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Autore: Angels Island    08/09/2005    4 recensioni
-| Era davvero lui | Non era morto | Era solo riuscito a mentirgli per più di un anno |-.
Ma ora aveva bisogno di aiuto. E solo lui sarebbe riuscito ad offrirgliene…
+|Non yaoi – Yaoi|+
Genere: Azione, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Hanamichi Sakuragi, Kaede Rukawa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Le sette e sette

 

 

 

 

 

 

Le sette e sette.

Svolto a destra e do un morso alla barretta al cioccolato che ho acquistato in un bar sgangherato vicino al benzinaio.

Spero che Kaede si sia nascosto in tempo. Non ci avranno  messo di certo molto, i poliziotti,  a capire che non eravamo più davanti a loro.

Raggiungo una bicicletta e passo oltre, levando lo sguardo verso il cielo che si sta impercettibilmente rannuvolando.

 

 

 

Kami, che noia… è palloso viaggiare da soli. 

Mi sento… Solo.  

Se potessi Tornerei indietro.

È incredibile come mi fossi subito abituato ad avere Kaede al mio fianco. Certo, litigavamo in continuazione, però…

 

Però, almeno, avevo qualcuno, con me.    Avevo  LUI,  con me...

 

Tracanno qualche sorso di acqua fresca, lasciando che una goccia  mi scivoli curiosa lungo il collo, poi ributto la bottiglia sotto il sedile.

 

 

“Vulnerabilità”...

 

 

Arraffo una manciata di patatine da un sacchetto e me la infrogno  in bocca in tutta fretta per cambiare marcia in tempo.

 

 

Ora so cosa significa.  …..Avrei voluto non capirlo.

 

 

Senza smettere di lavorare di ganasce,  sorpasso una macchina  agricola  ed evito giusto per un pelo un cane sta attraversando la strada.

 

 

Vulnerabilità ed Insicurezza.

Le mie due nuove compagne di viaggio.  Nemiche impalpabili, ma che… Insieme… Sono in grado di schiacciarti...  Qui, sotto la pelle…  Dietro lo sterno.    Ed anche  qui. Nella mia mente.   E non mi lasceranno mai, lo so.    Non fino a quando tutto non sarà finito.

 

 

Ma adesso basta rattristarsi, penso affondando le zanne in un caldo trancio di pizza,  se non la pianto prima di subito andrà a finire che perderò la fiducia in me stesso.

Nh… Mi sto rovinando lo stomaco già di primo mattino…

 

 

 

 

 

Un secco suono metallico mi fa corrugare la fronte.

Che diavolo è stato..?

Guardo nello specchietto retrovisore di destra e trasalisco: rotto.

Fisso nell’altro e mi viene un infarto.

                                                        La berlina.

                                                               La berlina di ieri!

 

 

 

 

-MERDA! MERDA! MERDA!-

Getto il cartoccio della pizza sul sedile di fianco e aumento di scatto la velocità  stringendo convulsamente il volante  e  superando un motorino semidistrutto.    Quelli mi stanno dietro.

-MA CHE CAPPERI VOGLIONO DA ME ???? NON HO ANCORA FATTO NIENTE E  GIÀ MI VOGLIONO AMMAZZARE ?!?  MA SONO TROPPO GIOVINCELLO PER TIRARE LE  CUOIA,  KAMI SAMA !!!!-

 

 

 

Mi abbasso il più possibile, per evitare di essere colpito e accelero    mentre allungo un braccio per accendere la radio.  È impensabile che io riesca a fare cose simili in un momento del genere… Ma il fatto è che la solitudine si fa sentire.  Ed io non posso ascoltarla.   Non devo.     Non ora.

 

 

Sintonizzo la radio sulla frequenza nazionale   –“AVEX-Club Beatfreak”, leggo di sfuggita sul display–,  e dalle casse si diffonde una canzone che adoro.

È una ragazza a cantare.  È una melodia dolce,   ma animata da un ritmo rapido,   uno di quelli che ti fanno sentire forte,  come se esplodessi dentro.

Di quelli che ti fanno ribollire nel sangue una gran voglia di correre veloce,  veloce come non mai,   su una strada,   lungo i sentieri,   nell’acqua o in cima alle montagne…   In mezzo ai boschi e nelle praterie… Lungo i margini dei laghi oppure verso il sole…   Verso la luna e le stelle e ancora,  ancora,  ancora,  da solo…  Tu e nessun altro,   tu e il mondo,   tu e l’universo,   tu e tutto…   Di giorno e di notte,   all’alba e al tramonto,   correndo,  correndo e correndo…   Sull’asfalto e in mezzo ai prati,   creando una scia d’erba,  di fiori,  di steli e di foglie che si scatenano al  tuo passaggio,   che ondeggiano e giocano…  E l’aria ti scompiglia i capelli,   ti accarezza la pelle,   ti sferza il viso…   Ma tu non ci badi perché corri,  corri, e corri senza fermarti…  Sfrecci, tu e  la tua ombra,  mentre il sole ti gira intorno…  E voli, voli, voli senza riposarti mai,  non finché durerà la canzone,   perché è quella a darti energia,  la stanchezza non conta,   corri e corri fin sopra le nuvole, verso la luce,  e lo farai per sempre,   perché la musica non finirà mai…

 

 

 

Rinsavisco dal mio delirio giusto un attimo prima di sentire uno sparo  seguito da altri, i cui fragori si confondono con una serie di tonfi secchi mai sentiti prima d’ora.

Resto in ascolto, la concentrazione al massimo, accelerando  impercettibilmente  sotto l’influenza contagiosa della canzone.

Poi capisco.

Sono  frastuoni di revolverate  misti ai rumori di  proiettili che non giungono a destinazione.

E le mie labbra si deformano in un ghigno: quest’auto non è uguale alla precedente.  E non lo è perché di colpi non ne incassa neanche uno.

Rido, incredulo, a labbra chiuse.  È troppo bello per essere vero… Grazie, Heizo.  Grazie davvero. 

E la mia risata si fa fragorosa, per sfogare tutta la tensione delle ultime ore.  Sono felice.

Pur avendoli alle calcagna,  posso trascorrere qualche minuto lontano dalle preoccupazioni.

