Le sette e sette.
Svolto a destra e do un morso alla barretta al
cioccolato che ho acquistato in un bar sgangherato vicino al benzinaio.
Spero che Kaede si sia nascosto in tempo. Non
ci avranno messo di certo molto, i
poliziotti, a capire che non eravamo più
davanti a loro.
Raggiungo una bicicletta e passo oltre,
levando lo sguardo verso il cielo che si sta impercettibilmente rannuvolando.
Kami, che noia… è palloso
viaggiare da soli.
Mi sento… Solo.
Se
potessi… Tornerei indietro.
È
incredibile come mi fossi subito abituato ad avere Kaede al mio fianco. Certo,
litigavamo in continuazione, però…
Però,
almeno, avevo qualcuno, con me.
Avevo LUI, con me...
Tracanno qualche sorso di acqua fresca,
lasciando che una goccia mi scivoli
curiosa lungo il collo, poi ributto la bottiglia sotto il sedile.
“Vulnerabilità”...
Arraffo una manciata di patatine da un
sacchetto e me la infrogno in bocca in
tutta fretta per cambiare marcia in tempo.
Ora so cosa
significa. …..Avrei voluto non capirlo.
Senza smettere di lavorare di ganasce, sorpasso una macchina agricola
ed evito giusto per un pelo un cane sta attraversando la strada.
Vulnerabilità ed
Insicurezza.
Le mie due nuove compagne
di viaggio. Nemiche impalpabili, ma che…
Insieme… Sono in grado di schiacciarti... Qui, sotto la pelle… Dietro lo sterno. Ed anche
qui. Nella mia mente. E non mi
lasceranno mai, lo so. Non fino a
quando tutto non sarà finito.
Ma adesso basta
rattristarsi,
penso affondando le zanne in un caldo trancio di pizza, se non la pianto prima di subito andrà a
finire che perderò la fiducia in me stesso.
Nh… Mi sto rovinando lo
stomaco già di primo mattino…
Un secco suono metallico mi fa corrugare la
fronte.
Che diavolo è stato..?
Guardo nello specchietto retrovisore di destra
e trasalisco: rotto.
Fisso nell’altro e mi viene un infarto.
La berlina.
La berlina di ieri!
-MERDA! MERDA! MERDA!-
Getto il cartoccio della pizza sul sedile di
fianco e aumento di scatto la velocità
stringendo convulsamente il volante
e superando un motorino
semidistrutto. Quelli mi stanno
dietro.
-MA CHE CAPPERI VOGLIONO DA ME ???? NON HO
ANCORA FATTO NIENTE E GIÀ MI VOGLIONO
AMMAZZARE ?!? MA SONO TROPPO GIOVINCELLO PER TIRARE
LE CUOIA, KAMI SAMA !!!!-
Mi abbasso il più possibile, per evitare di
essere colpito e accelero mentre
allungo un braccio per accendere la radio.
È impensabile che io riesca a fare cose simili in un momento del genere…
Ma il fatto è che la solitudine si fa sentire.
Ed io non posso ascoltarla. Non
devo. Non ora.
Sintonizzo la radio sulla frequenza
nazionale –“AVEX-Club Beatfreak”, leggo di sfuggita
sul display–,
e dalle casse si diffonde una canzone che adoro.
È una ragazza a cantare. È una melodia dolce, ma animata da un ritmo rapido, uno di quelli che ti fanno sentire forte, come se esplodessi dentro.
Di quelli che ti fanno ribollire nel sangue
una gran voglia di correre veloce,
veloce come non mai, su una
strada, lungo i sentieri, nell’acqua o in cima alle montagne… In mezzo ai boschi e nelle praterie… Lungo i
margini dei laghi oppure verso il sole…
Verso la luna e le stelle e ancora,
ancora, ancora, da solo…
Tu e nessun altro, tu e il
mondo, tu e l’universo, tu e tutto…
Di giorno e di notte, all’alba e
al tramonto, correndo, correndo e correndo… Sull’asfalto e in mezzo ai prati, creando una scia d’erba, di fiori,
di steli e di foglie che si scatenano al
tuo passaggio, che ondeggiano e
giocano… E l’aria ti scompiglia i
capelli, ti accarezza la pelle, ti sferza il viso… Ma tu non ci badi perché corri, corri, e corri senza fermarti… Sfrecci, tu e
la tua ombra, mentre il sole ti
gira intorno… E voli, voli, voli senza
riposarti mai, non finché durerà la
canzone, perché è quella a darti
energia, la stanchezza non conta, corri e corri fin sopra le nuvole, verso la
luce, e lo farai per sempre, perché la musica non finirà mai…
Rinsavisco dal mio delirio giusto un attimo
prima di sentire uno sparo seguito da
altri, i cui fragori si confondono con una serie di tonfi secchi mai sentiti
prima d’ora.
Resto in ascolto, la concentrazione al
massimo, accelerando
impercettibilmente sotto
l’influenza contagiosa della canzone.
Poi capisco.
Sono
frastuoni di revolverate misti ai
rumori di proiettili che non giungono a
destinazione.
E le mie labbra si deformano in un ghigno: quest’auto non è uguale alla precedente. E non lo è perché di colpi non ne incassa
neanche uno.
Rido, incredulo, a labbra chiuse. È troppo bello per essere vero… Grazie, Heizo. Grazie
davvero.
E la mia risata si fa fragorosa, per sfogare
tutta la tensione delle ultime ore. Sono
felice.
Pur avendoli alle calcagna, posso trascorrere qualche minuto lontano
dalle preoccupazioni.
Perché
finché resto qui dentro…
Finché resto qui dentro…
…
La mia vita è al sicuro.
˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘
V e n t
i m i n u t i.
No,
dico. Venti minuti! SONO
VENTI DANNATISSIMI MINUTI
CHE QUEGLI STRONZI
SE NE STANNO
APPICCICATI AL CULO !!!!
