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Autore: Ramiza    25/06/2010    5 recensioni
Questa è la storia di Isotta, di Hilbert, di Edward e di Arwon.
Questa è la storia di un gruppo di ragazzi che avrebbero voluto tutto, tranne che essere eroi.
Questa è la storia di un gruppo di ragazzi costretti a diventare eroi, è la storia di un grande amore, di odio e di rabbia, è la storia di un'amicizia e del legame più improbabile e assurdo.
Questa è la storia di un regno da salvare, di un assassino, di un guerriero imbattibile, di un ladro illogico, di un necromante, di un demone vampiro, di un uomo dal carisma straordinario...è la loro storia così come noi l'abbiamo scritta in anni di gioco di ruolo (STORIA SCRITTA A 4 MANI DA RAMIZA E RAUKATH)
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L'avventuriero d'altri mondi


A lungo rimanemmo in quella stanza a sentire Albert parlare e straparlare del bene del popolo, della necessità di essere uniti per fronteggiare i veri nemici e di altri simili vaneggiamenti. La convinzione con cui portava avanti le proprie idee era travolgente, così come travolgente era la superbia con cui liquidava tutti i crimini commessi, ritenendoli semplicemente piccoli contrattempi necessari al raggiungimento del proprio scopo. Ilmeth non poteva accettare alcuna delle condizioni proposte - oscillanti tra la resa incondizionata e la proposta di una nomina a comandante dell'esercito o a capo spirituale del nuovo Regno -, leggevamo però sul suo volto la preoccupazione nata dalla certezza di dover affrontare un avversario capace non solo capace di architettare con astuzia i propri piani, ma soprattutto di infiammare il cuore del popolo e di guidare l'esercito in battaglia come pochi altri condottieri.

«La fama delle imprese dell'invincibile Capitano dei Figli di Aenar è cosa nota a tutti, Albert – disse infine Ilmeth – tuttavia non credere di incutermi timore. Combatteremo per la libertà che stai cercando di sottrarci e vinceremo».

«Stai facendo un grosso errore Ilmeth» ripeté lui ormai sulla soglia.

«Gli errori li stai facendo tu. Placa gli alleati che hai convocato. Non hai bisogno di ricorrere a simili empie forze» rispose il governatore.

«L'unica cosa di cui ho bisogno è la vittoria. E me la prenderò, costi quel che costi» la sua voce risuonò sicura e tremenda.

«Non c'è vittoria nel cammino che hai intrapreso. Solo dannazione» affermò il governatore con altrettanta sicurezza..

Albert gli si avvicinò lentamente, tornando sui suoi passi con atteggiamento fermo e minaccioso.

«Dannazione? - sibilò - Puoi farmi maledire dal tuo dio. Puoi chiamare a raccolta tutto il Pantheon per maledirmi! - tuonò poi imperioso - A me non interessa un bel niente! Andrò avanti lo stesso. Nessuno mi potrà fermare, sia esso uomo, donna o bestia, sia esso vivo, morto oppure un mucchio di ossa tenute insieme dalla magia. Andrò avanti e sai perché? - esitò un istante squadrandoci a uno a uno, la sua determinazione era tale da lasciare senza fiato - Perché esiste qualcosa di più grande della famiglia, dell'amore, della guerra e della vita stessa. C'è qualcosa che noi tutti inseguiamo follemente e a cui siamo pronti a sacrificare tutto. Parlo del sogno. Il sogno che ci dà forza e ci tormenta, che ci fa vivere e ci uccide. Il sogno che dona senso alle nostre esistenze. Per questo io andrò avanti e non mi fermerò sino a quando non lo avrò realizzato. Andrò avanti sino a quando non ne sarò completamente padrone» concluse sbattendo la porta alle sue spalle e liberandomi nel contempo dalla presenza terribile e silenziosa di Vosg'na.


