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Autore: Shainareth    20/06/2010    4 recensioni
*** Si ringraziano Atlantislux per l'impeccabile betaggio, Ike_ ed Erecose per l'indispensabile consulenza, e Milly Miu Miu per le bellissime illustrazioni. Nonché tutti voi lettori. ***
[Dragon Age: Origins] Ero viva per davvero? O quel disgraziato mi aveva seguita nel regno dei morti col solo intento di prendermi per i fondelli? Pensando a questa possibilità, valutai seriamente l’idea di dargli una testata sul naso. Se non lo feci, fu unicamente perché Duncan si avvicinò a noi e mi porse un boccale d’acqua. Ancora frastornata, mi misi a sedere e bevvi avidamente, come se avessi una sete insoddisfatta da giorni, cercando di mandare via l’orribile sapore che avevo ancora in bocca.
Unica precisazione: la protagonista NON è una Mary Sue. XD
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Nimue Surana'
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Gentili lettori, ricordo che posto questa fanfiction affinché si commenti, anche negativamente se ci sono le ragioni per farlo, il modo in cui scrivo e rappresento i personaggi e NON il modo in cui ho giocato la mia partita. Inoltre, poiché un GdR è creato apposta per tessere decine di storie dalle diverse sfumature per ogni personaggio con cui si gioca una partita, francamente reputo inutile, e assai stupido, stare continuamente a questionare sulle scelte fatte da ciascun giocatore. Se perciò non vi piacciono quelle di Nimue, siete pregati di non leggere o, meglio ancora, di starvene zitti: ciò che appare giusto o "fico" per voi non è detto che lo sia anche per gli altri.
Trovo oltremodo maleducato criticare con insistenza scelte tanto personali che, nel caso di un personaggio di prova come lo è Nimue, rispecchiano moltissimo quello che è il carattere e soprattutto l'indole di un giocatore. Si tratta di un videogioco, ovviamente, ma ricordate che a questo mondo esistono ancora persone dotate di una certa sensibilità.
Se, quindi, desiderate una storia con un protagonista come quello con cui avete giocato, siete pregati di scrivervela da soli. Grazie.
Pertanto concludo questa premessa con la speranza che vi stampiate bene in testa che le critiche, sia positive che negative, devono essere poste in modo costruttivo e soprattutto con garbo. Ah, e leggete il regolamento, quando andate a recensire, perché è scritto in grassetto maiuscolo che è VIETATO offendere la persona dell'autore (anche fra le righe) e parlare di altro rispetto alla storia. In caso contrario, non esiterò a contattare l'amministrazione del sito.
Buona lettura.










CAPITOLO DOCIANNOVESIMO – ZANNELUCENTI




«Dite che procedendo in questa direzione arriveremo da qualche parte?» Ero effettivamente preoccupata perché l’unico passaggio percorribile era quello aperto sulla parete in fondo, scavato nella pietra davvero come se fosse stata opera dei nani di Orzammar. Non soffrivo di claustrofobia – e per fortuna – tuttavia non mi piacevano i luoghi tanto angusti, mi davano comunque una sensazione di pesantezza e di soffocamento.

   «O procediamo o torniamo indietro», mi rispose Alistair, affacciandosi all’interno della galleria.

   Dal momento che la presenza del drago aveva fatto vuoto di altre creature attorno a quella zona, ne avevamo approfittato per riposare, finalmente. Wynne aveva recuperato più in fretta degli altri grazie alla propria magia interiore, e una volta ripresasi, aveva iniziato a occuparsi dei nostri compagni. Il tesoro del drago esisteva, comunque: custodito nel suo nascondiglio vero e proprio, in una grossa nicchia scavata fra le lastre levigate di pavimento e mura. Era formato per lo più da oggetti appariscenti e luccicanti. Vi avevamo trovato diverse cose interessanti, a cominciare da una nuova corazza di fattura elfica per il nostro Principe e alcune pietre preziose, oltre che a un discreto gruzzoletto di denaro. Esattamente come aveva detto Leliana.

   Alistair scavalcò il basso gradino che ci ostacolava il cammino, e ci guidò dentro quello che appariva un rozzo tunnel illuminato anch’esso da delle torce fissate su piantane di media altezza. Non sembrava essere molto lungo, per cui ci facemmo coraggio e cominciammo a mettere un piede davanti all’altro, sperando che la fortuna potesse assisterci ancora una volta.

   Non facemmo che pochi metri appena, tuttavia, che qualcosa ci lasciò esterrefatti: la figura diafana di un elfo. Uno spirito. Fissò i suoi occhi spenti su di noi, atterrito, e subito scappò in fondo alla galleria, gridando parole in un linguaggio arcano. Gli fummo dietro, cercando di capire con esattezza da dove fosse spuntato, e quando uscimmo dal cunicolo ci ritrovammo di nuovo nel mezzo di un crocevia, fra le rovine antiche. Non da soli.

   Il fantasma aveva richiamato in vita gli scheletri di guerrieri addormentati lì molto tempo prima, forse per timore che potessimo disturbare il riposo degli altri spiriti. Ci piombarono addosso da tutte le direzioni, e fummo costretti a combatterli pur non volendo. Dopo aver avuto a che fare con un drago di certo non temevo la loro forza. Ce la cavammo perciò con pochi graffi e poche ammaccature, che Wynne si premurò subito di rimarginare in pochi istanti.

   Proseguimmo lungo il passaggio che si era aperto davanti a noi, e per quanto fossi stanca di combattere contro cadaveri ambulanti, ne avrei volentieri baciato uno piuttosto che rivivere l’orrore che ci assalì poco dopo: altri ragni. E anche questi ci circondarono. Erano soltanto in quattro, ma per me, che ero sul punto di collassare al solo pensiero di vederne uno, fu una tragedia. Dovevo fidarmi dei miei compagni ed evitare di essere loro di peso. Quando si strinsero attorno a me, chiusi di scatto gli occhi e, cercando di dominare le lacrime e il tremore del corpo, ricorsi immediatamente a un’Esplosione Mentale, l’unica cosa che fui in grado di fare. Non so come andò lo scontro nel dettaglio, mi limitavo a rimanere immobile, con le palpebre serrate, i pugni stretti attorno al mio ramo di quercia, concentrata su un unico punto fermo: quelle bestie non mi avrebbero neanche sfiorata. Lo ripetevo a me stessa come una formula magica, mentre sentivo sulla pelle il gelo di quelle di Morrigan e nelle orecchie il clangore delle armi di Leliana e Alistair, mischiato ai gemiti di chi veniva colpito.

   Nessuno aveva pronunciato il mio nome o invocato aiuto, ma quando il calore del braccio che Wynne mi passò attorno alle spalle mi risvegliò dalla mia trance, facendomi sobbalzare e accorgere che non ero riuscita a contenere il pianto, mi passai le mani sul viso, chiedendo nuovamente scusa a tutti per la mia inutilità.