E non
hanno la benché minima intenzione di
scollarsi! GGGNNNNRRRRR….
Sto
cominciando a perdere la pasiensa… Uffffffaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa…….!!!!
E non
c’è neanche Rukawa a farmi sbollire la rabbia.
Porca paletta!
˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘
Sette e mezzo. Adesso mi sono rotto. Mi sono VERAMENTE rotto!
Ragassi miei…, è ora che
rimaniate indietro.
Accelero come un matto, superando un
camioncino che avrà almeno vent’anni. Voglio proprio
vedere se la loro strafottutissima auto riuscirà a tenermi testa!
Dopo due chilometri lascio la strada
principale, dirigendomi verso un paesucolo che neanche sapevo esistesse. La distanza che
mi separa dalla berlina è minore di quella che
speravo.
-Pezzi di mentecatti…!-
Devio a destra, ma a quanto pare oggi la sfiga
deve volermi davvero tanto bbbèène, perché quasi non inchiappetto
un veicolo strascassato che procede alla velocità di
una carriola.
La via è troppo stretta, e mi cresce un demone
per capello perché, costretto a svoltare in un sentiero sterrato, finisce che
mi riporto sulla strada principale.
E, come se non bastasse, quelli della berlina
sembrano delle ventose con tanto di bostik! Fortuna
che “I like big butts” di Sir Mix A Lot o qualcosa-del-genere che mi sta assordando le orecchie mi
tiene sveglio e con i sensi iper all’erta.
Davanti nessuno. Perfetto.
Affondo il piede sull’acceleratore fino ad
andare a tutta birra, arrivando a viaggiare così rapido che i pali dei lampioni
mi scorrono a fianco ad una velocità indicibile.
Sorpasso un vecchio catorcio color cacca
d’oca, rischiando per un soffio una frontale con un povero disgraziato (!) che
proviene dal senso opposto e, non so come né perché, ma,
mentre guardo il sole, mi
ritrovo a desiderare Kaede. Qui. Accanto a me.
-Kami, quanto vorrei che
fosse quaaaaaaaaaaaaaAAAAAAAAAAAAAHHHHHH!!!!!!!-
H….H… hhhopppporcamiseria…!
-BRUTTO
BASTARDO !!! MA CHI DIAVOLO TI HA DATO
Hn, sì. …Forse avete ragione.
È inutile sgolarsi contro il proprio
parabrezza. Tanto quel demente
rimbecillito non mi riesce a sentire.
Ouff…! Stavolta mi è
andata bene, ho sfiorato solo il suo
paraurti.
Mi getto in
un sorpasso azzardato alla sinistra del veicolo e quasi non gli taglio
la strada svoltando a folle velocità in una strada secondaria. Devo seminare quei dannati. E speriamo che questa sia la volta buona.
Poco prima del centro giro di nuovo rischiando
di tirar sotto una vecchietta sdentata come
il baciapiselli, poi devio a destra in una strada
sterrata, sfrecciando a fianco di un campo coltivato.
La berlina resta indietro.
Ottimo.
In paese schivo per miracolo un pulmino col
giallo vomito che si mette a lampeggiare e strombazzare come un forsennato. La
padella bianca al volante doveva essere la faccia sconvolta dell’autista.
Faccio uno slalom da guinness
dei primati zigzagando tra la gente in giro per il borgo notando come i vecchi che oltrepasso sbraitino sputando peggio del Gori
quando diventa una bestia (cioè sempre).
Mentre le donne starnazzano come galline, un
carabiniere si sbraccia a tal punto da farmi temere che perda gli arti da un
momento all’altro e la berlina continua a farsi
strada tra le persone che si spostano al mio passaggio. Maledizione!
Dopo aver sorpassato un furgoncino alla
velocità del pensiero, svolto a destra,
ritrovandomi a cento metri da un vecchio rincretinito che mi fissa con la
stessa espressione di Fuku-verme.
-LévatilévatiLEEEEVATIIII !!!!-.
Facendo acrobazie tali da auto-convincermi ad
intraprendere la carriera di circense,
riesco ad evitare l’infrollito vegliardo, lodandomi delle mie grandi abilità di genio.
Schivo due anatre, un cane, uno su una bici
con le ruote ovali (toh, sembra quella di Rukawa…!) e alla fine giro a des..traaaaaaaaaaAAAAAAAAAAAAAAHHHHHH!!!!!!
KRASCHHH!!!!
…
Azzardatevi a fare qualche commento e
vi spacco la faccia.
PORRRRCAMISERIAMASONOUNIDIOOOOOOOOOOOOOOOTA
! ! ! ! ! ! !
Visto? Ci penso io a urlarmi
dietro. Che imbecille decerebrato.
Arraffo il portatile ed esco
dall’auto scansando con le mani
l’air-bag che velocemente si affloscia.
Salgo sul cofano e salto,
arrampicandomi come un impedito sul muro in pietra in cui sono
ACCIDENTALMENTE incappato.
Una volta sceso dall’altra parte con
l’agilità di un gatto (veramente sono cascato come un sacco di patate lesse, ma
questa è una quisquilia assolutamente IRRILEVANTE), mi metto a correre come un invasato tra la folla (ma proprio oggi
doveva esserci il MERCATO?!?) facendomi
largo a gomitate. Nel girarmi un istante vedo quattro uomini vestiti di nero
scendere dal muro.
Quando mi accorgo che mi stanno
raggiungendo riesco a trovare il modo per correre più veloce.
No,
non sto immaginando di raggiungere il Porcospino durante una partita per
piazzarmi in difesa; sto pensando a qualcos’altro.
Avete mai provato con un cane mastino, un pitbull con la bava alla bocca, un alano, un elefante
e un facocero, tutti che sbuffano come rinoceronti incazzati come
delle vipere? Provare per credere, funziona
alla grande…
- LLLLLAAAARGOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO
! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! –
-Oh, scusami tanto!-, dico ad un
fruttivendolo mentre faccio cadere alcune casse dietro di me per far rallentare
la corsa a quei bastardi.
