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Autore: Lhea    17/06/2010    2 recensioni
[Seguito de “Il gioco dello Scorpione”]
Sono passati due anni da quando lo Scorpione è finito dietro le sbarre, due anni da quando Irina è tornata a essere una ragazza normale e due anni da quando tutto nella sua vita ha iniziato a prendere la giusta piega… Ma si sa che il passato è sempre difficile da dimenticare, e lei lo sa meglio di tutti.
Il passato si può nascondere, si può rinnegare, si può anche cercare di dimenticarlo, ma non si può cancellare. Perché rimane lì, a ricordarti ciò che sei stata e ciò che sei diventata; rimane lì a farti capire cosa hai perso e cosa hai guadagnato… Il passato torna. E quando torna, un motivo c’è sempre.
E se all’improvviso Fenice tornasse? E se all’improvviso se le venisse offerta la possibilità di correre ancora per una giusta causa, di passare dalla parte “giusta” e coniugare due cose che non aveva mai pensato di poter riunire? E se all’improvviso si rendesse conto che alla fine il suo passato non lo hai mai dimenticato, che ha sempre vissuto all’ombra di ciò che era stata?
Questa volta Irina deve fare una scelta che può cambiare definitivamente il suo mondo, il suo modo di vedere e di vivere… Una scelta che la dividerà da tutto e da tutti, e che sarà la sua unica possibilità per lasciarsi veramente il suo passato alle spalle. Per poi scoprire che in due anni molte cose cambiano, comprese le persone che hanno fatto parte della sua vita.
Questa volta, il passato torna per sconvolgere tutti, per dimostrare che si cade e ci si rialza; per dimostrare che si perde e si vince; per dimostrare che il bene e il male sono solo due visioni relative… Per dimostrare che alle volte le parti si invertono, e ti mostrano quello che veramente c’è da vedere.
[Nota dell’autrice: lasciatemelo dire: questo non sarà il solito seguito. Se torno, torno per stupirvi… E’ una promessa]
POSTATO ULTIMO CAP + EPILOGO
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il Gioco dello Scorpione'
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Capitolo XIV

Capitolo XIV

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 7.00 – Santa Cruz

 

William gettò un’occhiata a Marissa, addormentata tra le lenzuola sfatte, i capelli biondi sparsi sul cuscino, e si infilò la maglia nella penombra della stanza, rischiarata solo dalle lame di luce che filtravano tra le tapparelle. Raccolse la cintura e la riallacciò, distaccato e stranamente freddo.

 

Quando andava a letto con una ragazza, al risveglio non provava mai niente oltre il senso di appagamento e di soddisfazione che gli dava il fatto di averne avuta un’altra. Tutte le volte era il primo a svegliarsi e andarsene, senza commenti né coccole come la maggior parte delle donne si aspettava. Non faceva parte della sua natura, indugiare per troppo tempo su qualcosa che non aveva futuro, che non avrebbe mai più rivisto: le aveva sempre e solo usate, le ragazze.

 

Anche questa volta non sarebbe stato diverso. Non gli interessava molto di Marissa, di quello che avrebbe detto o di quello che avrebbe fatto, ed era convinto che lei la pensava nello stesso modo. Chi ragionava come loro, non chiedeva e non si aspettava di più che una notte avventurosa.

 

Lasciò la stanza senza degnarla di un’ulteriore occhiata e andò in soggiorno: Daniel e Sebastian lo stavano aspettando in piedi, pronti ad andarsene. Blacktree stava dormendo nell’altra stanza, completamente all’oscuro della loro partenza mattutina.

 

Sistemò la pistola che gli aveva dato il meccanico nella tasca dei pantaloni e afferrò la valigetta per controllare quanto era rimasto dentro: abbastanza da permettergli di fare quello che aveva in mente.

 

<< Ok Daniel, andiamocene >> disse, facendogli un cenno.

 

Si avviarono verso la porta, diretti al garage di sotto, ma come aveva previsto Sebastian li seguì, sistemandosi il suo cappello sulla testa con aria stanca. William si bloccò sulla porta e alzò il braccio, appoggiando la mano sullo stipite della porta, bloccandogli la strada. Sebastian inchiodò e lo guardò, perplesso.

 

<< Che c’è? >>.

 

<< Ho detto Daniel… >> rispose William, il tono basso ma chiarissimo.

 

Il meccanico cambiò espressione, come se non avesse capito quello che aveva detto. Daniel, che li aveva preceduti e stava fermo sulle scale ripide e piene di ragnatele, li guardava, in attesa.

 

<< Cosa stai dicendo? >> borbottò Sebastian.

 

William fece un cenno a Daniel, la pistola in mano. << Aspettami in garage >>.

 

Il ragazzo annuì e sparì di sotto, lasciando la scala nel completo silenzio. William si voltò completamente, e Sebastian arretrò di qualche passo, intuendo quello che stava per succedere…

 

<< Cosa vuoi fare? >> domandò, la voce rotta, << Non puoi… Dopo tutto quello che ho fatto… >>.

 

William guardò il meccanico, con un misto di fastidio e divertimento. Aveva previsto quella reazione, e non era preoccupato: sapeva cosa fare, ma soprattutto cosa dire. Sperava solo che non si lasciasse prendere da un attacco di isteria e iniziasse a gridare svegliando tutto il vicinato…

 

<< Esisteva un patto tra noi, ricordi? >> disse, ricordando quella sera di diversi anni prima, in cui aveva preparato un “piano di salvataggio” solo per lui, << Io sono il capo, tu sei il meccanico. Tra noi due quello che avrebbe rischiato di più la cattura sarei stato io, perché la polizia non si sarebbe soffermata su un solo meccanico, quando avrebbe dovuto catturare dei piloti clandestini… Ricordi? In base a questo ragionamento, abbiamo deciso che io avrei fatto in modo di salvarti la pelle, nel caso le cose fossero precipitate e io sarei finito dietro le sbarre. In cambio, tu mi avresti cercato e mi avresti aiutato a scappare… Un accordo abbastanza equo, mi pare. In più ti avevo garantito una cospicua somma di denaro per il disturbo, ti ricordi, vero? >>.

 

Aveva sempre ritenuto fosse un piano perfetto: era necessaria un minimo di fiducia reciproca, ma si era premunito di mettere sul piatto anche un bel po’ di dollari, che avrebbero fatto gola a chiunque e avrebbero scongiurato fastidiosi “colpi di testa” del meccanico. Come aveva previsto, infatti, aveva funzionato.

 

<< Sì, mi ricordo…>> disse Sebastian, a bassa voce, << Dove vuoi andare a parare, eh? >>.

 

Era inutile girare intorno alla questione, in quella situazione. Era meglio farla finita prima che si svegliassero Blaktree e Marissa

 

William ghignò. << Non mi servi più >> disse.

 

La faccia di Sebastian cambiò nuovamente espressione, passando dallo spavento al vero e proprio terrore. Indietreggiò ancora, poi sembrò capire all’improvviso e disse: << Dovevo aspettarmelo… Mi ucciderai, vero? >>.

