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Autore: Ryta Holmes    16/06/2010    9 recensioni
"In una sola notte il suo passato nella grande città dei Pendragon era stato cancellato. Quel passato fatto di impegno e dedizione, fatto di grandi imprese troppo spesso tenute nascoste. Un passato in cui aveva protetto l’erede al trono a rischio della propria vita.Una sola notte che aveva cambiato tutto. La sua reputazione, i suoi sentimenti e soprattutto la stima nei confronti di colui che considerava un amico, quasi un fratello nonostante il divario dato dal loro status. Una differenza  però, che il principe Artù aveva ben chiarito con ciò che aveva fatto quella notte. E che aveva costretto Merlino ad usare la magia."
Genere: Drammatico, Mistero, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Merlino, Principe Artù
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Terza stagione
Capitoli:
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Desclaimers: personaggi, storie e luoghi non appartengono a me. Se lo fossero sarei ricca e sarei probabilmente una sceneggiatrice, ma questi sono solo vaneggiamenti! Ad ogni modo scrivo senza nessuno scopo di lucro, tranne quello di divertirmi!


SO COSA HAI FATTO



.10.

La strada verso le stanze di Artù sembrava non avere fine, quella notte. Il problema era dato dal fatto che il principe non si reggeva in piedi e Merlino era stato costretto ad accompagnarlo fino al suo letto, per paura che si addormentasse nel corridoio abbracciato ad una colonna.
Merlino aveva sbuffato di fatica, quando Artù aveva preso a barcollare, mentre delirava. Aveva bevuto il principe, più del solito a dirla tutta. Il banchetto era durato troppo per i gusti di Merlino, che aveva visto il suo padrone farsi sempre più allegro, finché l’ebbrezza non aveva rischiato di fargli fare cose di cui si sarebbe poi pentito. Perciò, quando lo aveva visto muoversi velocemente in direzione di Gwen, lo aveva acchiappato al volo e se l’era portato via, prima che accadesse il peggio.
Ora ovviamente lo stava strigliando a modo suo, con quella voce strascicata da ubriaco che tutto poteva sembrare meno che minacciosa.
“Sei un idiota, Merlino… un vero idiota! Era il momento giusto…”
“Se avete pensato fosse il momento giusto per rendervi ridicolo, dovreste ringraziarmi…” aveva sbuffato il servo, il braccio di Artù che gli circondava una spalla in modo che potesse reggerlo meglio.
“Non è vero… avrei parlato a Ginevra… gli avrei detto le cose come stanno! Che io… che io… e che Lancillotto…”
“Vedete? Non riuscite nemmeno a formulare una frase sensata. Se proprio volete parlargli dovrete farlo quando sarete lucido!” a Merlino in fondo, dispiaceva che il suo padrone naufragasse in quello stato d’animo; Artù si era depresso sempre di più, da quando Lancillotto era tornato a Camelot e Ginevra aveva accettato la sua corte. E il fatto che quella notte avesse bevuto così tanto era stato anche per stordirsi e non vedere quei due assieme che si lanciavano sguardi d’amore durante il banchetto.
“Mhm…” Artù aveva lasciato andare il capo e si era fatto un po’ troppo pesante per il valletto. “Ma cosa mi illudo a fare… ormai è tardi…”
“Artù, se magari mi deste una mano invece di piagnucolare inutilmente, forse eviteremo di restare tutta la notte in corridoio!” aveva esclamato esausto Merlino, aggrappandosi a lui con più forza e cingendogli la vita con più decisione.
Il principe era rinsavito quando si era reso conto di cosa stava facendo Merlino, lo spinse via malamente e tornò in piedi, seppure leggermente barcollante. “Come ti permetti? Io non piagnucolo.”
Il mago aveva roteato gli occhi al cielo, mentre l’erede al trono entrava nella sua stanza. Lo aveva seguito chiudendo la porta con l’intenzione di aiutarlo a ficcarsi nel letto. Ma non era riuscito a frenare la lingua. “Certo, come se fossi cieco…” aveva commentato ironico.
Artù si era voltato non cogliendo il sarcasmo e assottigliando lo sguardo appannato. “Come se fossi, cosa.” Aveva scandito tetro.
Merlino aveva allargato gli occhi non aspettandosi quella domanda. “Niente…” aveva risposto velocemente. “Non volevo dire niente.”
Ma l’urlo improvviso del principe e il repentino cambio di umore lo avevano spiazzato. “Infatti! Tu non devi volere, tu devi obbedire!” e ancora di più lo aveva lasciato sorpreso quando gli aveva afferrato con forza il polso.
“Artù mi fate male! Perché ve la prendete con me, se sono gli altri a ferirvi?” aveva replicato agitato il mago, cercando inutilmente di sfuggire a quella presa ferrea.
“Fa’ silenzio! Non hai nessun diritto… nessuno di dirmi queste cose!”
“Invece sì, se inveite contro di me!”
