Fanfic su artisti musicali > Tokio Hotel
Segui la storia  |       
Autore: Utopy    22/06/2010    6 recensioni
Poi delle sirene in lontananza. La loro salvezza.
Deglutì, rincuorato, allungando un braccio verso Maggie e accarezzandole il viso, per poi prenderle la mano e stringergliela forte.
“Ancora poco e saremo fuori di qui. Resisti amore mio.” La voce strozzata, le lacrime che gli rigavano il volto. “Ti amo.. Ti amo.. Ti amo..” Continuava a farfugliare, la mente ancora stordita e confusa.
Genere: Romantico, Triste, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 14 - Avvicinarsi


Ma perché non riesco a viverti
come io vorrei..”


Erano passati due lunghissimi giorni, Bill non aveva più sentito Melrose. Lei non l’aveva più cercato, forse stava aspettando una sua mossa, il suo primo passo. Non lo sapeva, sapeva soltanto che gli mancava da morire. Avrebbe voluto averla vicina, in quel momento, ma sapeva di non poter chiedere così tanto. Mel gli aveva fatto una confessione importante e tutto quello che le aveva saputo donare in cambio era... il silenzio. Puro e rumoroso silenzio.

Il giorno prima aveva visto Georg e Gustav, avevano pranzato insieme e si erano ripromessi di vedersi qualche giorno più tardi. Bill gli voleva bene, era felice di avere la possibilità di recuperare l’amicizia con loro. Un passo alla volta ci stava riuscendo, si stava rimettendo in piedi.

Tirò un calcio ad un paio di calzini che si trovavano in mezzo alla sua camera e si alzò dal letto, non ne poteva più di restare a poltrire sotto le coperte.
Come ogni mattina il suo sguardo si posò sulla cornice che teneva incollata al comodino. Guardò quel viso pulito e candido... e sorrise. Un sorriso ampio, vero.

Buongiorno Maggie.” Arrossì, non aveva mai parlato con una foto, tanto meno con quella foto. Si sentiva un tantino stupido, ma dopotutto era solo a casa. Che male c’era? “Stanotte ho preso una decisione importante, Sai? Vorrei parlare a Mel di te... dell’incidente, del bambino.” La sua voce si spezzò, nel ricordare l’accaduto. Prese un respiro profondo e continuò. “Lei è stata onesta con me, voglio esserlo anche io... sebbene non possa farlo fino in fondo. I miei sentimenti nei suoi confronti, rimarranno con me... almeno un altro po’” Mormorò, guardando in basso. “Mi manchi...” Soffiò, prendendo tra le mani la fotografia e accarezzandone la superficie con la punta delle dita. “Mi basterebbe sapere che secondo te è giusto che io mi crei un’altra vita... e sarei capace di vivere fino in fondo ogni cosa. A partire da quello che provo verso Melrose.” Sospirò, rimettendo la foto al suo posto e alzandosi in piedi. Lui già sapeva che Margaret avrebbe voluto solo la sua felicità.

E allora perché per lui era così difficile ammetterlo?


***


Io non credo nei miracoli
tu sei stato per me l’eccezione,
anche solo per un attimo
ma sai che ci ho creduto in noi”


Mise le mani sotto il getto dell’acqua fredda, lavando via tutto il sapone che c’era sopra, poi si avvicinò ad un asciugamano e se le asciugò.

Si fermò un istante, guardando riflesso nello specchio il suo viso pallido e le occhiaie più marcate del solito. Nelle ultime due notti non aveva dormito molto bene, anzi.. non aveva dormito per niente.

Si era imposta di non chiamare Bill, di non lasciarsi andare alla tentazione di prendere il cellulare e comporre il suo numero. Aveva parlato e adesso... adesso spettava a lui farsi risentire, farla capire che non ce l’aveva con lei e che voleva continuare a vederla, nonostante quella piccola verità che adesso fosse venuta a galla.

Sarebbe stato imbarazzante rivederlo, già lo sapeva... Sarebbe morta di vergogna e avrebbe desiderato sotterrarsi, ma per lo meno adesso stava in pace con se stessa.

Chi è adesso?” Sbuffò, recuperando il suo telefonino che aveva appena suonato dalla camera adiacente. Lo raggiunse con una corsetta e aprì il messaggio che le era appena arrivato.