 

Il corridoio sembrò farsi ancora più buio di prima, e per qualche istante aleggiò la stessa atmosfera che ci poteva essere in un cimitero. William giocò con la pistola che aveva in mano, gettandole uno sguardo.

 

Ci aveva pensato molto, prima di prendere quella decisione. Sebastian era stato il suo meccanico, e gli aveva sempre preparato le auto per le gare… In minima parte aveva contribuito a renderlo lo Scorpione; aveva mantenuto il patto, venendolo a cercare, anche se ci aveva impiegato due lunghi anni… Però se voleva essere coerente con ciò che aveva pianificato, cioè ricominciare da zero, doveva fare a meno di lui… E in fondo, non aveva nemmeno un’auto da modificare.

 

Ucciderlo era la scelta migliore: non avrebbe lasciato tracce, non avrebbe corso il rischio che Sebastian che facesse la spia e lo facesse catturare… La sua fuga sarebbe stata perfetta, a quel punto.

 

<< No >> disse alla fine, fissandolo negli occhi, << Non ti ucciderò, perché non mi sono mai lamentato di ciò che hai fatto per me. Ammetto che sarebbe la scelta migliore, ma per questa voglio essere buono… Prenditi i tuoi soldi, e vattene per i fatti tuoi >>.

 

William sapeva di non essere coerente con ciò che aveva deciso, che lasciare Sebastian vivo e fuori controllo equivaleva ad accettare un rischio altissimo, ma non lo voleva morto. Alla fine gli era rimasto fedele molto più di altri, e doveva in qualche modo ricompensarlo.

 

Sebastian sembrò sbalordito. << Ma… Ho fatto tutto questo per farti uscire, e ora tu mi lasci in mezzo alla strada? >> esalò, << Chi ti farà da meccanico, eh? Chi ti preparerà le auto, eh? Perché questa decisione? Non avevi detto che rivolevi tutto indietro? >>.

 

<< Ho chiuso con la gente che faceva parte del mio giro >> rispose seccato William, << Ho chiuso, volto pagina. Mi sono sempre fidato di pochi, e quei pochi mi hanno tradito… Ricomincio da zero: cercherò altra gente, e questa volta non mi fiderò più di nessuno… >>.

 

<< Non ha senso! >> ribatté Sebastian, << Credevo che… >>.

 

<< Zitto >> ringhiò William, agitando la pistola, << Ringrazia che non ti abbia voluto uccidere, perché sarebbe stata la scelta più scontata. Ma non azzardarti ad andare dagli sbirri per dirgli dove sono diretto, perché altrimenti tornerò indietro e questa volta ti ammazzerò sul serio >>.

 

Sebastian sembrava davvero sorpreso, ma mai quanto lo stesso William: non era da lui prendere una decisione del genere, ma era sicuro che sarebbe filato tutto liscio. C’erano i soldi, in mezzo, e quando il denaro faceva da intermediario, niente poteva andare storto.

 

<< Qui ci sono i tuoi soldi, più un piccolo extra >> disse a bassa voce, << Fatteli bastare. Trovati qualcun altro a cui modificare le auto… Non dovrebbe essere difficile, se sul tuo curriculum compare il mio nome >>.

 

Gettò la valigetta ai piedi del meccanico, poi si voltò senza aggiungere altro. Sebastian non cercò di seguirlo, ma rimase lì impalato, come se non sapesse più davvero cosa fare, il corridoio deserto e silenzioso.

 

Una volta sotto, William si sentì finalmente tranquillo: non aveva davvero più legami con nessuno, e poteva dirsi veramente libero. Avrebbe messo in atto il suo piano da solo, eccetto un minimo di aiuto da parte di Daniel.

 

L’auto che Sebastian gli aveva fornito era una BMW M6, grigio titanio, abbastanza rapida e potente da permettergli di viaggiare com’era solito fare, cioè molto veloce. Daniel stava già guardando nel bagagliaio, dove c’erano due grosse valige piene di armi e di vestiti per camuffarsi in caso di bisogno. Prese una cartella di pelle marrone e la aprì: conteneva i loro documenti falsi, compreso il passaporto che gli sarebbe sicuramente servito.

 

Incuriosito, aprì la carta di identità: mancava la foto, perché quella doveva essere inserita all’ultimo, quando avrebbe deciso come travestirsi per uscire dagli Stati Uniti. Stando a quello che c’era scritto, si chiamava Henry Goldsack, ed era nato a New York.

 

Fece una smorfia divertita, nello scoprire che come stato civile era stato inserito “Sposato”: ma quando mai? Visto come era andato a finire il matrimonio tra suo padre e sua madre…

 

In quel momento gli venne in mente che suo padre era sepolto nel cimitero di San Francisco, e che sua madre era finita a scontare gli arresti domiciliari in una misera casa da qualche parte vicino a Boston… Nessuno di loro avrebbe mai avuto modo di riscattarsi, tranne lui.

 

Non sarebbe andato a trovarli, né l’uno né l’altro. Prima di tutto perché non poteva rischiare di farsi trovare in uno dei posti che sicuramente gli sbirri avrebbero tenuto d’occhio, e secondo perché non aveva voglia di scoprire quanto la sua famiglia fosse caduta in basso.

 

<< Possiamo andarcene >> disse, raggiungendo la portiera dell’auto.

 

<< Il tuo amico non viene? >> chiese Daniel, chiudendo il bagagliaio dopo essersi scelto una pistola e averla intascata con un ghigno.

 

<< No >> rispose secco William.

 

Daniel non fece commenti. << Dove andiamo? >> domandò,.

 

William fece retromarcia e imboccò la rampa del garage, salendo lentamente mentre la luce del mattino li abbagliava.

 

Ghignò, al pensiero del piano che aveva studiato appena aveva capito che i messicani non volevano aiutarlo, e che se la sarebbe dovuta vedere da solo… La sua vita sarebbe ricominciata alla grande, ne era sicuro.

 

<< In Messico >> rispose, << Andiamo a trovare alcuni miei vecchi amici… Hanno una piccola lezione da imparare >>.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 22.00 – San Pietroburgo

 

Xander strizzò gli occhi per individuare nella penombra del locale Ermil, che gli aveva dato appuntamento lì dopo l’ennesima vittoria in gara, e lo vide seduto in fondo, a un tavolo circolare e appartato, un bicchiere di birra in mano e l’espressione pensierosa.

 

Notò che nel bar c’era più gente del solito, infatti il bancone era completamente occupato e molti dei tavoli che di solito erano liberi ospitavano uomini dall’aspetto poco raccomandabile. Il tavolo da biliardo, al centro della sala e illuminato dai lampadari polverosi, era preso d’assalto da un gruppo di ragazzi, che ridevano e bevevano tra un tiro e l’altro.

 

Xander si fece largo tra la gente, attraversando una nuvola di fumo di sigaro, e raggiunse il russo.

 

<< Siediti >> disse Ermil, vedendolo arrivare, << Prendi da bere, mentre aspettiamo >>.

 

Xander prese posto e ordinò il suo solito Martini con ghiaccio, osservando con attenzione la gente che si trovava nel locale. La persona che gli aveva fatto trovare il biglietto minatorio nell’auto poteva essere lì in mezzo.

