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Autore: Shadowolf    19/06/2010    1 recensioni
Io c'ho provato. Sul serio. Ho scritto due capitoli di una ff NON su questi due. Ma non è colpa mia se di notte mi vengono i flash di loro due insieme...
"Grandioso, il 26! Che cavolo faccio dal 22 al 26 in Francia? E perché cavolo c’è la world premiere il 26 in Europa? Il film non doveva uscire il 7 Maggio? Che caspita..."
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Tomorrow There'll Be Sunshine And All This Darkness Past'
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“Informiamo i gentili passeggeri che siamo in arrivo all’aeroporto LAX di Los Angeles. Vi preghiamo di rimanere seduti con le cinture allacciate fino a quando l’apposito segnale non verrà spento.”
Apre gli occhi e davanti a sé vede quella enorme distesa di acqua che è il Pacifico, e subito dopo le miglia e miglia di spiagge, alcune deserte e alcune già addobbate di ombrelloni; guarda l’orologio, fa le undici e mezza ma sa che sono le nove, per via del fuso orario. Si passa una mano sugli occhi e sospira. Non è orgoglioso di quello che ha fatto. No, neanche un po’. Anzi. Se ne vergogna. Perché lasciarlo così... è stato crudele, spietato. Egoista oltre l’immaginabile. Cazzo. Non avrei dovuto farlo. Lui certe volte con me è come... è come un bambino. Ma mentre se lo ripete per l’ennesima volta sa anche che questo era l’unico modo di rendere le cose almeno un briciolo più facili, anche se adesso non sembra proprio così. Ha risparmiato ad entrambi le solite scene strazianti di sé stesso che dopo avergli dato un bacio fa per andarsene, e lui lo afferra per un lembo della giacca tirandolo di nuovo a sé con tutta la forza che ha in corpo e gli sussurrai: “Non andartene, non lasciarmi da solo”. E poi deve liberarsi dalla sua stretta, guardarlo negli occhi e dirgli che andrà tutto bene, nonostante quel che possa pensare e nonostante non ne sia certo lui in primo luogo. E sa che ormai è più una convenzione che una convinzione, e che anche l’altro né è consapevole, ma in qualche modo ripeterlo ogni volta gli dà una scintilla di speranza. Speranza che non sa neanche immaginare come un giorno le cose si sistemeranno, tutto si sistemerà, e loro vivranno felici, vivranno insieme. Solo un mucchio di stronzate, punto. Continuo a dirlo perché mi fa sentire di un ventesimo meno in colpa, ma non ci credo neanche per sbaglio, il mondo non gira in questo modo, nel caso non vi avessero informato. Il mondo gira per cazzi suoi. Di te non gliene frega un cazzo a nessuno, questa è la verità.
Ieri notte ha continuato a cantargli quei quattro versi a mo’ di ninnananna fin quando non si è girato su un fianco e non si è addormentato, la faccia nascosta nel suo petto; lui è rimasto lì, ad accarezzargli piano il collo e le spalle, godendosi ogni secondo di quel momento così malinconico e dolce, ed è rimasto sempre sveglio, nonostante gli occhi ad un certo punto abbiano cominciato a bruciargli per la stanchezza. Lo ha guardato dormire vegliando sul suo sonno, se così si può dire, quasi fosse pronto ad intervenire in caso qualche brutto pensiero sottoforma di incubo si fosse affacciato nella sua testa. Poi, alle prime luci dell’alba, è sgattaiolato via dal letto in silenzio, sollevandolo dolcemente dal suo corpo e adagiandogli la testa su un cuscino, è andato in bagno a darsi una sciacquata, ha recuperato i vestiti da terra e li ha buttati in valigia, tirandone fuori una t-shirt ed un paio di short puliti che si è velocemente infilato, e ha recuperato dalla suite tutte le proprie cose gettandole alla bell’e meglio nel bagaglio, dopodiché ha cercato a tentoni con la mano quel famoso pacco che aveva tenuto nascosto a sua moglie con una preoccupazione maniacale, rovesciando alla fine tutti i vestiti sul pavimento, e quando l’ha trovato s’è rialzato da terra e s’è seduto alla scrivania, ha preso un foglio di carta ed una penna dal cassetto ed ha cominciato a buttare per iscritto il