Lui ci lasciò e noi rimanemmo lì a chiederci quanta follia e quanta ragione fossero presenti in quell'uomo. Ilmeth si accasciò su di una sedia allo stremo delle forze. Mi apparve allora come un anziano signore, sul cui cuore gravavano troppe responsabilità. La guerra, la non morte e tutta quella serie di efferati delitti che gli avevano portato via vecchi amici e collaboratori. Guardai Edward, che così tanto aveva perso in così poco tempo e provai un istintivo moto di affetto per quel ragazzo fragile che tuttavia aveva dentro di sé coraggio e forza. Poi mi ricordai di Jerkie e di quello che aveva detto Albert. Un simile dubbio non poteva albergare nel mio animo.

«Sei stato davvero tu?» chiesi tra le labbra serrate.

Jerkie rispose senza guardare. I suoi occhi, persi oltre la finestra della stanza, sembravano vagare lontano, alla ricerca di qualcosa che non avrei saputo dire.

«Si – rispose – sono stato io».

Edward si portò istintivamente le mani alla testa, in un gesto di disperazione e dolore, Arwon gli passò un braccio intorno alla spalla: era la prima volta che lo vedevo sciogliersi in un atteggiamento di reale dolcezza, fuori dagli schemi e dai ruoli che la società aveva loro imposto.

Ilmeth lo guardò con sospetto.

«Per quale motivo sei tornato indietro e hai chiesto di seguirci da Albert, allora? Non hai pensato che ci avrebbe rivelato tutto? Non hai avuto timore di ciò che sarebbe accaduto? Oppure sei talmente superbo da ritenere di poter sfuggire alle mie guardie e a me, all'esercito di Irondale e al corpo scelto della Torre Bianca?» chiese scandendo ogni parola.

«Sapevo che lo avrebbe rivelato. Lo ho saputo fin dal momento in cui ho dovuto affrontare Vosg'na e per quanto io sia sicuro di me e delle mie capacità, no, non sono così vanesio da considerarmi invincibile. Nessuno lo è. Ma nello stesso modo, no, non ho timore di ciò che potrebbe accadere, la mia sola paura è che Isotta mi guardi con disprezzo e con odio» rispose con tranquillità innaturale.

«Tu la ami!» esplose Edward.

«Amarla? - ribatté con sorpresa - intendi dire come un uomo ama una donna? Intendi dire come tu la ami?».

La sua voce era sincera e lievemente accorata, adesso, non rivelava sarcasmo né cinismo.

Edward arrossì violentemente.

«Sono un buon osservatore – precisò sorridendo, e il suo sorriso mi parve strano ma bellissimo in quel momento d'angoscia – no, Edward. Non è quel tipo d'amore che provo per Isotta. Qualcosa di diverso mi lega a lei, qualcosa di più antico, di indissolubile per me».

Allora, prevenendo ogni mia domanda, mi si rivolse con un'espressione carica di dolcezza, che non gli avevo mai veduto in volto.

«Oh, Isotta! Che straordinario avventuriero era tuo padre!» esclamò, come se a lungo avesse trattenuto quelle parole e d'improvviso esse gli fossero sfuggite dalla bocca, come se avesse provato la necessità impellente di pronunciarle, infine.

«Un avventuriero d'altri mondi, e uno degli uomini più incredibili che il Sidhe abbia mai conosciuto».

Tutti noi sgranammo gli occhi di stupore ed egli intese la domanda che si celava nei nostri sguardi.

«L'ho seguito per anni nel suo vagabondare e l'ho amato come un signore e come un padre a mia volta – proseguì, poi esitò un istante, – se sapesse ciò che sono adesso, mi ucciderebbe con le sue stesse mani».

La sua voce suonava adesso carica di rassegnazione e di consapevolezza.

«Peter Greenwood era il principe dei viaggi tra i mondi ed è stato il viaggiatore più irriverente e folle che il Sidhe abbia conosciuto, Isotta. Quando lo incontrai avevo 16 anni e sopravvivevo lavorando per una gilda di ladri e assassini controllata dai Vaalani nel territorio di Elisdale. Tutto avvenne per caso, lui aveva circa 10 anni più di me e cambiò radicalmente la mia vita. Il suo spirito, la sua completa irrazionalità e la sua allegria la cambiarono. Lo seguii a lungo. Peter viaggiava per il solo gusto dell'avventura».