 

Non era la prima volta che riceveva una minaccia, ma non gli era mai successo in quel modo né così presto. Di solito venivano a dirglielo in faccia, che non lo volevano in giro o che dava fastidio, e doveva ammettere che non sapere da chi doversi guardare lo rendeva nervoso. Aveva fatto solo qualche gara e non si era fatto vedere nemmeno molto, eppure già si erano accorti di lui… Gli sembrava un po’ troppo strano.

 

<< Hai ricevuto altre minacce? >> domandò Ermil, sorseggiando la sua birra apparentemente tranquillo.

 

Xander glielo aveva raccontato, più che altro per sentire cosa aveva da dire: McDonall, a cui aveva raccontato l’accaduto più per scrupolo che per altro, gli aveva consigliato di indagare sulla faccenda, perché poteva essere che la sua faccia fosse conosciuta, e che qualcuno potesse sapere che in realtà non si chiamava Mark Dowson.

 

<< No, per il momento nient’altro >> rispose Xander, secco.

 

<< Non preoccuparti, si tratta di una minaccia senza fondamento >> disse Ermil, usando esattamente le stesse parole dell’altra volta, << Vogliono solo intimidirti un po’ perché sei forte e sei americano, ma non ti faranno niente >>.

 

“Su questo dubiterei… Da quello che ha detto Demidoff, mi è parso di capire che qui fanno sul serio. E sinceramente non vorrei essere ritrovato chiuso dentro il bagagliaio di una Bentley”.

 

<< Chi stiamo aspettando? >> chiese Xander, per cambiare argomento.

 

<< Una persona che può aiutarti a entrare nella cerchia giusta… >> rispose Ermil, nascondendo un sorriso, << Ti dirà cosa devi fare… >>.

 

<< Di preciso chi è? >> domandò Xander, per non farsi trovare impreparato.

 

Ermil sembrò molto divertito. << Non voglio rovinarti la sorpresa >> disse, evasivo.

 

Xander bevve un sorso della sua birra, preoccupato. Sperava non si trattasse di qualcuno che avesse già conosciuto nella missione di Challagher, altrimenti rischiava davvero la pelle.

 

Il loro contatto si fece aspettare per più di un’ora, come se ritenesse la puntualità qualcosa di poca importanza. Xander rimase seduto al suo tavolo, parlando con Ermil della situazione piuttosto tesa che c’era in quel momento in Russia, per via di alcune faide fra le famiglie più potenti che si occupavano dello spaccio di droga. Tra le righe riuscì a intuire che centrasse in qualche modo anche Boris Goryalef, e qualcuno dei piloti suoi amici. Sperò che Irina non ci finisse in mezzo, visto che aveva l’innata capacità di infilarsi nei guai.

 

<< Come mai c’è tutta questa gente, stasera? >> chiese, ordinando il secondo Martini per occupare l’attesa. Dal tavolo da biliardo si levò un brusio concitato per via di un tiro per riuscito.

 

Ermil si mise comodo, forse intuendo che l’attesa si sarebbe fatta lunga. << Si è sparsa la voce che la persona che aspettiamo sarebbe venuta qui >> spiegò, inarcando un sopracciglio mentre guardava il barista, << Non è di questa zona, quindi è sempre un evento quando si fa vedere… >>.

 

Xander controllò che la pistola che portava nascosta addosso fosse ancora al suo posto, perché tutto quel mistero gli dava un brutto presentimento. C’era davvero il rischio che si trattasse di Boris Goryalef, che sicuramente si sarebbe ricordato di lui, quando avrebbe visto la sua faccia: gli doveva la fiancata di una Ferrari gialla.

 

Ad un certo punto sentì la porta del locale aprirsi e poi chiudersi, e notò che tutta l’attenzione venne rivolta verso l’entrata, nel silenzio generale. Il gruppo del biliardo gli sbarrava la vista, così si sporse per vedere di chi si trattava, pronto a una fuga rapida nel caso ce ne fosse stato bisogno.

 

<< Era ora… >> borbottò Ermil, facendo lo stesso.

 

Se si era aspettato un russo barbuto, scontroso e magari anche ubriacone, non poteva essersi sbagliato di più. Perché, prima di tutto, il loro contatto non era barbuto, né particolarmente minaccioso a vedersi. Secondo, perché era una donna.

 

“Cavolo, questo non me lo aspettavo proprio…” pensò, basito, gli occhi incollati sulla figura della nuova arrivata, esattamente come tutto il resto del bar.

 

La ragazza, che dimostrava all’incirca venticinque anni, si stagliava alta e slanciata all’entrata del locale, avvolta in una pelliccia bianca che non l’avrebbe mai fatta passare inosservata, i lunghi capelli biondi mossi le ricadevano sulle spalle in morbide onde, avvolgendo la sua figura snella e asciutta. Non c’era altro modo se non definirla bellissima, perché i tratti del suo viso sembravano scolpiti da uno scultore, perfetti, senza un difetto; e gli occhi erano di un azzurro così intenso da sembrare quelli di un angelo. Le labbra erano delineate dal rossetto rosso scuro, le unghie perfettamente curate che si stringevano sulla borsetta di Prada con aria letale. Il tutto condito da movenze feline, aggraziate e sensuali al tempo stesso.

 

La ragazza si tolse rapidamente la pelliccia, l’espressione infastidita forse per il fatto di trovarsi in un locale di poco conto e scialbo come quello, e la consegnò a uno dei camerieri che si premurò di riporla al sicuro. Gettò uno sguardo intorno, ignorando completamente la gente che la fissava, poi puntò dritta e sicura dalla loro parte, l’abitino aderente che seguiva i suoi movimenti come una seconda pelle.

 

Una volta di fronte a loro, in perfetto equilibrio sui vertiginosi tacchi a spillo degli stivali, rivolse un’occhiata sprezzante verso Ermil, poi si sedette, infastidita.

 

<< Ho poco tempo >> disse, rivelando una voce cristallina quanto il colore dei suoi occhi, << Diamoci una mossa, anche perché odio venire qui… >>. Il suo tono però non sembrava ammettere repliche, e aveva molto l’aria di un ordine.

 

Xander rimase a guardarla, stupito da quanto fosse bella. Molto probabilmente era la più bella donna che avesse mai incontrato… Persino da vicino non sembrava avere alcun difetto, e da così si notava anche quanto fosse liscia la sua pelle, e il suo profumo sensuale. Cosa centrasse lì in mezzo, era difficile da capire, perché sembrava davvero un pesce fuor d’acqua. Per un momento gli ricordò Irina e il loro primo incontro, quando con un’occhiata aveva intuito che non stava tra i piloti clandestini per piacere. C’era però una sottile differenza, in quella circostanza: se lo sguardo di Irina era pervaso da tristezza e sconfitta, quello di quella ragazza era tutto il contrario. Se c’era una cosa che gli era chiara, era che non aveva paura di nessuno, lì dentro, e che si aspettava di essere rispettata.

 

<< Lei è Nina Kraracova >> la presentò Ermil, << Nina… Lui è Mark Dowson, quello di cui ti ho accennato >>.

 

La ragazza sembrò improvvisamente accorgersi di lui. Lo squadrò per un momento, come a valutarlo, poi sorrise mostrando i denti bianchi, facendo mutare radicalmente la sua espressione.

