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Autore: Thoas Pensiero    22/06/2010    3 recensioni
Luccicano, solo per lui.
Come un faro nella nebbia devono farsi trovare.
Luccicano mostrando un vuoto,
mostrando di essere speciali.
Genere: Avventura, Fantasy, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Rebecca Perliace

La figura.

Mi trovavo in una foresta, i raggi del sole penetravano a fatica attraverso la folta chioma degli alberi. Camminavo per un sentiero fangoso che mi obbligava a destreggiarmi in manovre assurde per evitare il grosso del pantano. Istintivamente mi guardai intorno alla ricerca di un riferimento che potesse illuminarmi sul luogo in cui stavo. Voltandomi vidi un cancello sprangato, contornato da ruggine, mi portai davanti ad esso e ne scrutai oltre: un’enorme parco si estendeva per un lungo tratto per essere delimitato da una strada in discesa e alcune case. Non fu difficile riconoscerlo, ero stata molte volte al parco Fola insieme a mio padre. Quando ero piccola mi divertivo a fingere che dentro il boschetto ci fossero spiritelli o altre creature fatate. Rivederlo dopo così tanti anni mi confuse leggermente. Come ero arrivata fino ad Albinea? Mia madre non avrebbe sicuramente proposto un’idea che le avrebbe causato altro inutile dolore per la memoria di mio padre. Certamente non potevo essere venuta a piedi da sola fino a li, sarebbe stato da incosciente. Un suono di rami che si spezzano mi distolse dai miei pensieri, mi voltai di scatto: - Chi c’è?-
Nessuna risposta. Vidi un movimento sospetto dietro un albero, qualcosa o qualcuno stava scappando verso il profondo della foresta. In quel momento la Rebecca saggia e giudiziosa che conoscevo mi imponeva di varcare il cancello e andarmene immediatamente, invece mi misi all’inseguimento della strana figura. Saltai radici, centrai pozzanghere sporcandomi i jeans, ma non interruppi la corsa. Il fuggitivo percorse una salita di asfalto e nella fretta caddi in avanti. Riuscii ad attutire la caduta con le mani per poi alzarmi e ripartire. Raggiunta la sommità della salita mi trovai in una zona anch’essa totalmente in asfalto.
Al centro di essa stava immobile la figura. Non riuscivo ad identificarne i tratti poiché era come immerso in un’irreale penombra personale. Passò qualche momento interminabile. Non parlava e rimaneva immobile nella sua posizione come una statua.

- Ciao- dissi con un filo di voce. Nessuna risposta.

- Scusa per la domanda indiscreta, ma perché sei scappato quando ti ho visto?- udii dei sussurri da ogni direzione, infine riuscii a distinguerne alcuni come “ pentimento “, “ delusione “ , ”paura del non vissuto ”.
Non capivo la connessione tra esse.

- Presto comprenderai il senso della Saudade e dei suoi benefici- disse una voce cavernosa proveniente dalla figura statuaria. Dalla paura mi pietrificai sul posto.

- Cosa scusa?- chiesi intimorita

- Capelli castani lunghezza spalle, occhi celesti, carnagione chiara. Sei Rebecca.- continuò lui

- Si, ma tu chi sei?- chiesi tremante

- Importa veramente? In breve puoi identificarmi come lo spirito della Saudade.-

- Cosa sarebbe questa Saudade?- il mio interlocutore si mosse  verso di me ad una velocità impressionante, in pochi secondi era riuscito a ridurre da trenta a circa cinque metri la distanza tra noi due.
Rimasi immobile attendendo che mi saltasse adosso, ma poco prima la figura arretrò bruscamente producendo versi stridenti. Sentii una presenza vicina a me, come un calore infinito e rinvigorente.

- Le presentazioni ad un’altra volta- disse Thoas accanto a me. Sentendolo mi voltai per guardarlo.
La sagoma che vidi era una figura luminescente astratta formata da migliaia di piccole luci che roteavano veloci intorno ad essa. La voce che avevo udito prima, ne avevo la certezza, era la voce di Thoas però non ci assomigliava per niente.

- C’è tempo, non ho fretta. Se tu dovessi fallire troverà me.- disse la figura oscura alzandosi parecchi metri da terra.

- Posso trattenerlo per poco tempo. Appena è il momento torna al cancello e varcalo.- sussurrò la voce di Thoas da un punto indeterminato. A quel punto la massa di luci vorticanti si scagliò contro la figura oscura che si dimenava per levarsele di dosso ed io, senza pensarci due volte cominciai a ripercorrere la strada da cui ero venuta. Sentivo le strida che si avvicinavano, il cancello era a meno di cento passi di distanza.
Mi concessi uno sguardo alle spalle: con la coda dell’occhio intravidi la figura oscura che mi raggiungeva in volo mentre sul suo cammino cancellava ogni cosa lasciando solo un manto nero pece. Restituii la mia attenzione al cancello, ma nella fretta scivolai sul pantano. Qualcuno mi aiutò a rialzarmi: Thoas afferrò il mio braccio e insieme percorremmo gli ultimi metri di distacco.

- Mi spieghi cosa succede?-

- Non adesso, prima devi svegliarti, qui non sei al sicuro.-

- Svegliarmi? Come fa ad essere un sogno?- eravamo davanti al cancello, in lui leggevo ansia. A     distanza la figura oscura si avvicinava minacciosa e lui mi tirava per il braccio,ma io rimasi ferma.