Perché finché resto qui dentro…

 

 

 

                                                             Finché resto qui dentro…

                                                                                           … La mia vita è al sicuro.

 

 

 

 

 

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V e n t i    m i n u t i.

No, dico.    Venti minuti!    SONO  VENTI  DANNATISSIMI  MINUTI  CHE  QUEGLI  STRONZI  SE  NE  STANNO  APPICCICATI  AL  CULO !!!!

E non hanno la  benché minima intenzione di scollarsi! GGGNNNNRRRRR….

Sto cominciando a perdere la pasiensaUffffffaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa…….!!!!

E non c’è neanche Rukawa a farmi sbollire la rabbia.  Porca paletta!

 

 

 

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Sette e mezzo.    Adesso mi sono rotto.  Mi sono VERAMENTE  rotto!

Ragassi miei…, è ora che rimaniate indietro.

 

Accelero come un matto, superando un camioncino che avrà almeno vent’anni. Voglio proprio vedere se la loro strafottutissima auto riuscirà  a tenermi testa!

Dopo due chilometri lascio la strada principale, dirigendomi verso un paesucolo  che neanche sapevo esistesse. La distanza che mi separa dalla berlina è minore di quella che  speravo.

 

 

-Pezzi di mentecatti…!-

Devio a destra, ma a quanto pare oggi la sfiga deve volermi davvero tanto bbbèène, perché  quasi non inchiappetto un veicolo strascassato che procede alla velocità di una carriola.

La via è troppo stretta, e mi cresce un demone per capello perché, costretto a svoltare in un sentiero sterrato, finisce che mi riporto sulla strada principale.

E, come se non bastasse, quelli della berlina sembrano delle ventose con tanto di bostik! Fortuna che “I like big butts” di Sir Mix A Lot o qualcosa-del-genere che mi sta assordando le orecchie mi tiene sveglio e con i sensi iper all’erta.

 

 

 

Davanti nessuno. Perfetto.

Affondo il piede sull’acceleratore fino ad andare a tutta birra, arrivando a viaggiare così rapido che i pali dei lampioni mi scorrono a fianco ad una velocità indicibile.

Sorpasso un vecchio catorcio color cacca d’oca, rischiando per un soffio una frontale con un povero disgraziato (!) che proviene dal senso opposto  e,   non so come né perché,   ma,   mentre guardo il sole,   mi ritrovo a desiderare Kaede.  Qui.  Accanto a me. 

-Kami, quanto vorrei che fosse quaaaaaaaaaaaaaAAAAAAAAAAAAAHHHHHH!!!!!!!-

 

 

 

H….H… hhhopppporcamiseria…!

-BRUTTO  BASTARDO !!! MA CHI DIAVOLO TI HA DATO LA PATENTE , EH ??!? SI PUÒ SAPERE ?!?  CHE CAZZO VIENI FUORI DA QUELLA STRADA,  CHE STAVO PASSANDO IO!!?! CAMION DI MERDA !!! ma io ti riduco a PEZZEEEEEEEEEEEEEEEEETTI!!!-

Hn, sì.   …Forse avete ragione. 

È inutile sgolarsi contro il proprio parabrezza.  Tanto quel demente rimbecillito non mi riesce a sentire.

Ouff…! Stavolta mi è andata bene,  ho sfiorato solo il suo paraurti.

Mi getto in  un sorpasso azzardato alla sinistra del veicolo e quasi non gli taglio la strada svoltando a folle velocità in una strada secondaria.  Devo seminare quei dannati.  E speriamo che questa sia la volta buona. 

 

 

 

Poco prima del centro giro di nuovo rischiando di tirar sotto una vecchietta sdentata  come il baciapiselli, poi devio a destra in una strada sterrata, sfrecciando a fianco di un campo coltivato.

La berlina resta indietro.

Ottimo.

 

In paese schivo per miracolo un pulmino col giallo vomito che si mette a lampeggiare e strombazzare come un forsennato. La padella bianca al volante doveva essere la faccia sconvolta dell’autista.

 

 

Faccio uno slalom da guinness dei primati zigzagando tra la gente in giro per il borgo notando come  i vecchi che oltrepasso sbraitino  sputando peggio del Gori quando diventa una bestia (cioè sempre).

Mentre le donne starnazzano come galline, un carabiniere si sbraccia a tal punto da farmi temere che perda gli arti da un momento all’altro e la berlina continua a farsi  strada tra le persone che si spostano al mio passaggio. Maledizione!

 

 

Dopo aver sorpassato un furgoncino alla velocità del pensiero,  svolto a destra, ritrovandomi a cento metri da un vecchio rincretinito che mi fissa con la stessa espressione di Fuku-verme.

 

-LévatilévatiLEEEEVATIIII !!!!-.

Facendo acrobazie tali da auto-convincermi ad intraprendere la carriera di circense,  riesco ad evitare l’infrollito vegliardo,  lodandomi delle mie grandi abilità di genio.

Schivo due anatre, un cane, uno su una bici con le ruote ovali (toh, sembra quella di Rukawa…!) e alla fine giro a des..traaaaaaaaaaAAAAAAAAAAAAAAHHHHHH!!!!!!

 

 

 

KRASCHHH!!!!

 

 

 

Azzardatevi a fare qualche commento e vi spacco la faccia.

PORRRRCAMISERIAMASONOUNIDIOOOOOOOOOOOOOOOTA ! ! ! ! ! ! !

Visto? Ci penso io a urlarmi dietro.  Che imbecille decerebrato.

 

Arraffo il portatile ed esco dall’auto scansando con le  mani l’air-bag che velocemente si affloscia.

Salgo sul cofano e salto, arrampicandomi come un impedito sul muro in pietra in cui sono ACCIDENTALMENTE  incappato.

 

 

Una volta sceso dall’altra parte con l’agilità di un gatto (veramente sono cascato come un sacco di patate lesse, ma questa è una quisquilia assolutamente IRRILEVANTE),  mi metto a correre come  un invasato tra la folla (ma proprio oggi doveva esserci il MERCATO?!?)  facendomi largo a gomitate. Nel girarmi un istante vedo quattro uomini vestiti di nero scendere dal muro.