“Non osare mai più umiliarmi come prima, hai capito?”
Il giovane mago non aveva percepito quanto fosse pericolosa quella minaccia. Aveva continuato a replicare senza remore, sottovalutando la sbornia del principe.
“Vi umiliate già da solo in questo modo! Come potrei-“
“Chiudi quella boccaccia insolente!!”
L’erede al trono si era avvicinato ancora di più al viso innervosito di Merlino tanto che i loro occhi non distavano che pochi centimetri e quando aveva parlato, gli aveva letteralmente sputato in faccia.
“Tu non sei, niente, Merlino! Sei un servo! Non hai nessuno diritto di parlarmi in questo modo.”
Aveva stretto maggiormente la presa sul polso, torcendoglielo dolorosamente. “Sei solo uno strumento nelle mie mani… nessuno ti dà il diritto di dirmi cosa devo o non devo fare!”
Quelle parole avevano fatto male. Anche se il mago sapeva perfettamente che Artù era ubriaco e quindi poco lucido, era rimasto ferito da quello che gli aveva detto. E poi… com’è che si diceva? In vino veritas?
Lo aveva guardato con odio e non si era preoccupato di pensare se ciò che diceva non fosse gentile nei confronti di un principe. “Qualcuno dovrebbe dirvelo se siete così asino da non capire niente! Forse se imparaste a lottare per quello che-“
Le parole erano morte in gola senza mai concludersi. Artù non gli aveva lasciato il tempo di finire, perché l’aveva strattonato dal polso che ancora stringeva e costretto a rovinare a terra a pancia in giù.
Dolore e rabbia, mista all’ubriachezza e alla frustrazione ne avevano fatto una bestia insensibile e infervorata che mai si sarebbe convinta a parole. Merlino se ne era reso conto quando lo aveva sentito addosso sulla schiena e lo aveva sentito soffiare con quell’alito di vino contro il suo orecchio.
“Vuoi capire come mi sento, Merlino? Vuoi sentire bruciare l’umiliazione?” mentre parlava si era artigliato con forza al bordo dei calzoni del mago e quando questi se n’era accorto, si era lasciato scappare un gemito atterrito e aveva cercato di opporre resistenza.
“Lasciatemi! Lasciatemi andare!”
“Non posso Merlino, hai bisogno di una lezione… Devi capire quel è il tuo ruolo…” il principe aveva fatto forza sulla stoffa dei calzoni, che quasi lacerava, se Merlino non l’avesse tenuta stretta con una mano.
L’istinto di sopravvivenza riuscì ad avere la meglio, nonostante Artù fosse molto più forte e pesante di lui. Con il braccio libero era riuscito a dargli una gomitata nel costato, troncandogli il respiro e approfittando di quell’attimo di smarrimento, era riuscito a sgusciare via verso la porta. L’aveva spalancata per fuggire da quella stanza ma l’agitazione era troppa e aveva finito con l’inciampare nei suoi stessi piedi. Era rotolato per terra, arrivando a cozzare contro il freddo muro di pietra e a battere la testa. Istanti lunghissimi in cui aveva visto tutto il mondo girare, finché Artù non lo aveva raggiunto con l’intento di gettarsi nuovamente su di lui; lo aveva visto avvicinarsi così velocemente che la reazione era stata simultanea e non aveva fatto in tempo ad attraversargli quella parte del cervello dove custodiva la ragione.
Una bolla di magia era scaturita dai palmi delle mani che aveva istintivamente imposto su Artù e lo aveva colpito, in pieno petto e sugli arti, che avevano cercato di riparare il viso, quando la luce lo aveva centrato.
Il principe era stato sbalzato indietro dalla forza del sortilegio e aveva gridato per il dolore quando si era ritrovato supino sul pavimento a bruciare per le ustioni. Merlino aveva tentato di alzarsi in piedi, tremante e sconvolto e aveva fissato l’erede al trono ferito dalle sue stesse mani. Si erano guardati, quando Artù aveva sollevato il capo verso di lui, come se il dolore gli avesse di nuovo dato lucidità.
E l’espressione di Merlino era stata chiara. Disgusto. Nelle iridi che erano tornate azzurre, sulle labbra piegate in quella smorfia, in tutto il corpo che tremava di brividi violenti.
E Artù aveva potuto sentire l’esatto momento in cui quel legame si era rotto, come lo stridio del vetro che si infrange al suolo.
“Tradimento!! Hanno attentato al principe! Il suo servo ha attentato al principe! Guardie!!”
Erano sobbalzati entrambi nel sentire quelle grida. Un soldato, sicuramente attirato dagli strepiti della loro discussione, aveva assistito al momento in cui Merlino aveva usato la magia contro il principe.
Il mago si era reso conto della situazione, aveva lanciato un ultimo sguardo a quello che ormai era un estraneo e poi si era allontanato, per fuggire da Camelot. E da quello che era accaduto.
Artù lo aveva visto svanire nel buio del corridoio, prima che l’incoscienza lo inghiottisse assieme al rimorso e alla sofferenza.

