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Autore: Federica_    11/09/2005    6 recensioni
Era lì da ore… Non sapeva quante precisamente, ma il tempo, era trascorso. La sua posizione era rimasta la stessa, nonostante i dolori che avevano cominciato a percorrerle la schiena non si era mossa. Lì, immobile, vicino a quel letto del San Mungo, aspettava. La mano stretta in quella di Ron, non poteva toglierla; non voleva toglierla. Nella sua mente vagava l’assurda idea che se avesse continuato a stare così, ferma, avrebbe potuto aiutarlo. Avrebbe potuto farlo risvegliare, in un modo o nell’altro. Ma non succedeva ancora nulla.
Genere: Drammatico, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Only Hope

 

…and I lift my hands and pray,

to be only your

I pray  to be only your,

I know now  you’re my

Only Hope...

 

Mandy Moore_Only Hope

 

 

 

Era lì da ore… Non sapeva quante precisamente, ma il tempo, era trascorso. La sua posizione era rimasta la stessa, nonostante i dolori che avevano cominciato a percorrerle la schiena non si era mossa. Lì, immobile, vicino a quel letto del San Mungo, aspettava. La mano stretta in quella di Ron, non poteva toglierla; non voleva toglierla. Nella sua mente vagava l’assurda idea che se avesse continuato a stare così, ferma, avrebbe potuto aiutarlo. Avrebbe potuto farlo risvegliare, in un modo o nell’altro. Ma non succedeva ancora nulla.

Quante persone erano passate di fronte a quella porta grigia? Dieci, venti, cento, forse? Hermione aveva perso il conto.

Stanca, ma incapace di fare qualsiasi cosa osservava il volto di Ron. Era davvero bello. Non era giusto che se ne fosse accorta solo ora; erano ben cinque anni che frequentavano la stessa scuola e che erano migliori amici, ma mai si era soffermata ad osservarlo attentamente. Mai aveva percorso con lo sguardo ogni suo lineamento, la forma delle labbra rosee, spesso screpolate dal freddo. Quelle guance lisce e morbide colorate da spruzzi di lentiggini. E quei profondi occhi azzurri, la sensazione che Hermione provava quando veniva accarezzata da quello sguardo era indescrivibile. Si sentiva al centro delle attenzioni di una persona speciale.

Ma ora quegli occhi color del mare erano chiusi, tutto il suo volto era immobile. Ed era strano vederlo così, senza quel sorriso beffardo che gli illuminava ancora di più lo sguardo. Si, era strano. E doloroso.

Come spinta da un riflesso incondizionato Hermione cominciò ad accarezzargli piano le guance, con la speranza che magari un gesto d’amore avrebbe potuto riportarlo alla vita.

Ma era tutto inutile. E questo la faceva arrabbiare ancora di più. Non c’era mai stata cosa che lei non fosse riuscita a fare, grazie all’aiuto dei libri, o grazie all’ingegno. Ma ora si trovava lì, di fronte al suo migliore amico, impotente. Fece di tutto per evitarlo ma ad un certo punto non riuscì più a trattenere le lacrime che cominciarono a scorrerle libere sulle guance accaldate.

Bene attenta a non muovere la mano che teneva stretta in quella dell’amico, si avvicinò al suo orecchio, ma prima che potesse dire qualsiasi cosa il dolce profumo di Ron le arrivò alle narici, provocandole un veloce turbinio di ricordi che la fecero commuovere ancora di più.

Rivide momenti della sua vita, quando lei, Harry e Ron trovarono la Pietra Filosofale. Lo aveva conosciuto da poco meno di un anno, e la possibilità di perderlo l’aveva fatta soffrire così tanto! E poi durante il terzo anno, quando Sirius lo aveva trascinato nel passaggio sotto il Platano Picchiatore. Quella volta aveva avuto una paura tremenda e quando l’ipotesi che forse non lo avrebbe più rivisto si era materializzata nella sua mente aveva capito che per lei Ron era più importante di un semplice amico. Ora, due anni dopo, tutto si ripeteva, lei era lì, vicino ad un letto d’ospedale, stringendo la mano al suo migliore amico Ron che sembrava tranquillamente dormire.

