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Autore: Evee_Paciock91    18/06/2010    0 recensioni
Correva l'anno 2000. Tra le Cronache delle Due Guerre contro l'Oscuro Signore conservate tra gli archivi del Ministero della Magia, viene rinvenuto un preziosissimo diario di una donna che è stata completamente obliata e cancellata dalla Storia della Magia. Anche se lei, nella storia, ci è entrata. La verità sulle Due Guerre e sui suoi protagonisti sono racchiuse tra le pagine di questo cimelio.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 4

Tornammo ad Hogwarts, eppure sapevamo che presto avremmo affrontato la vera vita e avevamo tutti una maledetta paura di quel che ci aspettava. L’ultimo anno di James, Sirius, Remus, Peter, Lily e Frank fu il più triste e malinconico. Sorpresi quasi ognuno di essi mentre contemplava la scuola in ogni minimo particolare e capii che i loro anni più belli erano passati via come fugge la notte quando l’alba è alle porte. James e Lily, sotterrata l’ascia di guerra, cominciarono a conoscersi e presto li ritrovammo più innamorati che mai l’uno dell’altra. Decisero di sposarsi appena finita la scuola e secondo me al mondo non esisteva coppia più bella. Frank sembrava emozionato all’idea di diventare Auror e presto Alice dette la notizia che anche lei, come me e mio fratello, avrebbe intrapreso quella carriera. Lily decise di lavorare presso il San Mungo data la sua spiccata dote nel distillare pozioni, in quanto a James era ovvio che fosse destinato alla nazionale inglese di Quidditch. Egli però sorprese tutti noi e divenne membro del Wizengamot. Remus, invece, dovette affrontare una serie di problemi per quanto riguardava la sua duplice natura. Un Lupo Mannaro non era bene accetto nella comunità e per parecchio tempo restò disoccupato. Peter, invece, trovò posto nell’ufficio per la Cooperazione Internazionale Magica. La sua abile arte di oratore lo rendevano mellifluo , viscido e servile di fronte alle più potenti autorità di tutto il mondo magico. Quanto a Sirius, lui divenne un Indicibile. Ben presto a scuola si seppe che un gruppo di ragazzi, comprendente Severus Piton e molti altri Serpeverde, progettavano di unirsi a Lord Voldemort e ai Mangiamorte appena finiti gli studi accademici. Fu un duro colpo per tutti. E noi appartenenti all’Ordine della Fenice eravamo in grave, gravissimo pericolo. Fortunatamente mia madre e mio figlio erano ben protetti da Albus con l’Incanto Fidelius. Avevo paura di quello che sarebbe successo ai miei amici e a mio fratello una volta lasciata Hogwarts. Voldemort non si era azzardato ad avvicinarsi al castello perché temeva Albus, fuori era tutta un’altra storia. Fu così che in quella soleggiata estate del 1978, Lily e James si unirono in matrimonio. Fu una cerimonia cui parteciparono pochi intimi. Vi erano solo i genitori di Lily, la sorella si era sposata l’anno prima e non l’aveva voluta invitare perché non voleva avere a che fare con gente come lei. Il padre di James era già morto e al matrimonio vi prese parte solo sua madre, una simpatica signora provata delle intemperie del tempo. E poi vi eravamo tutti noi, io e Sirius tenevamo per mano Fabian che aveva compiuto da poco tre anni. Sirius fu il testimone di nozze di Lily e James. E in quella stessa occasione mi chiese di sposarlo e se volessi che diventasse il padre di Fabian. Ricordo che quella fu la giornata più bella della mia vita. Abbracciai forte Sirius e ci baciammo teneramente. Ci amavamo e ciò bastava. Insieme decidemmo di prendere casa vicino Godric’s Hallow, il paesino dove abitavano James e Lily e dove abitava anche Albus. Come avrebbero