Corro basso per nascondermi alla bell' e meglio e, una volta fuori da quest’ammasso
di persone vedo un bimbetto che sta togliendo la catena ad una bici.
-Ohmachebellllllla, questa la prendo io, grazie! Te la lascio più avanti,eh?
Promesso!-, e monto in sella sfrecciando
come un matto fino ad aver l’impressione di dar fuoco alle ruote.
Saetto a casaccio per le vie
scansando per miracolo la gente ed accertandomi di non essere seguito.
Quando torno a fissare davanti a me,
mi viene un infarto.
-MERDA,
La evito girando a sinistra, con la
fortuna che quella è a piedi.
Dopo due vie la mia corsa
s’interrompe.
Una ruota finisce in una buca e io mi
ritrovo per aria, stile Rukawa, ad urlare qualcosa tipo “sto volaaaaaaaando!!” finché non m'incastro con le spalle in una
macchina. Ma che scalogna iettatrice..!
Fortuna che il finestrino era
abbassato…! Beh, almeno ho mantenuto la promessa appena fatta.
Puntandomi con i talloni e venendo
indietro di culo riesco a liberarmi da ‘sta disgraziata
de ‘na carretta e me la svigno a gambe levate
giusto in tempo.
Filo come un forsennato lungo altre
vie, ma la sfiga vuole che io mi ritrovi in un vicolo cieco.
-MALEDIZIONE!-
Mi guardo intorno e vedo una scala a
pioli in metallo: ottimo!
-Scaletta mia, quanto te vojo bbbèène!-.
Salto, mi tiro su (cristo, ma quanto
peso!) e mi ritrovo sul tetto. Più che tetto sembra una terrazza, ma ora come
ora non ho molto il tempo di osservare ogni dettaglio di ciò che mi sta
intorno, quindi…. QUINDI SCAPPO, NO???? SVEGLIA HANAMICHI, DATTI UN MOSSA!!!!!!
Okay. Respira profondamente e
concentrati, bello mio. Stavolta si fa come nei film. E niente controfigure,
purtroppo! Perciò, o la va, o la va lo
STESSSSOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO ! ! ! ! !
! !
Wow, ce l’ho fatta! Roba da matti.
Corro sul tetto della casa di
fronte e torno nel viottolo attaccandomi alla ringhiera del balcone su cui mi sono gettato. Un bel balzo, non c'è
che dire! Se non altro ci sono abituato.
Mi precipito come una scheggia nella
via successiva, ma la polizia mi blocca
la strada costringendomi a tornare alla
svelta sui miei passi e proseguire dritto.
Le cose si complicano, però. Non
avevo contato i cittadini.
Adesso sono dalla loro parte, e i più
grandi e grossi hanno la maledettissima idea di unirsi a loro per la caccia del
sottoscritto.
Uno mi si para davanti, ma riesco a
scansarlo con uno scatto improvviso.
Non ho mai corso così a lungo e
veloce in tutta la mia vita.
Le gare che facevo a scuola, al confronto non sono
niente. Qui è tutto diverso.
C'è la tensione dettata dalla paura,
adesso. Serve una perfetta lucidità e
dei riflessi prontissimi.
E c'è la mia libertà in gioco.
La milza si fa sentire, ma devo
continuare a correre. O per me sarà
finita.
Via chiusa pure questa. Porca puttana. Non ho scelta.
Mi arrampico su un davanzale e do una
spallata alla finestra, gettandomi nello stanzone in cui mi ritrovo. Lo attraverso alla velocità della luce e
guardo fuori da un'altra apertura: una strada, perfetto.
Mi lancio dalla finestra infrangendo
i vetri in mille pezzi, rotolo sui sassi e rialzandomi di scatto riprendo a
correre. Mi sono tagliato un braccio,
maledizione!
Ma porca miseria, non è possibile!
Un'altra strada senza uscita! Mi
rigetto in un altro edificio, salgo una rampa al lato opposto dello stanzone e
mi ritrovo fuori dalla porta.
Sono
su un pianerottolo striminzito che dà su dei gradini formato mignon, e
la scalinata è priva sia di ringhiera sia di corrimano.
La cosa non mi darebbe il benché minimo fastidio, se non fosse che mi ritrovo
davanti tre energumeni che sembrano desiderarmi nello stesso modo in cui un
branco di Piranha attende che una
scimmia piova dal cielo cascando da un
albero che sporge su un fiume...
Il primo lo stendo al primo colpo,
con una delle mie craniate micidiali.
Ma
aveva la pellaccia dura e alla mia stanchezza si aggiunge il mal di
testa.
È solo per un istante, ma basta a
distrarmi e a costringermi ad incassare un forte pugno nello stomaco.
Questa volta la fortuna è dalla mia:
la mia colazione finisce in faccia al mio aggressore, e il chick-boxer
da quattro soldi in questione piomba giù
dal pianerottolo con l'osso del collo spezzato.
Pulendomi il mento, fisso in cagnesco
l'ultimo che rimane. Uno scatto fulmineo
e il mio pugno gli spacca il setto nasale facendolo rotolare giù dalla
gradinata in preda al dolore.
Mi riprendo un attimo poi mi butto
nella piazza, fra la gente ancora troppo sconcertata per reagire.
All'inizio di una strada mi trovo di
fronte uno dei tipi della berlina.
Ho il fiato corto e sono a pezzi, ma
mi basta ricordare cos'hanno fatto alla mia "vecchia" auto per farmi
uscire nuovamente dai gangheri.
Noto una cassetta di bottiglie di
vetro all'angolo della strada e,
approfittando del fatto che lui è disarmato, ne agguanto una e gliela frantumo
dritta sulla faccia, proprio mentre un secondo uomo in nero arriva in aiuto
dell'altro.
