veramente importante?
[Sort of side story sulle Night 187-194][Pesantemente SPOILER]
Capitolo 5: Fu gettato sulla via, ma col fuoco nel cuore prese la sua croce e iniziò a camminare
Il generale continua a fare la bella vita e continua a non insegnare un bel nulla al suo allievo, aspettando il momento propizio per dare il via all'apprendistato ufficiale.
Il «momento propizio» tanto atteso alla fine arriva, all'incirca sei mesi dopo il loro arrivo, ma per l'Inglese la cosa è tutt'altro che facile. Messo davanti a una situazione critica, solo comprendendo e accendendo nel suo cuore il nuovo e bruciante desiderio di restituire alle anime ingannate la libertà perduta gli consentirà di attivare con successo, per la prima volta, la sua arma anti-akuma.
[…]
Vedendolo crescere assieme a quel ragazzino indigeno, ho capito cos’è successo al bambino incazzato col mondo che il generale raccolse su quella tomba. È in questo periodo, assieme a quel Narein, che il moyashi è diventato quel che conosco io…
Genere: Introspettivo, Malinconico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Allen Walker, Marian Cross, Yu Kanda
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Yullen Saga'
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L’ANGOLO DELLE AUTRICI

Ed eccoci di nuovo qui con il terzo capitolo di Hachisu no Yume. Come vi avevamo promesso il mese scorso, abbiamo riflettuto sulla possibilità di far confluire anche questa storia nella Yullen Saga che stiamo componendo; ebbene, alla luce di quanto accaduto nella Night 195 (mamma mia che roba! Io personalmente sono sconvolta… ndMistral), possiamo dire che non ci sono elementi contrari all’inserimento di Hachisu nella serie. La Sensei non ha confermato né smentito la nostra versione dei fatti, sia per quanto riguarda la possibilità che Kanda abbia visto i ricordi di Allen, sia rispetto al passato del moyashi. Ne consegue che la nostra storia non viola il principio fondante del missing moment (non contrasta con gli avvenimenti successivi e non li influenza apertamente), quindi ci sentiamo di definirla tale ^^

Rispetto alla consecutio temporum delle Yullen, comunque, Hachisu sarà la quinta della Saga; inizieremo a lavorare nei prossimi mesi all’anello di congiunzione con Anata ga Koko ni Iru Riyuu, ossia una storia che copra gli avvenimenti da dopo la missione di Parigi fino all’inizio della missione in Giordania e che diventerà la quarta fic della serie.

Passiamo ora alle risposte alle vostre graditissime recensioni!

 

§ Cara Retsu,

in realtà la Sensei Hoshino non ha descritto il passato di Allen in questa maniera perché… l’ha fatto per noi! XD Scherzi a parte, personalmente riteniamo che una delle migliori caratteristiche di DGM sia indurre il lettore a ragionare: lascia dei vuoti temporali e di informazione così da spingere a collegare autonomamente gli indizi che vengono disseminati in maniera all’apparenza casuale nell’arco delle Night, creando delle teorie personali. Siamo convinte che prima o poi la Sensei ci dirà tutto, ma vuoi mettere la soddisfazione nello scoprire che almeno in qualcosa ci avevamo azzeccato?

 

§ Cara Bradipiro,

grazie mille per i complimenti allo stile, entrambe (sì, perché questa fic è scritta a 4 mani ^^) li apprezziamo molto. Vorremmo chiederti la cortesia, se ti va, di spiegarci dove a tuo giudizio si ravvisano delle incongruenze con la storia del manga: noi abbiamo cercato di essere il più possibile rigorose, ma non siamo certo perfette e potremmo aver frainteso qualcosa o dimentica dei particolari. Se ne vuoi parlare, la mail di Mistral è sempre aperta.

 

§ Cara Icaro Smile,

ti ringraziamo tantissimo per i complimenti e siamo liete di averti suggerito un’idea per te nuova su chi possano essere i genitori di Allen. Quanto al tuo giudizio su Maria, sappi che lo condividiamo in pieno!

Speriamo che anche il seguito della storia ti piaccia e che tu voglia lasciarci un’altra recensione.