potuto James e Sirius vivere lontani? Chiesi ad Albus il permesso di studiare a casa per l’ultimo anno che mi rimaneva ad Hogwarts e lui accettò di buon grado. Io e Sirius ci sposammo il mese dopo quello di Lily e James. Indossavo un abito bianco e lungo, con ampie maniche decorate all’interno da intrecci di foglioline bianche bordate con diamantini e lo stesso motivo era ripreso sul corpetto. I capelli ricci erano presi in un mezzo raccolto da due roselline bianche. Ricordo Sirius emozionato come non mai, i capelli tagliati in quel suo modo così originale e quel suo sorriso attraente che mai si sarebbe tolto dal viso. Ricordo che mia madre piangeva e stringeva tra le mani un fazzoletto di seta bianca per asciugarsi gli occhi. Fabian fece il paggetto e ricordo che chiese a me e Sirius perché lui non poteva occupare il posto di Sirius. Anche in questo caso gli inviatati furono davvero pochi ma fu comunque una cerimonia splendida; James fece da testimone e non volli negare questo regalo a Sirius. Appena ci trasferimmo nella nuova casa un senso di immensa gioia mi pervase: Sirius aveva progettato tutto alla perfezione. Era una piccola villetta con un giardino ben curato, c’era un laghetto con i pesci e qualche paperella ed anche uno splendido appezzamento di terreno dove crescevano fiori di ogni forma e dimensione, profumati e variopinti. C’era un capanno per le scope e un’altalena tutta per Fabian. Inoltre Sirius aveva comprato una motocicletta volante, o meglio, una sidecar davvero splendida e ricordo che fece fare subito un giro a Fabian quando i suoi occhietti si posarono su quella meraviglia. All’interno la casa era luminosa e accogliente e Sirius aveva disposto che ci fossero le cose che più ci piacevano. Quando quella sera mettemmo a dormire nostro figlio, andammo poi nella camera da letto. Io ero lì a fissarlo, incapace di parlare, e lui mi disse che avrebbe voluto asciugare le mie lacrime di tredicenne, che avrebbe fatto qualsiasi cosa perché non stessi così male per quello che era accaduto quattro anni prima. Ma non sapeva cosa fare. Io chiusi gli occhi e andai verso di lui; le mie braccia gli cinsero la vita, la mia testa si posò sul suo petto e le lacrime presero a sgorgare copiose. Sirius rimase immobile, poi le sue braccia si mossero per stringermi con cautela, come se non avesse mai compiuto quel gesto prima e non sapesse bene come procedere. Restammo così per un po’; la sensazione era piacevole, molto piacevole, simile al ritorno a casa dopo una brutta avventura. Non mi ero accorta, fino a che non sentii quel tocco, di quanto intensamente lo avessi desiderato. Non avevo realizzato, fino a che non lo abbracciai, che la sua altezza era quella giusta per cingermi comodamente le spalle con le braccia. Perchè io potessi posargli la fronte nell’incavo del collo, dove il sangue pulsava sotto la pelle. I nostri corpi si combinavano ala perfezione. Non saprei dire a che punto questo abbraccio, che era iniziato come un semplice gesto di conforto, si trasformò in qualcosa di diverso. Non so cosa accadde prima, se furono le sue labbra a muoversi per posarsi sulla mia palpebra, sulla mia tempia, sulla punta del naso e poi sull’angolo della bocca, oppure le mie mani che gli si avvinsero al collo, le dita che scivolarono all’interno della camicia per accarezzare la pelle liscia. In quel momento entrambi fummo consapevoli di quello che stavamo facendo; ma una volta che le sue labbra si furono unite alle mie non fu più possibile staccare le nostre bocche, e il bacio che seguì non fu casto, ma l’incontro disperato e famelico di labbra, lingue e denti, che ci lasciò ansanti e