Lo ascoltavo incantata, come avrei ascoltato una favola o una leggenda.

«Amava il rischio, il pericolo e la sensazione di euforia che solo il pericolo stesso può generare. I sei anni che trascorremmo insieme furono probabilmente i più felici della mia vita. Di quando in quando, Peter ritornava nel Mondo Altro, ma non si fermava mai a lungo. Il desiderio del ritorno era in lui più forte di qualunque altra cosa».

Esitò ancora, forse per raccogliere le idee, forse per cominciare un racconto più doloroso.

«Poi sparì per alcuni giorni, e quando ritornò aveva in braccio una bellissima bambina bionda, minuscola tra le sue braccia enormi. Disse che si sarebbe chiamata Isotta, come una grande eroina leggendaria del Mondo Altro, e che lì l'avrebbe portata. Disse che era la figlia di una donna che amava e che lui l'avrebbe cresciuta poiché lei non poteva farlo. Disse che avrebbe sistemato le cose affinché un giorno, i suoi familiari, sua madre e suo fratello, potessero ritrovarla. Disse che un giorno questa bambina sarebbe tornata per conoscere il mondo dove era nata... Poi mi chiese di seguirlo».

Nei suoi occhi si accese una fiamma di sofferenza.

«Rifiutai per orgoglio e lo insultai per la scelta che aveva fatto. Mi sentii tradito e abbandonato. Lo derisi poiché preferiva crescere una insignificante bambina mai veduta prima agli anni di avventura e divertimento che avremmo avuto davanti. Lui scosse la testa e disse che un giorno avrei capito».

Chinò lo sguardo e parve farsi più piccolo e fragile.

«Ero ubriaco di rabbia quando scelsi questa strada, o quando lasciai che questa strada scegliesse me. Poi non seppi o non volli tornare indietro. Bruciavo di dolore perché avrei voluto raggiungere Peter e chiedergli di tenermi con sé, ma il mio orgoglio non me lo avrebbe permesso. Alla fine mi abituai al punto di trovarlo naturale e smisi di pensarci».

Mi fissò a lungo.

«Quando udii il tuo nome al processo credetti di essere impazzito. Ero lì per assicurarmi che tutto si fosse svolto come stabilito, avevo ricevuto ordini precisi da Albert e un ottimo pagamento. Non riuscivo a crederci. Ti osservai e ti ascoltai, tutto di te tradiva la stranezza della tua provenienza».

«Così decidesti di liberare coloro che avevi fatto ingiustamente accusare?». La voce di Ilmeth era autoritaria e forte.

«Il mio compito era quello di far accusare Edward e la guardia di Lord Alaskar, nient'altro. Sì, lo decisi quando udii il suo nome. Li liberai, poi dissi loro di raggiungere Essembra e continuai a osservarla. Non avevo idea di quali fossero i piani di Albert, non me n'ero interessato affatto fino a quel momento, altrimenti avrei scelto un luogo più sicuro».

«Come lo hai conosciuto?» chiese il governatore.

«Parlate di Albert? Molto tempo fa. Peter me lo presentò e girovagammo con lui, per un certo periodo».

«Mio padre conosce quell'uomo?» esclamai esterrefatta.

Jerkie annuì.

«Rimanemmo con lui all'incirca un anno e mezzo, tra una cosa e l'altra. Dei suoi compagni di oggi, solo il mezzorco era con lui a quel tempo. Lo accompagnavano poi due uomini: Patrick e Theokasus, un guerriero e un mago. Insieme eravamo una bella squadra e avremmo potuto compiere qualunque impresa. Poi Peter e Albert cominciarono a litigare. Talvolta discutevano furiosamente, Peter è sempre stato il solo in grado di tenergli testa ma noi tutti avevamo l'impressione che fosse accaduto qualcosa di diverso, che nessuno dei due desiderava raccontare. Alla fine Peter disse che non poteva più rimanere e ce ne andammo insieme, proprio come eravamo venuti».