 

<< Mi fa piacere conoscerti, Mark >> disse, improvvisamente ingentilita, << Ero curiosa di incontrarti… >>.

 

“Non mi sembrava molto entusiasta, fino a poco fa…” pensò Xander.

 

<< E’ un piacere anche per me >> disse, << Anche io avevo voglia di scoprire chi era il famoso contatto di cui mi ha parlato Ermil… >>. Sorrise, facendo un cenno verso di lei, per dimostrarle che era sorpreso di trovarsi davanti una ragazza.

 

Nina rise divertita, e Xander si accorse che molti degli sguardi erano inesorabilmente puntati su di lei. << Bene. Mi dispiace, ma questa sera ho molto poco tempo da dedicarvi, quindi credo che dobbiamo subito passare alle questioni più importati >> disse, facendo ondeggiare la sua chioma bionda, << Avremo modo di conoscerci meglio la prossima volta >>. Ammiccò con aria complice, rivolgendogli un’occhiata molto eloquente.

 

La prossima volta… Quindi gli stava già dicendo che si sarebbero incontrati di nuovo…

 

Xander non seppe cosa dire, perché le possibilità erano due: o Nina era molto espansiva e amava conoscere nuova gente, oppure doveva aver in qualche modo fatto colpo su di lei… Cosa che non era sua intenzione.

 

Uno dei camerieri si avvicinò con aria intimorita, il blocchetto delle ordinazioni in mano, sfoderando un sorriso d’ordinanza. Domandò qualcosa in russo alla ragazza, forse per chiederle se voleva qualcosa da bere. Lei gli gettò un’occhiata infastidita e rispose seccamente che non voleva niente, facendogli imperiosamente cenno con la mano di andare via.

 

<< Odio venire qui… >> borbottò, appoggiando la sua borsetta sul tavolo e ignorando le occhiate della gente: evidentemente non le importava di poter risultare scortese. Tirò fuori un cellulare e mentre tornava a guardarlo cambiò espressione, nuovamente gentile.

 

<< Allora, so che sei bravo con le auto >> disse, << Vuoi diventare uno dei Referenti, mi hanno detto… >>.

 

Xander annuì. << Sono qui per questo >> disse, << Puoi aiutarmi? >>.

 

La ragazza gli lanciò un’occhiata maliziosa. << Certo che posso aiutarti >> ribatté, divertita, << Ma come mai sei venuto qui, da queste parti? Non si stava meglio in America? Mi sembra che lì le gare di auto siano ancora più diffuse che da queste parti… >>. Accavallò le gambe snelle, e tutto il bar catalizzò la propria attenzione da quella parte, ben consapevole dell’effetto che stava provocando.

 

Xander si strinse nelle spalle, mantenendo lo sguardo dritto sul suo viso.

 

<< Non tira buona aria, laggiù >> rispose, << Era il caso di sparire per un po’… >>.

 

La ragazza sorrise. << Capisco… Sappi solo che la strada è particolarmente difficile. Oltretutto sei anche uno straniero, e la gente di qui non sarà particolarmente contenta di vedere un americano tra noi… E’ una bella sfida, te ne rendi conto, vero? >>. Parlò con leggerezza, come se in realtà considerasse l’avvertimento solo di routine, e non credesse veramente alle proprie parole.

 

Xander ghignò. << Dove sta il problema? Adoro le sfide… >>.

 

Nina si lasciò scappare un ghigno palesemente divertito. << Chissà perché mi aspettavo un risposta del genere… >> disse, << D’accordo, domani sera c’è una gara piuttosto importante dalle parti del Park Tikhiy, se ti fai notare puoi meritarti l’invito a una delle nostre feste… >>. Dalla sua faccia si capì che in realtà l’invito era già pronto, e che non era necessaria nessuna gara.

 

<< Feste? >>.

 

<< Oh, siamo freddi nell’accoglienza, ma amiamo particolarmente divertirci >> rispose Nina, sporgendosi verso di lui, e lanciò un’occhiata a Ermil, rimasto fino a quel momento in silenzio. << E poi, non frequentiamo gentaglia del genere… >>.

 

Il russo non diede nemmeno segno di aver sentito: aveva lo sguardo puntato sullo scollo dell’abito di Nina, e molto probabilmente non gli interessava nemmeno quello che aveva detto. Xander rimase interdetto di fronte al comportamento di quella ragazza, che mutava di secondo in secondo, e che non sembrava avere problemi a dire tutto quello che pensava.

 

Nina ammiccò, poi domandò: << Che auto hai? >>.

 

<< Una Volkswagen Scirocco >> rispose Xander. Qualcosa stridette nella sua testa.

 

Nina arricciò il naso, gli occhi azzurri ridotti a due fessure. << Troppo ordinaria >> commentò, << Ma se non hai di meglio… >>.

 

Xander fece una smorfia, infastidito. Nessuno aveva mai giudicato “troppo ordinaria” una delle sue auto, anche perché era abituato a ben altre macchine; e il commento, anche se veniva da una bella ragazza, non gli andò giù per niente.

 

<< E’ importante che auto io abbia? >> chiese, neutro.

 

Nina sorrise di fronte alla sua espressione, come se se la fosse aspettata. << Oh, no, non ha importanza >> rispose, << Non è l’auto che fa il pilota, ho sentito dire da voi americani… Era solo una mia curiosità >>.

 

A Xander tornò in mente Challagher: aveva detto la stessa identica frase a lui, in uno dei loro incontri. E quella ragazza per certi versi gli assomigliava: aveva l’aria di essere una importante, a cui era permesso tutto…

 

<< Sei una Referente? >> domandò secco, per vedere cosa le avrebbe risposto.

 

Nina ghignò. << Una Referente? Io? >> fece, divertita, << Uhm… Potrei anche esserlo, ma non mi sembra il caso di dirlo al primo arrivato, no? >>. Afferrò il suo bicchiere di Martini lasciato a metà e lo vuotò in un sorso, poi si alzò e raccolse la sua borsetta, lanciandogli un’occhiata maliziosa.

 

<< Ci vediamo, Mark >> lo salutò, dirigendosi verso la porta. Inutile dire che tutto il locale seguì i suoi movimenti fino all’uscita, e perfino mentre si infilava la pelliccia bianca con impazienza, facendo ondeggiare i suoi capelli come una cascata di oro liquido.

 

Xander rimase seduto a fissare la porta da dove era uscita la ragazza, perplesso e anche un po’ colpito. Se c’era una cosa che aveva capito in poche occhiate, era che a Nina piaceva giocare, sotto tutti gli aspetti. Chiunque fosse, aveva una certa popolarità, e non si faceva nessun problema a usarla. Così come le era chiaro che le piaceva attirare l’attenzione, visto che non disprezzava gli sguardi degli uomini, anzi, li incoraggiava anche.

 

<< Hai visto che roba? >> chiese Ermil, tutto eccitato, riprendendosi dallo shock dell’uscita della ragazza, << L’hai mai vista una così, in giro? >>. Ancora un po’, e avrebbero dovuto asciugargli la bava…

 

Xander si riscosse e lo guardò, accorgendosi che Ermil non era l’unico in quelle condizioni: gli altri non erano da meno.