   «Ai ragni ci pensiamo noi», mi rincuorò Alistair, curvando le labbra in un sorriso nonostante l’affanno. «Voi però continuate a occuparvi dei draghi, intesi?» Lo reputai un ottimo accordo. Non perché fossi pazza, semplicemente consideravo quelle creature alate molto più eleganti, e soprattutto meno schifose, di quegli altri esseri a otto zampe. «Ci pensate? Anziché come Nimue il Custode Grigio, passerete alla storia come Nimue l’Ammazza Draghi.» Questo mi faceva un po’ impressione. «Tra l’altro siete avvantaggiata: anche l’Arcidemone è un drago.» Mi correggo: mi faceva girare la testa, al punto che, forse, preferivo affrontare un ragno gigante. Forse. Sì, forse.

   Giacché le mie gambe si rifiutavano di muoversi a causa della fobia – non potevo certo aspettarmi di essere guarita da un giorno all’altro, né ci speravano gli altri – la mia buona maestra mi prese per mano e mi aiutò a proseguire lungo il corridoio. Spuntammo in una nuova sala, con quattro ingressi e con una pedana circolare uguale a quelle viste da noi in precedenza. Di diverso c’era la presenza di un altro spirito, quello di un bambino. Non capivamo ciò che diceva, ma non era comunque difficile intuirlo: cercava sua madre.

   Alla mente mi tornarono le immagini vissute l’ultima volta che ero stata nell’Oblio, quando Connor e Arle Eamon si incrociavano senza riconoscersi, invocandosi a vicenda con fare disperato. Quella però era stata opera di un Demone del Desiderio, mentre questa volta era tutto diverso. Provammo a parlare con il ragazzino, ma i nostri linguaggi non erano compatibili nella maniera più assoluta, per cui scappò, richiamando altre entità che subito si impossessarono degli scheletri che giacevano sparpagliati sul pavimento. Non solo, perché ci piovvero addosso anche dalle stanze limitrofe. Erano una moltitudine. Troppi, dannatamente troppi. E visto che il mio corpo si decise di colpo a collaborare, fummo costretti a ripiegare – e mi vergogno a dirlo, ma io fui la prima a uscire da lì – e ad attuare una tattica del tutto simile a quella già sperimentata a Kinloch Hold, indugiando subito dietro l’entrata da cui eravamo passati così da impedire ai nostri avversari di riversarsi in massa su di noi. Fu uno scontro lunghissimo, e tante, tantissime volte sia Wynne che io fummo costrette a ricorrere alla Magia Guaritrice. Al punto che, una volta riusciti a mettere a terra anche l’ultimo scheletro, entrambe ci accasciammo contro una parete per recuperare fiato ed energie, come se avessimo combattuto corpo a corpo come Alistair, che pure, poveretto, era stato ferito molto più di noialtre.

   «Fortuna che la vostra magia non lascia cicatrici», commentò appoggiandosi pesantemente all’elsa della spada, la cui punta della lama era ben piantata fra le fessure delle lastre di pietra che ricoprivano la pavimentazione. «Altrimenti a quest’ora non sarei poi molto diverso da uno di quei cadaveri. Mi chiedo come facciano a non perdere pezzi mentre camminano… Stanno su per miracolo.»

   «Magia», lo corresse svogliatamente Morrigan, calpestando le ossa frantumate che avevamo appena abbattuto e tornando a dare uno sguardo d’insieme alla sala. «Sembra non ci sia nessun altro, qui.»

   Non appena ci sentimmo meglio, provammo a ispezionare anche le due stanza limitrofe, scoprendole camere mortuarie: degli antichi elfi che avevano abitato Brecilian adesso non rimanevano che dei sarcofagi, in parte scoperchiati. Se per opera dell’uomo, degli spiriti stessi o di creature a noi sconosciute, non ci era dato saperlo. In ogni caso, anche lì la foresta aveva vinto, perché le grosse, nodose radici degli alberi secolari erano riuscite ad arrivare fin laggiù, provocando squarci nelle pareti e non solo.

   «Sono davvero delle catacombe», ragionò Leliana atona. Quella nuova consapevolezza ci ridusse tutti in silenzio, o quantomeno a parlare a voce bassa, timorosi di disturbare quel luogo di eterno riposo con la nostra presenza. L’unica nostra consolazione era che, a differenza di chi ci aveva preceduto, noi non ci eravamo avventurati in quel posto con l’intento di depredare i corredi funerari degli elfi, quanto per aiutare i loro discendenti a liberarsi da un’orribile piaga che minacciava la loro esistenza.

   La porta in fondo alla sala principale era chiusa, ma non bloccata. Riuscimmo a passare oltre, fra un dedalo di corridoi e strade cieche, incrociando altri scheletri risvegliati dagli spiriti spaventati dalla nostra intrusione. Quel mausoleo era magnifico, pieno di storia e di sorprendenti dimostrazioni di quanto l’architettura e l’arte elfica fossero straordinarie ed eleganti. Ad ogni modo, più ci inoltravamo verso le profondità della costruzione, più si faceva imperante la presenza della natura, distruttrice di molte di quelle meraviglie. Ricordo che pensai che forse si stava semplicemente riprendendo il proprio territorio, e che nessuno dei defunti avrebbe potuto crucciarsi a causa di questo. Dopotutto, i Dalish non si sentivano parte integrante del creato?

   Arrivò tuttavia un momento in cui perdemmo l’orientamento. Da qualunque parte ci giravamo, non riuscivamo a trovare un punto per proseguire. Eppure doveva esserci un modo, perché, lo avevamo visto con i nostri occhi, Passosvelto e quello che credevamo essere Zannelucenti si erano rifugiati lì, e se non li avevamo incrociati per tutto quel tempo, significava che erano ancora nascosti da qualche parte.

   Su suggerimento di Morrigan, ci fermammo a riflettere in una stanza malmessa come tutte quelle più interne. A differenza delle altre, comunque, questa aveva una sorta di pozzo naturale formatosi in base a chissà quale principio che a noi sfuggiva. Fui io a scoprire che non si trattava di una semplice chiazza d’acqua penetrata dal suolo sottostante, perché ci misi sbadatamente un piede dentro e per poco non caddi nella voragine. Con una gamba infradiciata fin quasi al ginocchio, quindi, decisi di sedermi nel punto più lontano da quella trappola mortale, subendo ovviamente uno sguardo di ammonimento da parte di Morrigan, l’unica che si era prese la briga di farmi notare ancora una volta quanto poco fossi attenta a quello che facevo. In effetti mi chiedevo per quale ragione, dopo tutto quello che avevo combinato – a cominciare dal fatto che, poco prima, avessi involontariamente dato di nuovo fuoco ad Alistair, salvatosi soltanto grazie alle proprie abilità di templare –, nessun altro si decidesse a degradarmi da capitano a soldato semplice.

   «Sto bene, Wynne si è presa buona cura di me», mi ribadì lui che, pover’anima, armato di un sorriso e di tanto amore, mi si accovacciò di fronte per tranquillizzarmi. Più passava il tempo, più mi convincevo che fosse masochista.

   «Lo so», mormorai.

   «Allora via questo musino triste», mi esortò, tamburellando un dito sulla mia bocca.

   Presi la sua mano fra le mie, accarezzandola per dare un po’ di ristoro alla piccola piaga che io stessa gli avevo procurato. «Fa molto male?», domandai col cuore in una morsa.

   «Credo di averci fatto il callo, ormai.»

   «Smettetela di scherzare.»

   «Non stavo scherzando.»