«Capisco. Ma tu hai continuato a lavorare per lui?» chiese ancora Ilmeth.

«Mi ha contattato talvolta, quando ha avuto bisogno di me. Dopo la partenza di Peter non mi sono più unito ad un gruppo né ho più cercato la compagnia di nessuno».

Si voltò, guardò Edward e gli disse

«Ti chiedo perdono per il dolore di cui sono responsabile. Lo chiedo a tutti voi. Non ho giustificazioni per le scelte fatte e non ne cerco alcuna. Vi chiedo di concedermi il tempo che rimane all'equinozio d'autunno, il tempo per assicurarmi che Isotta possa tornare a casa e per proteggerla fino a quando ciò non avverrà».

Le sue parole mi suonarono alle orecchie come un rombo assordante.

Tornare a casa...

«Dunque Isotta non appartiene a questo mondo, e tuttavia ha ricevuto in dono la spada benedetta del mio Signore. Forse ella non vorrà ritornare a casa, forse un'altra è la strada che Triskell ha scelto per lei» disse Ilmeth.

Triskell...

La spada...

Questo mondo...

«Non consentirò che alcuno scelga per lei, si tratti di uomo o dio» ribatté con tranquillità Jerkie.

«Anche perché nel caso di un dio, sappiamo benissimo che la scelta avrebbe ben poco senso» intervenne mio fratello quasi meccanicamente.

«Credo che sia meglio prenderci qualche giorno per riflettere. Soprattutto per Isotta» chiosò Ed. La sua voce tradiva una lieve emozione e tentava di sembrare composta.

«Credo anch'io che sia la scelta migliore» sentenziò infine Ilmeth.


Quando ci separammo, Jerkie mi disse

«Tornerò a fare ciò che avevo cominciato in questi giorni. Troverò un modo per consentirti di tornare nel Mondo Altro».

«Io...» cominciai.

«So che non sei sicuro di volerlo fare. Tutto quello che desidero è che tu ne abbia la possibilità, se deciderai di farlo» mi interruppe. Poi sorrise.

«Non esiste perdono per le mie azioni» ripeté con tristezza.

Esitai, poi mi avvicinai a lui.

«Hai una vita davanti per trovarlo. Quanto a me, Jerkie, mi hai salvato la vita due volte. Non sono io a poterti giudicare».

«Peter mi strozzerà con le sue mani, quando saprà ciò che ho fatto» proseguì.

«Oppure sarà semplicemente felice di rivederti. Anch'io devo raccontarti qualcosa di lui».

Annuì.

«Tornerò presto» disse.

Quando lo vidi allontanarsi, seppi che avrebbe mantenuto quella promessa.


Appena mi ritrovai sola, però, cercai Hilbert nella sua stanza.

«Sapevo che saresti venuta» disse.

«Sai sempre tutto... - risposi, poi sussurrai - Sono sconvolta».

«Immagino che non debba essere piacevole trovarsi nella tua posizione. Cosa farai?».

«Tu cosa consigli, signore della conoscenza?» chiesi con ironia, ma desiderosa nel contempo di avere quella risposta.

«Ritengo che, dato che per tornare nel tuo mondo devi aspettare alcuni mesi, questo sia per ora il posto migliore dove farlo. Soprattutto con le Valli sul piede di guerra - disse con la solita calma - Dovremo però valutare di nuovo la situazione se dovessero attaccare proprio qui. Ma nel tal caso faremo sempre in tempo ad andarcene».

Allora mi squadrò con attenzione e diffidenza e dovette trovare sul mio volto un'espressione che gli piacque poco, perché aggiunse subito

«Noi ce ne vogliamo andare, vero Silen?».

«Non lo so. Tutta questa storia di Triskell e della spada...» incominciai.