 

<< No >> rispose in tutta sincerità.

 

Il russo ghignò. << E non sai ancora chi è… >> sussurrò. Il quel momento l’attività al tavolo da biliardo riprese il suo corso.

 

<< Perché, chi è? >>.

 

Ermil gettò un’occhiata in giro, poi rispose sotto voce: << Bé, è la figlia del Primo Ministro Krarakova >>.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 22.00 – Mosca

 

“Non mi frega, non mi frega…”.

 

Irina scalò di una marcia così veloce che temette che il pomello del cambio le rimasse in mano, poi schiacciò l’acceleratore fino a fine corsa, sentendo la Punto schizzare avanti, il motore che ruggiva. Si affiancò alla Skyline blu e tentò il sorpasso, la stretta strada sopraelevata che gli dava poco spazio di manovra.

 

Nikodim aveva chiamato, alla fine. E l’aveva invitata a quella gara che sapeva molto di una prova di bravura e fedeltà.

 

Inchiodò quando si accorse che stava per passare su una spessa lastra di ghiaccio, la strada che curvava rapida verso destra, e lasciò che fosse la Skyline a passare per prima. Aveva imparato la lezione, e non si sarebbe lasciata prendere alla sprovvista.

 

Rimase incollata al paraurti della Nissan, gettando una rapida occhiata allo specchietto: vedeva in lontananza i fari dei loro avversari, rimasti indietro, che però non rappresentavano più il suo vero problema. Doveva solo superare quello che aveva davanti e vincere, per dimostrare a quei russi che non aveva perso lo smalto e che era meritava tutto il loro rispetto.

 

Svoltò a sinistra, sentendo le ruote scivolare appena, e decise di tentare il tutto per tutto. Affiancò la Skyline, stringendola a sinistra per costringerla a rallentare, e la superò in un attimo, lasciandosi dietro solo la polvere di ghiaccio della neve.

 

Cento metri, e tagliava il traguardo in testa, sotto lo sguardo di Dimitri, rimasto a bordo strada ad assistere con l’aria infastidita, Boris e Nikodim, più un altro gruppo di persone tra cui alcuni dei cugini di Dimitri. Aspettavano al freddo, avvolti dalla nuvola di fumo che proveniva dai sigari accesi.

 

Scese dall’auto guardandosi attorno, l’espressione tranquilla per dare l’idea che doveva essere stata tutta una passeggiata. Attese che il tipo della Skyline scendesse dalla sua macchina e gli rivolse un cenno per fargli capire che aveva apprezzato la gara, com’era sempre stata abituata a fare: quello si limitò a grugnire e a rientrare in auto.

 

<< Bene, bella gara, Fenice >> disse Nikodim, avvicinandosi avvolto nella sua pelliccia scura, << Ora, se vuoi seguirci… >>. Alzò una mano per indicare oltre i capannoni della zona industriale.

 

<< Dove andiamo? >> chiese lei.

 

<< In un locale qui vicino >> rispose Boris, che li aveva raggiunti sventolando il suo sigaro, << Beviamo qualcosa e vediamo cosa possiamo fare per aiutarti >>.

 

Con la coda dell’occhio guardò Dimitri, che però aveva gli occhi rivolti da un’altra parte: fissava una Subaru Impreza nera con due strisce gialle sul cofano, ferma non molto lontano da lì, i fari e il motore accesi. Non aveva preso parte alla gara, perché Irina non l’aveva vista prima.

 

La Subaru rimase ferma ancora qualche momento, mentre lei raggiungeva la Punto, come se il pilota stesse seguendo i suoi movimenti. Tentò di capire chi fosse, ma l’auto aveva i vetri completamente oscurati, e non riusciva nemmeno a intravedere qualche sagoma all’interno. Nel momento esatto in cui lei aprì la portiera della Punto, l’Impreza si defilò rapidamente, senza che nessuno se ne accorgesse, sparendo in un vicolo, silenziosa e solitaria.

 

Risalì in auto, chiedendosi chi mai fosse il pilota dell’Impreza, e notò che Dimitri continuava a guardare prima lei e poi il punto in cui si era volatilizzata la Subaro nera, rigido come una statua. Allora non era l’unica che trovava strana e inquietante quell’apparizione.

 

Seguì il corteo di auto fino al bar che le avevano indicato, sperando che l’incontro con i russi portasse a qualcosa e non risultasse un’altra perdita di tempo, come invece si prospettava. Guadagnare la loro fiducia era più difficile del previsto.

 

Parcheggiò l’auto vicino a un vicolo, dietro la R8 di Dimitri, e una volta scesa se lo ritrovò di fianco senza che nemmeno si fosse accorta che era uscito dalla macchina. Era più inquietante di un fantasma, certe volte.

 

<< Anche stasera non caveremo un ragno dal buco >> borbottò, quasi irritato, << Vogliono solo dirti cosa hanno deciso >>.

 

<< Non possiamo metterci tutto questo tempo >> sussurrò lei, mentre lentamente si avvicinavano all’entrata del locale, << Non puoi forzarli un po’? Cavolo, sono tutti amici tuoi… >>.

 

Dimitri arricciò il labbro. << No, non posso e non voglio >> rispose, << Sei tu quella che deve guadagnarsi la loro fiducia. E poi non mi ascolterebbero >>.

 

<< Sì, ok, lo so già… >> borbottò Irina, annoiata, << Piuttosto, hai notato anche tu la Subaru nera? Per caso ha a che fare con te? >>.

 

Da quando aveva capito che Dimitri le nascondeva qualcosa, e da quando aveva origliato la loro conversazione senza che lui facesse alcun commento, osservava attentamente il russo e tutte le persone che lo circondavano e che avevano a che fare con lui. Se non voleva parlare con lei, avrebbe almeno cercato di capire cosa ci fosse dietro al fatto che Dimitri doveva guardarsi le spalle da qualcuno, e soprattutto perché.

 

<< No >> rispose seccato il russo.

 

Era chiaro che il suo “no” era assolutamente una bugia. Non si sarebbe soffermato a guardare l’auto se non ne avesse avuto alcun motivo, lui che non degnava di attenzione mai nessuno. Ma siccome ormai iniziava a conoscerlo, capì che non voleva parlarne.

 

<< Ah, ok >> fece lei, fintamente noncurante, << L’ho trovato molto strano, credevo potessi saperne qualcosa. Sarà stato qualcuno che è rimasto colpito dalla mia immensa bravura… >>. Sorrise, sperando che Dimitri desse segno di non essersela presa, ma lui rimase di ghiaccio.

 

Arrivarono all’ingresso del locale, che aveva l’aria di essere piuttosto esclusivo: c’era un tizio vestito di scuro a controllare chi entrava, dall’espressione minacciosa. Dimitri disse qualcosa senza nemmeno guardarlo, e l’uomo li lasciò entrare senza aggiungere niente al cenno del capo che aveva fatto.

