Only Hope
…and I
lift my hands and pray,
to be
only your
I pray to be only your,
I know
now you’re my
Only
Hope...
Mandy
Moore_Only Hope
Era lì da ore… Non sapeva quante precisamente, ma il tempo, era trascorso. La sua posizione era rimasta la stessa,
nonostante i dolori che avevano cominciato a percorrerle la schiena non si era
mossa. Lì, immobile, vicino a quel letto del San Mungo,
aspettava. La mano stretta in quella di Ron, non poteva toglierla; non
voleva toglierla. Nella sua mente vagava l’assurda idea che se avesse
continuato a stare così, ferma, avrebbe potuto
aiutarlo. Avrebbe potuto farlo risvegliare, in un modo o nell’altro. Ma non succedeva ancora nulla.
Quante persone erano passate di fronte a quella porta grigia?
Dieci, venti, cento, forse? Hermione aveva perso il conto.
Stanca, ma incapace di fare qualsiasi cosa osservava
il volto di Ron. Era davvero bello. Non era giusto che se ne fosse accorta solo
ora; erano ben cinque anni che frequentavano la stessa scuola e che erano
migliori amici, ma mai si era soffermata ad osservarlo attentamente. Mai aveva
percorso con lo sguardo ogni suo lineamento, la forma delle labbra rosee,
spesso screpolate dal freddo. Quelle guance lisce e morbide
colorate da spruzzi di lentiggini. E quei profondi occhi azzurri, la
sensazione che Hermione provava quando veniva
accarezzata da quello sguardo era indescrivibile. Si sentiva al
centro delle attenzioni di una persona speciale.
Ma ora quegli occhi color del mare erano
chiusi, tutto il suo volto era immobile. Ed era strano
vederlo così, senza quel sorriso beffardo che gli illuminava ancora di più lo
sguardo. Si, era strano. E doloroso.
Come spinta da un riflesso incondizionato
Hermione cominciò ad accarezzargli piano le guance, con la speranza che magari
un gesto d’amore avrebbe potuto riportarlo alla vita.
Ma era tutto inutile. E
questo la faceva arrabbiare ancora di più. Non c’era mai stata cosa che lei non
fosse riuscita a fare, grazie all’aiuto dei libri, o
grazie all’ingegno. Ma ora si trovava lì, di fronte al
suo migliore amico, impotente. Fece di tutto per evitarlo ma ad un certo punto
non riuscì più a trattenere le lacrime che cominciarono a scorrerle libere
sulle guance accaldate.
Bene attenta a non muovere la mano che teneva stretta in quella
dell’amico, si avvicinò al suo orecchio, ma prima che potesse dire qualsiasi
cosa il dolce profumo di Ron le arrivò alle narici, provocandole un veloce
turbinio di ricordi che la fecero commuovere ancora di più.
Rivide momenti della sua vita, quando lei, Harry e Ron trovarono la
Pietra Filosofale. Lo aveva conosciuto da poco meno di un
anno, e la possibilità di perderlo l’aveva fatta soffrire così tanto! E poi durante il terzo anno, quando Sirius lo aveva trascinato nel
passaggio sotto il Platano Picchiatore. Quella volta aveva avuto una
paura tremenda e quando l’ipotesi che forse non lo avrebbe più rivisto si era
materializzata nella sua mente aveva capito che per lei Ron era più importante
di un semplice amico. Ora, due anni dopo, tutto si ripeteva, lei era lì, vicino
ad un letto d’ospedale, stringendo la mano al suo migliore amico Ron che
sembrava tranquillamente dormire.
-
Perché non capisci
quanto mi fai soffrire?
Riuscì a dire tra le lacrime che non accennavano a fermarsi.
-
Ron, ti prego svegliati… Voglio vedere di nuovo il tuo sorriso…
Sono pronta perfino a rinunciare di obbligarti a fare i tuoi compiti, se questo
servisse a riportarti qui, vicino a me… Ron, per
favore…
Le lacrime di Hermione continuavano a scendere incontrollate
bagnando il cuscino e i capelli di Ron. Con la mano sempre
ben stretta nella sua.