«No aspetta - mi interruppe con foga e sorpresa - Tu vuoi rimanere qui a combattere! E lo vuoi fare per Triskell!»

«E per tutti gli altri, Lord Ilmeth, Edward, Arwon» risposi titubante.

«Cioè per un rimbambito, un allocco e uno scimmione!»

«Loro credono in me» risposi.

«Già già, tu sei la prescelta» borbottò e io annuii in risposta, col risultato di farlo arrabbiare ancora di più.

«Ma non capisci che Triskell ha scelto te proprio perché non sei di questo mondo e non sai valutare i reali problemi!»

«Mi credi una sciocca?» chiesi irritandomi a mia volta.

«No, ma Triskell sicuramente sì. E forse ha ragione. Qualunque altra persona sana di mente avrebbe lasciato la spada a quel Vosg'na!» ribatté.

Esitai di fronte alle sue parole: l'incontro odierno non aveva fatto che rinvigorire in me il ricordo terribile dello scontro con Vosg'na e ancor rabbrividivo al solo pensiero. Vi era della verità in ciò che Hilbert diceva, e non riuscivo a ignorarla.

«Ho chiesto un po' in giro e quel che ho saputo di lui farebbe rabbrividire anche un drago! È spietato, freddo come il ghiaccio ed oltretutto, cosa ancora peggiore, invincibile. Ma tutto l'esercito di Albert è formato da guerrieri veterani senza scrupoli. Senza contare Albert stesso, che risulta essere un condottiero in grado di sconfiggere anche i demoni dell'Inferno. E tu non sei preparata ad affrontare tutto ciò» concluse accorato.

Come sempre Hilbert aveva la sua parte di ragione. C'era tuttavia qualcosa che non avrei saputo come definire, che mi suggeriva l'esistenza di una speranza legata a me e alla mia presenza in quel mondo.

«È inutile pensarci adesso – dissi – anche tu sei d'accordo sulla necessità di rimanere adesso, per cui non c'è alcuna ragione di discutere tra noi».

Hilbert mi guardò con occhi torvi ed ebbi la certezza che avesse compreso esattamente tutto ciò che attraversava la mia mente in quel momento, forse meglio persino di come io stessa sapessi comprenderlo.

«Stai prendendo tempo, perché non sai deciderti. Sei una sciocca testarda, dannazione!» sbuffò esasperato uscendo dalla stanza.

Rientrò un attimo dopo.

«Stavolta sei tu che devi uscire dato che questa è camera mia» aggiunse irritato strappandomi l'ultimo sorriso di quella incredibile giornata.






Spazio autori


Carissimi, grazie a tutti voi che leggete e ci seguite. Perdonate il ritardo, per farci perdonare abbiamo già pronto il capitolo successivo e lo posteremo prestissimo.

Speriamo che apprezzerete il vorticoso susseguirsi di fatti e rivelazioni qui cominciato!


In particolare, a


Cabol: il nostro recensore n° 1. Albert riceve pareri contrastanti, chi lo adora e chi lo odia (oh mamma, sarà davvero troppo simile a LUI?). Comunque preannuncio che è un personaggio molto più complesso di come appare. Quanto a Xan, ne ha ancora parecchie da fare e nemmeno noi sappiamo bene se ci è o ci fa. Accidenti: che lunga attesa per la tua nuova originale... almeno si sa che ne varrà la pena!


Shark Attack: hai visto quanti rimescolamenti adesso? E chi ci capisce più niente... e altri ancora ne sono in arrivo. Confessiamo che Albert è probabilmente anche il nostro personaggio preferito, dunque siamo proprio contenti di essere riusciti a trasmettere quello che vorremmo.


Valerie_Lachettes: quante bellissime recensioni, che bello! Non possiamo rispondere a tutte, ma è stato un vero piacere leggere un commento a ciascun capito. Vero, Isy è coraggiosa (o incosciente, come dice Hilbert) e Edward è estremamente pacato (ma tirerà prestissimo fuori un lato di sé davvero inaspettato).

  
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