 

 

Quando mi accorgo che mi stanno raggiungendo riesco a trovare il modo per correre più veloce.

No,  non sto immaginando di raggiungere il Porcospino durante una partita per piazzarmi in difesa; sto pensando a qualcos’altro. 

Avete mai  provato con un cane mastino, un pitbull con la bava alla bocca, un alano, un elefante e  un facocero,  tutti che sbuffano come rinoceronti  incazzati come delle vipere? Provare per credere, funziona alla grande…

- LLLLLAAAARGOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! –

 

 

 

 

-Oh, scusami tanto!-, dico ad un fruttivendolo mentre faccio cadere alcune casse dietro di me per far rallentare la corsa a quei bastardi.

Corro basso per nascondermi alla bell' e meglio e, una volta fuori da quest’ammasso di persone vedo un bimbetto che sta togliendo la catena ad una bici.

-Ohmachebellllllla, questa la prendo io, grazie! Te la lascio più avanti,eh? Promesso!-, e  monto in sella sfrecciando come un matto fino ad aver l’impressione di dar fuoco alle ruote.

Saetto a casaccio per le vie scansando per miracolo la gente ed accertandomi di non essere seguito.

Quando torno a fissare davanti a me, mi viene un infarto.

-MERDA, LA POLIZIA!!!!-

 

 

La evito girando a sinistra, con la fortuna che quella è a piedi.

Dopo due vie la mia corsa s’interrompe. 

Una ruota finisce in una buca e io mi ritrovo per aria, stile Rukawa, ad urlare qualcosa tipo  “sto volaaaaaaaando!!”  finché non m'incastro con le spalle in una macchina.  Ma che scalogna iettatrice..!

Fortuna che il finestrino era abbassato…! Beh, almeno ho mantenuto la promessa appena fatta.

 

 

 

Puntandomi con i talloni e venendo indietro di culo riesco a liberarmi da ‘sta disgraziata de ‘na carretta e me la svigno a gambe levate giusto  in tempo.

Filo come un forsennato lungo altre vie, ma la sfiga vuole che io mi ritrovi in un vicolo cieco.

-MALEDIZIONE!-

Mi guardo intorno e vedo una scala a pioli in metallo: ottimo!

-Scaletta mia, quanto te vojo bbbèène!-.

 

 

Salto, mi tiro su (cristo, ma quanto peso!) e mi ritrovo sul tetto. Più che tetto sembra una terrazza, ma ora come ora non ho molto il tempo di osservare ogni dettaglio di ciò che mi sta intorno, quindi….  QUINDI SCAPPO, NO????  SVEGLIA HANAMICHI,  DATTI UN MOSSA!!!!!!

Okay. Respira profondamente e concentrati, bello mio. Stavolta si fa come nei film. E niente controfigure, purtroppo! Perciò, o la va, o la va lo STESSSSOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO ! ! ! ! ! ! !

 

 

 

 

Wow, ce l’ho fatta! Roba da matti.

Corro sul tetto della casa di fronte  e torno nel viottolo  attaccandomi alla ringhiera del balcone  su cui mi sono gettato. Un bel balzo, non c'è che dire! Se non altro ci sono abituato.

Mi precipito come una scheggia nella via successiva, ma la polizia  mi blocca la strada  costringendomi a tornare alla svelta sui miei passi e proseguire dritto.

Le cose si complicano, però. Non avevo contato i cittadini.

Adesso sono dalla loro parte, e i più grandi e grossi hanno la maledettissima idea di unirsi a loro per la caccia del sottoscritto.

 

 

 

Uno mi si para davanti, ma riesco a scansarlo con uno scatto improvviso. 

Non ho mai corso così a lungo e veloce in tutta la mia vita.

Le gare  che facevo a scuola, al confronto non sono niente.  Qui è tutto diverso.

C'è la tensione dettata dalla paura, adesso.   Serve una perfetta lucidità e dei  riflessi prontissimi.

E c'è la  mia  libertà in gioco.

La milza si fa sentire, ma devo continuare a correre.   O per me sarà finita.

 

 

 

 

Via chiusa pure questa.  Porca puttana.  Non ho scelta.

Mi arrampico su un davanzale e do una spallata alla finestra, gettandomi nello stanzone in cui mi ritrovo.  Lo attraverso alla velocità della luce e guardo fuori da un'altra apertura: una strada, perfetto.

Mi lancio dalla finestra infrangendo i vetri in mille pezzi, rotolo sui sassi e rialzandomi di scatto riprendo a correre.   Mi sono tagliato un braccio, maledizione!

 

 

 

 

Ma porca miseria, non è possibile!

Un'altra strada senza uscita! Mi rigetto in un altro edificio, salgo una rampa al lato opposto dello stanzone e mi ritrovo fuori dalla porta.

Sono  su un pianerottolo striminzito che dà su dei gradini formato mignon, e la scalinata è priva sia di ringhiera sia di corrimano.

La cosa non mi darebbe il benché  minimo fastidio, se non fosse che mi ritrovo davanti tre energumeni che sembrano desiderarmi nello stesso modo in cui un branco di Piranha attende  che una scimmia piova dal  cielo cascando da un albero che  sporge su un fiume...

 

Il primo lo stendo al primo colpo, con una delle mie craniate micidiali.

Ma  aveva la pellaccia dura e alla mia stanchezza si aggiunge il mal di testa.

È solo per un istante, ma basta a distrarmi e a costringermi ad incassare un forte pugno nello stomaco.

Questa volta la fortuna è dalla mia: la mia colazione finisce in faccia al mio aggressore, e il chick-boxer da quattro soldi in questione  piomba giù dal pianerottolo con l'osso del collo spezzato.

 

 

 

Pulendomi il mento, fisso in cagnesco l'ultimo che rimane.   Uno scatto fulmineo e il mio pugno gli spacca il setto nasale facendolo rotolare giù dalla gradinata in preda al dolore.

Mi riprendo un attimo poi mi butto nella piazza, fra la gente ancora troppo sconcertata per reagire.

 

 

 

 

 

 

 

All'inizio di una strada mi trovo di fronte uno dei tipi della berlina.  