Estrae qualcosa dalla tasca della
giacca, ed io intercetto l'oggetto facendoglielo volare di mano con una pedata:
una pistola.
Il tizio si getta sull'arma per
afferrarla, ma io, grande genio insuperabile quale sono, con un piede gli
schiaccio la mano giusto in tempo,
assestandogli poi un potente calcio in faccia.
Fuggo in fondo alla via e ne imbocco altre
due, scaraventando contro un muro un uomo che mi si è parato davanti. Poi… Poi mi trovo davanti il terzo tipo della berlina.
Impugna saldamente un coltello con il
quale sferza l'aria a grande arcate, quasi fosse una scimitarra, ed io non
esito a saltare e ad assestargli un bel calcio nei paesi bassi.
Gli pianto un cazzotto sul mento
scaraventandolo contro la parete e mi fermo cercando di riprendere fiato.
I polmoni mi bruciano, stanno
letteralmente esplodendo. Kami, non ce la faccio più,
sono distrutto.
Lo stronzo
si riprende in un attimo, ma io non sono da meno. La mia testata parte come un proiettile, e
il naso di quel gran pezzo di merda rientra in quella faccia da culo che
si ritrova. L'uomo si piega in due dal dolore ed io ruoto su me stesso
sferrandogli un calcio sul collo.
Heizo, devo proprio darti ragione: le tue tecniche sono infallibili!
Riprendo a correre ormai col fiatone
e dopo due minuti mi trovo faccia a faccia col quarto uomo.
Nel pugno stringe una semiautomatica
e non sembra farsi tanti problemi a sparare.
Impallidisco cercando di farmi venire
qualche idea, ma il tizio si accorge di qualcosa e schizza via come una
scheggia.
La via intorno a me comincia ad
oscillare e a sfuocarsi e mi volto barcollando in preda alla confusione, sforzandomi di resistere per vedere cosa lo
ha indotto alla fuga.
Peccato che mi ritrovi la canna di
un'arma d'ordinanza puntata giusto in mezzo agli occhi.
MERDA. MERDA!!!!!!
-SE MI AMMAZZI, cosa
che ritengo alquanto impossibile, TI BECCHI L’ERGASTOLO. E se provi a fuggire TI
AMMAZZO IO, chiaro?
Sono un POLIZIOTTO, frocio fottuto!
Un POLIZIOTTO, HAI CAPITO ?!?-.
˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘
TUTTO, giuro. Posso sopportare tutto, ma non
questo. Non un altro.
Non un altro interrogatorio, dannazione, questo no!
-Senta, io..-
-No-
-No cosa?!-
-Non fare tanto lo strafottente con me, tu! Non è giornata di rompere i
marroni, questa- .
Appunto…
-NO non ti lascerò andare, NO non ti considero innocente e NO, non me
ne frega un cazzo di quello che hai da dire. Ci siamo capiti? Spero di sì-.
-Ma io non ho fatto nient…-
-Allora non ci siamo capiti-, fisso i suoi baffi neri screziati di grigio vibrare
ad ogni sua parola, -Ho detto
che NON ME NE FREGA UN CAZZO, te lo sei già scordato?-
Questo sgabello è strascomodo. E dondola, anche.
Non è giusto che quello stronzo ben vestito se ne stia spaparanzato su una sedia in
pelle!
E continua a fumare come un turco, pure! È un’ora e
mezza che mi tiene qui dentro e mi sta venendo la nausea.
-Hai ucciso UN UOMO, ricordi…?-
-…Scusi?-
-È stato trovato nella piazza grande,
in paese. Morto. A causa tua. E le persone che possono testimoniarlo non
sono poche…-
Poi ricordo.
-Mi stia a sentire signore. Dei tizi mi stanno dando la caccia per non so
quale motivo. E sembra che la gente
faccia di tutto per fermarmi e farmi ammazzare. Io non l’ho neanche toccato
quell’uom…-
-Ah, no?-
-NO! Mi ha piantato un cazzotto nello stomaco e gli
ho vomitato addosso! Se poi lui si è lanciato all’indietro, questi saranno affaracci suoi! Se l’è cercata da solo, la colpa non è
mia!!!-
-Cristo, non ho mai sentito dire delle simili sciocchezze…-
-MA È
L’agente sembra sul punto di ribattere, ma qualcuno
bussa alla porta, e la sua attenzione si concentra all’entrata alle mie spalle.
Abbasso gli occhi, intreccio le dita delle mani e mi curvo in avanti, i gomiti poggiati alle ginocchia, in ascolto.
Il poliziotto non dice nulla, aspettando
semplicemente che la porta si apra. Poi
una voce che non ho ancora sentito.
-Mi perdoni per l’interruzione, signore, ma ho qui
il rapporto del medico legale..-
Un tizio magro come uno stuzzicadenti mi passa a
fianco e gli si avvicina ad un suo cenno.
-Che cosa dice?-
-..Non ha riscontrato
alcun segno di colluttazione, all’infuori della frattura di due vertebre del
collo e ovviamente del cranio, a causa dell’impatto col terreno-.
-Visto? Io quell’uomo non l’ho neanche toccato!-
-Primo: nessuno ti ha
interpellato. Secondo: per ucciderlo bastava una semplice
spinta. Terzo: sta’ zitto o quella tua faccia da schiaffi si ritroverà con un bel buco fumante in testa-.
Hn. C’è puzza di piscio, qui
dentro.
-Per quale motivo ti trovavi in questo paese…?-
-Per puro caso-
-“Puro caso”…? Aahhh… E magari t’aspetti anche ch’io ti creda…-
-È quello che dovrebbe fare, sì-.
C’è qualcosa che mi sfugge…
-Puro caaaaaaso… Dio…!- .
Ora che lo guardo…
-È la verità, signore. Se poi lei non mi
crede, vuol dire che come poliziotto fa davvero
schifo-.
Quest’uomo l’ho già visto… !
Ma DOVE…?
