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Autore: Banryu    21/06/2010    4 recensioni
Il primo capitolo è una semplice fic sulla morte di Kagura vista dal suo punto di vista: triste ma bella. Nel secondo invece è preso in considerazione il punto di vista di Sesshomaru.
Genere: Triste, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kagura, Sesshoumaru
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Beh, ho seguito il consiglio di Wolfmother alla fine! Non potevo tirarmi indietro davanti a quella sfida!
Quindi eccola qui: la storia dal punto di vista di Sesshy! xD Spero vi piaccia, e grazie per avermi incoraggiata! ^^
Ps: Scusate se ci ho messo più del solito, ma ho avuto qualche contrattempo! =)

Un petalo. Un petalo rosso nel vento. Quell’odore. Non era forse l’aura velenosa di Naraku? Sì, senza dubbio, non poteva sbagliarsi. Che lui fosse vicino? No, avrebbe captato la sua presenza. Allora cosa? Ora insieme al veleno, sempre più forte, portato dal vento, un altro odore.
Sangue. Quell’odore di sangue si stava facendo più forte ad ogni soffio di vento. Un ennesimo petalo rosso venne verso di lui, fermandosi un attimo sul suo viso per poi cadere fino a terra. Ormai era sicuro: quell’odore era il sangue di Kagura.
Fu un attimo: i suoi piedi si staccarono da terra, il suo corpo cominciò a salire, circondato dalla brezza sempre più carica dell’odore di sangue e morte. Stava volando a gran velocità nella direzione indicatagli dal vento, incurante delle grida del piccolo kappa che riecheggiavano inutili alle sue spalle. Ancora una volta non avrebbe avuto risposta, né prima né dopo.
Perché? Perché si era mosso così velocemente verso quell’odore? Niente. Nella sua mente non c’era spazio per nessuna domanda. Quelle sono per i deboli esseri umani, sempre pronti a chiedersi perché invece di agire. Lui non era così, lui prima agiva, e forse dopo si chiedeva perché lo aveva fatto. Forse. Più probabilmente agiva e basta. A chi importa il perché se è quello che vuoi, anzi, se è quello che il tuo istinto vuole? E lui era sempre pronto a fare quello che il suo istinto gli imponeva, e in quel momento gli stava urlando di affrettarsi nella direzione di quell’odore.
Poco dopo arrivò. L'odore proveniva da una piccola radura nascosta tra gli alberi della fitta foresta, una piccola parentesi di pace, luce e colori tra l’oscurità che la circondava. Quasi perfetta. Quasi.
Al centro, in ginocchio sui fiori bianchi e gialli che ricoprivano ogni centimetro di radura che fosse al sole, c’era una figura. Intorno ad essa i fiori erano interamente tinti di rosso: il rosso del sangue. Quindi non si era sbagliato. Quella figura era Kagura. Il sangue era il suo, ma anche l’odore di veleno era emanato da lei.
Elegante e silenzioso si posò a terra, come uno di quei petali che volteggiavano leggeri per tutta la radura. La guardò. Il suo corpo sembrava trapassato da parte a parte in tre punti diversi. Brutte ferite, ma non inguaribili per un demone. L’unica cosa innaturale era l’alone violaceo che ne fuoriusciva, ininterrottamente, andandosi a dissolvere poco più in alto nel vento. Il veleno. Sicuramente ne era piena.
Un attimo. C'era qualcosa di diverso in lei. Qualcosa che prima mancava. Chiuse un attimo gli occhi, il tempo di un battito di ciglia. Un battito. Capì: in lei, dentro di lei, batteva qualcosa. Qualcosa che prima non c'era e che non c'era mai stato. Il cuore. Quindi alla fine le era stato restituito.
Il suo flusso di pensieri fu interrotto dalla voce di Kagura. Aveva pronunciato il suo nome, era sorpresa, tanto la sua voce quanto i suoi occhi, che chissà come avevano avuto la forza di alzarsi fino ad incontrare i suoi. Doveva essere molto debole, aveva già perso così tanto sangue.
“Ho seguito l’odore dell’aura velenosa di Naraku.” Rispose alla domanda indiretta che lo sguardo di lei gli stava ponendo. Lei, continuando a tenere la testa alzata, parlò, anche se evidentemente ogni parola le costava uno sforzo notevole. Deluso? Lui? Aveva solo detto di aver seguito l’odore del veleno di Naraku, non che non sapeva che si trattava di lei. Intanto Kagura aveva riabbassato lo sguardo. Evidentemente le forze la stavano veramente abbandonando. Lui continuava a guardarla con i suoi occhi freddi e indifferenti, che senza chiedere nulla avevano già capito tutto di come erano andati i fatti e del perché adesso lei si trovava lì in quelle condizioni: libera, perché il cuore le era stato chiaramente restituito, ma in fin di vita, perché Naraku l’aveva scoperta e punita per il suo tradimento.