Ho il fiato corto e sono a pezzi, ma mi basta ricordare cos'hanno fatto alla mia "vecchia" auto per farmi uscire nuovamente  dai gangheri.

Noto una cassetta di bottiglie di vetro  all'angolo della strada e, approfittando del fatto che lui è disarmato, ne agguanto una e gliela frantumo dritta sulla faccia, proprio mentre un secondo uomo in nero arriva in aiuto dell'altro.

Estrae qualcosa dalla tasca della giacca, ed io intercetto l'oggetto facendoglielo volare di mano con una pedata: una pistola.

Il tizio si getta sull'arma per afferrarla, ma io, grande genio insuperabile quale sono, con un piede gli schiaccio la  mano giusto in tempo, assestandogli poi un potente calcio in faccia.

 

 

Fuggo in fondo alla via e ne imbocco altre due, scaraventando contro un muro un uomo che mi si è parato davanti.  Poi… Poi mi trovo  davanti il terzo tipo della berlina.

 

 

Impugna saldamente un coltello con il quale sferza l'aria a grande arcate, quasi fosse una scimitarra, ed io non esito a saltare e ad assestargli un bel calcio nei paesi bassi.

Gli pianto un cazzotto sul mento scaraventandolo contro la parete e mi fermo cercando di riprendere fiato.

I polmoni mi bruciano, stanno letteralmente esplodendo. Kami, non ce la faccio più, sono distrutto.

Lo stronzo si riprende in un attimo, ma io non sono da meno.   La mia testata parte come un proiettile, e il naso di quel gran pezzo di merda rientra in quella  faccia da culo che si ritrova. L'uomo si piega in due dal dolore ed io ruoto su me stesso sferrandogli un calcio sul collo.

Heizo, devo proprio darti ragione: le tue tecniche sono  infallibili!

 

 

 

 

Riprendo a correre ormai col fiatone e dopo due minuti mi trovo faccia a faccia col quarto uomo. 

Nel pugno stringe una semiautomatica e non sembra farsi tanti problemi a sparare.

Impallidisco cercando di farmi venire qualche idea, ma il tizio si accorge di qualcosa e schizza via come una scheggia.

La via intorno a me comincia ad oscillare e a sfuocarsi e mi volto barcollando in preda alla confusione,  sforzandomi di resistere per vedere cosa lo ha indotto alla fuga.

Peccato che mi ritrovi la canna di un'arma d'ordinanza puntata giusto in mezzo agli occhi.

MERDA.      MERDA!!!!!!

 

 

 

-SE  MI  AMMAZZI, cosa che ritengo alquanto impossibile, TI  BECCHI  L’ERGASTOLO.  E se provi a fuggire  TI  AMMAZZO  IO, chiaro? Sono un POLIZIOTTO, frocio fottuto!

Un POLIZIOTTO, HAI  CAPITO ?!?-.

 

 

 

 

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TUTTO, giuro. Posso sopportare tutto, ma non questo.  Non un altro.

Non un altro interrogatorio, dannazione, questo no!

-Senta, io..-

-No-

-No cosa?!-

-Non fare tanto lo strafottente con me, tu! Non è giornata di rompere i marroni, questa- . Appunto…   

-NO non ti lascerò andare, NO non ti considero innocente e NO, non me ne frega un cazzo di quello che hai da dire. Ci siamo capiti? Spero di sì-.

-Ma io non ho fatto nient…-

-Allora non ci siamo capiti-, fisso i suoi baffi neri screziati di grigio vibrare ad ogni sua parola, -Ho detto che NON ME NE FREGA UN CAZZO, te lo sei già scordato?-

Questo sgabello è strascomodo. E dondola, anche. Non è giusto che  quello stronzo ben vestito se ne stia spaparanzato su una sedia in pelle!

E continua a fumare come un turco, pure! È un’ora e mezza che  mi tiene qui dentro e  mi sta venendo la nausea. 

 

 

-Hai ucciso UN UOMO, ricordi…?-

-…Scusi?-

-È stato trovato nella piazza grande, in paese. Morto.  A causa tua.  E le persone che possono testimoniarlo non sono poche…-

Poi ricordo.

-Mi stia a sentire signore.  Dei tizi mi stanno dando la caccia per non so quale motivo. E  sembra che la gente faccia di tutto per fermarmi e farmi ammazzare. Io non l’ho neanche toccato quell’uom…-

-Ah, no?-

-NO! Mi ha piantato un cazzotto nello stomaco e gli ho vomitato addosso! Se poi lui si è lanciato all’indietro, questi saranno affaracci suoi! Se l’è cercata da solo, la colpa non è mia!!!-

-Cristo, non ho mai sentito dire delle simili sciocchezze…-

-MA  È  LA  VERITÀ..!!!-

L’agente sembra sul punto di ribattere, ma qualcuno bussa alla porta, e la sua attenzione si concentra all’entrata alle mie spalle. Abbasso gli occhi, intreccio le dita delle mani e  mi curvo in avanti,  i gomiti poggiati alle ginocchia,  in ascolto.

Il poliziotto non dice nulla, aspettando semplicemente che la porta si apra.  Poi una voce che non ho ancora sentito.

-Mi perdoni per l’interruzione, signore, ma ho qui il rapporto del medico legale..-

Un tizio magro come uno stuzzicadenti mi passa a fianco e gli si avvicina ad un suo cenno.

 

 

-Che cosa dice?-

-..Non ha riscontrato alcun segno di colluttazione, all’infuori della frattura di due vertebre del collo e ovviamente del cranio, a causa dell’impatto col terreno-.

-Visto? Io quell’uomo non l’ho neanche toccato!-

-Primo:  nessuno ti ha interpellato.  Secondo:  per ucciderlo bastava una semplice spinta.  Terzo:  sta’ zitto o quella tua faccia da schiaffi si ritroverà con un bel buco fumante in testa-.

Hn. C’è puzza di piscio, qui dentro.

 

 

 

 

 

 

 

-Per quale motivo ti trovavi in questo paese…?-

-Per puro caso-

-“Puro caso”…? Aahhh… E  magari t’aspetti anche ch’io ti creda…-

-È quello che dovrebbe fare, sì-.