*

Il crepitare del fuoco, giunse alle sue orecchie per primo quando riemerse dal sonno. Dischiuse gli occhi a fatica rendendosi conto di aver dormito per diverse ore. Sopra la sua testa il cielo era nero e trapuntato di stelle e la foresta intorno a loro era colma dei richiami di animali notturni.
Artù si portò una mano alla fronte fredda e la sfiorò. Solo dopo, guardò di scatto il palmo e si rese conto che le piaghe erano di nuovo scomparse.
“Non ci sono più.”
La voce di Merlino lo fece trasalire; voltò lo sguardo oltre il piccolo falò che illuminava la radura e scorse il mago seduto e rannicchiato su se stesso, che lo guardava e contemporaneamente stuzzicava con un legnetto, uno dei ceppi che alimentavano il fuoco.
Dapprima trattenne il fiato. Aveva sognato di nuovo quella famosa notte però questa volta le immagini erano state così vivide che gli era sembrato di averla rivissuta per davvero.
Per questo quando si voltò a guardare Merlino, temette di vedere ancora quello sguardo arrabbiato e disgustato… ma vi trovò solo un’occhiata gentile.
Gli aveva sorriso per un attimo e poi aveva fatto vagare gli occhi verso il cielo, quasi in imbarazzo.
In effetti un po’ in difficoltà si sentiva anche lui. Non sapeva cosa dirgli, da che parte cominciare quel lungo discorso chiarificatore che era stato ritardato fin troppo.
Ma a conti fatti, c’era ancora bisogno di parole? Non erano bastate le loro azioni a rinsaldare quel legame che un tempo li univa?
Si sollevò sui gomiti avvertendo la testa girare ma ignorò la sgradevole sensazione, dedicando attenzione al mago.
“Sei riuscito a guarirmi?” domandò incredulo. Aveva notato che anche sul petto le ustioni erano sparite e questa volta persino le piccole piaghe rosse del giorno prima, si erano dileguate come d’incanto.
“Credo di sì…” la risposta aveva fatto sollevare le sopracciglia al principe.
“Come sarebbe a dire credi? Sì che ci sei riuscito! Guarda qui!” gli mostrò il palmo libero dalle bende e liscio come non era più stato da mesi. Solo una piccola cicatrice bianca lo attraversava, di forma circolare, un segno che probabilmente gli sarebbe rimasto a vita sulla pelle, per ricordargli i suoi errori.
Merlino gli sorrise di nuovo, stavolta con più soddisfazione.
“Che ci sono riuscito, mi pare evidente. E ho anche capito come ho fatto.” Gli spiegò gonfiando il petto. “Ma ho compreso pure perché ritornavano, perciò vi consiglio di fare attenzione.”
“Mi stai forse minacciando, Merlino?” la domanda gli era uscita ironica e di fatti il mago aveva colto il tono, perché gli aveva sorriso scrollando le spalle.
“Certo che sì!” aveva risposto con la medesima ilarità, agitando il legno che aveva ancora in mano.
Artù sorrise a sua volta, riscoprendosi contento di aver ritrovato quella sintonia col suo valletto… o per essere più giusti… con Merlino.
“Sei riuscito a trovare la spada?” chiese l’erede al trono, dopo alcuni istanti di silenzio.
Il mago sospirò, rassegnato. “Purtroppo no. Non l’ho nemmeno cercata a dire la verità… ero un po’ occupato a vegliarvi…” ammise infine stringendosi nelle spalle.
Artù strinse le labbra in una smorfia e decise di mettersi seduto. Percepiva soddisfazione e conforto nel sapere che Merlino avesse avuto tanto a cuore la sua vita, nonostante tutto.
“Devo ringraziarti allora…” soffiò con un tono di voce un po’ più basso, chinando lo sguardo.
“Oh, sono io che devo ringraziare voi!” esclamò di botto l’altro. Artù tornò a guardarlo e scorse un lampo di quell’antico entusiasmo che lo aveva sempre animato e che credeva avesse perso il giorno che lui aveva osato umiliarlo.
“Mi avete salvato la vita, nonostante le vostre ferite. Certo, mi avete fatto penare, però davvero… grazie.” Aveva fatto una pausa, prima di continuare quello che voleva dire. “Avete dimostrato che per voi… non sono solo uno strumento nelle vostre mani.”