*
Il giorno dell’attacco, Hermione, se lo
ricordava bene, fin troppo. Era il 31 luglio e la famiglia Weasley
aveva invitato sia lei che Harry alla Tana, per festeggiare il compleanno di
quest’ultimo. Era sera e il porticato della casa era stato elegantemente
addobbato con piante di edera che cingevano tutte le
colonne di legno. La tavola, imbandita di ogni ben di
Dio, cucinato dalla signora Weasley, era illuminata da tante piccole candele
bianche. Hermione era rimasta letteralmente a bocca aperta per il gran lavoro
che Molly si era impegnata a preparare. Sorridente ed estremamente
felice della possibilità di vedere Ron prima dell’inizio delle lezioni era
arrivata alla Tana vestita elegantemente. Il suo vestito bianco di cotone
leggero le aderiva perfettamente al corpo, e non c’era bisogno di alcun trucco sugli occhi che servisse ad illuminarle lo
sguardo. Sorridente era corsa ad abbracciare Harry per fargli i più sinceri
auguri di buon compleanno e gli aveva dato il suo
regalo. Non era nulla di che, una semplice foto di lei, lui e Ron, che le era
sembrata, però perfetta. Harry ne rimase colpito e l’abbracciò, felice.
Poi si misero seduti a tavola, Hermione scelse il posto vicino a Ginny per raccontarle tutto quello che le era
accaduto durante il periodo di vacanze già trascorse. Ron, stranamente si era
seduto a debita distanza da lei. Non ne aveva prove
certe, ma era quasi certa che per tutta la cena Ron non le avesse staccato gli
occhi di dosso. Ogni volta che rideva, parlava con Ginny o scherzava con uno
dei gemelli si sentiva il suo sguardo sulla pelle, e quando girava il volto
verso quello di Ron, questo, immancabilmente, si rivolgeva al suo vicino di
posto Harry, fingendo di essere alle prese con una discussione
interessantissima. E questo era accaduto diverse
volte, ma verso la fine della serata Hermione era così presa dai racconti
estivi di Ginny che smise di preoccuparsi di quello sguardo che continuava a
posarsi su di lei.
Poi, tutto era accaduto così velocemente che tutti gli invitati ebbero difficoltà a capire quello che stava succedendo. Un
piccolo gruppo di Mangiamorte era arrivato nel giardino della Tana ed aveva
cominciato a scagliare maledizioni alla volta di Ginny. Forse avevano scoperto
che Arthur faceva parte dell’Ordine della Fenice e volevano vendicarsi in
qualche modo, o forse era un attacco senza motivo. Nessuno lo sapeva. La cosa
certa fu che Ron corse verso la sorella, probabilmente senza rendersi neppure
conto che non avrebbe potuto fare nulla contro dei Mangiamorte. Ci furono dei
lampi accecanti che illuminarono a giorno il porticato, e l’area circostante. E poi nient’altro. Hermione scaraventata a terra aprì gli
occhi per vedere quello che stava succedendo.
Non c’era più traccia dei Mangiamorte; tutto sembrava essere
tornato alla normalità, a parte Ron. Era lì, fermo sull’erba umida e respirava
a fatica. Hermione, gattonando, si mosse velocemente alla volta del suo amico;
aveva gli occhi socchiusi. Con immensa fatica si voltò verso Hermione, che gli
prese la mano fredda. Diversi tagli sul suo bel viso perdevano sangue, Ron aprì
la bocca diverse volte, lentamente cercando di dirle qualcosa, ma nonostante
gli sforzi nessun suono riuscì ad uscire. Poi Hermione tendendo le orecchie
riuscì a captare tre semplici parole che la colpirono come un macigno.
-
Non mi lasciare…
-
No, Ron, certo che non ti lascio, ma tu non lasciare me ti prego…
Poi gli occhi di Ron si chiusero e anche la sua stretta divenne
meno salda, questo fece perdere tutte le certezze ad
Hermione. Ora cosa avrebbe fatto? Non poteva perderlo così.