 

Si trattava di un pub di lusso, ampio e illuminato da luci azzurre e bianche, un lunghissimo bancone che correva alla loro sinistra, nero, dietro al quale diversi ragazzi si esibivano in spettacolari acrobazie con le bottiglie di alcolici, al ritmo della musica non troppo alta da coprire le loro voci.

 

Irina si guardò intorno: la gente che frequentava quel posto era molto diversa da quella che aveva visto negli altri locali. Lì sembravano esserci persone più facoltose e più sofisticate, sedute ai bei divanetti di pelle blu scuro, intente a bere i loro cocktail in bicchieri di cristallo decorati.

 

<< Dove sono? >> chiese Irina, riferendosi a Nikodim e agli altri. Non li vedeva da nessuna parte.

 

<< In una delle salette in fondo >> rispose Dimitri, precedendola, << Laggiù >>.

 

Irina lo seguì fino al fondo del locale, notando che i ragazzi che lavoravano lì sembravano conoscere tutti Dimitri, perché gli rivolgevano cenni di saluto appena passava. Arrivarono a una saletta sempre illuminata di blu e di bianco, con un grande tavolo per giocare a poker e un biliardo nell’angolo. Nikodim li aspettava in piedi, fumando un grosso sigaro che aveva già saturato l’aria con il suo odore di tabacco.

 

<< Sedetevi, che ci facciamo quattro chiacchere >> disse il russo, accennando al tavolo da poker, già occupato da Boris e Yulian.

 

Fece per raggiungerli, quando sentì che Dimitri la afferrava per un braccio facendola inchiodare sul posto.

 

A parte la sorpresa che si fosse abbassato a toccarla, cosa che non aveva mai fatto fino a quel momento, rimase di sasso nel sentire che la mano di Dimitri era bollente, e non gelida come aveva sempre pensato, visto il tipo che era…

 

<< Non dire niente di avventato, chiaro? >> sussurrò lui, minaccioso come al solito.

 

<< Ok… Tranquillo >>.

 

Dimitri la lasciò di colpo, e in quello stesso istante verso di loro arrivarono Gavriil, il cugino che era facile riconoscere per via dell’acne, e un altro ragazzo che sembrava avere sui trent’anni, piuttosto robusto, dai cortissimi capelli neri e la carnagione scura.

 

<< Ehi, sei tu quella della Grande Punto?! >> gridò il ragazzo, fissandola incomprensibilmente sbalordito. Venne verso di lei seguito da Gavriil, eccitato quanto lui.

 

<< Ehm… Sì >> rispose Irina, senza capire quell’interesse nei suoi confronti: non l’aveva visto alla gara, come faceva a sapere chi era?

 

Il ragazzo le porse la mano con aria felice, presentandosi.

 

<< Sono Daniele, è un piacere conoscerti >> disse, con uno stranissimo accento che non aveva sentito da nessuna parte, << Ma chiamami Dan, come fanno qui… Odiano il mio nome italiano >>. Lanciò un’occhiata a Gavriil, alla sua sinistra. Poi sorrise a quarantaquattro denti, lasciando Irina spiazzata: a giudicare dall’accoglienza festosa, non era un russo.

 

<< Piacere, io sono Irina >> disse, << Ma dovresti conoscermi già, visto che sai che auto ho… >>. Sorrise. Dimitri di fianco a lei fece una smorfia, e si defilò verso il biliardo, raggiungendo Emilian, il cugino dal volto sfregiato, che era appena arrivato.

 

<< Certo che so che auto hai! >> esclamò Dan, estasiato, << Da queste parti non si vedono auto italiane neanche a pagarle oro… Una Fiat Grande Punto… Roba da pazzi, come hai fatto a modificarla così? >>.

 

A Irina venne da ridere: quel ragazzo sembrava apprezzare più la sua auto che lei, e la cosa la incuriosì molto. Si chiese chi mai fosse, e soprattutto cosa ci facesse lì, in mezzo a quel gruppo di ghiaccioli impellicciati.

 

<< Opera del mio meccanico >> rispose, pensando un momento a Max, a Los Angeles, << Scusa se te lo chiedo, ma sei italiano? >>.

 

Dan gonfiò il petto inorgoglito, e annuì. << Certo >> rispose, poi si avvicinò e aggiunse sussurrando: << E continuo a preferire l’Italia… Qui si muore di freddo e basta >>.

 

Irina sorrise. << In effetti, pensavo la stessa cosa… >>. La sua attenzione però venne attirata da Dimitri, che parlava fitto fitto con Emilian, e l’argomento sembrava essere la Subaru di poco prima.

 

<< Poteva anche non essere lui >> stava dicendo Emilian, il volto sfregiato imperscrutabile, << Avrà mandato qualcuno dei suoi a controllare che fossi veramente tornato… >>.

 

<< Non è questo il problema… >> ringhiò Dimitri, afferrando la stecca da biliardo, << Non mi interessa se sa o non sa che sono qui, o che vuole uccidermi o meno. Quello che non voglio è che ci finisca in mezzo qualcun altro, chiaro? >>.

 

Emilian alzò lo sguardo dal tavolo da biliardo, beccandola mentre origliava. Lei si riscosse, distolse lo sguardo e fissò Dan.

 

<< Ehm… Ci sediamo? >> disse, cercando di mascherare l’imbarazzo.

 

<< Ok >>.

 

Lei e Dan raggiunsero il tavolo, lo sguardo di Emilian che la trapassava da parte a parte anche se lei era di spalle; aveva la sensazione di essersi appena fatta un altro nemico.

 

<< L’avrai fatta importare, la Punto >> disse Dan, mentre prendevano posto uno di fianco all’altro, << Mi piacerebbe sapere che modifiche sono state fatte al motore, perché quando vi ho visti passare credevo fosse tutto tranne che una Fiat… >>.

 

Irina gli lanciò un’occhiata perplessa, senza capire, anche se era più interessata a quello che stavano dicendo Dimitri ed Emilian. Solo che ora erano troppo lontani per riuscire a cogliere qualcosa della loro conversazione.

 

<< Non ero alla gara, ma vi ho visti passare lungo il ponte >> spiegò Dan, incuriosito dal fatto che sembrava un po’ confusa, << Stavo venendo qui, perché avevo un appuntamento e mi è saltata all’occhio la tua auto. Non sapevo che Fenice avesse un’auto italiana >>.

 

<< Sembri esperto… >> disse Irina, sbirciando verso Dimitri: le aveva appena lanciato un’occhiata, << Sei il primo che mi fa un complimento per l’auto… >>.

 

Dan sorrise. << Sono appassionato di auto italiane, quindi le conosco tutte >> rispose, << Ho una Grande Punto anche io, sai? >>.

 

<< Ah sì? >> fece Irina, stupita, tornando a interessarsi a quello che diceva.

 

<< Sì >> annuì Dan, << Ho solo auto italiane nel mio garage, quindi anche una Punto… Però è ancora in fase di modifica, la sto preparando >>.

 

Strano personaggio, quel Dan, però molto simpatico. Nikodim si schiarì la voce per interrompere la loro conversazione e lui fece una smorfia infastidita, come a dire: “I soliti russi…”.

 

<< Dopo le farai tutte le domande che vuoi, sulla sua auto >> disse Nikodim, << Siamo venuti per dirle quello che deve fare, quindi facciamo in fretta… >>.