Artù ricordava perfettamente le parole che aveva pronunciato lui stesso quella notte maledetta. Risentirle attraverso la voce di Merlino lo avevano infastidito, quasi si rendesse conto finalmente di quanto spietate fossero state per il ragazzo e di quanto lo avessero ferito.
“No infatti…” replicò subito dopo il principe. Sentì improvvisamente il bisogno di parlare, adesso capì che cosa doveva dire. E non c’era bisogno di chissà quale discorso, bastava una semplice parola.
Sollevò lo sguardo ceruleo sul mago e parlò convinto. “Sei un amico, per me. Lo sei sempre stato… e io come un asino ho quasi rovinato questo legame.”
“Sapete perché siete guarito?” Merlino gli aveva posto quella domanda, apparentemente senza senso con il suo discorso. Non a caso aggrottò la fronte, quasi irritato: dopotutto lui gli stava aprendo il suo cuore – cosa rarissima! – come osava interromperlo in quel modo?
“Sentiamo…” borbottò seccato.
“Le ustioni rappresentavano il mio stato d’animo verso di voi. Più io vi odiavo, più il vostro petto e le vostre mani bruciavano. Per questo non riuscivate a guarire… e per questo quando sono tornato, le piaghe si cicatrizzavano e si riaprivano a seconda delle nostre discussioni. Quando siete svenuto, questa mattina, pensai di essere pentito, di non volere più farvi soffrire in quel modo… e lentamente le ferite si sono attenuate.”
Artù lo guardò stupito e si accorse, quando Merlino tacque, del perché quel discorso tanto si atteneva alle sue affermazioni.
“Quindi, vorresti dire…”
“Che anch’io ho rischiato di rovinare questo legame. Anche per me, voi siete un amico, Artù. Ma la rabbia non mi rendeva lucido.”
“Allora siamo due asini.”
“Esattamente… Io, mai quanto voi, sia ben chiaro!”
Era fatta. Tanta rabbia, tanto dolore e alla fine erano bastate poche semplici parole per mettere a posto le cose. Poche semplici parole però, cariche di significati e di impliciti che soltanto loro due avrebbero potuto comprendere a pieno.
Il principe appallottolò il mantello che lo aveva coperto durante il suo sonno e lo scagliò contro Merlino con tutta l’intenzione di replicare a quelle affermazioni irriverenti. “Ma smettila!” e nel farlo percepì quell’armonia che finalmente era rinata tra loro due. 
Peccato che la sua mira non fu delle migliori e il tessuto andò a finire direttamente nel fuoco, bruciandolo.
“Accidenti!”
Entrambi scattarono in piedi, per cercare di recuperare il mantello, che ormai ardeva allegramente nel fuoco.
“Visto che siete più stupido di me? Avevo solo quello per coprirmi! Ora come farò?”
“Ma cosa vuoi che ne sappia! Dov’è finita la tua giacca? Ti sembra modo di vestire questo?” lo rimbeccò Artù piccato, pur sapendo di avere tutta la colpa.
“Ma provate a recuperarlo almeno!”
“Guarda che il mago sei tu! Fai qualche incantesimo no?”
“Ma cosa volete che ne sappia, di sortilegi di questo genere? Usate quel bastone!”
Merlino non fece in tempo a consegnare il legno ad Artù, perché una forte e improvvisa folata di vento, li distolse dall’inutile recupero, portando la loro attenzione verso il lago.
In un punto del bacino si creò come un vortice e dal fondo un fascio di luce illuminò la figura che emergeva dalle acque.
Candida ed eterea, diede subito l’idea al principe di una creatura magica che abitava quello specchio d’acqua. I capelli neri contrastavano con il pallore della pelle e gli occhi scuri erano illuminati da una luce di vita. Ad Artù sembrò bellissima, con il bell’abito che ne fasciava le forme e che le risaltava. Tra le mani, reggeva poi una spada dalla lama splendente e dall’elsa dorata e intarsiata.
“Freya…”
Il principe voltò lo sguardo verso un emozionato Merlino, che fissava la figura come incantato e la chiamava con quello strano nome.
