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Autore: othial    12/06/2010    1 recensioni
Antarctica è esistita eoni fa. Amori, guerre, coraggio, amicizia hanno attraversato questa terra. Solo dei giovani ragazzi saranno l'unica possibilità di salvezza. Chiunque lascia il segno nella storia di Antarctica. E ora tutto giace sotto le nevi eterne.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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8 - Il Giglio Nero La torre del Giglio Nero si innalzava gelida e austera nella notte. Profonde crepe la attraversavano, riempite in parte da arbusti selvatici rinsecchiti. La pioggia stava diminuendo, ma nuvoloni gonfi d’acqua si addensavano ancora a coprire la luna ormai alta nel cielo.
In una cella maleodorante e umida, provvista solamente di un misero pagliericcio e di un secchio, stava in preda allo sconforto Lord Atlaas.
Si malediceva ancora per non essere riuscito a fuggire dalla sala del trono, tutti i nobili che scappavano nel panico generale avrebbero potuto coprirgli la frettolosa ritirata. Era estremamente dispiaciuto per l’atroce fine del principe Rhemien, era solo un ragazzo ed era sicuramente all’oscuro dei giochi pericolosi della madre. Ma ciò di cui non riusciva a capacitarsi era come avesse potuto essere così stolto da decidere di portare con sé lo scrigno cui aveva dato la caccia con tanta fatica negli ultimi anni. L’oggetto per cui Theodor l’aveva spedito dieci anni prima ai confini più remoti del reame, fino a spingersi nelle zone più oscure e inesplorate di Antarctica. E ora si malediva anche per quello… per non essere stato presente al fianco del suo signore e amico, per non aver ricoperto la carica di Primo Cavaliere… non era così tronfio da credere che con la sua guida combinata a quella di Theodor le cose sarebbero andate sicuramente in modo diverso, però…
Dei passi risuonarono nella lugubre scalinata che portava ai piani superiori della torre. Qualcuno stava scendendo. Una torcia rischiarò il poco illuminato corridoio delle celle facendo scappare ratti grossi come gatti. Una guardia gettò uno sgabello sgangherato addosso al Lord accostando appena la porta tra le sbarre.

-Siediti.- e sputò a terra un grumo nerastro. Appese la torcia ad un sostegno sulle pietre alle sue spalle e sparì silenzioso com’era venuto.

Subito dopo un mantello verde bordato di ermellino apparve di fronte ad Atlaas che alzò all’istante gli occhi sul bel volto della regina.

-Siediti.- le ripeté mentre abbassava il cappuccio e liberava la treccia da sotto il mantello portandosela sul petto.

-Cosa vuoi?- le chiese con disprezzo –Non ti basta avermi relegato nel buco più miserabile del Giglio Nero?-

-Se non è di tuo gradimento credo che nel Mausoleo dei Fleur mio marito abbia bisogno di compagnia.- tagliò corto Persefone.

-L’hai ucciso tu?- e si aggrappò alle sbarre senza forze. Non sempre si ricordavano di portargli del cibo e quando lo facevano era scarso e molte volte disgustoso.

-Se anche fossi stata io ad uccidere il tuo caro amico, tu hai ucciso mio figlio!- la collera le stava arrossando le guance.

-Tu gli hai lasciato fare una fine tale! Sapevi benissimo che lo Scanno del Bosco non avrebbe permesso…-

La donna alzò una mano, furente. Le lacrime lucenti le rigavano ormai il viso, ma gli occhi ardevano di collera.

-Io non posso perdonarti per quello che hai fatto, il Sigillo poteva rimanere integro e mio figlio avrebbe condotto il regno in una nuova era libera dai vincoli delle divinità e delle forze primordiali, un regno guidato da un uomo e fatto di uomini che avrebbero dovuto rendere conto solo a loro stessi… Atlaas tu hai infranto tutto questo, l’unica possibilità di riordinare quello che ormai era marcio da tempo!-

-Io… io ho fatto quello che andava fatto Persefone.- Le lacrime della regina quasi lo commuovevano. -Il sigillo fa parte della tradizione del Reame, se non viene infranto nessun governo può resistere, nessun sovrano può reggere il peso del potere, e l’intera Antarctica sprofonderebbe nella guerra e nella distruzione!- respirava a fatica, sfinito, la colpa di aver condannato Rhemien ad un destino atroce continuava a bruciargli inspiegabilmente nel petto. Eppure aveva fatto solo il suo dovere.

Persefone lo guardava torva, le mani strette, le braccia lungo i fianchi.

-Immagino che tu non mi dirai cosa sia la coppa che abbiamo estratto dallo scrigno per il quale ti sei battuto così ferocemente…- sorrise malignamente soddisfatta mentre guardava lo sconcerto dipingersi sul volto del Lord.

-L’avete aperto? Avete toccato la Coppa?- si allarmò. –Persefone non toccarla, non sai di cosa è capace, quello che nasconde va al di là della nostra comprensione!-

-Non puoi ordinarmi un bel niente! So cos’è, so che è stato mio marito ad ordinarti di cercarla… viene dalle Stelle, come la sua cara Elenia, è da lei che è cominciato tutto… Ed ora, grazie a lei finirà tutto! Riuscirò ad usarla Atlaas, stanne certo, io distruggerò chiunque mi si pari innanzi!- lo sguardo della regina era folle, parlava ad alta voce, mentre intravedeva il suo successo su tutto e tutti.

Un improvviso schianto accompagnato dal fragore delle pietre che crollavano l’una sull’altra misero fine alla conversazione dei due.
  
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