 

§ Carissima BBJ,

guarda che la “tua generazione”, come la chiami tu, (che poi è anche la nostra, non siamo mica così vecchie!) è cresciuta sanissima a pane e cartoni animati XD

Comunque, scherzi a parte, siamo felici di sapere che la nostra teoria sulla canzone del 14esimo ti sia piaciuta, ma non esagerare con i complimenti, ok? Che poi ci montiamo la testa…

Riguardo la tua domanda, la fanfic proseguirà fino all’arrivo di Allen all’Ordine e probabilmente anche con brevissimi quadri tratti da avvenimenti posteriori. Ad ogni modo, sarà certamente composta di 7 capitoli.

E da ultimo… ovvio che non c’è niente di male se leggi le risposte che abbiamo dato a Kicchina, anzi! Abbiamo voluto risponderle pubblicamente proprio per sciogliere eventuali dubbi che anche altri lettori avrebbero potuto avere, quindi quella risposta era lì apposta per essere letta!

 

§ Cara Flowermoon,

idem come sopra, non ti devi scusare di niente per aver letto la risposta data a Kicchina! Ti ringraziamo per il complimento sulla precisione, ci fa molto piacere che le nostre lettrici apprezzino questo aspetto del nostro lavoro. Noi cerchiamo sempre di essere puntigliose nella ricerca delle fonti, in primo luogo per noi e per una sorta di “correttezza” verso l’autrice, ma anche per rispetto verso voi lettori che meritate di leggere opere curate non solo nello stile, ma anche solide nelle basi su cui si fondano.

 

E per questo capitolo è tutto, a risentirci al prossimo “Angolo delle Autrici”!

Un abbraccio,

Lety&Mistral

 

 

Hachisu no Yume

(Il sogno del loto)

 


 

3. Levò la sua mano e compì meraviglie

e la voce di uno che gridava mostrò la via del Signore

 

Di nuovo neve, neve che cade fitta a ricoprire le strade buie. Solo qualche lampione qua e là illumina i marciapiedi, in questa notte silenziosa, disegnando sagome in chiaroscuro che sembrano seguire i passi delle uniche due persone presenti. Un uomo alto, il cappello in testa e una valigia nella destra, e un bambino che lo segue a pochi passi di distanza arrancando nella neve alta.

 

Ma porca vacca, e adesso dove siamo?!

Un attimo fa ero davanti alla tomba di quel cane, in una città qualsiasi ed era d’inverno… e ora? Guardandomi attorno mi scopro immerso in un paesaggio buio, la cui unica fonte di luce è la neve che riluce stancamente ai bordi delle strade e sui prati (bene, ciò significa che è ancora inverno [sarà lo stesso inverno di prima? O quanti fottutissimi anni saranno passati?])… siamo in campagna e, a giudicare dall’assenza di luci anche in lontananza, la città più vicina dev’essere parecchio distante.

Roteo gli occhi, irritato e mentalmente esausto, quindi prendo un respiro profondo e mi metto ad osservare i dintorni. Tiriamo a indovinare… dove sarà quel che devo vedere?

A causa dell’oscurità ci metto un po’ (anche perché i miei occhi faticano ad abituarsi alla tenebra), ma alla fine scorgo una figura che viene verso di me. Aguzzo la vista e, non solo riconosco in quell’uomo il Quattordicesimo (che viso stanco, sembra molto invecchiato [quasi sfinito… però potrei sbagliarmi, non vedo bene]), ma noto anche il ragazzino che lo segue… il moyashi, immagino (lui a vederlo così non sembra cresciuto di molto [ma è sempre stato gracile]).

Incrocio le braccia e aspetto che mi vengano vicini. Vediamo un po’ cosa succede stavolta…

 

Il bambino trema leggermente dal freddo, nonostante la giacchetta trapuntata con il cappuccio che lo protegge dalla neve umida. Cammina più rapido che può, cercando di non scivolare, tenendo le braccia larghe per mantenere meglio l'equilibrio, ma non riesce a raggiungere l'adulto.

Il ragazzino è perplesso, perché il suo padre adottivo non è solito lasciarlo indietro a quel modo, ma capisce anche che ci dev'essere qualche problema, dato che l'uomo è incredibilmente nervoso, teso come non l'ha visto mai... nemmeno prima di uno spettacolo importante!

Si sposta la frangia dagli occhi utilizzando la mano sinistra, ancora quasi del tutto immobilizzata. La fissa per un attimo, quella mano ora protetta dagli occhi cattivi del mondo da un guanto troppo grande per lui, e sorride. Ha deciso che riuscirà a muoverla, un giorno, e non perde occasione per mettersi alla prova... in fondo anche Mana, ogni volta che lo vede un po' triste, gli ripete che se si impegna a fondo un giorno riuscirà a usarla come e magari meglio della destra!