-         Perché non capisci quanto mi fai soffrire?

Riuscì a dire tra le lacrime che non accennavano a fermarsi.

-         Ron, ti prego svegliati… Voglio vedere di nuovo il tuo sorriso… Sono pronta perfino a rinunciare di obbligarti a fare i tuoi compiti, se questo servisse a riportarti qui, vicino a me… Ron, per favore…

Le lacrime di Hermione continuavano a scendere incontrollate bagnando il cuscino e i capelli di Ron. Con la mano sempre ben stretta nella sua.

 

*

 

Il giorno dell’attacco, Hermione, se lo ricordava bene, fin troppo. Era il 31 luglio e la famiglia Weasley aveva invitato sia lei che Harry alla Tana, per festeggiare il compleanno di quest’ultimo. Era sera e il porticato della casa era stato elegantemente addobbato con piante di edera che cingevano tutte le colonne di legno. La tavola, imbandita di ogni ben di Dio, cucinato dalla signora Weasley, era illuminata da tante piccole candele bianche. Hermione era rimasta letteralmente a bocca aperta per il gran lavoro che Molly si era impegnata a preparare. Sorridente ed estremamente felice della possibilità di vedere Ron prima dell’inizio delle lezioni era arrivata alla Tana vestita elegantemente. Il suo vestito bianco di cotone leggero le aderiva perfettamente al corpo, e non c’era bisogno di alcun trucco sugli occhi che servisse ad illuminarle lo sguardo. Sorridente era corsa ad abbracciare Harry per fargli i più sinceri auguri di buon compleanno e gli aveva dato il suo regalo. Non era nulla di che, una semplice foto di lei, lui e Ron, che le era sembrata, però perfetta. Harry ne rimase colpito e l’abbracciò, felice.

Poi si misero seduti a tavola, Hermione scelse il posto vicino a Ginny per raccontarle tutto quello che le era accaduto durante il periodo di vacanze già trascorse. Ron, stranamente si era seduto a debita distanza da lei. Non ne aveva prove certe, ma era quasi certa che per tutta la cena Ron non le avesse staccato gli occhi di dosso. Ogni volta che rideva, parlava con Ginny o scherzava con uno dei gemelli si sentiva il suo sguardo sulla pelle, e quando girava il volto verso quello di Ron, questo, immancabilmente, si rivolgeva al suo vicino di posto Harry, fingendo di essere alle prese con una discussione interessantissima. E questo era accaduto diverse volte, ma verso la fine della serata Hermione era così presa dai racconti estivi di Ginny che smise di preoccuparsi di quello sguardo che continuava a posarsi su di lei.

Poi, tutto era accaduto così velocemente che tutti gli invitati ebbero difficoltà a capire quello che stava succedendo. Un piccolo gruppo di Mangiamorte era arrivato nel giardino della Tana ed aveva cominciato a scagliare maledizioni alla volta di Ginny. Forse avevano scoperto che Arthur faceva parte dell’Ordine della Fenice e volevano vendicarsi in qualche modo, o forse era un attacco senza motivo. Nessuno lo sapeva. La cosa certa fu che Ron corse verso la sorella, probabilmente senza rendersi neppure conto che non avrebbe potuto fare nulla contro dei Mangiamorte. Ci furono dei lampi accecanti che illuminarono a giorno il porticato, e l’area circostante. E poi nient’altro. Hermione scaraventata a terra aprì gli occhi per vedere quello che stava succedendo.

Non c’era più traccia dei Mangiamorte; tutto sembrava essere tornato alla normalità, a parte Ron. Era lì, fermo sull’erba umida e respirava a fatica. Hermione, gattonando, si mosse velocemente alla volta del suo amico; aveva gli occhi socchiusi. Con immensa fatica si voltò verso Hermione, che gli prese la mano fredda. Diversi tagli sul suo bel viso perdevano sangue, Ron aprì la bocca diverse volte, lentamente cercando di dirle qualcosa, ma nonostante gli sforzi nessun suono riuscì ad uscire. Poi Hermione tendendo le orecchie riuscì a captare tre semplici parole che la colpirono come un macigno.