C’è qualcosa che mi sfugge…

-Puro caaaaaaso… Dio…!- .  

Ora che lo guardo…

-È la verità, signore. Se poi lei non mi crede, vuol dire che come poliziotto fa davvero  schifo-.

                                 Quest’uomo l’ho già visto… ! 

                                                                      Ma DOVE…?

 

 

Quello si alza  ignorando la mia provocazione   e  mi gira intorno, fermandosi alle mie spalle, la sua bocca deformata in un ghigno. 

 

 

                                                                       Non riesco a ricordalo… Maledizione!  Il Tensai non sbaglia, mai! Com’è possibile…? Avanti Sak, spremiti le meningi!!! Dove cavolo hai già visto questo gran pezzo di merda?!??  Eh?    Dove?        Dove??       DOVE?!?!?!?

 

 

Resto a fissare, ipnotizzato, la sua sigaretta che è rimasta poggiata al bordo del portacenere, a fumarsi da sola.

-Sei cocciuto, ragazzo…! Non demordi, eh?-

 

Sento frusciare la sua divisa. Poi percepisco con disgusto il suo alito e il suo tanfo sul mio collo, mentre con le manacce grassocce mi artiglia le spalle stringendole in una salda e sgradevole morsa.

-Sei testardo come un mulo, vedo…-,   mi sibila in un orecchio,   -Un vero osso duro deciso a non parlare…-.

Guardo la cenere cadere in silenzio e sorrido gelido, tanto per ricordargli che non ho assolutamente paura di lui.

Quest’uomo mi irrita.   E  basta.   Mi fa saltare i nervi.

 

-…Ma sai… Posso farti diventare docile in poco tempo… Sarai mite come un agnellino… molto presto…-.

Un ricordo mi balena nella mente.  Ma è solo un istante, ed io non riesco ad afferrarlo.

Questa  voce …    Queste  parole …

 

-Con tutto il rispetto, signore, ma credo che questo sarà difficile. Io   sono  come sono. E resterò tale-.

-Come vuoi, ragazzo. Ma non resterai Qui…-

Finalmente l’ha capito!

-Un arresto provvisorio non te lo risparmia nessuno, visto che non ti decidi a vuotare il sacco…-

 

-CHECCOSA?!?! Ma perché?!?  Non ho fatto niente! Devo andare da mio padre! Ha bisogno di me!!! Lei così mi mette nella merda!!!!-

-Sono spiacente, ma il termine non mi è famigliare…-

-Beh, allora dovrebbe viaggiare di più,sa? O sennò perché non si guarda allo specchio?!? Capirà immediatamente che voglio dire!!!!-

 

L’uomo torna dietro la scrivania, e resta a guardarmi con aria di sfida.

-Ragazzi,-, chiama. E i due agenti che  erano rimasti a sorvegliarmi stando vicini alla porta vengono verso di me, fermandosi al mio fianco.

-…Voglio che  sia  trasferito al carcere di Fukuoka. Qualche giorno là dentro non può fargli che bene…Io devo proseguire con le indagini, in centro-,  e  mi rivolge uno di quei ghigni che mi fanno ribollire il sangue nelle vene.

E il ricordo di prima riemerge per riaffondare subito  nella confusione che mi mareggia in testa.

 

 

-No… Per favore NO!!!-, mi dimeno inutilmente, bloccato dai due poliziotti che mi tengono fermo, -DEVO ANDARE DA MIO PADRE!    LUI HA BISOGNO DI ME!!!  MIO PADRE  HA BISOGNO DI ME!!!!!!!!!!!!!-, 

Mi è tornato in mente Quel giorno di due anni fa.  E gli occhi mi bruciano insopportabilmente.

 

 

-Certo, certo… E dimmi, di grazia… Dove si trova, tuo padre? In un ospizio per  pazzi furiosi come te…?-

-In montagna… Si trova in montagna, sul Fujiyama…-, cerco di riprendere fiato calmandomi un attimo.

-Ah,si..?  Non so perché,  ma lo sospettavo… Beh, non andrai fin là, ma starai ugualmente al fresco… Non hai di  che lamentarti… No?-

 

 

                                  Ancora quella voce… 

 

 

-Avanti, portatelo via-.

-NO!  MIO PADRE STA MORENDO!  HA BISOGNO DI ME! HA BISOGNO DI ME!!!!!!!!!!!!!!  LASCIATEMI ANDARE!!!  È MIO PADRE, DANNAZIONE! LASCIATEMI ANDARE!!!  VI PREGO, SI STRATTA DI MIO PADRE!!! MOLLATEMI, MALEDIZIONE!  LASCIATEMI STARE!!!!-

 

-Oh, dimenticavo…-, la sua voce mi costringe a calmarmi una seconda volta per stare ad ascoltarlo mentre vengo trascinato verso la porta.

Lo fisso torvo stando ad un metro da terra, ormai quasi parallelo al pavimento, a furia di dimenarmi.

-…Bei capelli… SAKURAGI….-     e  , mentre i poliziotti mi portano via dal suo ufficio,  il suo ghigno muta in una grassa risata colma di cattiveria.

 

E poi… Poi il ricordo torna a galla.

E stavolta lo vedo. Limpido come la neve sotto un sole invernale in una giornata senza nuvole.

E le mie urla di frustrazione servono solo a farmi stare ancora più male.

Quell’uomo… Sapeva chi ero.

 

Era lo stesso individuo che avevo trovato in casa mia…

 

 

 

 

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-A che ora hai detto che arriva, l’aereo?-

-C’è ancora tempo, c’è ancora tempo-.

Osservo due dei quattro agenti che mi scortano parlare fra di loro.

-Merda, dovrei andare in bagno-, dice quello alto.

Si voltano verso di me e mi fissano strano. Hn, se credono che scappi si sbagliano di grosso. Mi stanno sopravvalutando.  In questo caso. 

Tentare una fuga sarebbe da stupidi, adesso.  Specialmente perché con le manette sarei costretto a correre come una papera.  E il genio non si abbasserà mai a tanto. Storco il naso in una smorfia sprezzante e mi volto  sullo sgabello girevole, poggiando i gomiti sul bancone  del bar.