   Alzai su di lui due occhi spaventati. Alistair rise. «Vi ucciderò davvero, un giorno o l’altro», gli assicurai stizzita. «Ma prima mi farò perdonare, spero quando torneremo dai Dalish», sospirai poi, senza ripetere ancora quanto mi sentissi in colpa per quanto accaduto.

   «Se quelli ci vedessero insieme, morirebbero per l’orrore, temo», disse Alistair non usando giri di parole. Già, ci avrebbero guardati così male che avrebbero finito per disprezzare maggiormente quel che eravamo. «Se volete davvero fare qualcosa per me, sorridete.» Mi sforzai di accontentarlo, pur senza molto successo. Ero stanca e l’unica cosa che volevo era tornare all’accampamento da Merlino e dagli altri.

   «Mi chiedevo se fosse possibile che quei due siano passati da qui», ragionò Morrigan, ferma a braccia conserte sulla soglia, attirando la nostra attenzione. «Ho cercato di seguire una qualsiasi traccia, e quei pochi elementi che ho raccolto, conducono tutti in questa stanza.»

   «È per questo che ci avete fatti fermare qui?», si stupì Leliana, guardandosi intorno e cercando forse di scorgere anche lei ciò che vedeva soltanto la Strega delle Selve.

   Quest’ultima si mosse, camminando con la sua solita, invidiabile grazia fino al centro della stanza, lì dove c’era il pozzo. Puntò gli occhi ambrati sulla sua superficie scura, studiandola come se avesse potuto leggervi dentro chissà quale arcano mistero. «Qui sotto», disse poi. «Le tracce scompaiono in questo punto. E l’unica cosa capace di cancellarle del tutto è l’acqua.»

   «State dicendo che dovremo nuotare attraverso un passaggio sommerso d’acqua?», volle capire Wynne, a metà fra lo scetticismo e l’interesse.

   Morrigan si volse nella mia direzione. «Cosa facciamo, capitano

   Lo fa apposta, pensai. Lo fa apposta a ricordarmi quello che sono. Che dovrei essere, mi corressi. E, per quanto fastidio mi desse, non potevo darle torto. Cercai Alistair con lo sguardo in cerca di aiuto. Lei se ne accorse e sbuffò. Mi stava mettendo ancora alla prova e io l’avevo di nuovo delusa. «Morrigan», cominciai allora, tornando a fissare lei sola. «Sei sicura?»

   «Sta a te fidarti», mi sentii rispondere. Quindi lei credeva di me, nonostante tutto? Era pazza come Alistair.

   Mi alzai in piedi dal punto in cui mi ero accucciata in preda al mio solito, vergognoso scoramento. «Allora proviamoci.»

   «Andrò io per primo», si offrì il nostro Principe, iniziando a slacciare le cinghie della corazza.

   «Che fate?»

   «Tolgo l’armatura, no? Altrimenti rischio di affond… Giusto», si interruppe, picchiandosi un pugno sul petto. «È giù che dobbiamo andare.»

   «Dev’esserci un tunnel che spunta da qualche parte, quella ti sarà sicuramente d’impiccio», espresse il proprio parere Morrigan. «Tuttavia, immagino che ti sarà utile se alla fine ci imbatteremo davvero in Zannelucenti o in qualche altro nemico. Ammesso che tu non affoghi prima.»

   «Vado in avanscoperta», annunciai allora, attirando gli sguardi di tutti.

   «Voi non andate da nessuna parte», mi contraddisse Alistair, preoccupato. Gli misi il mio bastone in mano per farlo tacere e mi avvicinai al pozzo. «Mi state ascoltando?», mi incalzò lui, seguendomi e afferrandomi per un braccio. Innervosita, materializzai una piccola sfera infuocata sul palmo per intimorirlo, ma lui la spense in un attimo con il proprio. «Non è questo il modo migliore per cercare di far rispettare i vostri ordini. Non funziona con me», mi rimproverò.

   Maledetto templare, imprecai sconfitta, fissandolo con rabbia.

   Il rumore di qualcosa che cadeva in acqua ci fece voltare in direzione del pozzo, e noi facemmo appena in tempo a vedere Leliana scomparire di sotto. Sbuffai, riprendendo il mio ramo di quercia, e rimasi in attesa insieme agli altri. Non passò in realtà molto che la nostra compagna tornò in superficie, annaspando per la prolungata mancanza d’aria.

   «Avevate ragione», boccheggiò verso Morrigan, aggrappandosi al pavimento per non affondare. «Il tunnel spunta in un altro luogo, non è lontano.»

   «Dici che ce la possiamo fare?»

   «Se riuscite a trattenere il fiato per un paio di minuti», ci spiegò.

   Mi chinai su di lei. «Allora uscite a riposarvi per qualche istante», la pregai affettuosamente.

 

Fradici da capo a piedi, infreddoliti e boccheggianti, fummo lieti di sbucare in un posto a noi sconosciuto, ma sempre all’interno delle rovine, come anticipatoci da Leliana. Magra consolazione, comunque, perché quando tornai a reggermi sulle gambe, rischiando di scivolare sul pavimento bagnato ed aggrappandomi al mio bastone, mi resi conto che anche quella nuova stanza avrebbe potuto definirsi camera mortuaria, benché non vi fossero sarcofagi: diversi cadaveri giacevano al suolo. Alcuni di essi erano smembrati, altri integri, altri ancora irriconoscibili. Sentii il sapore di bile in bocca e serrai le palpebre per dominarmi. Dimentico del nostro screzio di poco prima, Alistair mi passò un braccio dietro la schiena, inducendomi a proseguire.

   Non ci allontanammo molto, a dire il vero, che subimmo un attacco. Né spiriti, né draghi, né ragni – sia lodato il Creatore! – questa volta: mannari. Ci aggredirono in branco, avvantaggiati dal numero, circa il doppio del nostro, e quando lo scontro, nient’affatto semplice, fu concluso, nessuno di noi seppe spiegare come fossimo sopravvissuti o come fossimo riusciti a non farci mordere.

   «Forse al di là di quelle barricate c’è un passaggio. La loro tana.» Morrigan stava di nuovo studiando il loro territorio con meticolosa attenzione, mentre Wynne si occupava dell’ennesima ferita che aveva procurato ad Alistair molto più dolore delle mie ustioni, visto che una di quelle bestiacce gli aveva perforato scudo e armatura, affondando gli artigli nel braccio e rischiando di strappargli via un grosso pezzo di carne. Era finito ucciso da una scarica di fulmini, quel bastardo, e la sua carcassa bruciava ancora poco distante da noi. Se avessi saputo farlo, avrei spento il fuoco con uno sputo, e non certo per pietà nei suoi confronti.

   «Potresti farti squartare più spesso?» Alistair, pallido e madido di sudore a causa della sofferenza e del sangue perso, ringhiò nella direzione di Morrigan. «Non che io mi diverta a vederti in queste condizioni», ci tenne a precisare lei. Il vezzoso sorriso in cui le sue labbra erano curvate, tuttavia, ci lasciò molti dubbi. «Ma se il risultato è vederla diventare una spietata assassina, dovresti farci un pensierino, sai?»

   «Lo divento anche quando massacrano te», la informai con i nervi a fior di pelle, stringendo la mano sana del mio adorato templare – sì, ora era tornato tale – e passandogli una carezza sulla fronte. «O forse hai dimenticato come ti avevano ridotta a Redcliffe?»