-         Non mi lasciare…

-         No, Ron, certo che non ti lascio, ma tu non lasciare me ti prego

Poi gli occhi di Ron si chiusero e anche la sua stretta divenne meno salda, questo fece perdere tutte le certezze ad Hermione. Ora cosa avrebbe fatto? Non poteva perderlo così.

No… Non era affatto giusto. Avrebbe fatto di tutto per aiutarlo, per farlo tornare da lei. Cominciò ad alzarsi, ma poi si ricordò. Lui le aveva chiesto di non lasciarlo, e così avrebbe fatto.

 

*

 

Le lacrime continuavano a scorrerle sulle guance, gli occhi sempre più arrossati, i dolori del corpo sempre più accentuati. Ma ad Hermione non interessava. L’unica cosa che le importava era stare vicina a Ron. Se non fosse stata così sciocca, se gli avesse detto quello che provava… cosa sarebbe successo? “Niente” si rispose. Non era colpa sua di quello che era accaduto, lei non poteva farci nulla, e questo la faceva infuriare. Con una mano cominciò ad accarezzare piano i capelli fulvi di Ron. Com’era buono il suo profumo!

Intanto, innumerevoli persone passavano di fronte alla porta grigia. Frenetiche, indaffarate, pigre. Quasi tutte perse nei propri pensieri, ma alle persone che si voltavano all’interno della stanza 112 la scena appariva dolce e triste allo stesso tempo. E tutti coloro che osservavano Hermione e Ron non potevano fare a meno di fermarsi un istante sulla porta ad osservare il palese amore che legava quella ragazza a quel ragazzo. Alcuni, estremamente colpiti dalla scena si rivolgevano ad un’infermiera chiedendo cosa fosse successo a quel povero giovane:

-         Un’Avada Kedavra lo ha colpito, ma fortunatamente lo ha solo sfiorato. La ragazza, sono ore che sta lì, immobile, con la mano stretta in quella di lui. Crede di poterlo salvare, in un modo o nell’altro…

E poi, tirato un sospiro piuttosto lungo, ricco di suspense:

-         L’amore fa perdere il senno…

E detto questo se ne tornava al suo lavoro quotidiano. Le persone che dopo aver sentito queste brevi frasi non rimanevano colpite si potevano contare sulla punta delle dita; ed ancora meno erano quelle che non invertivano la propria marcia per dare di nuovo un’occhiata a quella scena dolorosa.

Con i capelli arruffati che le coprivano la visuale Hermione cercava di aprire piano gli occhi gonfi. Non ricordava nulla, poi, frenetici, tutti i ricordi si affollarono nella sua mente e per l’ennesima volta rivisse quell’orribile scena. Impulsivamente strinse la mano a Ron per controllare che durante quel periodo di sonno non l’avesse casualmente lasciata andare. No, poteva ancora sentire quel palmo freddo sfiorare dolcemente le sue dita. Come poteva essersi addormentata? Lei doveva vegliare su Ron…

L’altra mano era immersa nei capelli rossi del ragazzo. Hermione cominciò a muoverla accarezzandogli dolcemente il capo.

-         Ron, senza di te mi sento sola…

La porta della stanza si aprì e lasciò intravedere un piccolo infermiere. Era evidente che egli era alle prime armi. Estremamente imbarazzato si era avvicinato al letto dove i due erano distesi, per controllare le condizioni di Ron. Hermione per un po’ non si accorse di nulla. Era persa nei lineamenti di Ron che ripercorreva con lo sguardo come se volesse stamparseli indelebilmente nella mente. Poi l’incauto infermiere con un colpo del gomito fece cadere a terra la scatola di Gelatine Tuttigusti + 1 che un qualche amico di Ron aveva mandato. Tuttavia Hermione non sussultò, come avrebbe fatto chiunque. Si limitò ad alzare lo sguardo infinitamente triste alla volta dell’infermiere. Non aprì bocca ma il suo sguardo valeva più di mille parole. Balbettando impacciato l’uomo disse:

-         No- non ci sono… si, insomma, ne- nessuna novità.