Un piccolo broncio sostituisce il sorriso quando Allen rischia di inciampare in un gradino nascosto nella neve. Per fortuna il bambino si riprende in tempo per non finire a terra, però resta un po' indietro, Mana che sembra allontanarsi ogni volta un pochino di più.

“Mana! Aspettami!” urla, cercando di correre per raggiungerlo.

L'uomo di ferma e si volta, ma non riesce a vedere se sta sorridendo o meno perché solo la tesa del suo cappello è visibile, illuminata dalla luna. Allen aumenta il passo, incespicando nuovamente per poi fermarsi quando è riuscito a ridurre la distanza. Stanco e col fiatone, le mani sulle ginocchia, si ferma nuovamente per riprendere fiato.

La neve continua a scendere e un fiocco dispettoso gli cade sul naso, portandogli alla mente ricordi felici di non molto tempo prima.

“Mana? Dopo ci fermiamo a giocare un po'? Possiamo giocare all'alfabeto segreto come l'altro ieri! Era divertente!”

L'uomo non risponde, ricomincia semplicemente a camminare. Poi il silenzio della strada viene infranto dal rumore di zoccoli di cavallo che scheggiano i ciottoli sotto la neve, il fracasso di ruote che si avvicinano a tutta velocità.

La carrozza arriva veloce come il fulmine. Poi accelera ancora, sterza, e infine... l'impatto.

“Mana!”

Corre, il bambino, corre dall'uomo che è diventato suo padre, che l'ha raccolto e ora lo sta, suo malgrado, lasciando.

“Allen... promettimelo... promettimi che continuerai a camminare: avanti, sempre avanti, qualunque cosa accada.”

Il giovane Allen Walker promette fra le lacrime, sperando che quella piccola promessa basti per far restare suo padre accanto a lui.

Inutilmente.

 

Davanti alla scena cui ho appena assistito, mi rendo conto di non riuscire ad articolare un pensiero coerente. Non è tanto la morte del Quattordicesimo in sé ad avermi spiazzato (ci ho avuto a che fare da sempre con la morte, fin da prima che io ne abbia memoria [e comunque dovevo aspettarmelo di assistere prima o poi alla fine di quel Noah]), quanto piuttosto il fatto che sia avvenuto tutto in quel modo così banale (anche se quell’incidente mi puzza assai [che sia stato assassinato dal Conte?]) e davanti agli occhi del bambino (di Walker [quello è Walker, non devo dimenticarlo]).

Vedendolo così solo accanto al corpo del padre, provo una gran pena per lui (ma almeno lui un padre l’ha avuto, anche se per poco [sono forse invidioso di lui?]) e mi verrebbe quasi voglia di avvicinarmi per tentare di scuoterlo dal suo disperato torpore. Però mi trattengo. Che idiota che sono! Cosa potrei fare, da fottutissimo fantasma cui sono ridotto?! (Ma anche se non lo fossi, che cazzo ne so io di come si consola chi ha appena perso tutto? [Chi ha consolato me quando ho perso quel poco che avevo?])

 

La neve smette di cadere, dopo aver ricoperto come ovatta le strade della città.

Sulla collina, ultimo e isolato promontorio del cimitero locale, la croce in pietra sulla tomba di Mana Walker quasi brilla alla luce della luna piena. La sua ombra si allunga pian piano sul terreno, andando a incontrare quella di colui che è ridotto solo all'ombra di se stesso.

Il piccolo Allen siede lì, poggiato alla fredda pietra che è l'unica cosa che gli rimane di suo padre. Ha smesso di piangere, ormai, il cuore spezzato all'improvviso dopo nemmeno quattro anni di felicità. Sospira, lo sguardo fisso nel vuoto, senza più la forza di rialzarsi.

Ha lottato ed è riuscito a conquistare la felicità, a trovare qualcuno che lo amasse. E ora? Ha perso tutto in un attimo, e ora si ritrova addirittura più povero di quando era stato raccolto da quello strano pagliaccio. Nelle tasche non gli è rimasto più nemmeno un briciolo di speranza.

Stranamente silenziosa viste le dimensioni, una terza ombra si aggiunge alla scena. Un uomo sbuca fuori da dietro l'albero rachitico che dovrebbe ornare l'angolo riparato, e si avvicina quietamente al ragazzino, appoggiandosi come un avvoltoio alla croce ancora nuova. Non si riesce a intravederne lo sguardo, gli occhi celati dietro un paio di occhiali e la tesa del cappello abbassata, ma il ghigno che gli occupa quasi tutto il viso basta per capire che di quel soggetto è meglio non fidarsi...