   «Se ti decidessi a fare sul serio sin da subito, nessuno di noi rischierebbe di lasciarci le penne.» E su questo non aveva affatto torto.

   Non replicai, anche perché, sentendo i tendini e le ossa rinsaldarsi fra loro, Alistair provò una fitta di dolore talmente acuto che serrò la presa attorno alle mie dita, forte al punto che quasi mi lasciai sfuggire un’esclamazione. «Perdonatemi», ebbe comunque la premura di mormorare.

   «Non ditelo neanche», lo rassicurai. Gli davo fuoco, non mi impegnavo a dovere nelle battaglie così che gli altri rimanessero feriti, e a scusarsi era lui?

   «Nimue mi ha chiesto di insegnarle la Magia Guaritrice», si intromise garbatamente Wynne, continuando a tenere gli occhi sul suo paziente.

   Il quale mi guardò interessato. «Questa è una buona cosa», mi sorrise.

   «Almeno dopo avervi dato fuoco, sarò anche in grado di medicarvi a dovere», gli spiegai cercando di prenderla alla leggera. In realtà mi sentivo sempre peggio, e non mi capacitavo di cosa diamine ci avessero trovato in me Irving e Duncan. Per non parlare di Alistair, la mia vittima preferita.

   «Premurosa come siete, sarete un’ottima Guaritrice», mi incoraggiò lui, sforzandosi di non pensare al fastidioso torpore al braccio che adesso stava prendendo il posto del dolore.

   «È l’unico modo che ho per farmi perdonare», ammisi. Alistair mi fissò con biasimo, ma non disse altro, limitandosi a sospirare pesantemente e a chiudere gli occhi. Era questo che non capivo: se non ero né bella né amabile, perché prendersi la briga di spasimare per me? Anche le altre mie compagne sicuramente stavano facendo un grosso sforzo per non lamentarsi troppo – compresa Morrigan, forse. Quell’ondata di pessimismo mi stava uccidendo, e volli attribuire quel mio stupido, dannoso stato d’animo a quel posto umido, diroccato e pieno di morte. In più non ero riuscita ad accantonare la faccenda del drago e il mio ricorrere a due tipi di incantesimi che non mi piacevano e lasciavano dentro di me una sensazione sgradevole. Non era Magia del Sangue, eppure mi sentivo sporca lo stesso.

   Quando la brutta ferita di Alistair fu rimarginata a sufficienza, pur continuando a dolere sotto la fasciatura ed il guanto dell’armatura, ci rimettemmo in marcia. Ormai eravamo certi che fosse quello il nascondiglio dei lupi mannari, per cui ci rassegnammo all’idea di incrociarne molti altri prima di giungere a destinazione. Invece la resistenza fu assai minore di quella che ci eravamo aspettati inizialmente, e non appena varcammo la soglia di un’ampia sala, uguale a quelle che ci eravamo lasciati alle spalle all’inizio della nostra avventura in quel mausoleo elfico, sbattemmo il muso contro la verità.

   Passosvelto ci stava aspettando insieme ad alcuni dei suoi fratelli, intenti a mostrarci denti e artigli come se volessero saltarci addosso da un secondo all’altro. Lui però li mise a tacere, piantando le sue spaventose pupille ferine su di noi. «Non vogliamo che altri di noi vengano feriti», esordì, cercando di placare l’ira. «Siete ancora disposti a negoziare?» Avevano cambiato idea davanti alla nostra tenacia e alla nostra forza. «La nostra Signora è convinta che voi non siate stati informati a dovere sulla faccenda, e per questo mi ha chiesto di portarvi da lei.»

   «La vostra Signora?», ripeté Leliana, confusa.

   «Non vi farà del male, purché siate disposti a discutere con lei in modo onesto.»

   «E se fosse una trappola?», volle sapere Alistair, guardingo.

   Passosvelto ringhiò. «La nostra Signora non mente. Mai

   «Troppe cose non sono chiare in questa storia», ci suggerì Morrigan. «Credo sia davvero il caso di ascoltare ciò che hanno da dirci.»

   E se le parole di questa Signora non ci convincessero, potremmo comunque ricorrere alle armi e alla magia, era questo ciò intendeva la giovane Strega delle Selve. Tuttavia, se si fosse trattata davvero di una trappola, non sarebbe stato così semplice.

   «Portaci da lei», ordinai a Passosvelto. C’era di buono che il malumore mi rendeva più spregiudicata e decisa.

   «Seguitemi», obbedì lui. «Ma vi avverto: se provate a rompere la vostra promessa e a far del male alla nostra Signora, ve la farò pagare cara. Anche a costo di tornare indietro dall’Oblio.»

 

Ci portarono in un luogo quasi completamente sopraffatto dalla natura, dove alberi e piante crescevano più o meno allo stesso modo che in superficie, dove la luce penetrava da diverse spaccature nel soffitto e dove decine di mannari ci aspettavano, minacciosi certo, ma senza avventarsi contro di noi. Fummo presto circondati, e le bestie si lasciarono andare tutte a dei lunghi latrati, spaventandoci non poco. Stringemmo le nostre armi nel pugno, pronti a batterci da un momento all’altro. Dal fondo della sala, però, una creatura mai vista prima si fece avanti.

   Era bellissima, nonostante l’insolita carnagione verde pallido. Il suo corpo nudo era avvolto da quelli che sembravano essere gli stessi fasci lignei che ricoprivano gli arti di quel lupo bianco che avevamo incontrato poco prima di scendere nelle rovine, ed i suoi capelli neri scendevano lisci attorno al viso perfetto e sulle spalle, fino a coprirle i seni. Si avvicinò a Passosvelto e lo accarezzò su una spalla con una delle sue mani di forma vagamente umana. Quello si calmò all’istante, inginocchiandosi al suo cospetto, e anche gli altri si zittirono all’unisono, prostrandosi davanti alla nuova arrivata.

   «Vi do il benvenuto, mortali», prese parola lei con voce pacata e gentile, dimostrando di conoscere la Lingua del Re come i Dalish e i mannari. E tutti gli altri spiriti, a ben guardare, a parte quelli degli elfi che avevano abitato lì secoli addietro. «Io sono la Signora della Foresta.»

   «Vi ringraziamo per l’opportunità che ci concedete di discutere», risposi allora. Da qualunque parte la guardassi, non mi sembrava affatto malvagia. Persino i miei compagni avevano imprudentemente abbassato la guardia.

   «Mi scuso per il comportamento dei miei discepoli», continuò la Signora, sinceramente contrita. «Purtroppo sono in perenne lotta con la loro natura.» Sospirò. «Non dubito che abbiate delle domande, mortali. Ci sono cose che Zathrian non vi ha detto.»

   Questo lo avevamo ormai capito anche noi. «Che genere di cose?»

   Gli occhi obliqui di lei ci fissarono con forza e tristezza a un tempo. «Fu Zathrian a creare la maledizione che affligge queste creature e che adesso affligge la sua stessa gente.» Ci eravamo convinti di essere preparati a tutto, eppure quella dichiarazione ci lasciò allibiti, incapaci di ribattere. Era una menzogna. Doveva esserlo. «Secoli fa, quando i Dalish vennero in queste terre per la prima volta, una tribù di umani viveva qui nella foresta e tentò di scacciare via gli elfi. All’epoca Zathrian era un uomo giovane, e aveva un figlio e una figlia che amava smisuratamente. Tuttavia, durante una battuta di caccia, i due furono catturati dagli umani.»