- Cosa stai aspettando, devi andare!-

- Se questo è veramente un sogno non ho nulla da temere. Le paure vanno affrontate non evitate.-

- Di norma sarei pienamente d’accordo, ma per questa volta credo che faremo un’eccezione.- e con una leggera pressione aprì il cancello e mi spinse oltre esso, poi sobbalzai sdraiata sul letto con ancora il fiatone della corsa.

Ero in pieno ritardo, dopo essermi fatta la doccia e cambiata corsi in cucina e ingurgitai un bicchiere di latte e un muffin. Dopo aver ricevuto un bacio sulla fronte e gli auguri di mia madre uscii come un fulmine da casa e mi diressi alla fermata del tram. La cosa negativa della strada da percorrere era che non c’erano marciapiedi, quindi si aveva una possibilità su due di venire investiti.

- Rebecca.-  mi chiamò Thoas poco più indietro. Rallentai per aspettarlo e quando mi raggiunse si illuminò in sorriso folgorante. Metteva il buon umore quella spensierata gioia che dimostrava.

- Pronta per il primo giorno di scuola?-

- Certo- dissi poco convinta. Mi guardò come per intuire le mie emozioni. Alla fine tirai un lungo sospiro e mi arresi:

- Va bene, sono terrorizzata.- rispose con una risata

- Non temere non mordono…non tutti almeno.- a quell’affermazione ridemmo entrambi.

- Spero che almeno tu abbia dormito bene, i banchi non sono adatti come cuscino.-

- Non ho dormito granchè questa notte.-

- Mi sembri molto stanca ineffetti. Come mai?-

- Incubi… in realtà uno solo…- Thoas guardava avanti pensieroso

- Sai, ho sentito dire che il modo migliore per scacciare i brutti pensieri è sfogarsi raccontandoli.-
Lo guardai con dubbio. Lui si voltò verso di me e mi sorrise di nuovo.

- Vuoi parlarne? Ti prometto che di qualunque cosa si tratti non farò commenti indesiderati.-
Ci riflettei un momento. Perché avrei dovuto raccontare del mio sogno proprio ad un ragazzo che conoscevo da un giorno? Eppure, non so perché ma mi fidavo. Oltretutto non era necessario informarlo di ogni cosa, soprattutto della sua apparizione nel mio sogno.

- D’accordo… ero al parco Fola, nel bosco e stavo camminando quando a un certo punto ho visto una strana figura che scappava sempre più al suo interno. Nel sogno la inseguivo fino ad una area asfaltata, mi ha parlato con quella voce cavernosa che mi mette i brividi tuttora.- tremai

- E poi cosa è successo?-

- Ha iniziato a parlare di una cosa chiamata Saudade…-

- Saudade dici? Il significato del termine non può essere espressa in una sola parola. Rappresenta pentimento, delusione. Hai mai letto “Sostiene Pereira” di Antonio Tabucchi?-
Scossi il capo in segno di dissenso.

- Capperi.  Cercherò di prelevare solo il necessario. Pererira è un uomo portoghese anziano, malato di cuore, obeso e vedovo che dirige la pagina culturale del Lisboa il giornale per cui lavora; la storia si ambienta nel 1938 quando furono allestite le leggi razziali. Questo uomo aveva basato la sua vita sulla pagina culturale, sul non entrare in questioni politiche. Successivamente conosce due giovani che lo fanno riflettere. Ciò che temeva Pereira era di aver sprecato la parte più significativa della sua vita: la giovinezza.
Quindi delusione e pentimento, susseguiti poi dal timore di morire senza aver tentato di fare ciò che riteneva giusto, una morte “irrequieta”.-
Rimasi in silenzio fino alla fermata del tram per assimilare tutto ciò che avevo appena sentito.

- Quindi lo spirito della Saudade di cui parli potrebbe significare la vita sprecata, senza impegno.-
Lo interruppi all’istante al suono di quelle parole:

- Perdonami Thoas, ma…non credo di aver menzionato la parola spirito nella descrizione del mio sogno.- tenevo lo sguardo fisso su di lui e notai una leggera sorpresa sul suo volto.

- Si Rebecca…ho ripreso solo le tue parole. Hai detto spirito della Saudade…altrimenti come potrei saperlo? Il sogno non è il mio.- disse senza guardarmi negli occhi.

- Ho parlato di una strana figura, ma niente spiriti.- era agli sgoccioli e sembrava aver fretta di raggiungere la fermata del tram perché accelerò il passo. Non intendevo mollare, se esisteva un collegamento tra Thoas e il mio sogno volevo saperlo. Il pensiero era assolutamente folle e pensai più volte di tacere le domande, ma infine la curiosità prevalse.

- Thoas, so che per te sono solo un’estranea un po’ fuori di testa al momento, ma vorrei che rispondessi  sinceramente a una domanda.- raccolsi tutto il mio coraggio.

- Eri nel mio sogno la scorsa notte?- chiesi quando fummo alla fermata. Il suo sguardo era sempre rivolto in avanti: serio e pensieroso. Cominciavo a sentire caldo alle guance per l’imbarazzo sempre più imminente, quando arrivò l’autobus. Appena si aprirono le porte salii sopra sapendo che non poteva sfuggirmi da lì, ma lui aveva solo finto di salirvi sopra accostandosi ad esso e mi guardò negli occhi con gentilezza.

- Non sei pazza- mi disse un secondo prima che le porte si chiudessero tra di noi. Rimasi incredula appoggiata ad una sbarra dell’autobus mentre la sagoma di Thoas si allontanava sempre di più.
  
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