Tuttavia gli sono sufficienti poche parole perché il bambino - come tanti, troppi prima di lui - decida di dare fiducia allo strano figuro.

“Vuoi che io faccia tornare in vita Mana Walker? ©

La voce di quell’uomo, nonostante la sua apparenza inquietante, è dolce e suadente, tocca con maestria le corde fragili e sensibili di un cuore in frantumi, annientato da un dolore troppo grande.

Il piccolo alza gli occhi grigi, resi vacui da un’incredulità devastante, il viso rigato da lacrime che da troppo tempo non versava. Non risponde alla domanda dello sconosciuto - non ne ha la forza - ma tanto a quell’essere, che sembra uscito da una brutta storia per bambini cattivi, quella risposta nemmeno interessa.

L’orco mascherato da buono continua a tessere la sua ragnatela. “È sufficiente che tu chiami forte il suo nome e vedrai che lui tornerà indietro…”

Allen non crede alle sue orecchie: basta davvero così poco per riabbracciare il suo papà? Il bimbo guarda quella strana carcassa che l’uomo col cilindro gli ha materializzato innanzi e si morde il labbro, incerto, abbassando per un attimo lo sguardo sulla lapide.

Poi stringe i pugni - sì, anche quella brutta mano sinistra, che Mana gli stava insegnando ad utilizzare perché fosse meno brutta - e chiude gli occhi, urlando il nome di suo padre.

Lo scheletro si illumina di una luce inquietante, mentre sotto il pentacolo rovesciato disegnato sulla fronte di quello strano essere una penna invisibile traccia il nome di Mana.

Davanti alla creatura che inizia a muoversi, lo sconosciuto ghigna, godendo anche dell’espressione incredula del bambino: il suo perfido piano si sta compiendo ancora una volta.

“Papà!” esclama Allen, la voce incrinata dall’emozione “Papà… sei tornato!”

Ma la risposta di Mana non è affatto quella che il bimbo si aspettava: “Allen… come hai osato… fare di me un akuma?!”

Gioia, speranza, tutto va in pezzi quando il bambino, stupito e un po' confuso dalla reazione violenta del genitore, ferma la sua corsa verso di lui.

Non capisce, Allen, non capisce perché il suo papà non sia contento di essere tornato... ma non fa in tempo a chiedergli il motivo di tanta rabbia, perché lo scheletro con l'anima di Mana lo aggredisce, ferendolo al viso.

Un dolore devastante si irradia dall'occhio sinistro del bambino che cade a terra; più della ferita, però, fa male la voce che proviene da quello che una volta era suo padre e che colpendolo lo maledice più e più volte.

Lo sguardo grigio, che per un momento aveva ritrovato lo splendore di sempre, torna a farsi liquido per le lacrime pungenti di acqua e sangue che iniziano a scendere incontrollate, mentre l'uomo col cilindro assiste deliziato, fischiettando felice senza smettere il suo sempiterno ghigno.

Il Costruttore osserva quella misera anima che tenta di ribellarsi con forza dalla sua prigione. Tuttavia nemmeno il Quattordicesimo, pur essendo stato benedetto dai geni di Noah, può nulla contro il potere della costrizione imposta su di lui dai sentimenti di quel moccioso che lo chiama papà - che stupidaggine i sentimenti umani! Stupidi e manipolabili… come le creature che li provano.

Gode, gode immensamente il Conte, al vedere colui che lo ha tradito e ha tentato vigliaccamente di assassinarlo, imprigionato come un verme e condannato a divenire per sempre schiavo del suo creatore: sì, il questo modo Millennio otterrà la sua vendetta e i poteri del Suonatore saranno totalmente nelle sue mani. 

Ma ciò di cui il Conte non si è reso conto è che quegli stessi sentimenti, da lui così sviliti, danno agli esseri umani una forza che nemmeno immagina e quel Dio che egli tanto disprezza e odia, a volte si degna di posare il suo sguardo sul mondo per proteggere gli apostoli che s’è scelto.

Proprio mentre lo scheletro, obbedendo al comando del Costruttore, sta per assalire nuovamente il bambino per ucciderlo e prenderne il corpo, la mano sinistra del piccolo si rivela agli occhi della luna per quello che in realtà è: Allen è un compatibile, e il suo personalissimo cristallo di Innocence risiede proprio in quell’arto deforme, in quella mano sempre nascosta al mondo perché da tutti temuta e odiata.