non-sense che gli passava in quel momento nella testa. Anche adesso non sa perché l’ha fatto, non è da lui lasciare bigliettini di quel genere alle persone, qualsiasi cosa abbia da dire preferisce dirla tramite la propria voce, e non con la sua scrittura ancora da ragazzino finto perbene. Forse sarà stato il senso di colpa dell’azione che stava per compiere a spingerlo a farlo, a spingerlo a lasciare dietro di sé una traccia tangibile della propria presenza/assenza. Per chi l’ho fatto, alla fine dei conti? Per me o per lui? Magari per entrambi. Non ha neanche riletto quello che ha scritto, quando ha finito ha solo piegato il foglio in quattro parti uguali, l’ha incastrato tra i due nastri del pacco in modo che non potesse cadere e ha lasciato il regalo poggiato sul cuscino dove teoricamente avrebbe dovuto esserci la sua testa, in modo che, non appena l’altro avesse aperto gli occhi, cercandolo, la prima cosa che avrebbe visto sarebbe stata proprio la scatola. Ha buttato di nuovo tutte le sue cose in valigia, l’ha chiusa, ha dato un’occhiata alla stanza per controllare se avesse preso tutto, poi gli è andato vicino per un’ultima volta, lo ha coperto con il lenzuolo e gli ha posato piano un bacio sulle labbra, senza farlo svegliare; ha preso il proprio bagaglio e s’è diretto verso la porta, ma un attimo prima di afferrare la maniglia ed uscire il suo sguardo è caduto sulla poltroncina vicino al tavolinetto con i due bicchieri, sulla quale c’era poggiata una delle sciarpe di seta dell’altro. È stato lì a fissarla per non sa quanto tempo, prima di decidersi: s’è avvicinato, l’ha presa in mano e se l’è portata vicino al viso, respirando il suo profumo come se fosse ossigeno, avvertendo dentro di sé una sensazione così reale da essere fisica, come se stesse abbracciando lui.
Ce l’ha stretta al collo adesso, lo fa sembrare un perfetto idiota perché è in pantaloncini dal ginocchio e maglietta a maniche corte e sta arrivando a Los Angeles, dove al massimo le sciarpe sono di lino, ma non gli importa davvero, non gliene frega niente, perché così, in qualche modo, per qualche attimo riesce ad ingannare il proprio cervello, a fargli credere di averlo vicino, invece che distante una quantità assurda di miglia. Durerà poco, sa benissimo che durerà poco. Ma non ci può fare niente, ha imparato ad aggrapparsi con tutto sé stesso alla più piccola e minima cosa in grado di regalargli quell’attimo, magari quell’unico attimo di felicità. Quando il suo profumo si sarà disperso a lui non rimarrà altro che una sua sciarpa, l’ennesimo suo accessorio che da un momento all’altro ha cambiato la propria residenza da Londra, Inghilterra a Malibu, California; ormai tiene tutte le sue cose in un cassetto apposito in una zona della cabina armadio che lui e sua moglie non usano mai, e quando lei non c’è e lui sente la mancanza dell’altro va lì, ne prende in mano una e ci seppellisce la testa dentro, e qualche volta una o due lacrime scappano dal suo controllo e bagnano il tessuto, e lui non sa dire se alla fine quel gesto lo faccia stare meglio o peggio, ma continua a farlo lo stesso, quasi fosse il proprio personale sacrificio al proprio personale dio. Sente l’aereo abbassarsi pian piano di quota, chiude gli occhi, poggia la testa allo schienale e sospira. Da domani comincerà il tour promozionale di Iron Man 2, con la conferenza stampa prima e la premiere ad Hollywood poi, e la solita tornata di interviste a destra e manca. Da domani tornerà ad essere divertente, allegro, la persona che tutti vogliono vicino per una foto. Da domani tornerà ad essere Tony Stark, il playboy a cui importa davvero di una sola donna, il supereroe che tutti credono invincibile e figo e che dentro nasconde un grande vuoto. Da domani tornerà ad essere il proprio alter-ego, da domani tornerà ad essere sé stesso. Ma oggi, per le 15 ore che rimangono, può ancora lasciar correre una scintilla giù per il proprio viso e sperare, solo sperare, che alla fine, per davvero, tutto andrà bene.

