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Autore: Shakta    21/06/2010    3 recensioni
questa è la storia di un barbaro, animato dal fuoco della vendetta e di un ladro, coinvolto in un intrigo più grande di lui. Dalle loro azioni dipenderà il futuro del Regno di Ellicav. In questa storia di decadenza e corruzione, bene e male vengono trasfigurati dal potere sino a diventare indiscernibili dalla violenza e dalla pace.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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l'emarginato e il bardo capitolo 4

L'emarginato e il bardo


Faccio ancora fatica ad abituarmi all'idea di dover lasciare tutto questo. Le immacolate case, gli ampi viali, le cinque altissime torri dei Sovrani, la Culla del Sole e soprattutto il Grande Tempio del Sole. Quanti minuti, ore, giorni ho passato là dentro a cercar risposte e domande. Quanto ho sudato nella sua pigra umidità, mentre fuori i miei simili soffrivano e morivano per un'ideologia. O meglio l'ideologia.
Chiunque non sia cresciuto qui ad Ankhalar non può capire di cosa parli.
Perché per chiunque non sia cresciuto qui è ben chiaro cosa siano la vita e la morte, quale sia la differenza che le separa.
Ma non per noi.
Dominati dalla follia di potenza, ne abbiamo completamente smarrito il limite. Sempre ammesso che essa ne abbia.
Non parlo di uccisioni, torture o sevizie. È la libertà a cui mi riferisco. La libertà di essere ciò che si vuole. Eremiti o governanti, assassini o poeti. Ogni possibile scelta ci è sottratta sin dal nostro primo vagito, quando, ancora incapaci di capire, abbiamo già segnato la nostra fine per il solo essere venuti al mondo.
Siamo malvagi? Sì è vero. Terribili? Vero anche questo. Crudeli? Oltre ogni immaginazione. Protagonisti delle più terribili storie da taverna, finiremo ad annientare il mondo intero se ne avremo la possibilità. O ad annientare noi stessi. Perché il nostro più grande nemico siamo noi.
O meglio, Lui.
Il nostro grande Dio, ai cui dettami dedichiamo ogni singolo respiro.
Il nostro onnipotente Dio, capace di metterci gli uni contro gli altri, dimenticando qualsiasi legame, di sangue, affetto ed odio.
Il nostro malvagio, terribile e crudele Dio, Karevor. Vale a dire noi stessi, i Noubin.
Ciò che Egli è, noi siamo. Ciò che noi non siamo, Egli è.
La sua legge non lascia spazio all'arbitrio. Dalla nascita siamo marchiati come appartenenti a Lui. Con tutto quello che ne consegue.
Non sono ammessi alla vita neonati con malformazioni, seppur lievi. Vengono gettati a morire ai margini della città.
Tra quelli considerati idonei, coloro che, raggiunti i 7 anni, non abbiano ancora mostrato capacità magiche, vengono calati nel loro destino: schiavi, puttane, martiri, vittime sacrificali.
I pochi fortunati dotati iniziano il cammino della Magia e del servizio di Karevor: schiavisti, Chierici, carnefici, assassini.
Bestie o domatori, qual'è la reale differenza?
Ognuno seguirà la propria via, senza averla potuta scegliere.
Come un minuscolo insetto, si dimenerà nella ragnatela, muovendo un piccolo momento ma rimanendo sospeso nell'eterno.

Poi ci sono io.
Sincarel.
Senza secondo nome di appartenenza, poiché non sono altro che un misero bastardo. Un cadavere che cammina, come spesso mi hanno definito. Zoppo sin dalla nascita per una gamba più corta, il mio destino sarebbe dovuto essere quello degli altri Rifiutati. Morire nella polvere. Invece io scelsi di vivere. Inconsapevolmente certo. Ma lo feci. E ciò mi rende più potente di qualsiasi Grande Stregone o Alto Chierico.
E non solo per la mia scelta. Ma perché fui anche la scelta di un'altra persona, mia madre Felahana, che accortasi di quel neonato che non voleva morire, mi prese con sé raccogliendomi da terra e mi crebbe sinché poté tenerlo nascosto.