Poi vedendo che lo sguardo di Hermione si posava di nuovo sul volto del giovane ragazzo, si affrettò ad aggiungere:

-         Mi dispiace…

“ Un –mi dispiace- detto così, senza un vero sentimento non serve a nulla. Ma in fondo anche se fosse accompagnato da una vera prova di dispiacere a cosa mai potrebbe servire? A volte si crede che le parole aiutino. Che possano servire a qualcosa, a farci sentire meglio, a farci distrarre, a farci ridere. Ma in realtà esse non sono altro che un mucchio di falsità. Nessuno può capire quello che proviamo dentro di noi. E di conseguenza nessuno può aiutarci. Ci dicono che dobbiamo parlare dei nostri problemi, che dobbiamo rendere partecipi gli altri. Dicono che questo ci può aiutare. Ma chi mai lo ha detto? Con le parole non potremmo mai esprimere tutti i sentimenti che proviamo, tutte le nostre emozioni, paure, voglie.

E anche se ci riuscissimo, a cosa servirebbe? Nessuno può capire. Nessuno.

Le parole sono sopravvalutate. In realtà ci sono altri modi migliori per mostrare quello che proviamo veramente…”

Pensando questo gli occhi di Hermione si offuscarono ancora di più, impedendole di vedere il suo Ron.

-         Ron… - Disse con voce rauca dal pianto

-         … Io sono qui, vicino a te. Non ti ho lasciato, hai visto? Però ti prego non mi lasciare qui da sola… Io non ce la faccio…

 

*

 

Il tempo continuava a trascorrere, imperterrito, come se fosse geloso di quella coppia così legata e volesse a tutti i costi dividerla. Ma in realtà non si rendeva conto che nulla avrebbe potuto separarli. La porta continuava ad essere chiusa, le persone continuavano a passare e la stanza era immersa in un silenzio innaturale, interrotto solo dagli sporadici singhiozzi di Hermione. Non sembrava ancora essersi rassegnata; ma l’amore si sa, fa perdere il senno…

Una mano ancora stretta in quella di Ron, l’altra sempre immersa nei suoi capelli. Dovevano essere passate altre ore, o forse persino giorni. Ma in fondo a chi importava? Il tempo è relativo. Potevano trascorrere mesi o anni, ma se Ron non si fosse svegliato per Hermione non sarebbe passato neppure un attimo. Ora ne aveva la piena coscienza. Senza quel ragazzo la sua vita non poteva esistere. Le loro erano indissolubilmente legate. L’una viveva perché lo faceva anche l’altra. Si erano sempre sostenuti, aiutati a vicenda. A volte avevano anche litigato, ma mai erano stati lontani o senza parlarsi per più di qualche giorno. Ed ora lei se ne stava lì in silenzio vicino a lui, non perché dovesse, ma semplicemente perché lo VOLEVA. Non perché le sembrasse giusto, ma perché era così, e basta. Non potevano esserci altre spiegazioni.

 

*

 

Il sole ormai era calato dietro le nuvole bianche; da qualche altra parte di lì a poco avrebbe fatto giorno. Un intero paese si sarebbe svegliato. Ci sarebbe stato chi avrebbe vissuto la giornata migliore della propria vita, chi invece la peggiore. Ma tuttavia essi avrebbero vissuto. Con le loro paure, i loro piaceri, le loro sfide, essi sarebbero andati avanti. Magari stringendo i denti, magari camminando mezzo metro sopra la terra; tuttavia essi avrebbero continuato a vivere.

 

*

 

Poi accadde qualcosa che nessuno si sarebbe mai aspettato. Un fremito, impercettibile, e la mano di Ron si mosse. Gli occhi di Hermione si riempirono all’istante di lacrime. Ecco se lo era immaginato un’altra volta. Non poteva essere vero. Perché la mente le doveva giocare questi brutti scherzi? Non era divertente. Anzi.