 

Irina rivolse l’attenzione ai russi seduti a guardarla in cagnesco, mentre uno dei camerieri che aveva salutato Dimitri gli serviva da bere: vodka con ghiaccio, come sempre. Il Mastino però era rimasto in piedi al biliardo, a parlare ancora con Emilian. La questione doveva essere molto importante, perché continuavano a discutere anche mentre colpivano le palline con le stecche.

 

Boris riportò la sua attenzione al tavolo, alzando il bicchiere di vodka mentre iniziava a parlare.

 

<< Abbiamo parlato con gli altri Referenti >> disse, << E gli abbiamo detto che vuoi incontrare la Lince. Non si fidano di te, non ti conoscono, a parte le voci che sono giunte fino a qui quando Challagher era ancora libero… E non gli basta nemmeno il fatto che io possa garantire sul tuo passato da pilota clandestina. Abbiamo messo la cosa hai voti, ed è stato deciso chel’unico modo che hai per poter sperare di incontrare la Lince è guadagnarti la nostra fiducia come fanno tutti: ti affideremo dei compiti che dovrai portare a termine seguendo le nostre precise istruzioni. Dopodiché, quando lo riterremo opportuno, ti porteremo dalle Sentinelle, le uniche che possono entrare direttamente in contatto con la Lince >>.

 

Era chiaro che fingersi la donna di Challagher non le era servito a molto; anzi, forse li aveva resi ancora più diffidenti. Molto probabilmente si chiedevano come mai lei fosse riuscita a rimanere fuori di prigione tutto quel tempo e invece lo Scorpione era finito in carcere… Forse avevano già mangiato la foglia.

 

<< Ok >> disse Irina, << D’accordo, se vogliono così, non posso che accettare le loro condizioni… Cosa devo fare? >>.

 

Vide Dimitri rivolgerle un’occhiata, mentre con un colpo solo faceva cadere tutte le palline del biliardo nei buchi del tavolo; forse ora era lui a origliare, nonostante volesse mostrarsi disinteressato.

 

<< Dan >> chiamò Nikodim, agitando la mano per attirare l’attenzione dell’italiano, che stava guardando fuori dalla finestra, forse nella speranza di riuscire a vedere la Punto di Irina.

 

Si riscosse e spiegò, il tono serio e professionale: << Per cominciare, devi consegnare un pacco al Ministro Buraschenko >>. Quando vide l’espressione stupita di Irina nello scoprire che anche il governo russo era invischiato nei loro traffici, continuò: << Ci sono molte persone insospettabili che fanno parte del nostro giro; lui è uno di quelli. Buraschenko e alcuni dei suoi parenti sono nostri assidui clienti, per quanto riguarda droga e compagnie femminili. A parte questo, il tuo compito sarà recapitargli la sua partita settimanale di coca, senza che nessuno si accorga di niente, soprattutto la polizia. Purtroppo, per questioni di sicurezza, è molto controllato, quindi c’è una precisa procedura da seguire per fargli le consegne senza che gli sbirri si accorgano di qualcosa >>.

 

<< Ho capito >> disse Irina, << Quando? >>. Notò che Dimitri continuava a guardare dalla loro parte, ignorando il cameriere che gli stava porgendo un bicchiere di vodka.

 

<< Domani >> rispose Nikodim, << Andrai da Dan, che ti consegnerà il pacco, e seguirai le istruzioni che ti verranno date. Niente che tu non riesca a fare >>. Ghignò, come se pensasse tutto il contrario.

 

Irina rimase in silenzio, aspettando che dicesse altro. Le sembrava stranamente facile, come cosa: anche William le dava compiti del genere, quando faceva parte della Black List. Però il ghigno del russo non le piacque per niente: doveva esserci qualcosa, sotto.

 

<< Tutto chiaro? >> fu la sola domanda di Nikodim.

 

<< Sì >> rispose Irina, << Mi sono già occupata di cose del genere, quando William era libero >>.

 

<< Non potrai avere l’aiuto di nessuno, questo è ovvio >> aggiunse Boris, gettandole un’occhiata. Almeno lui non ghignava.

 

<< Lo so >>. Irina afferrò il suo bicchiere di vodka, assumendo un’espressione distaccata. << Mi chiedo solo perché siano tanto diffidenti nei miei confronti… William conosceva la Lince, no? Voglio liberarlo, non voglio fare altro di pericoloso >>.

 

Nikodim gettò un’occhiata a Boris, e tutta l’attenzione del tavolo venne rivolta su di lei, come se avesse detto qualcosa di enormemente sbagliato.

 

<< Non sappiamo davvero se sei ancora la donna di Challagher >> fu la risposta di Nikodim, il tono sprezzante, << E nessuna donna si azzarderebbe mai a mettersi in testa un piano come il tuo, da queste parti. Oltretutto, il fatto che tu sia libera e che Challagher sia dietro le sbarre è già sospetto, non credi? >>.

 

Irina sostenne il suo sguardo, ma dentro di lei sentì montare l’ansia. Non poteva essere più chiaro di così: sicuramente sospettavano qualcosa. Era del tutto plausibile che la scusa delle prove e della fiducia gli servisse solo per coglierla in fallo, per smascherarla: volevano farle commettere un errore e poi magari ucciderla come avevano fatto con tutti gli altri agenti dell’F.B.I. russa.

 

<< Quello che stai dicendo sono tutte stronzate >> intervenne Dimitri all’improvviso, pulendo la punta dell’asta da biliardo, senza degnare di uno sguardo Nikodim, << E se credi veramente in ciò che dici, significa che stai dicendo che vi sto tradendo anche io… Ti da solo fastidio che Challagher torni libero, perché hai un debito con lui. Quindi, smettila di comportarti come se fossi qualcuno, perché in realtà lo sai meglio di me che non sei nessuno >>.

 

Irina rimase di sasso di fronte al tono imperioso di Dimitri, e all’occhiata di puro disprezzo che aveva rivolto a Nikodim. Non pensava osasse rivolgersi così al russo, che sembrava avere una certa influenza, da quelle parti. E questa volta tutto il tavolo fissò Dimitri.

 

<< Non sto dicendo questo >> ribatté Nikodim, voltandosi verso di lui, << Mi ha chiesto perché non ci fidiamo di lei, e le ho risposto. Se Challagher è libero o no, non mi interessa >>.

 

Dimitri passò l’asta a Emilian, e guardò Nikodim dritto in faccia.

 

<< Allora ‘sta zitto >> disse, secco, << ‘Sta zitto e non mettere più in dubbio la mia lealtà. Le hai spiegato cosa deve fare, ora puoi anche andartene >>.

 

L’espressione di Nikodim non cambiò, ma non osò nemmeno aggiungere qualcosa. Il tono di Dimitri era stato talmente freddo e minaccioso, che Irina si spaventò per lui. Non lo aveva mai visto così arrabbiato, per di più per qualche semplice parola.

 

<< Andiamocene >> disse Nikodim, rivolto a Boris.

 

I due russi ripresero le loro pellicce e lasciarono il locale, sotto lo sguardo dei cugini di Dimitri, di Irina e di Dan, rimasti in silenzio senza sapere cosa dire.