Cresce, il braccio, cresce fino a diventare grande quanto il suo possessore, si ricopre di scaglie metalliche e affilatissimi artigli da predatore, e la croce sul dorso della mano splende di luce divina. L'Innocence così attivata inizia a muoversi autonomamente per proteggere il suo compatibile, e finisce per trascinarselo dietro di peso nell'operazione di distruzione dell'akuma.

Il Conte assiste stupito, infastidito da quell’inconveniente: chi avrebbe mai pensato che un marmocchio del genere fosse un apostolo? Tuttavia, l’uomo col cappello a cilindro non si sforza nemmeno di salvare l’akuma incompleto: se non può avere i poteri del Quattordicesimo, vorrà dire che troverà un altro modo di riprendersi la sua Arca… in fondo, la prospettiva di avere quel fratello traditore ancora accanto, per quanto schiavo, lo irritava profondamente.

Stringendosi nelle spalle e ridacchiando, apre il buffo ombrello rosa che porta sempre con sé e poi sparisce silenziosamente nel cielo cupo, accompagnato dalle urla di un bambino terrorizzato.

Scomparso Millennio, un uomo e una donna appaiono come dal nulla di fianco all’albero scheletrico che svetta nel buio; lui sorride sornione e soddisfatto, mentre sul volto di lei non c’è nessuna espressione.

Accanto alla croce, intanto, la battaglia continua: al primo colpo lo scheletro con l'anima di Mana viene scaraventato lontano, e il piccolo Allen non ha nemmeno il tempo per rendersi conto di cosa sta succedendo.

Non sta capendo quasi nulla, l'unica cosa lampante è che il suo braccio sta facendo del male al suo papà, e questo lui non lo vuole.

L'apatia di poco prima lascia spazio alla disperazione più assoluta quando il braccio riprende la sua corsa verso lo scheletro, già a terra e incapace di muoversi.

“No! Non fare del male a Mana! Corri... corri papà!”

Allen inizia ad urlare, pregando perché il braccio la smetta di aggredire quella creatura informe e cercando intanto di avvertire Mana del pericolo.

Paura e amore per quell'uomo che lo ha raccolto gli concedono la voce necessaria per gridare, e nella foga nemmeno si accorge di chiamarlo con quel nome che non era mai riuscito a usare: «papà».

Ma suo padre non corre, suo padre non scappa.

Suo padre lo aspetta, lo aspetta e gli sussurra parole d'amore.

“Allen... Io... ti voglio bene... Ti prego, distruggimi.”

La maledizione che l'uomo ha lanciato sull'occhio sinistro del bambino si attiva definitivamente: sulla fronte spicca ora una cicatrice a forma di pentacolo rovesciato, dal quale parte una linea che scende giù lungo la palpebra e fino alla guancia come una lacrima di sangue. L'iride dell'occhio sinistro si tinge di rosso, in un terribile contrasto con il bulbo oculare completamente nero come la pupilla, dilatata in maniera innaturale.

Ma ancor più spaventoso è ciò che il bimbo riesce ora a vedere, con quell'occhio: un'anima, sofferente e incatenata, prigioniera del corpo scheletrico che ha davanti. È l'anima di Mana che, ferma immobile, osserva senz'occhi quella mano che si alza e poi si abbassa sulla sua prigione, distruggendola e liberandolo.

 

Osservo con occhi sbarrati la scena che si sta svolgendo davanti a me. Sono sinceramente senza parole, quel che è assurdo è che non so bene nemmeno io cosa mi lasci più sbalordito tra tutto quel che ho visto - se sia l’aver assistito per la prima volta alla (mancata) nascita di un akuma ([la credulità umana] è un qualcosa di tremendo), se sia il cinismo con cui il Conte del Millennio sfrutta la disperazione di chi ha perso tutto (ma da questo punto di vista non è affatto il solo…) o se piuttosto a sconvolgermi (perché sono sconvolto, devo ammetterlo) sia stato lo scoprire la tragedia che Walker (ora non ho più il minimo dubbio che sia lui [ecco da dove vengono la cicatrice e quei capelli bianchi]) cela nel suo passato (dietro il suo sorriso).

Scuoto la testa, avvicinandomi di qualche passo alla lapide.