tremanti. Mi chiese dolcemente se andava tutto bene e se volevo che smettesse. Gli risposi, accarezzandogli il capo, che andava tutto bene e che lo amavo e che avrei voluto che lui fosse stato il primo e non Lucius. Lui mi soffiò in un orecchio dicendomi di non parlare, che a lui non importava. Le sue mani scesero lungo il mio corpo; fu così che tutte le nostre paure svanirono. Il desiderio divampò in noi come un incendio improvviso e irrefrenabile che tutto consuma nella sua avanzata, un furioso congiungersi la cui intensità fu fonte di gioia e turbamento. Iniziò a piovere pesantemente, e l’acqua prese a scorrere sulle tegole del tetto e cupi tuoni erano intorno a noi, ma non ce ne accorgemmo quasi, presi com’eravamo dalla nostra passione, le mani che esploravano la pelle morbida, le labbra che assaporavano angoli segreti, i corpi che si muovevano all’unisono come fossero le due parti di un intero finalmente ricongiunte. Quando lo accolsi dentro me, avvertii un’acuta fitta di terrore, e un qualche lamento doveva essermi sfuggito, poiché lui mi chiese cosa era stato e se c’era qualcosa che non andava. Ma io lo zittii con un dito sulle labbra. Sotto il tocco delle sue mani mi trasformavo in liquido oro e il dolore fu presto dimenticato; cinsi il suo corpo con le braccia e lo strinsi a me più forte che potei. Pensai che non l’avrei mai più lasciato andare, mai. Ma non lo dissi a voce alta. Le sue mani, le sue labbra e il suo corpo solido esprimevano tutta la sua dolcezza. Quando si girò per tenermi sopra di sé, lo guardai negli occhi alla luce tremante della candela accesa sul comodino, e la mescolanza di meraviglia e desiderio che vi lessi mi spezzò quasi il cuore. Mi allungai sopra di lui, esplorando il suo corpo con le labbra, e scoprii che da qualche parte nel profondo di me mi giungeva un ritmo, come un lento rullo di tamburo, che mi faceva muovere contro di lui, e poi quel serrare e rilasciare i muscoli, quel toccare e allontanarsi, lo squisito piacere crescente…Quando giunsi al culmine non fu nulla di nemmeno lontanamente simile a ciò che avevo immaginato. Egli gridò e mi tirò contro di sé, e io trattenni il respiro per il calore che mi fluì nel corpo. Sentii una vibrazione nel mio intimo, e seppi che le cose non sarebbero mai, mai più potute essere le stesse. Ci sono storie dove si racconta di questo, storie di grandi amori che vengono separati, che si desiderano ardentemente, e che alla fine trovano assieme la gioia. Dopo, giacemmo immobili l’una nelle braccia dell’altro, e nessuno dei due riuscì a trovare le parole da dire. Poco dopo, però, lui mi disse che ero la più bella cosa che avesse mai visto. Mi passò le dita sul viso, con delicatezza. Mi disse, esitante,che non sapeva cosa dirmi. Gli risposi di non dirmi niente: i suoi abbracci e le sue carezze per me erano sufficienti. Poi feci ciò che desideravo da molto tempo. Iniziai dalla sommità della testa, da dove partivano i complessi motivi che gli decoravano il corpo, e ne tracciai i margini con le dita, lentamente, giù lungo il dorso del naso, attraverso la bocca severa, giù per il mento, il collo e il petto muscoloso. Poi poggiai le labbra sulla sua pelle, e proseguii sempre più in basso. Il suo corpo era sapientemente dettagliato. Non era troppo alto né troppo magro; aveva le spalle larghe, ma il fisico era asciutto e temprato dal tipo di vita che conduceva. La pelle era chiara e giovane. Mi disse di fermarmi a meno che non avessi voglia di farlo un’altra volta. Gli risposi che non sarebbe stata una cattiva idea a meno che lui non avesse già avuto abbastanza. Fece un profondo sospiro, mi circondò con le braccia e io