Vengo a prenderti tra poco, fatti trovare pronta. Dobbiamo parlare. Bill.

Rimase con il cellulare in mano, la bocca semi spalancata e gli occhi sgranati. L’aveva cercata! Le aveva mandato un messaggio e tra poco si sarebbero rivisti!
Il cuore fece un salto all’indietro nel suo petto, non sarebbe potuta essere più felice di così. Schizzò nella sua camera, lanciando un gridolino emozionato. Fortunatamente, era sola a casa. Arrivò davanti all’armadio e lo aprì, tirando fuori un paio di jeans e una felpa, poi ritornò in bagno per prepararsi.


Inspirò ed espirò velocemente, poi tirò la maniglia verso il basso ed aprì la porta, uscendo fuori all’aria aperta. Attraversò il cortile, seguendo il sentiero di cemento. Sapeva che lui era già arrivato, aveva sentito il rombo della sua macchina e, tirando la tendina, l’aveva visto parcheggiare davanti al cancello di casa sua.

Uscì in strada facendo un respiro profondo e camminando a passo di marcia verso l’Audi di Bill. Ci arrivò davanti e, aprendo lo sportello, entrò dentro senza dire una parola. L’imbarazzo era alle stelle, si poteva percepire a chilometri di distanza.

Ciao Mel.” Esclamò lui, stupendola con un sorriso che mai, mai, mai gli aveva visto addosso. Non era una semplice curvatura, era un sorriso ampio, pieno, felice. Era un sorriso che non credeva di poter vedere sulle sue labbra perennemente imbronciate.

Ciao..” Mormorò stordita, dimenticandosi per un attimo di tutto l’imbarazzo che provava a stare con lui e quella distanza ravvicinata, dopo la loro ultima conversazione. Deglutì, notando che lui non accennava a smettere di sorridere. “Come stai?” Chiese, dunque.

Molto bene!” Annuì e, per la prima volta, non ebbe la sgradevole sensazione che lo stesse dicendo solo perché si sentiva obbligato. Stava bene per davvero. “E tu?”

Io? Oh.. io.. sì, io tutto perfetto.” Tirò su un pollice, annuendo velocemente, facendo oscillare la testa come uno di quei ridicoli pupazzetti con la molla.

Benissimo, allora si parte.” Ridacchiò, riaccendendo il motore della macchina e schizzando via con una sgommata. Chissà dove la stava portando.

Dal canto suo, a Bill dispiaceva fare finta di niente, fingere che la dichiarazione che si era sentito fare non fosse mai esistita. Ma era difficile gestire quella situazione insolita e, per lui, sconosciuta.


Mentre mi difendo
sento che vorrei proteggerti da me.”


Melrose guardava fuori dal finestrino, serena. Era tranquilla e per la prima volta da quando aveva cominciato a frequentare Bill, poté ascoltare la musica uscire dalla radio che era installata in macchina. Non era mai successo.

Sospirò rasserenata, girandosi appena verso di lui, senza farsi vedere. Guidava con un perenne sorrisino dipinto in faccia. Gli faceva quasi paura, era tutto così nuovo e diverso da come era abituata.

Non se ne rese neanche conto quasi, ma la macchina si fermò. Si guardò intorno spaesata, riconoscendo la stradina di campagna in cui Bill l’aveva portata appena qualche giorno prima. Erano stati benissimo all’aria aperta, quel pomeriggio.

Dai, vieni. Facciamo una passeggiata.” Sorrise lui, uscendo dall’abitacolo ed invitandola a fare lo stesso.

Presero a camminare lungo il sentiero ghiaioso, incrociando un passo davanti all’altro, le braccia penzoloni che ciondolavano di qua e di là.

Bill guardava oltre le basse colline, che erano situate aldilà della staccionata di legno scuro. Il sole si stava alzando nel cielo limpido e azzurro ceruleo.
Melrose guardava Bill. Lo guardava e non riusciva a farne a meno, era cosi bello illuminato dalla luce di quel mattino di frizzante primavera.. splendido.

