CAPITOLO 4:
incontro ravvicinato
Buio.
Freddo.
Fame.
Silenzio.
Rabbia.
Queste erano le uniche parole che andavano e
venivano dalla mente di Aidamòs.
Buio. Gli occhi del giovane si
erano oramai abituati a quella insopportabile oscurità che invadeva la cella
dove si trovava. Non uno spiraglio, non una fiaccola illuminava la sua cella.
Tutto intorno a lui era nero ed irriconoscibile, anche le sue mani, che aveva
provato innumerevoli volte a portarsi davanti agli occhi. Quando era stato
rinchiuso vi era ancora una debole luce che passava da sotto, ma adesso non
c’era più niente.
Freddo. Quel posto era il luogo
più freddo dove Aidamòs era mai capitato. Era un freddo pungente, continuo,
quasi snervante. Un freddo che gli si era incollato addosso, arrivando fino al
midollo, fino alla più remota delle cellule.
Fame. Nessuno si era degnato di
venire a portargli cibo, e perciò il ragazzo aveva una certa fame, che si
manifestava con forti brontolii di stomaco e debolezza.
Silenzio. Il silenzio era ancor
più insopportabile del buio, e contribuiva ad alimentare quel sentimento
incontrollabile che è la rabbia.
Rabbia. Era quella che Aidamòs
provava in quel momento, in quel lasso di tempo che andava dal suo arrivo nei
sotterranei fino a quel momento. Provava rabbia per quel posto, provava rabbia
per quel libro, provava rabbia per la sentinella, provava rabbia per tutto. In
quelle ore nella cella, solo, al buio e in silenzio, egli pensò ampiamente a
tutta la sua vita, e si convinse che era stata tutta una grande delusione. Sin
dai primi anni di vita, quando aveva saputo dei suoi genitori e del nome, la rabbia aveva preso un posto importante nel
suo cuore di bambino, e da allora non lo aveva più abbandonato. Quest’ultima
era diventata la sua amica più fidata, lo seguiva ovunque. A scuola la rabbia
aveva preso lo sfogo sullo studio e poi su se stesso, perché non era così
stupido da tentare di ammazzare qualcuno perché lo prendeva in giro, anche se
avrebbe tanto desiderato.
In queste condizioni si trovava Aidamòs, chiuso in
una cella nelle segrete del castello Reale di Aletheimora. Non percepiva più lo
scorrere del tempo; non riusciva a dormire. Poi, finalmente, dei passi lontani,
delle voci lontane. La speranza fino a quel momento messa da parte dalle
condizioni poco favorevoli riaffiorò. Le voci erano indistinte, i passi
riecheggiavano lontano. Si avvicinavano lentamente, e lentamente ritornavano le
forze. Finalmente, dopo quelle che sembravano ore, le voci si fermarono davanti
alla porta, e una flebile luce passo da sotto la porta: era debole, ma così
forte rispetto al buio circostante, che il giovane non potè fare a meno di
strizzare gli occhi per un secondo, prima di riabituarsi a un qualche tipo di
illuminazione, lontana o vicino, debole o forte che fosse. Le voci che
provenivano da fuori erano due: una era quella ben riconoscibile della guardia
che lo aveva rinchiuso lì dentro, l’altra sembrava una voce da vecchio, forse
una guardia dei veterani del palazzo; discutevano su come portarlo su, ma
Aidamòs non riusciva a distinguere bene tutte le parole, lascandolo così nel
dubbio. Poi la porta si aprì, e la luce di una fiaccola illuminò la piccola
cella e il giovane, rivelando un volto scarno, stanco e anche un po’ pallido.
-E’ lui, Bran?- chiese cupo la guardia più
anziana.
-Sì, Capo. È lui, l’ho preso io con le mie mani
nella seconda perpendicolare alla strada del mercato- rispose sicuro l’uomo di
nome Bran. Poi diede la fiaccola al compagno con un gesto brusco e sollevò di
peso Aidamòs, che non ebbe la forza di opporsi, lasciandosi sollevare come un
peso morto dalle braccia poderose dell’uomo.
-Vieni, tu! Sai dove ti portiamo adesso?- sbraitò
la guardia, uscendo dalla cella ed avviandosi lungo le ripide scale che qualche
tempo prima lo avevano condotto giù. Il giovane scosse la testa, quasi incapace
di aprire bocca.