sentii il rapido pulsare del suo cuore contro di me. Lui appoggiò le sue labbra sui miei capelli e disse che non avrebbe mai potuto averne abbastanza di me. Così giacemmo ancora avvinti, e questa volta fummo più lenti, più attenti, e mentre ognuno toccava, assaporava e imparava a conoscere il corpo dell’altro, fu tutto diverso, anche se altrettanto meraviglioso. Non dormimmo granchè quella notte. Forse entrambi eravamo consapevoli che il tempo volava,e che quando fosse stata l’alba l’indomani sarebbe stato l’oggi. Chi avrebbe sprecato una notte così preziosa dormendo? Così passammo il tempo accarezzandoci, sussurrando e muovendoci assieme nel buio. Il mio cuore era così colmo che minacciava di scoppiare, e io pensai che quel sentimento sarebbe rimasto dentro di me per sempre, qualunque cosa fosse accaduta. Verso l’alba Sirius si addormentò, la testa sul mio seno, e una volta, in sogno, gridò alcune parole che non riuscii a comprendere. Lo tenni tra le braccia e fissai la finestra, osservando il cielo che schiariva. Fu quella la notte più bella della mia vita, eppure da quella unione non nacque nessun figlio. Continuai a studiare anche se con meno frequenza: avevo tante faccende da sbrigare in casa e moltissimi incontri dell’Ordine tenevano me e Sirius, che poi lavorava anche, impegnati più che mai. Divennero tempi bui, quelli, davvero molto bui. Tuttavia io e Sirius dovevamo andare avanti per Fabian e quando eravamo con lui facevamo si che quei momenti fossero gioiosi. Fabian, poi, amava molto le storie. Tra i due, ero io quella che conosceva ogni storia mai raccontata attorno a un fuoco, e molte altre ancora. Fabian sedeva in silenzio accanto al grande focolare ad ascoltarmi raccontare, e si meravigliava delle vivide trame che io sapevo tessere con le parole. Raccontavo delle infinte avventure di Odo, l’eroe, e narravo di Grindelwald, famoso guerriero e abile stratega. Quei racconti entusiasmavano anche Sirius e alle volte , mentre fingeva di essere chino sui piani dell’Ordine, ascoltava la mia voce perché sapevo creare con le parole una tale magia che lui e mio figlio indistintamente ne erano catturati. Ma ce n’era una che io non raccontavo mai, ed era la mia. Se invece Fabian chiedeva a Sirius di raccontare una storia, lui si metteva a ridere e scrollava le spalle; diceva che lui non era bravo con le parole, che in realtà ne conosceva solo una, o forse due, e che le aveva già raccontate. Poi lui mi lanciava uno sguardo, e io lo guardavo di rimando, in quel nostro modo che era come parlare senza usare le parole, e infine lo distraeva con qualche altra cosa. Man mano che il tempo passava, la lista dei membri dell’Ordine si faceva sempre più corta. In quegli anni perdemmo molti, moltissimi amici. Cercammo noi tutti quindi, il più possibile, di stare sempre insieme. Passammo un Natale molto allegro quell’anno. Vennero a casa mia Lily e James, mia madre, mio fratello ed Alice, Remus, Peter, Albus e suo fratello Aberforth, Hagrid, Marlene con suo marito e i suoi figli, Emmeline, Benjy, Edgar e sua moglie con le tre figlie, Sturgis, Caradoc, Elphias, Gideon e Fabian con la loro sorella minore Molly e Dorcas. Di tutti loro pochissimi sono sopravvissuti. Marlene ed Edgar furono uccisi insieme alle loro famiglie, di Benjy trovammo solo dei pezzi nella sua casa di campagna nel Galles, di Caradoc non trovammo mai il corpo, Gideon e Fabian morirono sotto i colpi di cinque Mangiamorte combattendo da veri eroi e Dorcas fu presa da Lord Voldemort in persona. Il nuovo anno si prospettava dunque, all’insegna del terrore e della morte.

  
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