Rimase interdetto, quando lo vide avvicinarsi a lei senza timore e sorridergli non solo con le labbra ma anche con gli occhi, con un’espressione che Artù conosceva bene e che sapeva essere quella con cui lui aveva sempre guardato Ginevra.
“Merlino…” la bella figura richiamò il mago che si era avvicinato ormai del tutto a lei ma non osava toccarla, perché era evidente che se ci avesse provato, non avrebbe sfiorato altro che aria.
La dama del lago era evanescente e riverberava di luce propria come fosse un fantasma.
“Freya…” ripeté il giovane mago non sapendo dire altro.
La figura sorrise e gli porse la spada che al contrario di lei, era reale e consistente. “Merlino, attendevo che foste degni di impugnare Excalibur. Adesso posso consegnarvi questa lama pura e preziosa, perché so che ne farete buon uso.”
“E’ questo che sei diventata? Una creatura del lago?” domandò il mago, prendendo tra le mani l’arma che brillava della luce riflessa della dama.
Freya sorrideva ancora e osservava Merlino in un modo che – Artù sapeva e nel pensarlo gli fece male – Ginevra non lo avrebbe mai più guardato.
“Era questo ciò che desideravo prima di morire, ricordi? Vivere qui. Adesso sono felice.” Aggiunse e Merlino annuì lasciandosi sfuggire due scie di lacrime dagli occhi.
“Proteggevo questa spada, in attesa che tornassi a riprenderla. Ma c’era l’odio intorno a te e non mi vedevi.” Il volto di Freya per un istante si oscurò, prima di tornare a brillare. “Adesso però è giunto il momento. Potrete affrontare il vostro destino.” E nel parlare, aveva lanciato uno sguardo anche ad Artù, che si era tenuto in disparte, comprendendo di dover lasciare Merlino da solo con quella strana figura.
“Ti vedrò ancora?” domandò il mago, accalorato. Freya tornò seria, scuotendo la testa.
“Non lo so, Merlino. Questo era il mio compito e adesso che l’ho portato a termine non so cosa ci riserverà il fato…”
Il giovane chinò il capo sconfitto ma lo riportò velocemente su di lei, quando la sentì parlare.
“Devo andare adesso. E anche voi avete qualcosa di importante da compiere.”
“No…” Merlino fece un passo in avanti e sollevò la mano libera dall’elsa per accarezzarla. Allora la dama del lago si chinò su di lui e gli sfiorò dolcemente le labbra con le proprie.
“Io sarò sempre qui, qualunque cosa accada. Ogni volta che verrai ti basterà vedere il lago per sapermi viva.” Lo rincuorò sorridendogli amorevolmente, mentre pian piano sbiadiva e quella luce si faceva sempre più fioca.
“Arrivederci, Merlino…”
“Aspetta!” prima che il mago potesse chiamarla ancora, la dama del lago era sparita ed era tornato il buio, spezzato soltanto dal bagliore del falò alle loro spalle.
Seguirono alcuni istanti di silenzio, nei quali Merlino rimase immobile a fissare le acque scure e Artù gli lasciò il tempo di riprendersi e di asciugare il viso dal pianto.
Provò ad avvicinarsi poi, dispiaciuto per ciò che aveva visto e confuso dalle mille domande che gli vorticavano in testa.
Quando era accaduto che Merlino aveva incontrato quella donna? E quando se n’era innamorato? Aveva detto di essere morta… cosa era successo veramente?
Si rese conto che mentre Merlino conosceva tutto di lui, in realtà Artù non sapeva niente di quel servo irriverente e un po’ stupido che aveva sempre creduto. E che invece adesso si ritrovava a scoprire lentamente e a conoscere una seconda volta.
“Come vedete…” Merlino interruppe quel silenzio con la voce roca. “…non siete l’unico che soffre per amore.”
Non volle essere una constatazione malevola. Artù comprese subito che il giovane mago voleva stemperare quel momento e cercare di ironizzarci in qualche modo. E sapeva che l’unico punto di incontro che avevano data la situazione, erano le loro pene di cuore.
“Mi dispiace per il tuo mantello…” esordì Artù, apparentemente senza senso.
E Merlino capì. Gli sorrise grato, voltandosi per uscire dall’acqua. “Grazie. Almeno adesso, abbiamo la spada.”