 

Dimitri riprese a giocare a biliardo insieme a Emilian, come se non fosse mai successo niente; Irina non riuscì a staccargli gli occhi di dosso, però: la sua reazione l’aveva davvero lasciata senza parole, ma l’aveva stupita ancora di più la completa remissività di Nikodim, che non aveva fiatato quando lui gli aveva detto di stare zitto e di andarsene.

 

<< Dove eravamo rimasti? >> fece Dan, alzandosi dal tavolo, forse per sciogliere un po’ la tensione, << Devi passare da casa mia domani, Irina. Ti spiegherò con calma ciò che devi fare, e ne approfitterò per dare un’occhiata da vicino alla tua Punto. Non ti dispiace, vero? >>.

 

<< Ehm… No, no >> rispose Irina, tornando a guardarlo, << Va bene… Verso che ora? >>.

 

<< Dopo pranzo >> rispose Dan, << E non ti spaventare per quello che ha detto Nikodim, non è così difficile come sembra >>.

 

<< E’ solo un’idiota… >> borbottò Dimitri, allungandosi sul tavolo da biliardo per prendere la mira, << Non c’era bisogno di fare tutto questo casino per incontrare la Lince… Sta solo cercando di ostacolarci >>.

 

<< Perché dovrebbe farlo? >> chiese Irina.

 

<< Deve dei soldi a Challagher >> rispose Yulian, noncurante, << Niente di troppo grosso, ma ha paura che lo Scorpione si vendichi per avergli soffiato un paio di auto… >>.

 

Irina lo guardò senza capire.

 

<< Ha fatto rubare due auto a Challagher, l’ultima volta che è venuto qui >> spiegò Dan, << E lui se n’è accorto quando ormai era a Los Angeles, ma immagino voglia vendicarsi >>.

 

<< Perché gli ha rubato due auto? Non poteva comprarsele? >> domandò Irina. Nikodim andava in giro con una Bentley, sicuramente aveva abbastanza soldi per comprarsi tutte le macchine che voleva.

 

<< Lo fa perché è un’idiota… >> borbottò Dimitri.

 

<< E’ una fissa, la sua >> rispose Yulian, << Lo fa per senso di sfida, credo. Non gli servono assolutamente a nulla, ma adora collezionare le auto degli altri… >>.

 

Irina non seppe che dire, ma comprese almeno il disprezzo di Nikodim dei suoi confronti: magari alla fine nessuno sospettava davvero nulla.

 

Fu costretta a parlare con Dan per la mezz’ora successiva della sua Punto, finché l’italiano non lasciò il locale per andare a un altro appuntamento dall’altra parte della città. Rimase da sola, appoggiata alla parete, aspettando che Dimitri le rivolgesse lo sguardo. Voleva sapere come mai aveva avuto una reazione del genere.

 

Il russo sembrò accorgersi che lo stava aspettando, e per un bel po’ fece finta di non averla notata. Solo quando decise di bersi un drink, si decise ad avvicinarsi.

 

<< Soddisfatta? >> domandò, senza nemmeno guardarla. Il suo tono era a metà tra il serio e lo scocciato.

 

<< Sì… >> rispose Irina, poi aggiunse a bassa voce: << Perché hai reagito così, con Nikodim, se posso chiedertelo? >>.

 

Si aspettava che Dimitri sviasse la domanda o che semplicemente le dicesse che non erano fatti suoi. Invece, finì il suo drink e disse, quasi sussurrando: << Perché ti stupisci? Non mi conosci ancora? >>.

 

Irina rimase interdetta, e gli rivolse un’occhiata di sottecchi.

 

<< No, però non pensavo che potessi rivolgerti così a lui e passarla liscia… >> mormorò lentamente, sperando di non innervosirlo, visto che quella sera sembrava avere i nervi a fior di pelle. Più del solito.

 

Dimitri non sembrò prendersela, stranamente. Anzi, per un attimo a Irina parve di veder affiorare una smorfia divertita, sul suo volto.

 

<< Sono libero di fare quello che voglio, da queste parti >> rispose, << E odio chi approfitta della propria autorità. Nikodim non è un Referente, sta qui in mezzo a noi solo perché è amico di mio zio, e non può permettersi di spaventare nessuno, soprattutto chi considera inferiore >>.

 

Le lanciò un’occhiata talmente intensa che Irina rimase paralizzata, cercando di capire cosa avesse detto. O meglio, quale fosse il significato nascosto in quelle parole.

 

<< Quando vuoi andare a casa, dimmelo >> aggiunse Dimitri, tornando alla sua maschera di ghiaccio e dandole le spalle. Raggiunse il tavolo da biliardo e riprese la sua partita, sotto lo sguardo di Irina, incollata alla parete e il con il cervello in panne.

 

Se c’era una cosa che non aveva ancora capito, era chi era veramente Dimitri. Prima era stato il braccio destro di Challagher, a detta di tutti spietato e dal cuore di ghiaccio, pronto a eseguire qualsiasi ordine dello Scorpione; poi, si era rivelato come l’insospettabile traditore di Challagher, contribuendo ad arrestarlo e a salvare lei; ora, diventava una sorta di “intoccabile” tra i suoi stessi connazionali, libero di fare e dire quello che voleva, ma perseguitato da qualcuno con cui aveva qualche conto in sospeso…

 

Troppe erano le cose che non sapeva di lui, troppi i dubbi che aveva sul suo passato… Poteva veramente fidarsi, oppure quella missione si trattava di un vero e proprio suicidio?

 

“…E non può permettersi di spaventare nessuno, soprattutto chi considera inferiore”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio Autrice

 

Allora, come vedete sono riuscita a postare un altro capitolo prima di partire. E guarda caso, si tratta di un capitolo molto particolare.

Prima di tutto, due nuovi personaggi, che credo non vi abbiano lasciato indifferenti… Soprattutto Nina, vero? Chissà cosa state pensando di lei, ora… Ma soprattutto se avete capito il genere di ragazza che è. , inutile dire che dovete tenerla d’occhio, perché comparirà abbastanza spesso…

Secondo, le frasi enigmatiche di Dimitri… Secondo voi cosa voleva dire, con quelle parole?

Qualcuno di voi mi ha esposto una sorta di “teoria” sul suo passato: donna amata uccisa da qualche russo, fedeltà che dura fino ad ora e conseguente voglia di vendetta. Uhm, forse sarebbe bello, ma non sono così scontata, mi conoscete… Niente a che vedere con la fedeltà, comunque. Anche se una donna centra in ogni caso.

Terzo, , avete ben due settimane per lambiccarvi il cervello su cosa potrebbe succedere: e mi sa che non sarà tutto piacevole. Magari esponetemi le vostre teorie, sono curiosa dei vostri pareri.

 

Mi perdonerete se non rispondo alle vostre recensioni, ma devo terminare le valigie, e intanto con la testa sono già al prossimo capitolo. Al mio ritorno cercherò di scriverlo e postarlo il prima possibile. Però aspetto comunque le vostre recensioni.

 

Un bacio a tutti e voi e un ringraziamento grande per il fatto che continuate a seguirmi!

 

Lhea

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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