Tu sei stata sincera con me, l’altra sera.” Iniziò Bill, guardando in basso e arrossendo appena. Stava per cominciare un discorso assolutamente tabù per lui. Almeno fino a quel momento. “Voglio esserlo anche io, nei tuoi confronti... Voglio raccontarti la mia... storia, se così la possiamo definire.”

Il cuore di Melrose saltò un battito: le stava per raccontare la tragedia successa lo scorso autunno, quella che già Tom le aveva anticipato. Lo stava facendo, si stava confidando con lei!

Non sapeva se essere felice perché finalmente le stava donando la sua fiducia, oppure essere triste e terribilmente amareggiata per la fine di quel racconto... che lei sapeva già.

Decise di far finta di nulla, di ascoltare le parole fluire veloci dalle labbra del moro, che guardava un punto imprecisato davanti a lui, l’espressione persa e vacua.

Quasi quattro anni fa ho conosciuto una ragazza, si chiamava Margaret e aveva più o meno diciotto anni. Ero con i ragazzi in un locale di Amburgo, le cose tra noi non andavano benissimo ultimamente: litigavamo spesso per via delle decisioni da prendere nella band e persino David non riusciva a farci ragionare, nemmeno il nostro manager. Così avevamo deciso di passare una serata tra noi, come non succedeva da troppo tempo. Siamo andati in questo pub, dove c’era musica dal vivo, tante cose da bere e tante ragazze. Avevo diciannove anni. Ero giovane, ingenuo e anche un po’ superficiale... volevo solo divertirmi.” Fece una breve pausa, facendo segno a Melrose di sedersi sul muretto alto che c’era alla fine del sentiero. Lui rimase in piedi, appoggiato al cemento, di fianco alle sue gambe lunghe e magre. “Sono andato nella zona vip, vicino al bancone del barman per chiedere un cocktail ed ero ancora sobrio ma non volevo ubriacarmi, solo bere qualcosa... per animare la serata. Mi ricordo quel momento come fosse ieri. Ho fatto un passo verso il barista e mi sono ritrovato rovesciato addosso un liquido rosato e appiccicoso. Quando ho alzato gli occhi infuriato, pronto a far pagare le pene dell’inferno a chiunque avesse osato farmi un tale affronto... ho incontrato i suoi occhi grandi e mortificati, e, in un attimo, mi sono dimenticato di tutto. Mi sono dimenticato dov’ero, mi sono dimenticato cosa stavo facendo... mi sono dimenticato perché, un secondo prima, ero così incazzato.” Abbassò lo sguardo, accennando un sorriso amaro e rassegnato. “Nel giro di due minuti quella ragazza misteriosa si era scusata, mi aveva pagato da bere e mi aveva trascinato ai servizi per cercare di rimediare al danno. Era mortificata, così... dispiaciuta. Mentre mi puliva la camicia scura mi raccontò che era la sua festa post maturità: era uscita con cento e voleva festeggiare insieme alle sue compagne di classe. Mi raccontò che abitava in un paesino vicino a Magdeburgo, che aveva diciotto anni, che si chiamava Margaret, che aveva due cani e un gatto, che le piaceva un sacco andare in montagna, stare all’aria aperta, bere la cioccolata con la panna montata sopra...” Sorrise, nostalgico. “Era logorroica, la sua parlantina era quasi equiparabile alla mia. Sarà per questo che quella sera nessuno riuscì a scollarmi da quel divano. Stavo così bene insieme a lei che non me ne sarei andato nemmeno se mi avessero avvisato che l’apocalisse era alle porte.” Sospirò, guardando di sottecchi Melrose. Stava seguendo ogni sua parola, in silenzio e con un’espressione contrita in faccia. Continuò. “Non so quale forza ci spinse tanto oltre, fatto sta che non più di due ore dopo ci stavamo baciando su quegli stessi divanetti bianchi. La baciavo e nemmeno la mia natura riservata e un po’ vergognosa mi impediva di farlo davanti a tanta gente. Non mi importava che qualcuno ci vedesse: stavo bene così e bastava quello.” Melrose fremette, aveva paura di arrivare all’inevitabile fine di quella triste storia. Sentirla raccontare dal diretto interessato doveva essere decisamente peggio. “Dopo quella sera se ne sono susseguite moltissime altre ancora. Siamo stati insieme tre anni. Lo scorso settembre le ho chiesto di venire a vivere con me, era incinta ed io volevo solo il meglio per noi e per il nostro bambino... il nostro bambino...” Si fermò, cercando di far tornare regolare il respiro che si era fatto affannato. Rispolverare quei vecchi ricordi, che ormai credeva archiviati nella sua mente, era peggio di una fucilata in pieno stomaco. Ma doveva... voleva continuare, voleva arrivare fino in fondo. Sentiva che, se non lo avesse fatto, non si sarebbe mai liberato definitivamente. “Era il tredici settembre, lei doveva andare all’università, io dovevo incontrarmi con i ragazzi per parlare del tour invernale. Aveva accettato, quella mattina, mi aveva detto che sì... sarebbe venuta a vivere con me. Ero felice, ero davvero felice. La sera ho aspettato che tornasse dal lavoro: volevo portarla fuori a cena e festeggiare il trasferimento imminente, volevo passare una serata tranquilla con lei... era così raro, visto tutti i miei impegni con il gruppo e le sue lezioni all’università. Siamo... siamo partiti e...” Il respiro gli si bloccò a metà strada, senza arrivare alla gola. Aveva bisogno di aria, si sentiva male. Si portò una mano al petto, stringendo nel suo pugno ferreo la stoffa della felpa nera che indossava e serrando gli occhi sotto lo sguardo attento e allarmato di Melrose che, anche se l’avrebbe desiderato con tutto il cuore, non riuscì ad avvicinarsi per toccarlo, accarezzarlo. “Guidavo piano... Guidavo piano, te lo giuro.” Bisbigliò, la sua voce resa gracchiante dal senso di oppressione al petto. Sembrava che qualcuno gli si fosse seduto a peso morto sul torace, era insostenibile.

