VENDETTA
Di Altair
Ho sempre pensato che la vendetta fosse una cosa sbagliata, la pensavo così ai tempi della scuola. Credo che ne derivasse dall’educazione che ho avuto dai miei genitori.
Ho sempre pensato che la vendetta
fosse la strada sbagliata, un vicolo cieco, oppure la strada di un bosco
sconosciuto, stretta, sterrata e incorniciata ai lati da arbusti spinosi che
non aspettano altro che pungerti per spillarti qualche goccia di sangue. Credo
però che la pensino tutti così, prima di ritrovarsi in un certo genere di
situazione.
Ovunque la gente si riempie la
bocca di parole buone, tutti invocano il perdono, la redenzione, il pentimento.
Nessuno si redime davvero. Siamo
una massa di peccatori, gli abitanti di una palla gigante che fluttua
nell’infinità dell’universo.
Tutti perdoniamo; di solito
l’azione più perdonata - soprattutto perché la più frequente - è il tradimento,
da quello di una persona che ritenevi fidata a quello compiuto carnalmente
dalla persona che ritenevi tua. Siamo tutti capaci di perdonare nello stesso
modo in cui siamo capaci di bere. Io però penso che quando un bicchiere si
rompa è impossibile rimetterlo insieme. Puoi cercare le schegge ovunque, sul pavimento
della tua cucina, sotto i mobili, negli angoli bui e polverosi: Non riuscirai mai
a ritrovare tutti i pezzi. Non potrai più bere neanche se metti insieme i pezzi
che hai trovato. Puoi sempre provarci, ma ti taglierai il labbro e tornerai a
sanguinare. Con in tempo poi, anche l’attack più resistente e duraturo comincia
a cedere. Ci sono cose che, una volta rotte, non torneranno mai come prima.
Ci pentiamo tutti anche per le
più piccole cose, e vi confesso che lo faccio anche io. Un poco. Beh, ormai non
posso più tornare indietro, quello che è fatto è fatto.
Dopo tanta insistenza al povero
Daniel sono riuscito a farmi dare questi fogli di pergamena e un penna con
l’inchiostro. Non so se questo manoscritto verrà mai letto da qualcuno, di
solito quando una cella qui ad Azkaban si svuota il contenuto interno viene
bruciato. Io voglio scrivere lo stesso, anche se devo sbrigarmi, mi sento
sempre più debole e ho sonno.
Questa storia parla di vendetta.
Questa vendetta mi ha portato ad Azkaban e mi ha fatto prendere non so quale
maledetta malattia. E’ stato un occhio per occhio dente per dente. Io ho messo
la dentiera, Malfoy ha chiuso gli occhi.
Per sempre.
Quel figlio di puttana ha ucciso
Hermione.
Hermione che aveva appena preso
la laurea a pieni voti in medimagia e che guardava al futuro con gli occhi
colmi di aspettative. Lei che riusciva ad arrossire ad ogni mio più stupido
compliemento. Lei che profumava di fragola e di cioccolato, due sapori, tanto
diversi e tanto buoni insieme. Lei che quando facevamo l’amore mi sussurrava
all’orecchio parole proibite e promesse da mantenere. Lei che anche con il più
vecchio e consunto maglione e i più sgualciti jeans mi faceva impazzire. Un
giorno gli capitò di imbattersi in un errore. Un errore di Malfoy intendo. Il
suo giro di estorsioni magica andava bene, ma aveva qualche problema con un
negoziante di scope che no voleva pagare la protezione. Draco, da uomo
ragionevole quale è, lo uccise davanti al suo negozio, erano le sei del mattino
e quella strada non era per niente trafficata. Hermione si stava recando
all’univerità. Le piaceva immergersi nell’immensa biblioteca della scuola mi
diceva.
Hermione vide Draco. Draco vide Hermione.
Hermione saltò in aria con la sua
Ford il giorno che si stava recando a testimoniare contro Draco al ministero.