No… Non era affatto giusto. Avrebbe fatto di tutto per aiutarlo,
per farlo tornare da lei. Cominciò ad alzarsi, ma poi si ricordò. Lui le aveva chiesto di non lasciarlo, e così avrebbe fatto.
*
Le lacrime continuavano a scorrerle sulle guance, gli occhi sempre
più arrossati, i dolori del corpo sempre più accentuati. Ma ad
Hermione non interessava. L’unica cosa che le importava era stare vicina a Ron.
Se non fosse stata così sciocca, se gli avesse detto
quello che provava… cosa sarebbe successo? “Niente” si rispose. Non era colpa
sua di quello che era accaduto, lei non poteva farci nulla, e questo la faceva infuriare.
Con una mano cominciò ad accarezzare piano i capelli fulvi di Ron. Com’era
buono il suo profumo!
Intanto, innumerevoli persone passavano di fronte alla porta
grigia. Frenetiche, indaffarate, pigre. Quasi tutte perse nei
propri pensieri, ma alle persone che si voltavano all’interno della stanza 112
la scena appariva dolce e triste allo stesso tempo. E tutti coloro che osservavano Hermione e Ron non potevano fare a
meno di fermarsi un istante sulla porta ad osservare il palese amore che legava
quella ragazza a quel ragazzo. Alcuni, estremamente
colpiti dalla scena si rivolgevano ad un’infermiera chiedendo cosa fosse
successo a quel povero giovane:
-
Un’Avada Kedavra lo ha colpito, ma fortunatamente lo ha solo
sfiorato. La ragazza, sono ore che sta lì, immobile, con la mano stretta in
quella di lui. Crede di poterlo salvare, in un modo o nell’altro…
E poi, tirato un sospiro piuttosto lungo,
ricco di suspense:
-
L’amore fa perdere il senno…
E detto questo se ne tornava al suo
lavoro quotidiano. Le persone che dopo aver sentito queste brevi frasi non
rimanevano colpite si potevano contare sulla punta
delle dita; ed ancora meno erano quelle che non invertivano la propria marcia
per dare di nuovo un’occhiata a quella scena dolorosa.
Con
i capelli arruffati che le coprivano la visuale Hermione cercava di aprire
piano gli occhi gonfi. Non ricordava nulla, poi, frenetici,
tutti i ricordi si affollarono nella sua mente e per l’ennesima volta
rivisse quell’orribile scena. Impulsivamente strinse la mano a Ron per
controllare che durante quel periodo di sonno non l’avesse casualmente lasciata
andare. No, poteva ancora sentire quel palmo freddo sfiorare dolcemente le sue
dita. Come poteva essersi addormentata? Lei doveva vegliare su Ron…
L’altra
mano era immersa nei capelli rossi del ragazzo. Hermione cominciò a muoverla
accarezzandogli dolcemente il capo.
-
Ron,
senza di te mi sento sola…
La
porta della stanza si aprì e lasciò intravedere un piccolo infermiere. Era
evidente che egli era alle prime armi. Estremamente imbarazzato si era avvicinato al letto dove i
due erano distesi, per controllare le condizioni di Ron. Hermione per un po’
non si accorse di nulla. Era persa nei lineamenti di Ron che ripercorreva con
lo sguardo come se volesse stamparseli indelebilmente nella mente. Poi
l’incauto infermiere con un colpo del gomito fece cadere a terra la scatola di
Gelatine Tuttigusti + 1 che un qualche amico di Ron aveva mandato. Tuttavia Hermione non sussultò, come avrebbe fatto chiunque.
Si limitò ad alzare lo sguardo infinitamente triste alla volta dell’infermiere.
Non aprì bocca ma il suo sguardo valeva più di mille parole. Balbettando
impacciato l’uomo disse:
-
No-
non ci sono… si, insomma, ne- nessuna novità.