Tsè, adesso forse ho capito perché si è sempre ostinato tanto a voler a tutti i costi essere «un distruttore che salva le persone»… non dipendeva soltanto dalla sua infantile ingenuità (anche perché, visto tutto questo, comincio ad avere i miei seri dubbi che in lui sia ne rimasta ancora di ingenuità) o dal suo idealismo da martire: quel che ha sempre messo in atto non è che un disperato tentativo di espiare quella che ritiene la sua colpa più grande…

 

Quando tutto finisce, sul piccolo cimitero cala il silenzio. La carcassa fumante dell’akuma incompleto si dissolve in fretta, facendosi polvere subito dispersa dal vento gelido, quasi che anche la natura volesse cancellare quanto più possibile i segni di quanto accaduto.

Allen giace inerme, il braccio sinistro ora tornato al suo aspetto originario, così come l’occhio, che non sanguina più nonostante la ferita profonda infertagli da Mana.

Tuttavia, ciò che di questa notte da incubo rimarrà nel cuore del bambino finché avrà vita, non è la cicatrice che gli sfregerà per sempre il viso, né i capelli che hanno perso il loro caldo castano diventando bianchi come la neve: lui ricorderà fino alla fine dei suoi giorni l’orrore di aver visto un’anima dannata, di averla precipitata lui stesso in quell’inferno, ricorderà l’imperdonabile crimine di essere stato per due volte l’assassino di suo padre. 

Poi una voce risuona all’improvviso nel silenzio del cimitero.

“Le anime intrappolate in un akuma perdono per sempre la libertà e diventano nient’altro che giocattoli nelle mani del Conte. C’è solo un modo per salvare queste anime maledette: distruggerle.”

Quella voce parla lentamente, ma con la sicurezza di chi pronuncia un’inappellabile benché dolorosa sentenza, e altrettanto lentamente si avvicina.

Quella voce appartiene ad un uomo alto, all’apparenza poco più che trentenne, con lunghi capelli color tiziano e il volto per metà celato da una maschera bianca. Indossa un pastrano scuro, con le bordure dorate e una strana croce appuntata proprio sul cuore. Dietro di lui viene una donna, anch’essa alta e dal viso coperto, nel cui pallore spiccano le labbra rosso fuoco.

L’uomo si china di fronte al bambino immobile, che giace semisdraiato nella neve, privo di forze e di volontà, e osserva la sua mano sinistra che, libera dal guanto, spicca vistosamente a contrasto con il terreno biancastro.

“Sei nato con un’arma anti-akuma nel corpo… ti si prospetta un importante destino, sai?” Cross sorride, allungando una mano ad asciugare la lacrima sulla guancia del piccolo “Sei un prescelto di Dio…” «…o meglio, io e tua madre abbiamo indotto Dio a sceglierti. E la cosa ha funzionato anche meglio del previsto, direi…» aggiunge fra sé, orgoglioso del successo suo e di Mària.

Dal bambino non giunge nessuna risposta, né tantomeno alcuna reazione. Continua semplicemente a piangere in silenzio, lo sguardo smarrito e vuoto di chi ha perso tutto e a cui non importa più di nulla.

Il Generale scuote il capo, ritraendo la mano: si rende perfettamente conto dello stato in cui versa il ragazzino e sa benissimo che, finché non riprenderà un minimo di coscienza di sé, sarebbe inutile provare ad intavolare un qualsiasi dialogo con lui. Si fosse trattato di chiunque altro, in quel caso Cross avrebbe lasciato cadere immediatamente il discorso - non gli piace perdere tempo, e una situazione del genere per lui è una completa perdita di tempo - ma quel marmocchio è troppo importante per non portare pazienza.

Sa che non riceverà una risposta (e in fondo nemmeno gli interessa, perché non è che il bambino abbia chissà quale scelta o la sua opinione in merito sia minimamente contemplata…), ma il suo onore gli impone di rivolgergli ugualmente la domanda di rito che viene fatta a tutti i nuovi apostoli (i condannati, come li chiama lui).

“Vuoi diventare un esorcista?”

La proposta, benché avanzata con tono quasi casuale, riesce a fare breccia per un attimo del muro di apatia che imprigiona il bimbo, il quale alza per un attimo lo sguardo argentato a legarsi all’unico occhio visibile dell’uomo che gli sta inginocchiato di fronte.

Il piccolo Allen sospira, quasi annuendo prima di tornare a fissare il vuoto.