Su quella ford, di cui rimase solo lo scheletro esterno, dovevo esserci anche
io. All’ultimo momento, un febbrone mi costrinse a rimanere a letto. Ricordo
ancora il nostro ultimo scambio di battute.
- Stasera vedi di stare meglio,
ricordati che oggi è il giorno del fim-. Una volta alla settimana, specialmente
di venerdì, Hermione voleva vedere alla televisione un film del suo regista
preferito. Non siamo mai riusciti a finirne uno, di solito dopo i primi
cinquanta minuti io saltavo addosso a lei o viceversa.
- Herm, sta attenta... quella è
gente pericolosa-. Mi aveva risposto con un bacio, che ancora oggi mi aiuta a
scacciare i dissennatori talmente fu bello, e un sorriso che significava ci vediamo dopo, ma che in realtà si
trasformò in addio.
Lottai interiormente contro la mostruosa voglia di saltargli davanti e fulminarlo. Il desiderio mi consumava le viscere dell’anima, tutti i miei sensi erano già proiettati all’omicidio: volevo ascoltare le sue urla imploranti, toccare il legno della mia bacchetta, sentire l’odore freddo della notte, ma sopratutto volevo vedere la luce vitale abbandonare i suoi occhi.
Finalmente si decise ad entrare, e io con uno sforzo sovrumano mi controllai e tornai in me. Quella sera dormii male. Per un pelo il demone della vendetta non aveva preso il sopravvento sul mio Io.
Decisi che era il momento di agire.
Dalla fessura che le guardi osano chiamare finestra vedo che il sole si appresta a nascondersi nell’oceano. Saranno si e no le sei del pomeriggio. Fra poco dovrebbe arrivare Daniel con il solito cibo avariato.
- Ron... Ron!-.
- Cosa c’è Alan?-. Il Povero Al è partito con la testa qualche giorno fa. Mi fa pena.
- Vedo! Vedo! Arance Fumanti! Arance Fumanti!-.
- Le vedo anche io Al-. Lui si calma, si pulisce la bava da mento guardandosi le maniche della camicia carceraria, poi torna a fissare il nulla davanti a se. Mi fa pena, e scambierei volentieri qualche parola con lui, ma forse è meglio se mi sbrigo: ho una storia da scrivere.
La sera di ottobre che avevo scelto era molto fredda. Il gelo era così acuto che sembrava entrarti nelle ossa. La serata era limpida, non una nuvola osava turbare la distesa blu della volta celeste. Era macchiata di stelle e ospitava la luna che mostrava un quarto della sua faccia.
- Il cielo non si fa problemi - sussurrai alla quiete notturna – sta sulla testa di tutti, buoni e cattivi-.
Ero nascosto dietro un muretto diroccato. Il rifugio di Malfoy era in campagna e quel muretto probabilmente, tempo addietro, faceva parte di una piccola casetta di contadini. La mia emozione era immensa. Non era felicità, non era nemmeno paura. Sentivo il cuore che pompava in maniera esagerata e le vene che si ingrossavano e sgonfiavano, in preda a ritmiche pulsazioni. Aspettavo con ansia quello che sarebbe accaduto, perché nel bene o nel male sarebbe stata una liberazione. Tendevo l’orecchio alla strada mentre cercavo di immaginare quello che avrebbe detto Hermione se avesse saputo quello che stavo per fare, riportavo alla luce i momenti passati insieme, anche quelli sepolti sotto gi strati più interni della mia memoria.
Piansi.
Piansi. Ma non una sola lacrima rigò il mio volto quella sera. Piansi con il cuore, perdendomi nella disperazione che avevo nascosto per mesi e mesi. Poi sentì il rombo di un motore, i rumore dei freni che venivano attivati e le risate di un uomo che sbatteva lo sportello.
L’auto si allontanò ed io sfoderai la bacchetta e contai fino a tre prima di alzarmi e uscire da dietro il muretto. Con il cuore che sfiorava la tachicardia puntai la bacchetta di fronte a me e mi avvicinai all’ancora ignaro Draco, mentre ripetevo mentalmente tutti gli incantesimi più crudeli che conoscevo.