Poi
vedendo che lo sguardo di Hermione si posava di nuovo sul volto del giovane
ragazzo, si affrettò ad aggiungere:
-
Mi
dispiace…
“
Un –mi dispiace- detto così, senza un vero sentimento non
serve a nulla. Ma in fondo anche se fosse accompagnato
da una vera prova di dispiacere a cosa mai potrebbe servire? A volte si crede
che le parole aiutino. Che possano servire a qualcosa, a
farci sentire meglio, a farci distrarre, a farci ridere. Ma in realtà esse non sono altro che un mucchio di falsità.
Nessuno può capire quello che proviamo dentro di noi. E
di conseguenza nessuno può aiutarci. Ci dicono che dobbiamo parlare dei nostri
problemi, che dobbiamo rendere partecipi gli altri. Dicono che questo ci può
aiutare. Ma chi mai lo ha detto? Con le parole non
potremmo mai esprimere tutti i sentimenti che proviamo, tutte le nostre
emozioni, paure, voglie.
E
anche se ci riuscissimo, a cosa servirebbe? Nessuno può capire. Nessuno.
Le
parole sono sopravvalutate. In realtà ci sono altri modi migliori per mostrare
quello che proviamo veramente…”
Pensando
questo gli occhi di Hermione si offuscarono ancora di più, impedendole di
vedere il suo Ron.
-
Ron…
- Disse con voce rauca dal pianto
-
…
Io sono qui, vicino a te. Non ti ho lasciato, hai
visto? Però ti prego non mi lasciare qui da sola… Io
non ce la faccio…
*
Il tempo continuava a
trascorrere, imperterrito, come se fosse geloso di quella coppia così legata e
volesse a tutti i costi dividerla. Ma in realtà non si
rendeva conto che nulla avrebbe potuto separarli. La porta continuava ad essere
chiusa, le persone continuavano a passare e la stanza era immersa in un
silenzio innaturale, interrotto solo dagli sporadici singhiozzi di Hermione.
Non sembrava ancora essersi rassegnata; ma l’amore si sa, fa perdere il senno…
Una mano ancora stretta in quella di Ron, l’altra sempre immersa
nei suoi capelli.
Dovevano essere passate altre ore, o forse persino giorni. Ma
in fondo a chi importava? Il tempo è relativo. Potevano trascorrere mesi o
anni, ma se Ron non si fosse svegliato per Hermione non sarebbe
passato neppure un attimo. Ora ne aveva la
piena coscienza. Senza quel ragazzo la sua vita non poteva esistere. Le loro
erano indissolubilmente legate. L’una viveva perché lo faceva anche l’altra. Si
erano sempre sostenuti, aiutati a vicenda. A volte avevano anche litigato, ma
mai erano stati lontani o senza parlarsi per più di qualche giorno. Ed ora lei se ne stava lì in silenzio vicino a lui, non
perché dovesse, ma semplicemente perché lo VOLEVA.
Non perché le sembrasse giusto, ma perché era così, e basta.
Non potevano esserci altre spiegazioni.
*
Il sole ormai era calato
dietro le nuvole bianche; da qualche altra parte di lì a poco avrebbe fatto
giorno. Un intero paese si sarebbe svegliato. Ci sarebbe stato chi avrebbe
vissuto la giornata migliore della propria vita, chi invece la peggiore. Ma tuttavia essi avrebbero vissuto. Con le loro paure, i loro piaceri, le loro sfide, essi sarebbero
andati avanti. Magari stringendo i denti, magari camminando
mezzo metro sopra la terra; tuttavia essi avrebbero continuato a vivere.
*
Poi accadde qualcosa che
nessuno si sarebbe mai aspettato. Un fremito, impercettibile, e la mano di Ron
si mosse. Gli occhi di Hermione si riempirono all’istante di lacrime. Ecco se
lo era immaginato un’altra volta. Non poteva essere vero. Perché
la mente le doveva giocare questi brutti scherzi? Non era divertente. Anzi.
Ma
le palpebre di Ron cominciarono ad alzarsi, dolcemente; con evidente fatica.