È a lei che ora, dopo 18 anni sto pensando, mentre mi accingo ad abbandonare la mia città e la mia patria. Alla sua scelta, consapevole.

Il gelido e forte vento mi costringe a voltarmi ancora una volta. Dalla collina su cui sono riesco a vedere svettare le cinque splendenti Torri. Il sole le abbraccia proteggendole dalle troppe nuvole. Ora è immutabile nella sua pienezza, ma chissà un giorno. Chissà se quelle nuvole non potranno addensarsi e impedirgli di vedere. Chissà cosa succederebbe.
Mi stringo di più nel mantello e mi volto.
Il mio viaggio sarà lungo.


Ripiegò il foglio che aveva già letto centinaia di volte e lo nascose tra le pieghe della camicia. Anche per quella sera avrebbe attinto alla storia di Sincarel il Noubin, il grande Stregone ribelle dal cuore di fuoco e l'animo di ghiaccio. Era una storia che aveva creato anni addietro e che gli era cara soprattutto per l'affinità istintiva verso il protagonista, che, come lui, era marchiato dal flagello della zoppia. E la storia era ancora più affascinante poiché probabilmente era vera, o almeno questo aveva dedotto dalla sottile ed elegante grafia con cui erano tracciate le parole. Gli piaceva credere che quei fogli fossero davvero stati strappati dal diario di Sincarel, realmente esistito in chissà quale luogo o tempo, e, attraversando secoli o forse solo alcuni anni, per pura casualità fossero finiti proprio nelle sue mani. Tra le dita di un giovane bardo zoppo, che aveva subito eletto il carismatico Stregone a suo eroe e aveva costruito su di lui trame e storie degne dei migliori poemi.
La taverna dove si doveva esibire quella sera era gremita di gente della peggior specie: ladri, tagliagole, protettori con le loro prostitute, persino alcuni Perlan, gli esotici padroni della maggior parte del traffico di droghe. Non era esattamente il miglior pubblico che gli fosse capitato, senza considerare che Nick ovviamente non era venuto a vederlo, deludendo lui, ma ancor di più sua sorella Claire che ne era segretamente, ma neanche troppo visto che lo avrebbe capito anche un cieco, innamorata.

Allora io inizio eh?” le disse cercando di nascondere il nervosismo.
Nick non c'è” rispose lei, senza nascondere la delusione. Lui la guardò dispiaciuto: non era una brutta ragazza, ma i suoi modi maschili, uniti a qualche scorpacciata di troppo, a un abbigliamento povero ed incolore e a degli ingestibili capelli riccioli, non ne facevano certo una bellezza o una ragazza per cui qualcuno si poteva voltare. Non certo poi Nick, che con la sua bellezza ed il suo fascino, aveva schiere di ammiratrici, qualcuna anche dell'alta società.
Magari arriverà a spettacolo iniziato” mentì per rincuorarla. “Sai quanto gli piacciano le entrate a effetto”.
Claire gli diede un affettuoso bacio sulla guancia.

Buona fortuna fratellino” gli augurò.
Speriamo vada bene” sospirò.


Alcuni minuti dopo i due fratelli stavano fuggendo a perdifiato per le vie di Altaria, inseguiti dagli insulti provenienti da quelli che si erano rivelati spettatori troppo esigenti. Irv arrancava per star dietro alla sorella.
Dannata gamba!” si maledisse fermandosi. Claire lo raggiunse tornando indietro di alcuni passi.
Beh”, disse ansante, “non credo che si prenderanno la briga di inseguirci.”
In effetti no” rispose, ancora dispiaciuto per come erano andate le cose. “Ma dove ho sbagliato?”
Non pensarci. Andiamo piuttosto alla Locanda del Gallo a bere qualcosa?” propose lei senza riuscire a trattenere un trasognato sorriso. Il giovane bardo annuì sorridendo a sua volta.
D'accordo. Ma non facciamo tardi però! Altrimenti papà chi lo sente poi.”
E si incamminarono lentamente mentre nubi nere velavano una pallida luna.



  
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