Cross si volta quindi verso la donna che gli sta alle spalle; Mària non può più parlare, la sua splendida voce è ormai soltanto poco più che un’arma da impiegare in battaglia, ma il generale sa bene che, nonostante tutto, la forza dei sentimenti che ella prova per suo figlio è rimasta inalterata fin dal giorno in cui, in quel bosco, tornando da Mana dopo aver registrato la canzone, aveva scoperto che Amiel le era stato portato via.

Cross trattiene una smorfia al ricordo del ceffone che la donna gli aveva rifilato, senza alcuna remora, appena se l’era ritrovato davanti dopo che questi aveva abbandonato il bambino all’orfanotrofio - e per la prima volta in vita sua l’esorcista non aveva reagito ad un gesto del genere, altrimenti inaccettabile: in fondo sapeva che lei aveva tutte le ragioni per odiarlo, a prescindere da quali fossero i patti tra loro.

Il generale scuote leggermente la testa, per scacciare quei ricordi inopportuni e fa un cenno alla donna. Tra di loro non sono mai servite molte parole, né tantomeno servono in quel momento: si conoscono e combattono assieme da tempo e comunque adesso è palese quale siano e la richiesta di Cross e il desiderio di Mària.

Lei china il capo in una muta espressione di assenso e poi, mentre l’uomo si ritrae, fa un passo avanti, inginocchiandosi di fronte al bambino.

Dopo un attimo di incertezza il suo istinto materno - un istinto sopito da anni, ma tanto forte che nemmeno la morte è riuscita a cancellarlo - torna alla luce, insegnandole nuovamente i movimenti giusti: con una facilità sorprendente prende in braccio il piccolo e se lo stringe teneramente al petto.

Certo, il bambino benché malnutrito non è leggero come se lo ricordava, ma Mària riesce comunque a tenerlo stretto a sé, mettendo nelle proprie braccia sia la forza dell’amore di una madre sia la delicatezza dell’incisore nel maneggiare un preziosissimo cristallo da decorare. 

Il bambino, sentendosi inconsciamente al sicuro, chiude gli occhi esausto e si addormenta, proprio mentre la donna intona la stessa ninnananna con cui lo cullava anni prima.

 

Ehi, aspetta… quella donna non è forse quella che chiamano Grave of Mària, la famosa seconda arma anti-akuma di Cross? Quella che per le alte sfere è motivo di scandalo perché si dice sia il cadavere di un’esorcista morta, controllato tramite un incantesimo proibito? (Se anche così fosse, quelli dell’Ordine dovrebbero solo tacere visto quel che hanno fatto a me [per lo meno Cross non ha estratto il cervello di quella donna impiantandolo in un corpo artificiale…])

Comunque sì, è senza dubbio lei. E sta cantando la stessa canzone che ho sentito intonare alla madre di Walker in quel bosco, quando lui era ancora bambino, la canzone che è stata registrata sul golem. Com’è possibile? Vuoi dire che quella donna… è la madre di Walker?! Non ci posso credere! (Eppure lei l’aveva detto: «Fammi diventare la tua arma anti-akuma. Consentimi di rimanere al vostro fianco, anche se non sarò altro che un corpo senza vita» [doveva amare davvero tanto suo figlio per prestarsi ad una cosa del genere])

E ora capisco anche perché quella melodia mi è familiare: l’ho sentita sull’Arca, quando il moyashi ha suonato il piano per fermare la distruzione della città. Chissà come la prenderebbe se venisse a sapere cos’è in realtà quella musica che tanto odia… e soprattutto se scoprisse che quello che lui chiama «il mostro» altri non è che suo padre…

Cazzo, che fottutissimo scherzo del destino! Mi sento un idiota ad averlo invidiato (anche se solo per un attimo) perché ha potuto conoscere almeno per un po’ l’amore di un genitore. Se queste sono le conseguenze, allora meglio avere attorno il deserto più assoluto e avere a che fare solo con gente che ti tratta come un oggetto…

Mentre osservo il moyashi venir portato via da Cross, cullato tra le braccia del cadavere di sua madre, per la prima volta percepisco chiaramente l’ironia crudele della sua sorte e provo per lui una profonda pietà (ed è meglio che lui non sappia nulla di tutto questo [meglio che vada avanti sulla strada che ha intrapreso credendola interamente frutto delle sue scelte - anche se in realtà per lui era tutto già scritto da prima che nascesse])

 

Dando le spalle a madre e figlio per lasciare loro un po' di privacy, il generale si incammina per precederli e far strada verso una piccola carrozza parcheggiata lì vicino. Il cavallo scalpita leggermente all'avvicinarsi del gruppetto, ma subito si quieta alle note della canzone di Mària che ancora si spandono nella fredda aria dicembrina.