Hermione sbatté le proprie, di palpebre. Le tenne chiuse per
qualche istante, non voleva più riaprirle. Era convinta che se lo avesse
fatto si sarebbe resa conto che era stato tutto frutto
della sua immaginazione e lei non voleva soffrire ancora di più. Ma se invece la sua mente non centrava nulla? Se tutto quello che aveva visto corrispondeva alla realtà? Che avrebbe fatto? Se lo sarebbe
trovato di fronte in tutta la sua bellezza e cosa gli avrebbe detto? Mille
altre domande le frullavano in testa insieme al terrore che fosse stato tutto
un sogno. Ma si decise a rischiare. Nella vita lo si deve fare. Lentamente alzò le palpebre mostrando le
sue meravigliose iridi color cioccolato. Ed ebbe un
tuffo al cuore. A pochi centimetri dal suo naso c’era quello di Ron che la
guardava con lo sguardo più dolce che qualsiasi ragazza avesse mai ricevuto. I
suoi occhi azzurri erano fissi su quelli di lei e il suo sguardo profondo era
riuscito a farle comprendere tutto quello che con le parole non sarebbe mai
riuscito a dire.
E
rimasero così per un tempo interminabile. Nessuno dei due voleva parlare.
Nessuno intendeva rompere il contatto visivo. Né lei, né lui volevano
che quella situazione finisse. Poi Ron le strinse la mano e sul suo volto
apparve uno sguardo meravigliato:
-
Non
ti ho lasciato… Ron.
Sul
volto del ragazzo apparve un dolce sorriso, ma poco dopo egli
ridivenne serio:
-
Neanche
io ho lasciato te, ‘Mione…
Un
tenue colorito roseo dipinse le morbide guance di Hermione, l’aveva sentita…
Poi gli occhi le si riempirono di lacrime e cominciò a
piangere come non aveva ancora fatto in quei giorni. Quelle gocce salate le
impedivano di vedere Ron, anzi le impedivano di vedere tutto quello che stava
intorno a lei. Provò ad asciugarsele in un modo o nell’altro, ma più ne
toglieva dagli occhi e più queste scendevano veloci, bagnando la bocca e il
cuscino. E poi sentì la delicata mano di Ron che
tentava di asciugarne alcune. E questo la fece
piangere ancora di più, ora lui era lì di fronte a lei, vivo. Non poteva
crederci doveva parlargli, chiedere se si sentisse bene. Non avrebbe
dovuto piangere, si sentiva terribilmente in colpa. Tentò di calmarsi,
ma invano. Allora la mano di Ron si spostò dalle sue guance ai suoi capelli. La
strinse a sé mostrandole tutto l’amore che lui provava per lei. Hermione
appoggiò la fronte sul suo petto ed immediatamente fu avvolta da quel profumo
che per molto tempo era stato l’unico ricordo di Ron che l’aveva tenuta in
vita. Respirando a fondo e riempiendosi le narici di quell’odore riuscì a
calmarsi. Le lacrime a poco a poco smisero di scendere e lei poté allontanarsi,
anche se con sofferenza, da quella stretta. I loro occhi tornarono ad
osservarsi. E ancora una volta le parole non furono
necessarie. Lentamente Ron curvò la testa verso quella di Hermione e le loro
labbra si unirono in un bacio pieno d’amore. In quell’atto di dolcezza essi
riversarono tutti i propri sentimenti. La reciproca paura di
perdere l’altro e la sofferenza provata. Vi riversarono gli innumerevoli
ricordi che da quel viaggio in treno il 1 Settembre di cinque anni prima li
avevano legati. Dalle infinite prove di affetto alle
prove di amicizia. Ed infine vi riversarono l’amore che mai era stato espresso
a parole ma che ora veniva finalmente dichiarato. Poi
le loro labbra si staccarono e i loro occhi tornarono a guardarsi. Le mani sempre strette l’una nell’altra. L’altra mano di Ron
cominciò a toccare i capelli di Hermione. Lei arrossì, ma lo lasciò fare, non avrebbe mai immaginato che a qualcuno potesse piacere
toccare la sua massa di capelli boccolosi. Ma lui era
Ron, lui era diverso da tutti gli altri. Per questo sorrise. Ron
sorrise anche lui, come per risponderle.