   Passosvelto iniziò a ringhiare di nuovo. «Gli umani torturarono il ragazzo e lo uccisero», proseguì lui al posto della sua Signora. «La ragazza invece fu violentata e lasciata a morire.»

   Il respiro mi si mozzò, mentre davanti a me d’improvviso si materializzavano di nuovo le tragiche immagini che avevo visto da bambina, dove mia sorella Niniane veniva assalita da due energumeni, trascinata in un vicolo e violata senza che qualcuno, a parte me, se ne avvedesse.

   «I Dalish la trovarono prima che fosse troppo tardi, ma… scoprirono che era incinta.»

   Un senso di nausea mi provocò le vertigini ed io fui costretta a sorreggermi al bastone.

   «Quando lo seppe, ella si tolse la vita.»

    Mi sfuggì un singhiozzo insonoro, e chiusi le palpebre per non abbandonarmi alle lacrime. Avevo creduto di aver superato quel trauma infantile, e invece era ancora lì, sepolto nella mia coscienza, pronto a tornare a galla alla prima occasione.

   «Zathrian venne fin quaggiù, fra queste rovine, ed evocò uno spirito vincolandolo nel corpo di un lupo: Zannelucenti.»

   Lo capivo, purtroppo, capivo perfettamente quanto avesse sofferto quell’uomo. Accorrendo in aiuto di Niniane, mi ero resa subito conto di non poter fare niente per lei: il complice del suo aggressore mi aveva bloccata in un attimo, e per me, bambina di appena cinque anni, non era rimasto altro da fare che piangere e disperarmi, incapace persino di urlare perché una grossa mano mi aveva tappato la bocca.

   «Zannelucenti si avventò sugli umani. Molti vennero uccisi, altri maledetti come lui, e diventarono creature selvagge e perverse.»

   Lo capivo, eppure non condividevo ciò che aveva fatto. Si era spinto troppo oltre.

   «Diventarono come Zannelucenti», tornò a parlare la Signora della Foresta, la cui voce dolce accarezzò la mia coscienza, scacciando quegli orribili ricordi dalla mia mente. «Quando gli umani se ne andarono una volta per tutte, quelle creature si avventarono sui lupi.»

   «Finché non trovai voi, mia Signora», affermò Passosvelto, inducendomi a riaprire gli occhi per vederlo inginocchiarsi di nuovo davanti a lei. «Voi mi avete dato la pace.»

   «Mostrai a Passosvelto che c’era un altro lato della sua natura di bestia. Calmai la sua sete di vendetta e la sua umanità riemerse. Fu lui a portare a me tutti gli altri», ci confermò lei.

   «Perché quell’imboscata ai Dalish? Per vendetta?», pretese di sapere Morrigan, forse ancora perplessa sulla buona fede di quel racconto.

   «In parte», ammise la Signora della Foresta. «Vogliamo porre fine alla maledizione. Ciò che accadde ai figli di Zathrian fu grave, molto. Ma successe secoli fa, e coloro che commisero quelle atrocità sono morti da tempo.»

   I Dalish, però, non perdonano così facilmente. Non dopo tutto ciò che hanno subito gli elfi nelle ere passate, e che ancora subiscono nel chiuso delle enclavi. Ero stata fortunata per davvero ad essere stata strappata da quel luogo infernale, perché avevo potuto rendermi conto che il mondo non era così piccolo, che c’erano anche buoni sentimenti, che gli umani erano uguali a me. Avevo perciò potuto mettere da parte il dolore, convincendomi che ormai avevo già avuto la mia vendetta: impotente davanti allo stupro di Niniane, dentro di me si era accesa quella scintilla di magia, sopita fino ad allora, ed io avevo inconsciamente appiccato il fuoco ad entrambi i suoi aggressori.

   «Molte volte abbiamo cercato di parlare con Zathrian, ma ci ha sempre ignorati.»

   «Abbiamo contagiato questa maledizione alla sua gente, così che egli ponga fine a tutto per salvarla!», latrò Passosvelto.

   «Per favore, mortali… Dovete andare da lui. Portatelo qui. Se lui vedesse queste creature, se sentisse quanto soffrono… sicuramente acconsentirebbe a far finire tutto questo.»

   Uno spirito ci supplicava. Potevamo credergli? Non so cosa pensassero gli altri, ma io avevo già preso la mia decisione.

   «Lo porteremo qui», promisi. Mi rifiutai di accorgermi della reazione dei miei compagni. Quella storia mi toccava troppo da vicino per lasciare che qualcuno contestasse quella mia scelta. Avevano affidato a me il comando, dopotutto, e allora avrebbero rispettato la mia parola.

   «Ditegli che se non verrà, io non permetterò a nessuno di trovare Zannelucenti. E la maledizione che ha colpito anche il suo clan, non avrà fine.» La Signora della Foresta ci voltò le spalle e ci indicò un’uscita. «Fuori da questa stanza, c’è un passaggio che vi porterà dritti in superficie. Lo abbiamo riaperto per voi. Per favore, tornate con Zathrian il prima possibile.»

 

«Vi fidate davvero di ciò che ha detto quello spirito?»

   Nel tono di Alistair non c’era vero e proprio rimprovero, solo stupore e, probabilmente, fastidio: avevo deciso tutto da sola, senza consultarli. Ma non era stato lui a dire che il comando spettava a me?

   «Abbiamo ascoltato la versione di Zathrian e quella dei mannari, e ci siamo resi conto che non collidono fino in fondo.»

   «Per nulla», confermò lui con un cenno del braccio sano, proseguendo al mio fianco lungo le scale.

   «Per tale ragione, adesso torneremo da Zathrian e gli chiederemo di spiegarci meglio come stanno le cose. O preferivate ingaggiar battaglia contro tutti quei mannari e con uno spirito tanto potente?» Ecco che avevo iniziato con la mia parlantina da leader che non ammetteva obiezioni. Non perché volessi sul serio dettar legge, quanto perché sapevo che il mio ragionamento era impeccabile. «C’è dell’altro, comunque.»

   «E cioè?»

   Arrestai il passo e gli altri mi imitarono, mentre io piantavo gli occhi in quelli del mio collega. «Se solo quelle bestie avessero voluto, avrebbero maledetto anche noi», gli feci notare. «Ma se ben ricordate, durante gli scontri, nessuna di loro si è preoccupata di usare le zanne.»

   «Dimenticate il primo che vi ha assalita», mi ricordò Alistair, non del tutto convinto.

   Gli sorrisi senza allegria. «Dimenticate le mie orecchie a punta.» Le sue pupille indugiarono su di esse con aria confusa. «Passosvelto mi credeva una Dalish, rammentate?»

   «La sua teoria è bella convincente, eh?», mi venne finalmente in aiuto Morrigan, approvando le mie parole. E poiché né Wynne né Leliana ebbero da ridire, ne deducemmo che fossero d’accordo anche loro.