Ma le palpebre di Ron cominciarono ad alzarsi, dolcemente; con evidente fatica. Hermione sbatté le proprie, di palpebre. Le tenne chiuse per qualche istante, non voleva più riaprirle. Era convinta che se lo avesse fatto si sarebbe resa conto che era stato tutto frutto della sua immaginazione e lei non voleva soffrire ancora di più. Ma se invece la sua mente non centrava nulla? Se tutto quello che aveva visto corrispondeva alla realtà? Che avrebbe fatto? Se lo sarebbe trovato di fronte in tutta la sua bellezza e cosa gli avrebbe detto? Mille altre domande le frullavano in testa insieme al terrore che fosse stato tutto un sogno. Ma si decise a rischiare. Nella vita lo si deve fare. Lentamente alzò le palpebre mostrando le sue meravigliose iridi color cioccolato. Ed ebbe un tuffo al cuore. A pochi centimetri dal suo naso c’era quello di Ron che la guardava con lo sguardo più dolce che qualsiasi ragazza avesse mai ricevuto. I suoi occhi azzurri erano fissi su quelli di lei e il suo sguardo profondo era riuscito a farle comprendere tutto quello che con le parole non sarebbe mai riuscito a dire.

E rimasero così per un tempo interminabile. Nessuno dei due voleva parlare. Nessuno intendeva rompere il contatto visivo. Né lei, né lui volevano che quella situazione finisse. Poi Ron le strinse la mano e sul suo volto apparve uno sguardo meravigliato:

-         Non ti ho lasciato… Ron.

Sul volto del ragazzo apparve un dolce sorriso, ma poco dopo egli ridivenne serio:

-         Neanche io ho lasciato te,Mione…

Un tenue colorito roseo dipinse le morbide guance di Hermione, l’aveva sentita… Poi gli occhi le si riempirono di lacrime e cominciò a piangere come non aveva ancora fatto in quei giorni. Quelle gocce salate le impedivano di vedere Ron, anzi le impedivano di vedere tutto quello che stava intorno a lei. Provò ad asciugarsele in un modo o nell’altro, ma più ne toglieva dagli occhi e più queste scendevano veloci, bagnando la bocca e il cuscino. E poi sentì la delicata mano di Ron che tentava di asciugarne alcune. E questo la fece piangere ancora di più, ora lui era lì di fronte a lei, vivo. Non poteva crederci doveva parlargli, chiedere se si sentisse bene. Non avrebbe dovuto piangere, si sentiva terribilmente in colpa. Tentò di calmarsi, ma invano. Allora la mano di Ron si spostò dalle sue guance ai suoi capelli. La strinse a sé mostrandole tutto l’amore che lui provava per lei. Hermione appoggiò la fronte sul suo petto ed immediatamente fu avvolta da quel profumo che per molto tempo era stato l’unico ricordo di Ron che l’aveva tenuta in vita. Respirando a fondo e riempiendosi le narici di quell’odore riuscì a calmarsi. Le lacrime a poco a poco smisero di scendere e lei poté allontanarsi, anche se con sofferenza, da quella stretta. I loro occhi tornarono ad osservarsi. E ancora una volta le parole non furono necessarie. Lentamente Ron curvò la testa verso quella di Hermione e le loro labbra si unirono in un bacio pieno d’amore. In quell’atto di dolcezza essi riversarono tutti i propri sentimenti. La reciproca paura di perdere l’altro e la sofferenza provata. Vi riversarono gli innumerevoli ricordi che da quel viaggio in treno il 1 Settembre di cinque anni prima li avevano legati. Dalle infinite prove di affetto alle prove di amicizia. Ed infine vi riversarono l’amore che mai era stato espresso a parole ma che ora veniva finalmente dichiarato. Poi le loro labbra si staccarono e i loro occhi tornarono a guardarsi. Le mani sempre strette l’una nell’altra. L’altra mano di Ron cominciò a toccare i capelli di Hermione. Lei arrossì, ma lo lasciò fare, non avrebbe mai immaginato che a qualcuno potesse piacere toccare la sua massa di capelli boccolosi. Ma lui era Ron, lui era diverso da tutti gli altri. Per questo sorrise. Ron sorrise anche lui, come per risponderle.