Quello si alza
ignorando la mia provocazione
e mi gira intorno, fermandosi
alle mie spalle, la sua bocca deformata in un ghigno.
Non riesco a ricordalo… Maledizione!
Il Tensai non sbaglia, mai! Com’è possibile…?
Avanti Sak, spremiti le meningi!!! Dove cavolo hai
già visto questo gran pezzo di merda?!??
Eh? Dove? Dove?? DOVE?!?!?!?
Resto a fissare, ipnotizzato, la sua sigaretta
che è rimasta poggiata al bordo del portacenere, a fumarsi da sola.
-Sei cocciuto, ragazzo…! Non demordi, eh?-
Sento frusciare la sua divisa. Poi percepisco
con disgusto il suo alito e il suo tanfo sul mio collo, mentre con le manacce
grassocce mi artiglia le spalle stringendole in una salda e sgradevole morsa.
-Sei testardo come un mulo, vedo…-, mi sibila in un orecchio, -Un vero osso duro deciso a non parlare…-.
Guardo la cenere cadere in silenzio e sorrido
gelido, tanto per ricordargli che non ho assolutamente paura di lui.
Quest’uomo
mi irrita. E basta. Mi fa saltare i nervi.
-…Ma sai… Posso
farti diventare docile in poco tempo… Sarai mite come un agnellino… molto presto…-.
Un ricordo mi balena nella mente. Ma è solo un istante, ed io non riesco ad
afferrarlo.
Questa voce …
Queste parole …
-Con tutto il rispetto, signore, ma credo che
questo sarà difficile. Io sono come sono. E resterò tale-.
-Come vuoi, ragazzo. Ma non resterai Qui…-
Finalmente l’ha capito!
-Un arresto provvisorio non te lo risparmia nessuno, visto
che non ti decidi a vuotare il sacco…-
-CHECCOSA?!?! Ma perché?!? Non ho fatto niente! Devo andare da mio
padre! Ha bisogno di me!!! Lei così mi mette nella merda!!!!-
-Sono spiacente, ma il termine non mi è famigliare…-
-Beh, allora dovrebbe viaggiare di più,sa? O
sennò perché non si guarda allo specchio?!? Capirà immediatamente che voglio
dire!!!!-
L’uomo torna dietro la scrivania, e resta a
guardarmi con aria di sfida.
-Ragazzi,-, chiama. E i due agenti che erano rimasti a sorvegliarmi stando vicini
alla porta vengono verso di me, fermandosi al mio fianco.
-…Voglio che
sia trasferito al carcere di Fukuoka. Qualche giorno là dentro non può fargli che
bene…Io devo proseguire con le indagini, in centro-, e mi
rivolge uno di quei ghigni che mi fanno ribollire il sangue nelle vene.
E il ricordo di prima riemerge per riaffondare subito
nella confusione che mi mareggia in testa.
-No… Per favore NO!!!-, mi dimeno inutilmente,
bloccato dai due poliziotti che mi tengono fermo, -DEVO ANDARE DA MIO
PADRE! LUI HA BISOGNO DI ME!!! MIO PADRE
HA BISOGNO DI ME!!!!!!!!!!!!!-,
Mi è tornato in mente Quel giorno di due anni
fa. E gli occhi mi bruciano
insopportabilmente.
-Certo, certo… E dimmi, di grazia… Dove si trova, tuo
padre? In un ospizio per pazzi furiosi
come te…?-
-In montagna… Si trova in montagna, sul Fujiyama…-, cerco di riprendere fiato calmandomi un attimo.
-Ah,si..? Non so
perché, ma lo sospettavo… Beh, non
andrai fin là, ma starai ugualmente al fresco… Non hai di che lamentarti… No?-
Ancora quella voce…
-Avanti, portatelo via-.
-NO!
MIO PADRE STA MORENDO! HA BISOGNO DI ME! HA BISOGNO DI
ME!!!!!!!!!!!!!! LASCIATEMI
ANDARE!!! È MIO PADRE, DANNAZIONE! LASCIATEMI ANDARE!!! VI PREGO, SI STRATTA DI MIO PADRE!!! MOLLATEMI,
MALEDIZIONE! LASCIATEMI STARE!!!!-
-Oh, dimenticavo…-, la sua voce mi costringe a calmarmi una
seconda volta per stare ad ascoltarlo mentre vengo trascinato verso la porta.
Lo fisso torvo stando ad un metro da terra,
ormai quasi parallelo al pavimento, a furia di dimenarmi.
-…Bei capelli… SAKURAGI….- e ,
mentre i poliziotti mi portano via dal suo ufficio, il suo ghigno muta in una grassa risata colma
di cattiveria.
E
poi… Poi il ricordo torna a galla.
E stavolta lo vedo. Limpido come la
neve sotto un sole invernale in una giornata senza nuvole.
E le
mie urla di frustrazione servono solo a farmi stare ancora più male.
Quell’uomo… Sapeva chi ero.
Era lo stesso individuo che avevo trovato in
casa mia…
˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘˘
-A che ora hai detto che arriva, l’aereo?-
-C’è ancora tempo, c’è
ancora tempo-.
Osservo due dei quattro agenti che mi scortano
parlare fra di loro.
-Merda, dovrei andare in bagno-, dice quello
alto.
Si voltano verso di me e mi fissano strano. Hn, se credono che scappi si sbagliano di grosso. Mi stanno
sopravvalutando. In questo caso.
Tentare una fuga sarebbe da stupidi,
adesso. Specialmente perché con le
manette sarei costretto a correre come una papera. E il genio non si abbasserà mai a tanto.
Storco il naso in una smorfia sprezzante e mi volto sullo sgabello girevole, poggiando i gomiti
sul bancone del bar.
Se solo scivolassi mi sarebbero addosso in un
baleno; la mia corsa sarebbe vana. E poi
c’è troppa gente. Devo aspettare, è l’unica soluzione.