Bill...” Mormorò Mel con la voce tremula e impotente. “Bill, non è necessario...” Continuò, sentendosi morire a vederlo ridotto in quello stato.

No... no...” Scosse la testa energicamente, come per scacciare via quell’atroce malessere. “Sto bene, vado avanti.” Annuì vigorosamente, convincendosi. “Non ricordo molto bene com’è successo. Ricordo solo che le avevo fatto un complimento, che stavamo ridendo... poi tutto si è confuso. I rumori, i colori, tutto è diventato strano e non ho capito più niente, se non che la macchina stava girando su sé stessa, che si stava accartocciando, si stava fracassando su di noi. Ho urlato, Dio solo sa quanto urlato, ma Maggie.. Maggie era immobile e zitta, sembrava pietrificata sul sedile. Quando l’auto si è fermata, era capovolta, mi sono girato, ma Margaret aveva chiuso gli occhi e sulla testa le si era formata una grossa macchia di sangue... lì per lì... non avrei mai immaginato che... che quegli occhi... quegli occhi non li avrebbe aperti mai più...” Si fermò nuovamente, una lacrima gli spuntò dall’occhio, tracciando il suo viso diafano per tutta la lunghezza della guancia, fino ad arrivare al mento. “La corsa in ambulanza è stata dolorosa, io stavo bene ma... ma non sapevo dove fosse la mia Maggie né cosa avesse, non mi dicevano niente. Al pronto soccorso mi hanno fatto aspettare un sacco di tempo, ero in ansia... Ero terrorizzato, avevo paura per lei, ne avevo da morire. Mi sentivo a terra perché sapevo che il nostro bambino, comunque sarebbero andate le cose, non sarebbe sopravvissuto. Avevamo lottato tanto e adesso tutto si stava distruggendo. Ma, suonerà egoistico lo so, non mi importava. L’unica cosa che desideravo con tutta la mia anima era che mi avvisassero che quella di Maggie era solo una botta e che poteva tornare a casa. Invece... invece poi è venuto fuori il medico e... e mi ha detto che l’emorragia era in una fase troppo avanzata. Che... che... non c’era stato niente da fare... che la mia Margaret era... morta.” Soffiò strozzato dall’agonia che stava risalendo a galla, ritornando indietro di sette mesi, a quella sera che aveva segnato la fine della sua vita perfetta, del suo mondo perfetto, della sua famiglia perfetta.