-         Grazie…

Le disse. Non c’era bisogno di aggiungere altro, entrambi sapevano quello che significava. Aggiungere altre parole sarebbe stato superfluo. Tuttavia Hermione sentì il desiderio di rispondergli, voleva dirgli quello che provava, ora. Come le era mancato poter parlare con lui!

-         Oh, Ron! Non l’ho fatto perché mi sentissi in dovere… L’ho fatto semplicemente perché tu sei speciale, Ron. E io sapevo solo che dovevo farlo, dovevo starti vicino. Qualunque cosa sarebbe successa, perché è questo che fanno le persone innamorate, no?

Le parole uscirono come un fiume in piena dalle labbra di Hermione. Nulla, ora, avrebbe potuto allontanarla da Ron. Lei non lo avrebbe permesso. Ma c’era una cosa che andava chiarita, una volta per tutte.

Hermione prese un bel respiro e riprese, impiegando tutta la forza che possedeva per pronunciare quelle parole.

-         Ron, io… ti amo…

Ecco, era riuscito a dirglielo, non poteva credere che fosse stato così facile… Tuttavia Hermione arrossì di nuovo e giurò di aver visto anche le orecchie di Ron colorarsi un poco. Con immane forza di volontà il ragazzo non staccò gli occhi dai suoi. Sospirò e poi cominciò:

-         Hermione… Per tutto questo tempo ho creduto di vivere in un sogno. Ti sentivo vicino a me, sentivo che mi parlavi, sentivo che piangevi…

Il colorito di Hermione si spostò dal roseo al rosso.

-         Ma non riuscivo a risponderti. L’unica cosa che volevo era svegliarmi e dirti che Ti amo da morire… Ti ho sempre amato…

Sembrava che le sue orecchie stessero per prendere fuoco. Ecco anche lui glielo aveva detto. Erano uno di fronte all’altra; entrambi avevano aperto i loro cuori. I loro occhi continuavano a scrutarsi dolcemente. Poi contemporaneamente sorrisero. Come se con quel sorriso volessero cominciare una nuova pagina della loro vita.

Insieme.

Insieme, si, ed era questa l’unica cosa che contava.

 

The End

 

* * * * * * * * * * * * * * *

 

Versione riveduta e corretta di “Senza di te, mi sento sola…”.

Mi piace “rivedere e correggere” i miei lavori. E’ un lavoro che trovo gratificante, perché mi rendo conto di quanto sia cambiato il mio modo di scrivere; di quanto sia cambiata io stessa.

Si, perché la scrittura riflette noi. Riflette come siamo interiormente, il periodo che stiamo passando, il nostro umore, se era una giornata si oppure una giornata no.

E poi è divertente rileggere perché a volte si trovano delle frasi così stupide che [almeno io!] mi fermo a pensare, chiedendomi: “Ma questa l’ho scritta davvero io?!”. Ed è divertente.

Sapete a chi volevo dedicare questa fanfiction? A Federico [Nightmare]. La voglio dedicare a lui con tutto il mio cuore, perché ho scoperto in un lui una persona meravigliosa ed un amico speciale, che mi sa dare sempre ottimi consigli e che sa sempre cosa dire, in ogni situazione.

Federico è una persona davvero speciale, alla quale voglio bene. E poi, è davvero un bravo scrittore…

Io glielo ripeto sempre…

Un bacione, Federico.

 

Ps. La canzone è meravigliosa, vi consiglio di sentirla, un giorno o l’altro… E’ la stessa che fa da colonna sonora alla scena della recita in “A walk to remember” [“I passi dell’amore”].

 

 

 

 

 

  
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