-Vai pure. Sbrigati-, concede il tappo
accompagnando il suo discorso con un cenno della testa.
Uffa.
Che noia…
Questo aeroporto fa schifo. Definirlo
improvvisato è a dir poco perfetto. Le indicazioni sono assenti e comunque
difficilmente rintracciabili. Se ci sono. E le poche botteghe striminzite che
vedo sembrano vecchie di cent’anni. Altro che aeroporto… questa è una catapecchia!
La cosa più bella che c’è.. È questo
bancone in granito blue cristal. Che non ho ancora capito che diavolo ci
faccia in Giappone. In un posto simile,
tra l’altro. Bah, che mondo anomalo.
Tutt’intorno lo spazio è affollato di gente
che si dimena, urla, impreca… Eppure, tutto questo brusio non mi mette addosso alcuna agitazione.
Credo che questo piacevole vantaggio sia
dovuto al fatto che ho capito di dovermi aspettare di tutto, da
adesso in avanti. Sorrido rilassato.
È bello starsene in uno stato
catatonico, ogni tanto. Non ho voglia di
sentirmi teso né di percepire l’adrenalina scorrermi nelle vene. No… Per quello
c’è tempo…
Distensione totale: è questo, quello che ci
vuole. Me lo merito. Ero esausto.
Appoggio il mento su una mano e mi guardo intorno. A quanto pare oggi è il giorno in cui i
piloti hanno scelto di scioperare…! Tutti i voli interni sono stati sospesi, e
la compagnia giapponese assicura unicamente saltuari collegamenti con la
capitale. Beh, questo, comunque, non è un problema mio. L’uomo che piloterà l’aereo che mi porterà
dritto in carcere, a quanto pare, vuole fare gli straordinari.
Lo stangone è già di ritorno e si rimette a
parlare fitto fitto con il collega nano lanciando, di
tanto in tanto, un’occhiata nella mia direzione.
-Il suo volo parte fra due ore… Ha fame…?-
Trasalisco e sono costretto ad uscire dal mio
torpore. Un’agente mi si è seduta di fianco e ha ordinato da bere.
-Oh, vedo che qualcuno si interessa a me…-,
constato ironico con un debole sorriso.
La ragazza ride con gli occhi che brillano.
Quando la sua risata si affievolisce, il suo volto resta gioioso, le iridi blu
screziate di verde fisse nelle mie.
-Un bel pezzo di pizza non mi farebbe male, in
effetti…-, rispondo in un soffio
sorridendo a mia volta.
Lei assume un’aria imbarazzata e si porta una
ciocca di capelli dietro un orecchio. Ha
un solo orecchino, al lobo destro, che
termina con un piccolo pendente a forma di croce.
-Non ho tanti spiccioli con me… Credo
proprio che dovrai accontentarti di un tramezzino…-.
C’è ilarità sul suo viso e i suoi modi di fare
fini e decisi al contempo mi attirano. Non si direbbe che lavora nella Keisatsu.
-Vada per il tramezzino, allora-, accetto
ricordandomi poi di ringraziare.
La osservo parlare con il barman e resto
incantato a guardare la sua pelle da bambola di porcellana,
le guance imporporate di una lieve sfumatura
rosea.
-Buono?-, mi
chiede sorridendo.
-Mmmmm… Scì!-,
ho la bocca piena e mi sto divorando il panino come se non mangiassi da una
settimana.
-Sono passate solo alcune ore da quando mi
sono ingozzato di schifezze, ma è bastato addentare un boccone di questa
delizia per ricordarmi quanta fame avessi.
Di buono c’è anche il cibo, in questo tugurio. Dovrò ricordarmelo…!-
La ragazza scoppia a ridere, ma non riesco a
capire se è per ciò che ho detto o se la divertono le mie smorfie mentre
mangio.
-Ouh… Agente Hoshi, non mi ero ancora
presentata..!-
Faccio un lieve inchino, stupito della sua gentilezza. E di nuovo
vengo rapito dal suo sguardo.
Ha occhi intriganti …magnetici,
incorniciati da lunghe ciglia nere che
danno un che di seducente a qualsiasi espressione assuma.
-Sono Genjo Makihara, lieto di conoscerti..-
-Oh,
lo so. Ho visto la tua carta d’identità! Oh, giusto. Ecco…Tieni-,
e me la porge, -Ormai a noi non serve più, abbiamo già i dati che
ci servono!-
-Ah, sì.
Grazie-.
Non riesco più a capire se continua a fissarmi
così perché mi trova simpatico o se mi sta prendendo in giro perché mi trova ridicolo.
-Allora,
che hai fatto di così tremendo per meritarti un soggiorno al fresco?-
Torno a sbirciarla. Mi sta guardando in attesa, un sopracciglio
alzato, una guancia appoggiata ad una mano, per sostenersi. E ancora quel
sorriso che le increspa le labbra umide e carnose…
-Niente…-
-Niente???-,
-Sono partito per andare in montagna…-
-Quando?-
-Kesa-, mento, -Sarò partito alle.. Boh, alle sei e
venti, credo… E dopo un po’ ho visto che eravamo seguiti dalla macchina di ieri
e…-
-Ieri?-, mi volto verso il quarto collega, due metri
suonati per almeno un quintale e venti di peso, che si è seduto sullo sgabello
dall’altro lato, facendolo scricchiolare.
Un tipo dall’aria bonaria, ma decisamente forte, sicuro di sé e
orgoglioso del suo lavoro.
-Già…-, e va bene non ce la faccio a mentire.