Se solo scivolassi mi sarebbero addosso in un baleno;  la mia corsa sarebbe vana. E poi c’è troppa gente. Devo aspettare, è l’unica soluzione.

-Vai pure. Sbrigati-, concede il tappo accompagnando il suo discorso con un cenno della testa.

 

Uffa.

 

 Che noia…       

 

Questo aeroporto fa schifo. Definirlo improvvisato è a dir poco perfetto. Le indicazioni sono assenti e comunque difficilmente rintracciabili. Se ci sono. E le poche botteghe striminzite che vedo  sembrano vecchie di cent’anni. Altro che aeroporto… questa è una catapecchia! La cosa più bella che c’è.. È  questo bancone in granito blue cristal.  Che non ho ancora capito che diavolo ci faccia in Giappone.   In un posto simile, tra l’altro.    Bah, che mondo anomalo.

 

 

Tutt’intorno lo spazio è affollato di gente che si dimena, urla, impreca… Eppure, tutto questo brusio  non mi mette addosso alcuna agitazione.

Credo che questo piacevole vantaggio sia dovuto al fatto che  ho  capito di dovermi aspettare di tutto, da adesso in avanti.   Sorrido  rilassato.  È  bello starsene in uno stato catatonico, ogni tanto.  Non ho voglia di sentirmi teso né di percepire l’adrenalina scorrermi nelle vene. No… Per quello c’è tempo…

Distensione totale: è questo, quello che ci vuole.  Me lo merito.      Ero esausto.

 

 

Appoggio il mento su una mano e  mi guardo intorno.  A quanto pare oggi è il giorno in cui i piloti hanno scelto di scioperare…! Tutti i voli interni sono stati sospesi, e la compagnia giapponese assicura unicamente saltuari collegamenti con la capitale. Beh, questo, comunque, non è un problema mio.   L’uomo che piloterà l’aereo che mi porterà dritto in carcere, a quanto pare, vuole fare gli straordinari.

 

 

Lo stangone è già di ritorno e si rimette a parlare fitto fitto con il collega nano lanciando, di tanto in tanto, un’occhiata nella mia direzione.

-Il suo volo parte fra due ore…  Ha fame…?-

Trasalisco e sono costretto ad uscire dal mio torpore. Un’agente mi si è seduta di fianco e ha ordinato da bere.

 

-Oh, vedo che qualcuno si interessa a me…-, constato ironico con un debole sorriso.

La ragazza ride con gli occhi che brillano. Quando la sua risata si affievolisce, il suo volto resta gioioso, le iridi blu screziate di verde fisse nelle mie.

-Un bel pezzo di pizza non mi farebbe male, in effetti…-, rispondo in un soffio  sorridendo a mia volta.

Lei assume un’aria imbarazzata e si porta una ciocca di capelli dietro un orecchio.  Ha un solo orecchino, al lobo destro,  che termina con un piccolo pendente a forma di croce.

-Non ho tanti spiccioli con me… Credo proprio che dovrai accontentarti di un tramezzino…-.  

C’è ilarità sul suo viso e i suoi modi di fare fini e decisi al contempo mi attirano. Non si direbbe che lavora nella Keisatsu.

-Vada per il tramezzino, allora-, accetto ricordandomi poi di ringraziare.

La osservo parlare con il barman e resto incantato a guardare la sua pelle da bambola di porcellana,

le guance imporporate di una lieve sfumatura rosea.

 

 

-Buono?-, mi  chiede  sorridendo.

-MmmmmScì!-, ho la bocca piena e mi sto divorando il panino come se non mangiassi da una settimana. 

-Sono passate solo alcune ore da quando mi sono ingozzato di schifezze, ma è bastato addentare un boccone di questa delizia per ricordarmi quanta fame avessi.  Di buono c’è anche il cibo, in questo tugurio. Dovrò ricordarmelo…!-

La ragazza scoppia a ridere, ma non riesco a capire se è per ciò che ho detto o se la divertono le mie smorfie mentre mangio.

-Ouh… Agente Hoshi, non mi ero ancora presentata..!-

Faccio un lieve inchino,  stupito della sua gentilezza. E di nuovo vengo rapito dal suo sguardo.

Ha occhi intriganti …magnetici, incorniciati  da lunghe ciglia nere che danno un che di seducente a qualsiasi espressione assuma.

-Sono Genjo Makihara, lieto di conoscerti..-

-Oh, lo so. Ho visto la tua carta d’identità! Oh, giusto. Ecco…Tieni-,  e me la porge,  -Ormai  a noi non serve più, abbiamo già i dati che ci servono!-

-Ah, sì.  Grazie-.

Non riesco più a capire se continua a fissarmi così perché mi trova simpatico o se mi sta prendendo in giro  perché mi trova ridicolo.

 

 

-Allora, che hai fatto di così tremendo per meritarti un soggiorno al fresco?-

Torno a sbirciarla.   Mi sta guardando in attesa, un sopracciglio alzato, una guancia appoggiata ad una mano, per sostenersi. E ancora quel sorriso che le increspa le labbra umide e carnose…

-Niente…-

-Niente???-, la Hoshi è chiaramente  sorpresa, poi scettica.

-Sono partito per andare in montagna…-

-Quando?-

-Kesa-, mento,   -Sarò partito alle..  Boh, alle sei e venti, credo… E dopo un po’ ho visto che eravamo seguiti dalla macchina di ieri e…-

-Ieri?-, mi volto verso il quarto collega, due metri suonati per almeno un quintale e venti di peso, che si è seduto sullo sgabello dall’altro lato, facendolo scricchiolare.  Un tipo dall’aria bonaria, ma decisamente forte, sicuro di sé e orgoglioso del suo lavoro. 

-Già…-,  e va bene non ce la faccio a mentire.

  cominciato tutto ieri sera. Sono uscito di casa e lungo la strada ho dato un passaggio a uno perché  mi faceva pena vederlo mentre s’inzuppava di pioggia…-

-Hm…-, la ragazza mi fa cenno di continuare, come a farmi capire che mi sta seguendo. Non che ci voglia tanto…

-Dopo cinque minuti la mia macchina è stata impallinata di proiettili. Eravamo seguiti da una berlina nera… Siamo riusciti a seminarla per un breve tratto, poi ho deviato in una strada che ci ha portati in un paesino. Là ho perso il controllo del veicolo e un cittadino, un poliziotto anche lui, ha aperto il  fuoco a quelli della berlina.  Lo  hanno  ammazzato.-

-Dici sul serio?- Le rispondo con un cenno affermativo.