Nella mia camminata verso Malfoy calpestai un rametto, questo si spezzò producendo un rumore che lo mise in allerta. Mi vide. Pensai che mi avrebbe lanciato qualche incantesimo, e mi ero già preparato a proteggermi con un incantesimo scudo. Lui invece aprì velocemente la porta e vi si infilò dentro.
Mi sarei aspettato una reazione diversa, arrogante, quella di nascondersi non l’avevo minimamente presa in considerazione. Non avevo messo in conto nemmeno l’entrare dentro casa, poteva essere molto pericoloso, ma ormai mi aveva visto, e poteva chiamare i suoi scimmioni. Allora si che sarebbe stato un vero guaio. Mandando all’aria ogni precauzione mi precipitai dentro anche io, seguendolo a ruota.
L’interno era buio pesto, talmente buio che non riuscivo nemmeno a distinguere le sagome degli oggetti, se mai ce ne fossero stati.
Pensai di accendete la bacchetta quando la stanza si illuminò di verde. Un getto luminescente mi sfiorò l’orecchio sinistro. Sentii quelle che erano le urla più strazianti immaginabili, non potevano essere urla umane, non era possibile. Le urla mi lacerarono il timpano, causandomi una momentanea sordità e una vaga sensazione di perdita dei sensi. L’incantesimo picchiò contro il muro e si spense, facendo ripiombare la stanza nell’oscurità. Questa volta accesi immediatamente la bacchetta.
Malfoy era davanti a me, ghignava.
- Sono sempre stato una schiappa al poligono -. Ammise ad una domanda che nessuno aveva posto. Furono le sue ultime parole. Lanciai uno schiantesimo.
Avevo intenzione di legarlo e fargli qualche domanda, fargli del male prima di agire, ma non fu così. Il mio incantesimo lo face volare all’indietro e, nella caduta, sbatté l’incavo fra la spalla destra e il collo in cima allo schienale di una sedia. Si ruppe il collo in due. Fece lo strano rumore di una pila di asciugamani percossa con un bastone.
Malfoy era morto e la vendetta compiuta.
Malfoy poteva anche odiare i babbani, ma non disprezzava la loro tecnologia. Il filmato cadde nelle mani sbagliate e io fui condannato alla prigione. Mi diedero una pena di dieci anni: avevo eliminato un pezzo grosso della criminalità e non avevo fatto uso di maledizioni senza perdono, ma avevo lo stesso ucciso. Sono riuscito ad arrivare vivo e sano di mente a due anni, ma non credo che resisterò ancora a lungo. C’è sempre questa strana sensazione di stanchezza che mi attanaglia, non riesco proprio a capire cosa sia. Ricordo il momento in cui uccisi Malfoy con orrore. Mi ero trasformato in un sadico killer, avevo ucciso un uomo, come me. Ogni tanto provo sconcerto per la mia azione, piango e mi chiedo come mi sia potuto trasformare in un mostro come quello.
Il sole è calato del tutto. Le tenebre regnano nella mia cella e su tutta la prigione.
Quella che hanno il coraggio di chiamare cena puzza di topi morti, e credo che la lascerò ad Al, lui ne va matto.
Quell’urlo lo sento alcuni notti, non sono mai riuscito a capire chi o cosa l’avesse fatto.
L’urlo dell’oblio e della disperazione.
Hermione ogni tanto viene a farmi visita nei sogni. Insieme passeggiamo per i prati oppure guardiamo qualche film alla televisione. Oggi sono due anni esatti che questa cella è la mia casa, ormai la sento mia.
Tra poco verranno i dissennatori; li fanno uscire le notti dispari, in modo da tormentare il nostro sonno e farci uscire di testa prima del previsto.
Io però so che questa notte dormirò benissimo. Quando chiudo gli occhi sento la voce di Morfeo che mi tranquillizza e rilassa le mie malandate carni, la voce di Morfeo. Oppure è solo quel burlone di Ade che vuole giocare.
Fine
Altair
19/06/2010