-È
cominciato tutto ieri sera. Sono uscito di casa e lungo la strada ho
dato un passaggio a uno perché mi faceva
pena vederlo mentre s’inzuppava di pioggia…-
-Hm…-, la ragazza mi fa
cenno di continuare, come a farmi capire che mi sta seguendo. Non che ci voglia
tanto…
-Dopo cinque minuti la mia macchina è stata
impallinata di proiettili. Eravamo seguiti da una berlina nera… Siamo riusciti
a seminarla per un breve tratto, poi ho deviato in una strada che ci ha portati
in un paesino. Là ho perso il controllo del veicolo e un cittadino, un
poliziotto anche lui, ha aperto il fuoco
a quelli della berlina. Lo hanno
ammazzato.-
-Dici
sul serio?- Le rispondo con un
cenno affermativo.
-Allora
so com’è andata. È l’articolo che abbiamo letto sul giornale…-, accenna all’amico.
-Cristo…-, mi giro verso il gigante e mi mostro
pienamente d’accordo con lui.
-La polizia di quel borgo ci ha tenuti sotto
sorveglianza in un albergo… Ma ho preferito scappare… Dovevo andare da mio
padre. Quelli mi avrebbero fatto perdere del tempo troppo prezios…-
Le dita fresche di una mano affusolata che si
appoggia al mio polso mi bloccano, in
preda ai brividi.
-Aspetta,
aspetta… Tuo padre..? Perché tuo padre?-
-Racconta con ordine e dall’inizio per favore.
Era da lui che stavi andando?-, mi chiede il collega.
-Mh. È stato nella polizia per molti anni, poi è
passato nella sezione anticrimine e infine
ha anche lavorato come infiltrato,
per la sicurezza. Lo è tutt’ora.-
-Wow…-, sussurra
-Continua-, mi
ordina l’altro.
-Sì. È
stato in montagna, in un posto dove… Beh, ci facevano esperimenti anche
sulla gente, là dentro e…-
-Sì, ne ho sentito parlare spesso…-, ricorda l’omaccione
pacioccone. E io mi ritrovo a sorridere per questa rima strampalata.
-È
ancora là. Non lo vedo da quasi due anni. Ho scoperto il lavoro che
faceva solo due settimane fa, capite?
Lui… lui era morto! Due anni fa lui era morto!!!-, incrino le
sopracciglia con voce tremula, ancora incapace di credere al gran casino in cui
mi sono ritrovato da un giorno all’altro.
-In
che senso “morto”… Se è ancora là?!?-
-È
morto due anni fa sotto i miei occhi. Poi, una dozzina di giorni fa, ho
ricevuto una telefonata. Ed era
lui.…-. Resto un attimo in silenzio,
intrecciando le dita delle mani mentre nella testa scorrono ricordi confusi.
Spiego vagamente come si sia conclusa la
telefonata e della sua lettera che ho trovato.
-Hm… Bella storia!-, commenta il poliziotto alla fine.
-Già. Peccato
che non lo è-
-Bella, eh?-
-No,
una storia-.
L’energumeno mi fissa impassibile. Deve aver
pensato che stavo raccontando una gran balla…
-Il vostro capo è coinvolto in tutto questo,
comunque-
-Che
dici!?!-, ora è
Allora decido di accennare vagamente al tizio
che avevo visto in casa mia e del fatto che l’ho riconosciuto poco fa, in
questura.
-Lui sapeva chi ero, capite? Sapeva che ero il figlio di mio padre…!-
-Beh,
ovvio……-.
Sbirciando di sottecchi la ragazza al mio
fianco, capisco che mi sta prendendo per i fondelli.
-Beh, era chiaro cosa intendevo!!!-
-Si,
scusa,- ,
ride, poi si rivolge al collega: -Io avvierei qualche indagine, su quello…-
-Ehi. Il
capo è il capo…-,
la frena lui. –Se
lo scopre ci riduce sul lastrico in un battibaleno, lo sai..-
-Si può
ugualmente agire con molta discrezione…-,
suggerisce la collega socchiudendo gli occhi con fare da micia.
L’altro arrossisce leggermente e bofonchia un
‘vedremo’ allontanandosi dal bar.
La conversazione si chiude lì. Ed io torno a
fissare le luci colorate delle lampadine che si rispecchiano sul granito lucido
del bancone.
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L’aero arriverà a momenti. Il volo è previsto
per le due. Passiamo accanto a freeshop chiusi,
attraversando l’intero salone e gli agenti mi portano fuori, lungo la pista
principale. Vedere come la gente mi fissa le manette è terribilmente irritante.
-Allora,
sei pronto?-
-A dir la verità non ho mai viaggiato, in
aereo…-, com’è piacevole il calore del sole che trapassa le nuvole e ti scalda
la pelle… Dovrò imprimermi questa sensazione, perché temo che non la proverò
più per un bel pezzo.
-Ouh, non parlavo di quello..!
Mi riferivo alla tua villeggiatura in una cella…-
Mi volto impercettibilmente verso la ragazza:
sta fissando con sguardo assente la torre di controllo. Sembra si stia annoiando.
Poi si volta verso di me con un sorriso, e
capisco di essermi sbagliato.
-No.. Per quella non sono preparato. E credo
proprio che non lo sarò mai…!-
Ha dei denti perlacei e le si illuminano gli
occhi. Sorrido a mia volta. Nonostante il contegno a cui è costretta, il
buonumore che emana è contagioso.
-Com’è, là dentro?-,
domando. Osservo i suoi capelli nero blu
fluttuare al vento e scoprire sottili ciocche di un viola intenso.
-Non so
risponderti con certezza. Io mi limito a lavorare all’esterno… Della vita in
carcere non ne so molto, mi dispiace-, dice
mentre arrotola fino al gomito una manica della sua camicia, -Ma dubito che lo troverai di tuo
gradimento… Ho sentito dire che quel posto è un inferno…-
-Sul serio?-, un aereo rulla lungo la pista
fino a decollare.
-Mh…Da quel che ne so le
stanze sono davvero molto piccole, arredate
solo di una branda, uno sgabello e un tavolino, tutti fissati alle
pareti-
-Dimentichi le lenzuola di carta e gli agenti
penitenziari che ti fissano di continuo, Sakiko…-, interviene il suo
collega gigante.