-Allora so com’è andata. È l’articolo che abbiamo letto sul giornale…-, accenna all’amico.

-Cristo…-, mi giro verso il gigante e mi mostro pienamente d’accordo con lui.

 

-La polizia di quel borgo ci ha tenuti sotto sorveglianza in un albergo… Ma ho preferito scappare… Dovevo andare da mio padre. Quelli mi avrebbero fatto perdere del tempo troppo prezios…-

Le dita fresche di una mano affusolata che si appoggia al mio polso mi bloccano,  in preda ai brividi.

-Aspetta, aspetta… Tuo padre..? Perché tuo padre?-

-Racconta con ordine e dall’inizio per favore. Era da lui che stavi andando?-, mi chiede il collega. 

-Mh.  È stato nella polizia per molti anni, poi è passato nella sezione anticrimine e infine  ha anche lavorato come infiltrato,  per la sicurezza. Lo è tutt’ora.-

-Wow…-, sussurra la Hoshi.

-Continua-, mi ordina l’altro.

-Sì. È  stato in montagna, in un posto dove… Beh, ci facevano esperimenti anche sulla gente, là dentro e…-

-Sì, ne ho sentito parlare spesso…-, ricorda l’omaccione pacioccone. E io mi ritrovo a sorridere per questa rima strampalata.

  ancora là. Non lo vedo da quasi due anni. Ho scoperto il lavoro che faceva solo due settimane fa, capite?  Lui… lui era morto! Due anni fa lui era morto!!!-, incrino le sopracciglia con voce tremula, ancora incapace di credere al gran casino in cui mi sono ritrovato da un giorno all’altro.

-In che senso “morto”… Se è ancora là?!?-

  morto due anni fa sotto i miei occhi. Poi, una dozzina di giorni fa, ho ricevuto una telefonata.  Ed era lui.…-.   Resto un attimo in silenzio, intrecciando le dita delle mani mentre nella testa scorrono ricordi confusi.

Spiego vagamente come si sia conclusa la telefonata e della sua lettera che ho trovato.

-Hm… Bella storia!-, commenta il poliziotto alla fine.

-Già. Peccato  che  non lo è-

-Bella, eh?-

-No, una storia-.

L’energumeno mi fissa impassibile. Deve aver pensato che stavo raccontando una gran balla…

-Il vostro capo è coinvolto in tutto questo, comunque-

-Che dici!?!-, ora è la  Hoshi, ad essere scettica.

Allora decido di accennare vagamente al tizio che avevo visto in casa mia e del fatto che l’ho riconosciuto poco fa, in questura.

-Lui sapeva chi ero, capite? Sapeva che  ero il figlio di mio padre…!-

-Beh, ovvio……-.

Sbirciando di sottecchi la ragazza al mio fianco, capisco che mi sta prendendo per i fondelli.

-Beh, era chiaro cosa intendevo!!!-

-Si, scusa,- , ride, poi si rivolge al collega:   -Io avvierei qualche indagine, su quello…-

-Ehi.  Il capo è il capo…-, la frena lui. –Se lo scopre ci riduce sul lastrico in un battibaleno, lo sai..-

-Si può ugualmente agire con molta discrezione…-,  suggerisce la collega socchiudendo gli occhi con fare da micia.

L’altro arrossisce leggermente e bofonchia un ‘vedremo’ allontanandosi dal bar.

La conversazione si chiude lì. Ed io torno a fissare le luci colorate delle lampadine che si rispecchiano sul granito lucido del bancone.

 

 

 

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L’aero arriverà a momenti. Il volo è previsto per le due. Passiamo accanto a freeshop chiusi, attraversando l’intero salone e gli agenti mi portano fuori, lungo la pista principale. Vedere come la gente mi fissa le manette è terribilmente irritante.

-Allora, sei pronto?-

-A dir la verità non ho mai viaggiato, in aereo…-, com’è piacevole il calore del sole che trapassa le nuvole e ti scalda la pelle… Dovrò imprimermi questa sensazione, perché temo che non la proverò più per un bel pezzo.

 

 

-Ouh, non parlavo di quello..!  Mi riferivo alla tua villeggiatura in una cella…-

Mi volto impercettibilmente verso la ragazza: sta fissando con sguardo assente la torre di controllo.  Sembra si stia annoiando.

Poi si volta verso di me con un sorriso, e capisco di essermi sbagliato. 

-No.. Per quella non sono preparato. E credo proprio che non lo sarò mai…!-

Ha dei denti perlacei e le si illuminano gli occhi.    Sorrido a mia volta.  Nonostante il contegno a cui è costretta, il buonumore che emana è contagioso.

-Com’è, là dentro?-, domando.  Osservo i suoi capelli nero blu fluttuare al vento e scoprire sottili ciocche di un viola intenso.

-Non so risponderti con certezza. Io mi limito a lavorare all’esterno… Della vita in carcere non ne so molto, mi dispiace-, dice  mentre arrotola fino al gomito una manica della sua camicia, -Ma dubito che lo troverai di tuo gradimento… Ho sentito dire che quel posto è un inferno…-

-Sul serio?-, un aereo rulla lungo la pista fino a decollare.

-Mh…Da quel che ne  so le stanze sono davvero molto piccole, arredate  solo di una branda, uno sgabello e un tavolino, tutti fissati alle pareti-

-Dimentichi le lenzuola di carta e gli agenti penitenziari che ti fissano di continuo, Sakiko-, interviene il suo collega gigante.

-Hai ragione, Shun’-, gli risponde lei, poi torna a rivolgersi a me, -Quel carcere è orrendo, credimi. Spero solo che tu non debba restarci a lungo…-

Ragàs, loro sì che sanno come tirarmi su di morale………!