“Sapevo che eri tu.” Le disse, come se quella spiegazione bastasse per giustificare il fatto che si trovava lì, davanti a lei. Kagura sembrò sorpresa da quelle parole. Era sempre più debole, il veleno la stava consumando dall'interno.
Negli occhi del demone passò per un attimo qualcosa. Che fosse dolore? Pena? Risentimento? Cosa? Ovviamente lui non lo sapeva, non sapeva cosa lo stava spingendo ad alzare l’unico braccio rimastogli per portarlo rapido a Tenseiga, la spada guaritrice. Però, una volta che la sua mano si fu strinta sull’impugnatura della katana, qualcosa lo fermò.
‘Tenseiga non la salverebbe…’ Pensò sentendo che la spada, sotto la salda stretta della sua mano destra, non gli rispondeva. Sapeva di avere ragione: ormai era troppo tardi. Così abbandonò la mano lungo il fianco. Silenzio. Adesso c’era silenzio intorno a loro. Solo i petali bianchi e gialli che li circondavano da ogni parte per poi salire verso il cielo, e ogni tanto, tra essi, qualcuno rosso. Sembravano quasi volersi distinguere dagli altri, quasi a voler sottolineare la notizia importante che stavano portando, piccoli ambasciatori di sfortuna, come quello che era giunto da lui poco prima.
“Te ne vai?” Chiese il demone, vedendo il corpo di Kagura sempre più accasciato e coperto di sangue. Il flusso violaceo che fuoriusciva dalle ferite stava aumentando a dismisura. Lei gli rispose nel modo più semplice ed elegante che avrebbe potuto usare. Di certo non negava mai la realtà quella donna, un tempo così forte, e ora ridotta in queste condizioni indegne.
Quasi gli veniva da sospirare nel vederla così. Nella sua mente c’era silenzio e indifferenza, ma forse lui non si accorgeva dell’espressione che aveva sul volto, di quello che gli si leggeva negli occhi. Sembrava così sofferente, eppure nulla, non c’era nulla di tutto questo nel suo cuore. Nessuna emozione arrivava così in profondità. Non spesso almeno.
Ancora pochi attimi e Kagura si mosse. Alzò di nuovo la testa verso di lui e, sorprendentemente, trovò la forza per un’ultima cosa: un sorriso. Quel sorriso era così carico di così tante emozioni che lui non riuscì forse a capirlo appieno per quanto era forte.
Fu l’ultima cosa di lei che poté vedere. Poi il vapore violaceo la circondò interamente, sollevandola quasi. Lei cascò all’indietro e cominciò a scomparire, unendosi al vento che tanto aveva amato. Bastò un attimo: dal ventre, nel quale si trovava la ferita più grande, per poi passare al kimono, alle gambe e poi alla parte superiore. Scomparve. Prima di andarsene definitivamente il vento le sciolse i capelli. Erano molto più lunghi di quello che si sarebbe potuto pensare guardandola, si muovevano ondulati nel vento.
Dopo un attimo, di lei rimase solo una delle piccole piume che le tenevano legati i capelli. Nient’altro. Solo quella piccola piuma che saliva nel vento, accompagnata da tutti quei petali bianchi. Solo una piuma. La seguì un attimo con la sguardo.
Poi la sentì, tutto intorno a lui, una brezza leggera, che lo sfiorava in ogni direzione, avvolgendolo. Qualcosa infondo al suo petto si mosse, un attimo, solo un attimo. Qualcosa senza un nome.
Sapeva che era lei, quel vento che ora si espandeva libero in ogni luogo. Tenseiga sapeva sempre che cosa fosse giusto da fare. Perché sicuramente quella era la cosa giusta, solo così lei, Kagura, sarebbe stata finalmente libera. In nessun altro modo, perché perfino il corpo in qualche situazione può diventare una prigione.
Il demone mosse un passo per andarsene, quando l’odiosa voce di suo fratello gli giunse da dietro le spalle. Gli chiedeva se Kagura era morta soffrendo. Da quando suo fratello s’interessava di quella donna? L’aveva lui stesso visto più volte cercare di ucciderla. Non gli importava. Non ora.
Senza rivolgergli neanche uno sguardo alzò la testa verso il cielo. O forse era quella piuma che stava guardando?
“Stava sorridendo.” Solo quelle due parole concesse Sesshomaru a suo fratello prima di riprendere a camminare, diretto chissà dove, come sempre.

Ringraziamenti per il capitolo precedente:
Wolfmother: Grazie per l'idea! Mi sono divertita a provare a descrivere di nuovo Sesshomaru, in verità mi piace molto farlo.. xD Spero tanto di non aver deluso le tue aspettative con questo capitolo.. ^^ Io ci ho provato.
Dance of death, KiraKira90, chocola92, Riza Hawkeye, Cindy 91: Grazie infinite per il supporto che mi date! ^^ Spero vi sia piaciuta anche questa piccola aggiunta!!
rosencrantz: Sì, è vero: in questa scena non è Sesshomaru ad essere innamorato, ma io sono convinta che ogni scena possa essere vista dal punto di vista di ogni personaggio che ne fa parte, quindi come potevo non tentare di fare Sesshomaru? Glielo dovevo, spero ti piaccia comunque quindi! ^^
  
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