Continua…

Hola! Era da un po' che non aggiornavo questa storia, vero? XD
La verità è che ero molto indecisa sulla seconda parte del capitolo. La prima era già scritta da un bel po' - e anzi spero di cuore vi abbia finalmente soddifatto! La verità infine è venuta a galla!  ;-) - mentre la seconda è stata un vero e proprio parto XD Quanto posso essere difficili quei due? Ma quanto?
Cmq spero che alla fine questo chiarimento sia piaciuto, perchè davvero non avrei saputo immaginarmelo diversamente! Anzi spero di cuore di avere pareri nei vostri commenti, così mi tolgo qualche dubbio!!! >___<

Mi sono tolta un sassolino dalla scarpa e ho inserito anche Freya in questa fanfic! XD Fissazioni a parte, era cruciale perché serviva a spiegare un po' di cose riguardo Excalibur e perchè non si trovava... e poi perchè doveva colpire Artù e fargli notare che di Merlino non sa praticamente una ceppa! -__-

Non ho molto altro da aggiungere... tranne che ormai manca poco alla fine (che sto scrivendo) e che intanto per non lasciarvi soli c'è sempre l'altra mia fanfic "Non si può (Irraggiungibile)"! per chiunque volesse leggerla! ;-D

Voglio come sempre ringraziare tutti i lettori silenziosi, chi ha aggiunto questa fanfic tra le seguite, le ricordate e le preferite! (*__*)
E in particolare un ringraziamento a:

elfin emrys: grazie!! Spero ti sia piaciuto anche questo di capitolo! ;-)

mindyxx: beh dai, stavolta sono stata più buona! Ho concluso il capitolo in maniera quasi tranquilla e ho pure spiegato un po' di cosette! ;-) ovviamente manca ancora qualcosina che ho in mente.... ihihihih non d'amore, ovviamente XD per quello c'è l'altra, su! ;-D

akkarin_a: beh, per quanto riguarda Arthur, diciamo che il suo atteggiamento verso il padre, si è lentamente smorzato nei mesi di convalescenza. Dapprima - come ho scritto - aveva provato rimorso per quello che aveva pensato, ma con il passare del tempo e con tutte le nefandezze compiute da Uther, l'animo del principe si è raffreddato ed è arrivato a pensare che anche se prova un po' di dolore per lui, comunque si è meritato ogni cosa gli è capitata. Arthur ha a cuore il suo popolo, dopotutto ;-) Riguardo Freya, per piccola intendevo minuta =D non so perchè mi ha dato quell'impressione!

GiulyB: ahhh leggersi i capitoli al mare... chissà quando io! >__< Ovviamente hai indovinato! ;-D La chiave erano proprio quei due e finchè non facevano pace, non erano degni della purezza di Excalibur.... poi giacchè ci ho anche inserito Freya... hahahah XD

saisai_girl: sì, Uther poteva ricevere un colpo di grazia proprio dal Drago che aveva tanto torturato in passato! Ho pensato fosse una bella vendetta per il lucertolone XD Quanto ad Excalibur, ci hai preso! Dovevano fare la pace quei due! E finalmente, aggiungerei! ;-)

bilancina92: no no, non lo odia. Era solo troppo arrabbiato per ragionare in maniera intelligente! =D Infatti ora sono tornati Pappa e Ciccia! Già bisticciano come prima! XD

Cassandra: accontentata su tutta la linea! =) spiegazione e riappacificazione... questo capitolo era cruciale! ^^ Avevi visto giusto, cmq, brava! Le ferite sono tornate non appena Merlino si è spaventato per quel tocco. Finchè il suo stato d'animo non faceva chiarezza, non avrebbe mai potuto guarirlo! ^^

And that's all, folks!
Ancora grazie a tutti e COMMENTATEEEEEEEEEEEEE
A presto
Baci
Ry

   
 
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