Si coprì il viso con le mani, cercando di ricacciare indietro le lacrime che, però, non riusciva a trattenere.

Era partito così positivo quella mattina, così felice e sorridente... consapevole che, però, la giornata non poteva che concludersi in maniera diversa.

Melrose non si trattenne, scese dal muretto con un saltello e gli fu davanti. Gli prese i polsi, allontanandoli dal suo volto umido e sofferente, e se li portò dietro la schiena, avvolgendogli il corpo con le braccia, stringendolo forte e facendogli capire che lei c’era, che lei... ci sarebbe sempre stata.

Bill si aggrappò a lei disperatamente, stringendola così tanto da rischiare di soffocarla, ed artigliò una mano tra i suoi capelli, mentre l’altra vagava sulla sua schiena in cerca di un appiglio, in cerca d’aiuto. L’abbracciò come se non avesse abbracciato mai nessuno in vita sua, come se fosse la sua unica fonte di salvezza.

Bill...” Mormorò lei, non riuscendo a trattenere quell’unica lacrima che le segnò il viso. “Bill...” Ripeté nuovamente il suo nome. Non per un motivo preciso, solo... non sapeva cosa dire e si sa, quando non si sa che cosa dire il silenzio è una delle scelte più sagge al mondo.


***


Aprì la porta di casa con una mandata di chiavi, entrando nel suo appartamento con un sorriso stanco ma sereno sulle labbra.

Era stato un bel pomeriggio, dopotutto.


Mel no, non credo sia il caso... dai...” Aveva sussurrato davanti al cortile di casa sua. “Mi sento in imbarazzo.” Confessò, gli occhi ancora rossi e leggermente gonfi dopo lo sfogo avuto appena un’ora prima.

Su, non fare il timido... dopotutto anche io ho conosciuto tuo fratello. E tu non mi avevi nemmeno avvisato che lo portavi con te al bar!” Ridacchiò, cercando di spazzare via tutta la negatività che li aveva avvolti fino a quel momento. Aveva deciso di portarlo a casa, approfittando del fatto che mamma era fuori città a fare visita ad una vecchia e barbosa zia, per farlo conoscere al suo fratellone. “E poi Alan già ti adora!”

Come... mi adora?” Chiese scettico, mentre attraversavano il giardino ed arrivavano davanti al portone.

Beh...” Arrossì violentemente, maledicendosi per non tenere mai chiusa quella boccaccia. “Diciamo che gli ho un tantino parlato di te.”

Ah, ora capisco...” Si morse un sorriso, guardandola suonare il campanello e attendere, senza mai incrociare il suo sguardo. Era imbarazzata e si vedeva.

Finalmente Mel, stavo per chiamare la polizia e darti per disper-“ La voce canzonatoria di Alan si bloccò non appena, aperta definitivamente la porta, notò che la sua sorellina non era da sola, bensì in dolce compagnia. “Oh.” Mormorò, visibilmente stupito. Non avrebbe mai creduto di ritrovarsi proprio lui sulla soglia di casa.

Ahm, ciao.” Bill alzò una mano vicino al viso, facendola oscillare leggermente a destra e a sinistra, sorridendo appena.

Ciao! Che piacere conoscerti, entra!” Lo accolse caloroso Alan, facendo entrare il ragazzo e la sorella, per poi richiudere la porta alle loro spalle. “Ti offro qualcosa? Da bere, da mangiare?”

No, no... non ce n’è bisogno, grazie lo stesso.” Sorrise Bill, mortalmente imbarazzato.

Istintivamente, cercò la mano di Melrose, vicino alla sua. La prese e la afferrò saldamente nella sua, senza guardarla o sarebbe definitivamente scoppiato di vergogna.

Mel guardò le loro mani intrecciate, poi occhieggiò Bill, poi di nuovo la propria mano stretta nella sua. Sorrise.

Alan, che aveva visto tutto, fece finta di niente, indirizzando un occhiolino alla sorella, senza farsi scoprire dal moro.

“Allora dimmi, com’è che sopporti ancora questa pazza?” Ridacchiò, indicando con l’indice Melrose, che si era seduta sul divano, trascinandosi dietro anche Bill.