   Alistair sospirò, riprendendo a camminare in testa al gruppo. «E avete anche il coraggio di lamentarvi se lascio decidere sempre a voi…»

   Lo seguimmo in silenzio, almeno fino a che non arrivammo al piano più alto delle rovine, esattamente nella sala in cui avevamo sostato la notte addietro. Lì trovammo Zathrian che, da solo, si guardava attorno. Quando si accorse di noi, non parve del tutto sorpreso.

   «Siete già qui, dunque.»

   «Come avete fatto ad arrivare quaggiù?», domandò Wynne per me. «La foresta vi ha lasciato passare?»

   «Sono un Guardiano», rispose lui, serafico. «Posso accedere a qualunque tipo di magia, anche quelle che gente come voi ha dimenticato. Non sono mai stato bandito da questo posto.» Per lo meno su questo era sincero. Ma perché non dircelo prima? «Non c’era modo di sapere cosa vi sarebbe accaduto una volta che foste giunti qui, è per questo che sono venuto anch’io.»

   «Per accertarti che prendessimo il cuore di Zannelucenti», finì Morrigan per lui, con fare retorico e provocatorio a un tempo.

   «Infatti. Lo avete preso?»

   «Non riesci a capirlo da solo?»

   Zathrian socchiuse gli occhi, studiandoci con aria dubbiosa. «Direi che no, non lo avete preso», disse piano. Forse stava iniziando a capire. «Perché allora stavate lasciando le rovine?»

   «Se sapevate di queste rovine, perché non ce ne avete parlato?», s’incuriosì ancora Wynne.

   «Non ce n’era bisogno», tagliò corto lui. «Sapevo che le avreste trovate.»

   «La Signora della Foresta si è rifiutata di mostrarci Zannelucenti fino a che voi non spezzerete la maledizione», rivelai io a quel punto. Era inutile girarci intorno, tanto valeva affrontare di petto la questione.

   L’anziano elfo prese a camminare nervosamente per la stanza. «Non avete capito che lei in realtà è Zannelucenti?»

   «Sì», risposi. «Lo avevamo intuito.»

   «Davvero?», sentii farfugliare Alistair accanto a me. Mi sforzai di ignorarlo come tutte le altre.

   «È uno spirito», riprese allora Zathrian. «Cerca di convincervi a fare ciò che vuole, tutto qui.»

   «E sarebbe?»

   «Sopravvivere, suppongo», non si scompose lui. «È lo spirito più forte di questa foresta, lo stesso che io evocai secoli fa nel corpo di un lupo.» E lo ammetteva senza tanti problemi. Rimasi esterrefatta, e per un attimo paragonai quell’uomo a Flemeth: nessuno dei due si era fatto scrupoli a ricorrere all’Oblio per desiderio di vendetta. Non mi piaceva. «È come questa foresta: bellissima e terribile, tranquilla e selvaggia. Lei è la Signora e Zannelucenti insieme, le due facce di una stessa medaglia.» Un qualcosa di molto simile ad un Abominio, quindi? «La maledizione arrivò con lei.»

   «E voi siete in grado di spezzarla?», insistetti. Forse la Signora della Foresta era anche Zannelucenti, ma a dare l’avvio a quel tragico processo era stato lui, non lei.

   «Hanno attaccato il mio clan. Meritano di essere spazzati via, non di essere difesi», glissò la domanda lui. «Venite. Vi accompagnerò da lei, così potremo parlarle insieme ed io la forzerò a mostrarvi il vero aspetto di Zannelucenti. Dopo di che, lo uccideremo e prenderemo il suo cuore.»

   «I lupi mannari non sono selvaggi come sembrano», prese parola Alistair, questa volta più risoluto. «Sono davvero in grado di distinguere il bene dal male.»

   Zathrian si fermò a guardarlo con aria severa. «Anche se fosse, restano sempre le stesse, inutili creature di cui parlano le leggende.» Quell’osservazione non veniva da una mente lucida. «Non è la vostra battaglia, Custodi Grigi. Lasciateci prendere il cuore di quella bestia.»

   «Se non è la nostra battaglia, allora perché ci avete coinvolti?», s’innervosì il mio compagno.

   «Non hai considerato la possibilità di parlare con loro?», lo interruppe Morrigan.

   «E perché?», quasi la derise l’elfo. «Anche se affermate che essi hanno fatto propria la ragione, restano comunque delle bestie selvagge. Non cambia nulla.» Il mio biasimo per lui crebbe, al punto che ormai mi era impossibile comprendere oltre la sua sofferenza passata. «Tutto ciò che vogliono è vendicarsi… o essere liberati dalla loro maledizione, cosa che non farò mai.»

   «Nutrite ancora così tanto odio, dopo tutto questo tempo?» Non riuscii a fermare la mia coscienza.

   «Voi non eravate lì», ruggì Zathrian, sopraffatto infine dalla rabbia. «Voi non avete visto ciò che… ciò che hanno fatto a mio figlio. A mia figlia. E a molti altri.»

   «No, ma so cos’hanno fatto a mia sorella!», replicai con altrettanta foga. «C’ero. Ho visto tutto. Ho odiato quei bastardi con tutta me stessa, al punto che ne ho quasi spedito uno all’altro mondo.» Un gelido silenzio cadde attorno a me, e mi accorsi di essere di nuovo in lacrime. «Ho avuto la mia vendetta e non ne sono stata orgogliosa», ripresi con voce tremula. «Non ha portato a nulla, solo a farmi etichettare dagli altri come uno scherzo della natura a causa della mia magia. Mia sorella è rimasta ferita profondamente nell’animo, ma non si è lasciata vincere dal dolore e si è rifatta una vita.»

   «Mia figlia non è stata altrettanto forte.»

   «Perché le avevate insegnato a disprezzare gli umani, ecco perché!», gridai ancora. «Non sono qui per giudicare loro due, ora. Siete soltanto voi che non riesco a capire», proseguii quasi senza prendere fiato. «Questa storia deve finire. Troppe vite sono state rovinate a causa del vostro egoismo. La vostra gente soffre.»

   «Ho giurato di proteggerla e l’ho fatto», non batté ciglio Zathrian. «Ma non muoverò un dito per aiutare i discendenti di quei selvaggi che ricevettero per primi la maledizione.»

   «Non otterrete niente da noi se prima non accettate di parlare con quello Spirito», dichiarai, sempre più ferma nella mia posizione.

   Ci fissammo a lungo, gli occhi negli occhi, e capimmo che nessuno di noi era pronto a cedere.

   «D’accordo», mi concesse comunque Zathrian. «Vi seguirò. Ma se scoprissimo che tutto ciò che vogliono è vendicarsi? Mi proteggereste dal male che vorranno farmi?»

   «Lo farò», gli assicurai.

 

Passosvelto e gli altri mannari proruppero in ringhi e latrati molto più animati e profondi di quelli con cui ci avevano accolti all’inizio, mentre la Signora della Foresta rimase calma a guardarci avanzare nella sua direzione. Zathrian camminava in testa al gruppo, io lo tallonavo da vicino, pronta a bastonarlo in modo assai poco signorile nel qual caso avesse fatto una mossa falsa. A pensarci bene, mi ritrovavo in una situazione paradossale: nonostante quelle bestie per poco non avessero ammazzato me e Alistair, adesso ero totalmente schierata dalla loro parte, né provavo più un briciolo di paura. Ero solo furiosa con quello stupido mago cocciuto. Con me stessa. Più mi sforzavo di dimenticare il mio passato odio per gli umani, più quel dannato me lo riportava alla memoria. I miei compagni non meritavano di sentirsi giudicati con disprezzo, e l’amore che avevo appena scoperto per uno di loro non doveva essere macchiato da eventi ormai lontani nel tempo.