-Hai
ragione, Shun’-, gli risponde lei, poi torna a rivolgersi a
me, -Quel carcere è orrendo,
credimi. Spero solo che tu non debba restarci a lungo…-
…
Ragàs, loro sì che sanno
come tirarmi su di morale………!
All’una e cinquantasette distinguo la sagoma
di un aereo che si avvicina all’aeroporto.
-È quello?-
L’agente tappo fissa l’orizzonte e sembra
illuminarsi, poi, senza nemmeno rispondermi si rivolge a Shunsuke
per avvisarlo dell’arrivo del nostro velivolo. Stronzo.
Resto a guardare il trabiccolo allinearsi alla
pista, accendere il faro di atterraggio e ridurre la velocità. Il carrello principale tocca terra, seguito
dal ruotino anteriore, e l’aereo
comincia a rallentare a tutta manetta accarezzando l’asfalto fino a fermarsi a
cento metri da noi. Non ne avevo mai
visto uno così da vicino.
Non ci voglio andare, non ci voglio andare, non ci voglio andare, NON CI VOGLIO ANDARE!!!
È curioso come io mi svegli quando ormai è
troppo tardi.
Avrei dovuto tentare di fuggire.
Chi se ne frega se mi avrebbero beccato. Almeno non sarei rimasto col
rimpianto di non averci neppure provato.
L’aereo non è molto grande. Ci saranno sì e no quaranta posti a sedere.
Sono costretto a piazzarmi in uno dei primi,
e mi ci stravacco senza tanta
finezza. I sedili sono blu e di un viola che tende al lilla, mentre le pareti
in metallo sembrano di un bianco sporco, probabilmente grigio oppure azzurro.
O forse è tutto solo un effetto ottico dovuto
alle luci verdognole che fanno tanto ospedale antiquato. Difficile dirlo.
Sono stanco.
Ma
voglio andarmene da qui.
Incollo la faccia ad uno degli oblò circolari
che si affacciano alle pareti e guardo all’esterno. C’è poca gente fuori e,
sporgendomi da un lato, scorgo
un uomo, vicino ad una carretta alta e senza portiere, che aggancia al veicolo la scaletta sulla quale siamo appena saliti, per portarla via. La ricetrasmittente della Hoshi si mette improvvisamente a gracchiare e la voce
sorpresa della ragazza mi spinge inconsciamente a prestarle attenzione.
-…Ma capo… Siamo già su, partiremo a
momenti..!-
Mi volto verso di lei con espressione
interrogativa. Lei sostiene lo sguardo,
stupita e corrucciata, ascoltando parole che non riesco a decifrare.
-Ma
per quale motivo dovrei…Certo.. Sissignore. D’accordo, sarà fatto-.
-Problemi?-
-Vuole
che ti riporti indietro-
-E perché!?!?-
-Dice
che gli saresti più utile così-
Sakiko non sorride più. È seria e guarda alternativamente me e i
suoi colleghi. Poi si sporge in avanti e
mi ritrovo il suo collo a pochi centimetri dalle mie labbra. Ha un buon profumo, deciso, ma non forte che mi fa sentire sicuro e potente.
-Ha nominato una settimana bianca. Tu e lui.
Credo voglia portarti su-
-Merda, no! Ricatterebbe mio padre, mi userebbe
come ostaggio per… Per… Aaah, non so per cosa, cazz..-
-Fammi
finire! Adesso ascoltami bene: ti toglierò le manette, poi mi metterò ad
urlare. I miei colleghi sono armati, quindi fa
molta attenzione. Tu spintonami e scappa. La mia macchina è nel parcheggio
dell’aeroporto. Tu sai dove. Tieni, sono le chiavi-.
Poi il gran casino.
Sento i miei polsi liberi, le sue urla e la
gente che comincia a gridare in una reazione a catena.
La spintono contro Shunsuke
e, mentre lei mi fa da scudo senza darlo a vedere, mi faccio largo tra i
passeggeri, rapido come una saetta.
Il microbo e la pertica restano bloccati da
alcune persone ed io posso dileguarmi senza troppe difficoltà. Ho la fortuna dalla mia parte: non possono aprire il fuoco, o rischierebbero
di ferire anche altri, oltre a me.
Al portellone, un assistente di volo mi fissa
come se fossi un marziano e, scimmiottando una mossa degna di un judoka
professionista, lo incollo al muro.
Un
balzo e sono fuori. Forse ha ragione:
sono un alieno sul serio.
Atterro malamente sulla scaletta che sta
venendo trainata via storcendomi una caviglia e salgo fino all’ultimo gradino
per poi buttarmi sul tettuccio del veicolo.
Mi ci appiccico effetto polipo e,
sfidando la forza d’inerzia ogni volta che sbanda, scivolo all’interno della vettura
scaraventando fuori l’uomo, che ruzzola e rotola sull’asfalto per alcuni metri.
Spero
di non avergli fatto troppo male, dannazione.
Accelero a tavoletta zigzagando tra le persone
e prendo la direzione dell’aeroporto.
Ripercorro
la strada di prima con un solo pensiero nella testa.
Non ho tempo da perdere, devo sbrigarmi! Kami, se devo
sbrigarmi!!!
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Ed ecco che ho portato a termine anche l’ottavo
capitolo (spero vi sia piaciuto)! ^___^ Ma.. a questo punto 9__9 … Sorge una tentazione a cui non so se cedere oppure se fare l’esatto contrario…
Eh, questa Sakiko ammaliata
da Hanamichi… ˘˛__˘
Potrebbe
arrivare a creare un po’ di scompiglio tra Hana e Ru… O no…? Basta Genjo stesso
a confondere Kaede o…? Voi che dite…? Si
accettano consigli!
Un ringraziamento va anche a Kiba91 per aver lasciato
un commento alla mia fic! See you soon! ^_____^
Kisses…
=Angels’ Isl@nd=