Oh, non è poi così difficile...” Sorrise il ragazzo, scuotendo la testa e accennando una risatina. “Piuttosto, mi stupisce che lei sopporti ancora me.” Le gettò un’occhiata profonda e intensa, e le fece capire che in quella breve frase se ne nascondevano molte altre. Lei aveva capito.
Aveva capito cosa intendeva dire e gli avrebbe dato dello stupido... perché mai, mai, mai si sarebbe sognata di lasciarlo perdere e non cercarlo più, nonostante il suo umore incontrollato.

Aaahhh Mel è testarda e possessiva! Ha sopportato me per diciannove anni, non è cosa da poco!” Scherzò, guardandola sorridente.

Bill le strinse ancora di più la mano, intrecciando le dita con le sue e accarezzandone il dorso con il pollice, mentre continuava a parlare sorridendo insieme ad Alan.

Il cuore di Melrose fece una piroetta non appena avvertì il suo tocco freddo, che però bruciava come un tizzone ardente sulla sua pelle fresca.

Guardò il viso di Bill, che in quel momento stava parlando, e nella sua stretta riuscì a decifrare una richiesta d’aiuto, un piccolo modo per dirle che non se ne doveva andare, per dirle che la voleva accanto a sé.

Non me ne andrò Bill, è una promessa.


E non andare mai via
perché fino a che rimani
sarai tu il migliore dei miei mali”

***


Dunque, buonasera! So di essere abbastanza in ritardo, ma direi che in questo periodo ho avuto non pochi problemi. Prima la scuola, poi il mio computer andato, tranquillamente, a farsi friggere, poi _Pulse_ qui da me. Beh, lei non è proprio un problema, ma vabbè xD Insomma, il succo è che non ho avuto la possibilità di postare, però so che voi mi adorate talmente tanto che me la farete passare liscia XD Anche perché questo è l'ultimo capitolo pronto che ho, quindi dovrò mettermi sotto a scrivere! Ma abbiate fede, ho tutto dentro la mia testolina malefica u.u
Le canzoni che ho inserito sono : “Io non credo nei miracoli” di Laura Bono e “Un fatto ovvio” di Laura Pausini.

Ringrazio dal profondo del mio cuoricino :


_Pulse_ : L'ho già detto che le tue recensioni mi destabilizzano, vero? Sono troppo piene e troppo intricate xD Ne esco sempre pazza, ma ti voglio un mondo di bene anche per questo u.u Sono assai felice che il capitolo ti sia piaciuto, il tuo parere e sempre quello più importante. The best ovviusly! Con la prossima recensione ti guadagni altri punti, sei felice? XDDD Ti voglio tantissimissimissimo bene Sonne! Tuissima, Mond.

Memy881 : Ciao! Beh, insomma.. la ferita è ancora abbastanza aperta nonostante siano passati quasi otto mesi, Melrose e Bill si conoscono da tre.. lei quel sentimento lo prova, perché reprimerlo? E Bill.. povero piccolo Bill, cosa gli combino ogni volta. E' normale che si sia sentito spiazzato, però insomma, in quest'altro capitolo ha aggiustato un po' le cose, no? Grazie mille per la recensione! Alla prossima!

Dreamer483 : Sono molto contenta che il capitolo ti piaccia! Melrose, sì, è ammirevole, lo devo proprio dire. Io, personalmente, non ce l'avrei fatta xD.. Meglio poche parole ma buone (: Alla prossima!

Layla : Grazie davvero! Anche a me piace moltissimo la coppia Bill/Mel. Tifo per loro dall'inizio xD

Tokietta86 : Tom diciamo che in questo capitolo funge da paciere, è stato un po' la causa di tutto. Bravo Tomi! :) La parte delle riflessioni di Bill è quella che preferisco dell'intero capitolo.
Ome hai letto Bill è andato da Melrose. Certo, dopo due giorni, però meglio tardi che mai!
Spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto, grazie mille per la recensione a quello precedente. Un abbraccio e alla prossima! :)


Un bacio anche a tutto quelli che leggono sempre ma non recensiscono e a quelli che hanno inserito questa fanfiction tra le seguite e/o le preferite. Grazie, grazie, grazie! *__*

Ale


  
Leggi le 6 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Tokio Hotel / Vai alla pagina dell'autore: Utopy