-
Grazie…
Le
disse. Non c’era bisogno di aggiungere altro, entrambi sapevano
quello che significava. Aggiungere altre parole sarebbe stato superfluo.
Tuttavia Hermione sentì il desiderio di rispondergli, voleva dirgli quello che
provava, ora. Come le era mancato poter parlare con lui!
-
Oh,
Ron! Non l’ho fatto perché mi sentissi in dovere… L’ho fatto semplicemente perché
tu sei speciale, Ron. E io sapevo solo che dovevo
farlo, dovevo starti vicino. Qualunque cosa sarebbe successa, perché è questo
che fanno le persone innamorate, no?
Le
parole uscirono come un fiume in piena dalle labbra di Hermione. Nulla, ora,
avrebbe potuto allontanarla da Ron. Lei non lo avrebbe permesso. Ma c’era una
cosa che andava chiarita, una volta per tutte.
Hermione
prese un bel respiro e riprese, impiegando tutta la forza che possedeva per
pronunciare quelle parole.
-
Ron,
io… ti amo…
Ecco,
era riuscito a dirglielo, non poteva credere che fosse stato così facile…
Tuttavia Hermione arrossì di nuovo e giurò di aver visto anche le orecchie di
Ron colorarsi un poco. Con immane forza di volontà il ragazzo non staccò gli
occhi dai suoi. Sospirò e poi cominciò:
-
Hermione…
Per tutto questo tempo ho creduto di vivere in un sogno. Ti sentivo vicino a
me, sentivo che mi parlavi, sentivo che piangevi…
Il
colorito di Hermione si spostò dal roseo al rosso.
-
Ma non riuscivo a risponderti. L’unica cosa che volevo
era svegliarmi e dirti che Ti amo da morire… Ti ho sempre
amato…
Sembrava
che le sue orecchie stessero per prendere fuoco. Ecco anche lui glielo aveva
detto. Erano uno di fronte all’altra; entrambi avevano
aperto i loro cuori. I loro occhi continuavano a scrutarsi dolcemente. Poi
contemporaneamente sorrisero. Come se con quel sorriso
volessero cominciare una nuova pagina della loro vita.
Insieme.
Insieme,
si, ed era questa l’unica cosa che contava.
The End
* * * * * * * * * * * * * * *
Versione riveduta e
corretta di “Senza di te, mi sento sola…”.
Mi piace “rivedere e
correggere” i miei lavori. E’ un lavoro che trovo gratificante, perché mi rendo
conto di quanto sia cambiato il mio modo di scrivere; di quanto sia cambiata io
stessa.
Si,
perché la scrittura riflette noi.
Riflette come siamo interiormente, il periodo che stiamo passando, il nostro
umore, se era una giornata si oppure una giornata no.
E poi è divertente
rileggere perché a volte si trovano delle frasi così stupide che [almeno io!]
mi fermo a pensare, chiedendomi: “Ma questa l’ho
scritta davvero io?!”. Ed è divertente.
Sapete a chi volevo
dedicare questa fanfiction? A Federico [Nightmare]. La voglio dedicare a lui
con tutto il mio cuore, perché ho scoperto in un lui una persona meravigliosa
ed un amico speciale, che mi sa dare sempre ottimi consigli e che sa sempre
cosa dire, in ogni situazione.
Federico è una persona
davvero speciale, alla quale voglio bene. E poi, è
davvero un bravo scrittore…
Io glielo ripeto sempre…
Un bacione, Federico.
Ps. La canzone è
meravigliosa, vi consiglio di sentirla, un giorno o l’altro… E’ la stessa che
fa da colonna sonora alla scena della recita in “A walk to remember” [“I passi
dell’amore”].