Aperto lo sportellino e fatta salire la donna con il suo prezioso carico, Cross si mette a cassetta e prende le redini per spronare l'animale, mentre Timcanpy vola alto a controllare i dintorni.

La carrozza si allontana lentamente verso la campagna, uscendo dai confini della città all'inizio del nuovo giorno.

 


 

PREVIEW:

Capitolo 4 - Dalla sua purezza fu precipitato negli inferi, si riempì di violenza e peccato

La scena che mi ritrovo davanti quando l’ormai solito buio si dissolve, per una volta non mi risulta totalmente aliena (il che è assurdo, vista la situazione in cui mi ritrovo [ma a questo punto non mi stupisco più di niente… o almeno ci provo]): questo è il luogo dove (un numero indefinito di anni fa) è nato il moyashi.

[…]

Senza staccare gli occhi dal Times del giorno, l’esorcista parla: “Sono stato appena informato che molto presto avrò una visita sgradevole… un sedicente pezzo grosso della Centrale mi sta col fiato sul collo perché vuole appiopparmi uno stupidissimo incarico.”

[…]

Il ragazzino torna a fissare il mare, gli occhi puntati sull'interminabile movimento delle onde, e deglutisce nervosamente. Ricorda bene la domanda che il Generale gli aveva posto davanti alla tomba di Mana, e ricorda bene la promessa che ha fatto a suo padre prima che questi morisse: deve continuare a camminare, deve andare avanti... anche se questo significa attraversare l'oceano per diventare un esorcista!

[…]

E così, questo è l’inizio dell’apprendistato di Allen Walker…

 


 

IL POST-IT DELLE AUTRICI

Come detto in precedenza, elenchiamo di seguito tutte le citazioni contenute nel capitolo che avete appena letto.

 

-        Il titolo: si tratta della fusione tra un verso del Salmo 117, precisamente nei versi in cui recita La destra del Signore si è alzata / la destra del Signore ha fatto meraviglie”, e un versetto del Vangelo di Marco (Mc 1,3): “Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero: egli preparerà la tua via. Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri”

 

-        “Allen... promettimelo... promettimi che continuerai a camminare: avanti, sempre avanti, qualunque cosa accada.”

Anime, ep. 7

-        “Vuoi che io faccia tornare in vita Mana Walker? ©

Cap. 3, pag. 14

-        “Allen… come hai osato… fare di me un akuma?!”

Cap. 3, pag. 16

-        “No! Non fare del male a Mana! Corri... corri papà!”

“Allen... Io... ti voglio bene... Ti prego, distruggimi.”

Cap. 3, pag. 19

-        “Le anime intrappolate in un akuma perdono per sempre la libertà e diventano nient’altro che giocattoli nelle mani del Conte. C’è solo un modo per salvare queste anime maledette: distruggerle.”

“Sei nato con un’arma anti-akuma nel corpo… ti si prospetta un importante destino, sai?”

“Sei un prescelto di Dio…”

Cap. 3, pag. 21

-        “Vuoi diventare un esorcista?”

Cap. 3, pag. 22

Le citazioni del manga sono nostre traduzioni dalle scan inglesi presenti su Onemanga, da cui provengono anche i riferimenti di pagina.

 

Da ultimo, una precisazione: nel capitolo noi descriviamo la morte di Mana come avvenuta sotto una nevicata. Dobbiamo ammettere che la scena è stata descritta andando a memoria, perché non riuscivamo a ritrovare né nel manga né nell’anime il punto in cui viene raccontato quel fatto. Abbiamo poi trovato il pezzo incriminato nell’anime (ovviamente dopo che avevamo concluso il capitolo) e ci siamo accorte che di neve lì non ce n’era manco l’ombra… dato che è una questione abbastanza veniale e che quanto scritto ci piaceva particolarmente, la neve è rimasta anche se le fonti non la citano. Tuttavia ci sembrava corretto precisare ^^

Per questo capitolo è tutto! Se avete un qualsiasi dubbio, chiedete pure!

E ricordate… in missing moments we trust!

Alla prossima!

Lety&Mistral

 

 

 

NEXT SHOT ON JUL. 10, 2010

Don’t miss it!

 

 

 

   
 
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