*****

Si sveglia e immediatamente, a tentoni, cerca il suo corpo. Non lo trova e allora apre gli occhi e la prima cosa che vede è un pacco regalo con un bigliettino poggiato sull’altro cuscino. Chiama due o tre volte il suo nome senza ricevere risposta. Pensa che probabilmente sia andato di sotto a pagare. Non sarebbe la prima volta che lo fa, anzi. Ogni volta insiste che spetta a lui, e quando cerca di tirargli fuori il perché lui si limita a stringersi nelle spalle e a rispondergli che è così e basta. Non è mai riuscito a fargli dire di più. A dirla tutta, è raro che riesca a convincerlo a fare qualsiasi cosa, se lui non ne è convinto già di suo. Si tira a sedere e il lenzuolo gli scivola via dal petto. Strano, non ricordava di essersi coperto durante la notte. Evidentemente ci ha pensato lui. Ci pensa sempre lui. Se ne prende cura, lo coccola, gli dice di non pensare al domani perché è inutile. Sa che ha ragione ma non riesce a dargli retta come vorrebbe. È più forte di lui. Il suo cervello non ne vuole sapere. Allunga una mano per prendere il pacco, se lo poggia di fianco e sfila il bigliettino, lo dispiega e riconosce subito la sua scrittura, anche se l’avrà vista solo due o tre volte da quando si conoscono.

Ben alzato cucciolo! 
:)
Conoscendoti devono essere più o meno le undici e un quarto/undici e mezza. Ci ho preso?


Si allunga sul comodino, prende l’orologio e lo guarda: le undici e venticinque.

Scommetto di sì. Ora ti starai probabilmente chiedendo dove sono, non avendomi trovato vicino a te ancora addormentato, o in bagno a fare la doccia. Non sono in portineria a pagare (già fatto! ;)). Se la mia previsione sul tuo risveglio è giusta, in questo momento dovrei stare atterrando al LAX di L.A., sempre che l’aereo non sia di ritardo.

Rilegge due volte la frase per essere sicuro di aver capito bene, e quando non può che constatare l’affidabilità della propria vista, è come se qualcosa gli si spezzasse dentro.

Non fare quella faccia, dài. Lo so che sembra una bastardata, ma credimi, è meglio così. Non avrei potuto sopportare un’altra volta tutte quelle scene. Tu che cerchi di tenerti tutto dentro ma poi inevitabilmente finisci per piangere e mi tiri di nuovo  dentro la camera mentre sto andando via. Io che non riesco a suonare un cazzo convincente in quello che ti dico per cercare di consolarti. Abbiamo davanti a noi tutta un’estate per sentirci uno schifo, se potevo evitare almeno una volta, ALMENO A TE, questa sensazione, perché non avrei dovuto farlo? Per darci una mezz’ora in più, ma una mezz’ora tanto triste da cancellare tutti i magici minuti che abbiamo passato insieme anche solo in questi due giorni? Stare con te a New York mi ha fatto bene, nonostante tutti i casini che sono successi con i miei e con il mio fottuto cervello, che ogni tanto si perdeva nei meandri dei ricordi di un tempo in cui tutto non è che fosse, ma almeno appariva più facile. Era un sacco di tempo che non ci tornavo libero da impegni e appuntamenti con questa o quell’altra persona, e avere te al mio fianco ha solo reso tutto più bello, credimi. Perché tu hai la straordinaria capacità di sopportarmi anche quando non sono così simpatico e quando sono di pessimo umore e vorrei solo rinchiudermi da qualche parte e farmi del male. E di questo non potrò mai ringraziarti abbastanza, Jude. Davvero. Per me è difficile dirti queste cose guardandoti negli occhi, perché mi sento scoperto, e se c’è una cosa che ho imparato dal mio passato è che quando mi sento in pericolo faccio la prima mossa e comincio a ferirmi da me, per evitare che lo facciano gli altri.
Sto scrivendo un sacco di stronzate, mi rendo conto. Questa è una delle ragioni per cui non scrivo spesso. La mia mente vaga per fatti suoi e chi legge poi non capisce un cazzo. Senti, non te ne vorrei parlare ma è meglio se lo faccio, ormai ti conosco e so che appena finirai di leggere questo biglietto prenderai il cellulare e comincerai a tempestarmi di chiamate. NON FARLO. Te ne prego. Così non andiamo da nessuna parte. Non possiamo ricominciare con la storia delle telefonate, hai visto come va a finire. Susan inevitabilmente lo scopre, e se l’altra volta sono riuscito ad inventare una scusa più o meno decente, se dovesse capitare una seconda volta non se la berrebbe e non me lo perdonerebbe. E tu sai benissimo quanto io ci tenga a lei. Fa’ il bravo cucciolo, okay? Resisti quanto più puoi, aiuterà anche te, forse. Magari sentirai di meno la mia mancanza, dopo un po’. Però voglio che mi prometti una cosa. Se ti senti sul punto di impazzire o non ce la fai proprio più non starci a pensare su due volte, prendi il telefono e chiamami, una volta ogni tanto non nuocerà a nessuno, Susan sa che siamo amici, non se ne curerà. D’accordo?
Ti vorrei dire un sacco di cose, ma non ci riesco. Stanotte sono rimasto ad accarezzarti anche dopo che ti sei addormentato, non ho chiuso occhio per non perdermi neanche un solo tuo respiro. Avevi un’espressione da cherubino, abbracciato al mio petto... Ma che caspita, vedi che cretinate sdolcinate mi stai facendo dire? Ti odio.
LOL, scherzo, come potrei mai odiarti? Sei il MIO JUDESIE!
Dài, la smetto qua prima di rendermi ridicolo e fornirti ulteriore materiale per prendermi per il culo la prossima volta che ci vediamo.
Ah, avrai notato il pacco. Ti ho fatto un regalo, spero ti piacerà. È... no, non ti dico che cos’è altrimenti ti tolgo la sorpresa, ma non sai quanto vorrei essere lì per gustarmi la tua faccia quando lo aprirai. Arriva direttamente dal Giappone, è una ditta specializzata in questo genere di cose, quando avrai scartato il pacco capirai a cosa mi riferisco e sono sicuro che apprezzerai. Era tanto che ti volevo regalare una cosa che, guardandola, ti avrebbe subito fatto pensare a me, ma non riuscivo a pensare a niente di soddisfacente... Però appena ho visto una di queste mi sei subito venuto in mente e l’ho comprata seduta stante, senza starci a pensare su (sai come faccio io le cose...)! Spero ti aiuterà a... be’, a sentirmi un po’ più vicino, ecco...