 

 

 

All’una e cinquantasette distinguo la sagoma di un aereo che si avvicina all’aeroporto.

-È quello?-

L’agente tappo fissa l’orizzonte e sembra illuminarsi, poi, senza nemmeno rispondermi si rivolge a Shunsuke per avvisarlo dell’arrivo del nostro velivolo.    Stronzo.

Resto a guardare il trabiccolo allinearsi alla pista, accendere il faro di atterraggio e ridurre la velocità.  Il carrello principale tocca terra, seguito dal ruotino anteriore, e  l’aereo comincia a rallentare a tutta manetta accarezzando l’asfalto fino a fermarsi a cento metri da noi.  Non ne avevo mai visto uno così da vicino.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Non ci voglio andare, non ci voglio andare, non  ci voglio andare, NON CI VOGLIO ANDARE!!!

È curioso come io mi svegli quando ormai è troppo tardi.

Avrei dovuto tentare  di fuggire.  Chi se ne frega se mi avrebbero beccato. Almeno non sarei rimasto col rimpianto di non averci neppure provato.

 

 

L’aereo non è molto grande.  Ci saranno sì e no quaranta posti a sedere. Sono costretto a piazzarmi in uno dei primi,  e  mi ci stravacco senza tanta finezza. I sedili sono blu e di un viola che tende al lilla, mentre le pareti in metallo sembrano di un bianco sporco, probabilmente grigio oppure azzurro.

O forse è tutto solo un effetto ottico dovuto alle luci verdognole che fanno tanto ospedale antiquato.  Difficile dirlo.  

Sono stanco.  

Ma voglio andarmene da qui.

Incollo la faccia ad uno degli oblò circolari che si affacciano alle pareti e guardo all’esterno.  C’è poca gente fuori  e,   sporgendomi da un lato,   scorgo un uomo, vicino ad una carretta alta e senza portiere,  che aggancia al  veicolo la scaletta  sulla quale siamo appena saliti,  per portarla via. La ricetrasmittente della Hoshi si mette improvvisamente a gracchiare e la voce sorpresa della ragazza  mi spinge inconsciamente  a prestarle attenzione.

-…Ma capo… Siamo già su, partiremo a momenti..!-

 

Mi volto verso di lei con espressione interrogativa.  Lei sostiene lo sguardo, stupita e corrucciata, ascoltando parole che non riesco a decifrare.

-Ma per quale motivo dovrei…Certo.. Sissignore. D’accordo, sarà fatto-.

-Problemi?-

-Vuole che ti riporti indietro-

-E perché!?!?-

-Dice che gli saresti più utile così-

Sakiko non sorride più.   È seria e guarda alternativamente me e i suoi colleghi.  Poi si sporge in avanti e mi ritrovo il suo collo a pochi centimetri dalle mie labbra.  Ha un buon profumo, deciso, ma non forte  che mi fa sentire sicuro e potente.

-Ha nominato una settimana bianca.    Tu e lui.   Credo voglia portarti su-

-Merda, no! Ricatterebbe mio padre, mi userebbe come ostaggio per… Per… Aaah, non so per cosa, cazz..-

-Fammi finire! Adesso ascoltami bene: ti toglierò le manette, poi mi metterò ad urlare. I miei colleghi sono armati, quindi fa molta attenzione. Tu spintonami e scappa. La mia macchina è nel parcheggio dell’aeroporto. Tu sai dove. Tieni, sono le chiavi-.

Poi il gran casino. 

 

 

Sento i miei polsi liberi, le sue urla e la gente  che comincia a gridare  in una reazione a catena. 

La spintono contro Shunsuke e, mentre lei mi fa da scudo senza darlo a vedere, mi faccio largo tra i passeggeri, rapido come una saetta.

Il microbo e la pertica restano bloccati da alcune persone ed io posso dileguarmi senza troppe difficoltà.  Ho la fortuna dalla mia parte:  non possono aprire il fuoco, o rischierebbero di ferire anche altri, oltre a me.

Al portellone, un assistente di volo mi fissa come se fossi un marziano e, scimmiottando una mossa degna di un judoka professionista, lo incollo  al muro.

Un balzo e sono fuori.  Forse ha ragione: sono un alieno sul serio.

Atterro malamente sulla scaletta che sta venendo trainata via   storcendomi  una caviglia e salgo fino all’ultimo gradino per poi buttarmi sul tettuccio del veicolo.  Mi ci appiccico effetto polipo  e, sfidando la forza d’inerzia ogni volta che sbanda,  scivolo all’interno della vettura scaraventando fuori l’uomo, che ruzzola e rotola sull’asfalto per alcuni metri.

Spero di non avergli fatto troppo male, dannazione.

Accelero a tavoletta zigzagando tra le persone e prendo la direzione dell’aeroporto. 

Ripercorro la strada di prima con un solo pensiero nella testa.

 

Non ho tempo da perdere, devo sbrigarmi!   Kami, se devo sbrigarmi!!! 

 

 

‗‗‗‗‗‗‗‗‗‗‗‗‗‗‗‗‗‗‗‗‗‗‗‗‗‗‗‗‗‗‗‗‗‗‗‗‗‗‗‗‗‗‗‗‗‗‗‗‗‗‗‗‗‗‗‗‗‗‗‗‗‗‗‗‗‗‗‗‗‗‗‗‗‗‗‗‗‗‗‗‗‗‗‗‗‗‗‗‗‗‗‗‗‗‗‗‗‗‗‗

 

 

 

 

Ed ecco che ho portato a termine anche l’ottavo capitolo (spero vi sia piaciuto)! ^___^   Ma.. a questo punto 9__9 … Sorge una tentazione a cui non so se cedere oppure  se fare l’esatto contrario…

 

Eh, questa Sakiko ammaliata da Hanamichi…  ˘˛__˘     Potrebbe arrivare a creare un po’ di scompiglio tra Hana e Ru… O no…?  Basta Genjo stesso a confondere Kaede o…?  Voi che dite…? Si accettano consigli!    

 

Un ringraziamento va anche a Kiba91 per aver lasciato un commento alla  mia fic!   See you soon!  ^_____^

                                                                                             Kisses

                                                                                                       =Angels’ Isl@nd=

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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