   «Eccoci qui, spirito», esordì Zathrian, fermandosi ad alcuni metri da Zannelucenti.

   Passosvelto balzò in avanti, frapponendosi tra loro con aria feroce. «È la Signora della Foresta! Rivolgiti a lei in modo appropriato!»

   L’elfo non si scompose, continuando a rivolgersi a lei. «Ti sei dato un nome, spirito? E ne hai dato uno anche ai tuoi animali domestici? A queste… bestie che ti seguono?»

   «Sono stati loro a farmene dono e a scegliersene uno proprio», rispose la Signora, calma come l’avevamo lasciata. «Mi seguono perché li ho aiutati a ritrovare loro stessi.»

   «Non sono altro che quello che erano i loro antenati: dei selvaggi! Rispecchiano fisicamente ciò che hanno nei loro mostruosi cuori!», ribatté Zathrian con spregio. Se avesse continuato in quei toni, sarei stata la prima ad azzannarlo, altro che Passosvelto.

   Quest’ultimo, invece, si mostrò molto più ragionevole di me. «Quest’uomo non vuole aiutarci, Signora! È un pericolo per voi! Non è qui per parlare!»

   «Ti sbagli», lo interruppe l’altro. «Sono qui per parlare. Ma la vostra natura vi costringe ad essere quello che siete.»

   «C’è della compassione nel tuo cuore, Zathrian», ci sorprese ancora Zannelucenti, facendosi vicina e fissandolo con tristezza. «Il tuo castigo si è protratto troppo a lungo.»

   «Il mio castigo è eterno, spirito, come il mio dolore. Questa non è altro che giustizia.»

   La Signora della Foresta non batté ciglio, ma, elegante come sempre, tornò fra i suoi discepoli. «Sei certo che sia soltanto il tuo dolore la ragione per cui non vuoi porre fine a tutto questo? Non hai detto ai mortali in che modo hai creato la maledizione?»

   No, non lo aveva fatto. Perché non mi sorprendeva, la cosa?

   «Ci ha detto che ti evocò e ti legò al corpo di un lupo», s’intromise Morrigan, decisa quanto me a scoprire la verità.

   «Ed è quello che fece», confermò lo spirito. «Io e Zannelucenti siamo un solo essere. Ma una magia del genere non avrebbe mai potuto essere eseguita senza un sacrificio, quello del sangue di Zathrian stesso.»

   Magia del Sangue… Ancora Magia del Sangue…

   «La tua gente crede che tu abbia ritrovato l’immortalità dei vostri antenati, Zathrian, ma non è così», proseguiva la Signora. «Più a lungo si perpetuerà questa maledizione, più a lungo vivrai tu.»

   «Questo non è vero!», protestò lui, punto sul vivo. Quanto ancora voleva spingersi oltre?

   «Quindi la sua morte porterà alla fine della maledizione?», chiesi. Non che avessi realmente intenzione di ucciderlo, benché l’istinto mi implorasse di farlo senza stare a rimuginarci troppo su. Bisognava però tener conto delle priorità e studiare bene la situazione.

   «No», fu sincera l’altra. «Ma le cose sono comunque strettamente collegate.»

   «Ammazziamolo, allora!», colse la palla al balzo Passosvelto, non riuscendo più a contenere le proprie emozioni. «Facciamolo a pezzi!»

   «Rimarrete sempre delle bestie!», gridò di rimando Zathrian. «Cosa ci guadagnereste uccidendomi? Sono l’unico in grado di fermare questa maledizione, e non lo farò mai!»

   «Ammazziamolo!», ribadì il mannaro, rizzando il pelo folto e scoprendo i denti aguzzi.

   «Li vedete?», lo additò il mago, rivolgendosi a me. «Attaccheranno anche voi! Fate ciò che dovete fare, Custodi, o via dalla mia strada!»

   «Non mi importa», affermai risoluta. «Non vi aiuterò in questa follia.»

   La voce di Alistair alle mie spalle mi diede ulteriore forza. «Sosteniamo soltanto ciò che riteniamo giusto.»

   «Allora morirete con loro!», urlò Zathrian, imbracciando il proprio bastone ed allontanandosi da noi, pronto alla lotta.

   I miei compagni ed io ci schierammo dunque in difesa di coloro che ci eravamo inizialmente prefissati di sconfiggere, mentre la Signora della Foresta, avvolta da una luce, tornava a prendere le sembianze di Zannelucenti, il lupo dal manto candido come la neve che avevamo già incontrato prima di scendere in quelle rovine. Lanciò un lungo ululato, e lo scontro ebbe inizio.

   Non potemmo tuttavia avvalerci del suo aiuto o di quello dei mannari, poiché Zathrian li immobilizzò in una prigione spirituale, così da avere soltanto noi cinque come avversari. La cosa non ci scoraggiò affatto, e, anzi, ci motivò maggiormente nelle nostre azioni. Alistair fu il primo a muoversi, avventandosi contro di lui per darci il tempo di formulare incantesimi, mentre Leliana incoccava la prima freccia. Non facemmo in tempo a far nulla, però, che l’elfo colpì Morrigan con la sua stessa magia, congelandola sul posto. Con una sonora imprecazione, il nostro templare sferrò un dritto contro il muso del nostro avversario, facendolo indietreggiare ed esclamare per il dolore.

   «Via di lì!», strillai. Alistair obbedì d’istinto, e solo dopo si rese conto di quanto avrebbe rischiato a non darmi subito ascolto: un’enorme fiammata scaturì dalla cima del mio ramo di quercia, e Zathrian ne fu immediatamente avviluppato.

   Si salvò ricorrendo all’energia del gelo, nonostante il dardo con cui Leliana lo trafisse ad una spalla, e spegnendo il fuoco e preparandosi alla successiva contromossa, il mago richiamò una bufera di neve. Un vento freddo e pungente ci penetrò nelle ossa, e i nostri corpi iniziarono ad intorpidirsi senza che potessimo evitarlo. Adesso la vista mi era ostacolata dalla coltre bianca che cadeva copiosamente e furiosamente intorno a noi, ma scorsi comunque Alistair scagliarsi di nuovo addosso al Guardiano. Ne interruppe un altro incantesimo con una possente spallata, atterrandolo ed inchiodandolo al suolo con un piede. Zathrian perse il bastone, ma non si diede per vinto: tese le braccia nella sua direzione, i palmi rivolti verso l’alto. Non aveva fatto i conti con i poteri del suo aggressore, comunque, che ne assorbì immediatamente l’energia magica, rendendolo del tutto inoffensivo e risucchiando anche il potere della bufera che subito cessò, lasciando sbigottite me, Leliana e Wynne, rimasta indietro per difendere Morrigan da eventuali colpi critici che ne avrebbero decretato la fine.