Cazzo, ora mi sento un peso sullo stomaco, sono qui a tre metri da te e già mi manca non averti tra le mie braccia... Fanculo, DEVO smettere di scrivere! Guarda un po’, non riesco neanche a lasciare andare il foglio sapendo che lo leggerai e che quindi un po’ è come se  sarò con te anche in quel momento... Maledizione!
Okay, dài, è il momento dei saluti...Non so come si conclude una lettera perché non ne ho mai scritta una, o almeno non negli ultimi quindici anni, ma immagino che si debba un po’ riassumere tutto quel che si è detto prima... Quindi, qual è il succo di tutto questo non-sense che ti ho scritto? Non lo so, stamattina sono rincoglionito del tutto. Lo sono sempre mi sa. O forse sei tu che mi fai questo effetto. Vabbè.
TI AMO JUDE.
Non te lo scordare. MAI.

Robert

 

La rilegge una, due, cinque volte, fin quando non gli diventano rossi gli occhi perché è quasi del tutto al buio. Si asciuga le lacrime e poggia la lettera sul comodino. Prende il regalo in mano e comincia a scartarlo lentamente. Si trova tra le mani una scatola anonima nera. Toglie il coperchio e si ritrova davanti una copia perfetta di lui in scala 1 a 5, come dice l’indicazione in alto a destra. Una action figure di Tony Stark. Gli ha regalato una sua action figure. È perfetta fin nei piccolissimi dettagli, tanto da sembrare vera. Gira la scatola, slaccia tutti i laccettini che la reggono attaccata all’involucro di plastica e finalmente la stringe tra le mani. Resta un attimo a guardarla e poi non ce la fa più, si lascia andare contro il cuscino e, stringendo il pupazzo di plastica al petto, ricomincia a piangere. E gli tornano in mente quelle quattro parole che lui gli ha sussurrato fino a farlo addormentare. Buonanotte, va tutto bene...

 

AUTHOR'S CORNER: Ce l'abbiam fatta ad arrivare alla fine xD Grazie a tutti quelli che hanno seguito e/o commentato. See ya the next time!
   
 
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