   «Sapete molte cose su noi umani», cominciò a spiegare Alistair, guardando lo sconfitto dall’alto, la Lama Verde puntata alla gola. «Quindi immagino sappiate anche cos’è un templare.» Senza di lui, in effetti, probabilmente non avremmo avuto la stessa fortuna, vista la velocità con cui Zathrian aveva messo fuori gioco Morrigan, Zannelucenti e tutti gli altri.

   L’elfo dapprima non rispose, troppo impegnato a riempirsi i polmoni d’aria nel disperato tentativo di recuperare forza. «Non… non posso batterti…», rantolò poi.

   «Uccidilo! Uccidilo subito!», latrò Passosvelto, tornato libero insieme a Morrigan e agli altri mannari.

   «No, Passosvelto», lo fermò la Signora della Foresta, riprendendo sembianze antropomorfe. «Noi non lo uccideremo. Se non c’è spazio per la compassione nei nostri cuori, come possiamo aspettarcene da lui?»

   «Non posso fare ciò che mi chiedi, spirito», riprese parola Zathrian quando Alistair lo lasciò andare, pur continuando a tenerlo d’occhio. Il mago si girò sul fianco a fatica, sforzandosi di alzarsi almeno sulle ginocchia. «Sono… troppo vecchio per conoscere la compassione. Tutto ciò che vedo davanti a me, sono i visi dei miei bambini, della mia gente… Non posso farlo.»

   «Hai avuto la tua vendetta. Ora basta», lo rimproverai ancora. «È andata avanti troppo a lungo, Zathrian.» Ormai non ero neanche più arrabbiata, solo stanca, delusa da tanta cocciutaggine che non faceva per nulla onore agli elfi.

   Lui riuscì a rimettersi in piedi, barcollando. «Io… forse ho vissuto troppo a lungo», ammise dopo qualche attimo, iniziando lentamente a ritrovare la lucidità. «Tutto questo odio… ha consumato la mia anima.» Spostò gli occhi vacui sulla Signora della Foresta. «Che mi dici di te, spirito?», le domandò per la prima volta senza disprezzo nel tono della voce. «Sei legato alla maledizione esattamente come lo sono io. Non hai paura della fine?»

   «Sei stato tu a crearmi, Zathrian», gli ricordò lei. «Mi hai dato una consistenza ed una coscienza che non esistevano. Non conosco il dolore e l’amore, né la speranza e né la paura, né tutta la gioia della vita. Tutto ciò che desidero è la fine. Per cui, te ne supplico, mio creatore… Poni fine a ciò che sono. Noi tutti ti supplichiamo di mostrare pietà.»

    L’anziano Guardiano calò le ciglia sul viso pallido in segno di resa e tornò ad inginocchiarsi a causa della spossatezza. Leliana raccolse il suo bastone e glielo rimise fra le mani per dargli un sostegno e per mostrargli piena fiducia. Lui rimase stupito dalla misericordia di tutti noi. «Tu… mi fai vergognare di me stesso, spirito… Non sono altro che un vecchio uomo che avrebbe dovuto da tempo finire i suoi giorni…»

   «Lo farai, quindi? Porrai fine alla maledizione?»

   Zathrian si appoggiò alla propria arma per riguadagnare la posizione eretta, l’attenzione tutta rivolta alla sua creatura. «Sì», affermò senza più ripensamenti. «Penso sia arrivato il momento per farlo.»

   La Signora gli sorrise. Passosvelto fece per avvicinarsi, ma lei lo fermò con un gesto. Un affettuoso scambio di sguardi fu il loro ultimo saluto. Infine, le pupille fisse nelle fessure scure che costituivano gli occhi di Zannelucenti, a dimostrazione che non c’era alcun rancore fra loro, Zathrian batté il fondo del bastone al suolo. Una alone magico si sprigionò da quel contatto, la maledizione fu spezzata, e lui ricadde pesantemente a terra, privo di vita. I mannari si strinsero subito attorno alla loro Signora, forse per proteggerla per l’ultima volta. Inutilmente. Un fascio di luce l’avvolse da capo a piedi, inghiottendola e non lasciando nulla di lei. Come un effetto domino, anche le bestie subirono le conseguenze di quel sortilegio, e lentamente ognuna di esse tornò ad assumere le proprie, originali sembianze: quelle di esseri umani, maschi e femmine.

   Increduli, si guardarono tutti gli un con gli altri, completamente spaesati, toccandosi e abbracciandosi a vicenda per accertarsi che non fosse soltanto un sogno, quanto piuttosto il risveglio da un incubo durato troppo, troppo a lungo. Poi, quello che, se non sbagliavo, doveva essere stato Passosvelto, si voltò ancora nella nostra direzione. «È finita. Lei… non c’è più. E noi… siamo umani», disse lentamente, sorprendendosi da solo per la sua nuova voce. «Quasi non ci credo…»

   «Non vi mancheranno tutta la forza e la velocità che vi garantiva il vostro precedente stato?», s’incuriosì Morrigan, affascinata forse più di chiunque altro a quel prodigio.

   «Come potrebbero mancarci le bestie che eravamo?», la smentì lui, mentre la sua bocca si apriva in un sorriso immenso e le sue braccia si allargavano come se egli volesse spiccare il volo. «È… straordinario!»

   «Cosa farete adesso?», volle sapere Wynne per accertarsi che non tornassero ad infastidire i Dalish stazionati ai margini di Brecilian.

   «Lasceremo la foresta, credo», rispose in fretta Passosvelto, senza l’ombra di bugia sul volto. «Cercheremo altri umani, vedremo cosa c’è lì fuori per noi. Sarà un’esperienza interessante.» Lo sarebbe stato per davvero, vista la prigionia a cui erano stati forzati fino a quel momento, costretti dalle loro sembianze ferine a nascondersi fra gli alberi e le rovine secolari di quel posto. «Grazie», pronunciò poi con un inchino, rispettoso esattamente come lo erano stati quelli per la sua Signora. «Noi… non dimenticheremo mai ciò che avete fatto.»













E finalmente ho finito il capitolo ventidue. Quello di Orzammar sarà un parto lungo e doloroso, forse anche peggiore di quando ho giocato.
Sapete una cosa? Mi ero completamente dimenticata del passato di Zathrian, perciò, quando mi sono resa conto che si sposava a meraviglia con quello di Nimue, ho zompettato dalla gioia perché potevo sfiziarmi con l'introspezione del mio elfo. <3
Passo ai saluti e ai ringraziamenti, a cominciare da quello per la mia beta Atlantislux, e a (in ordine alfabetico): Ashar (Se riesco a farti venire ispirazione, sono contenta! ^^ E poi... ti pare che una bacchettona come Nimue usi la Magia del Sangue? Suvvia, suvvia! XD), BgmnhOO, Cass, ENS (Di momenti divertenti spero ce ne saranno altri in futuro. ^^), Erecose (Dimmi, dimmi, Morrigan ti va bene anche qui? E Nonna Wynne? :D), Evertine (Meno male che Alistair è paziente, sì! XD E, come hai letto anche in questo capitolo, avevi ragione: basta sfiorare lui e Nimue si scatena e fa a pezzi tutto. XP), Lames76, Lara, Salice, Slepless e The Mad Hatter (Sempre troppo buono. ^^).
Spero di non aver dimenticato nessuno. In caso lo abbia fatto, vi supplico di perdonarmi. ç_ç
Un bacio e buona domenica!
Shainareth





  
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