-Dal Ee Krèston, mio caro signorino misterioso. E
se tu sei veramente una loro spia, non resisterai a lungo… e spero proprio di
vederti morto, sarà un’esecuzione divertente, molto divertente- ridacchiò Bran,
continuando a salire a passi sicuri dietro la guardia più anziana, che intanto
reggeva la fiaccola silenziosamente.
Dopo quella che parve un’eternità, Aidamòs vide la
luce, non quella artificiale, ma quella del sole: una enorme finestra sopra la
porta d’ingresso illuminava a giorno il palazzo. Il chiarore disturbò il
giovane, che tentò di resistere al chiudere gli occhi dalla noia.
-Luce…!- fu l’unica parola che riuscì a
pronunciare.
-Ma tu guarda, sai dire la parola luce…ma che
bravo…- cominciò a prenderlo in giro Bran, mentre attraversava il corridoio a
grandi passi. Aidamòs non replicò. Riconobbe la porta d’ingresso da cui era
entrato qualche tempo prima. Il corridoio era molto ampio, e fungeva da
ingresso, come Aidamòs capì più tardi; vi erano solo due porte, una a metà
della parete sinistra e uno a metà della parete destra. Bran e l’altra guardia
entrarono nella porta a destra, e quello che si rivelò al suo interno fu
un’immensa sala rettangolare, completamente bianca e argento. Alle pareti vi
erano delle finetre alte, con dei leggeri tendaggi ricamati; colonne argentate
e scolpite con forme sinuose percorrevano tutta la sala, a intervalli regolari.
Il pavimento era di marmo bianco, molto semplice, e in fondo vi era il trono.
Aidamòs, per quanto potesse capire in quel momento, rimase perplesso nel vedere
che, seduto su questo trono imponente e splendente, vi fosse l’uomo più vecchio
che avesse mai visto: la sua faccia rugosa, il suo aspetto ricurvo, le mano
leggermente tremolante, tutto questo aveva per il giovane un che di strano.
Dalle braccia di Bran egli alzò leggermente la testa, strizzando gli occhi,
come per capire se ci aveva visto bene, ma fu interrotto bruscamente dalla
guardia, che lo posò a terra come un sacco di patate.
-eccolo qua, mio signore…- esclamò quello, poi
s’inchinò, e fece marcia indietro con l’altra guardia più anziana, che
s’inchinò a sua volta senza pronunciare una parola che fosse una. Dunque rimasero
solo il re Kreston e il ragazzo, l’uno seduto sul suo trono e l’altro disteso a
terra, indolenzito, stordito, affamato.
-alzati- la voce del re suonò sicura e molto calma
–azati e dimmi tutto. Voglio sapere chi sei, da dove vieni, perché sei qui? È
forse vero che sei una spia del Diavolo venuta qui a distruggerci?rispondi,
giovane, e non temere, qui sarai comunque immune da ogni punizione da parte dei
tuoi pardroni, chiunque essi siano-
Tuttavia Aidamòs non riuscì né ad alzarsi, né a
formulare una frase di senso compiuto. Si sentiva frastornato dal cambiamento
di ambiente; si sentiva indolenzito, soprattutto dopo che quel farabutto di
Bran lo aveva scaraventato a terra con la delicatezza di un elefante; si
sentiva spiazzato dal re, e dal fatto che pensassero che fosse una spia, e
soprattutto, se aveva ben capito, del Diavolo in persona.
-Sei diventato muto per caso????- si azzardò a
domandare il Re, con un punta di delicata ironia nella voce.
-N-no, m-mio signore- riuscì dopo un tempo che
sembrava interminabile a dire il giovane, che intanto cercava di non sembrare
scortese, chiamando perciò il vecchio Mio Signroe.
-Mi fa piacere saperlo. Dunque, se hai il dono
della parola come tutti in questo posto, perché non parli?-
-p-perché non capisco più niente di quello che sta
succedendo, mio signore- Aidamòs era riuscito a prendere un po’ di coraggio.
-Spiegati, io sono qui per ascoltarti…puoi parlare
liberamente.- lo esortò il vecchio, dal suo trono.
-Ecco, mio signore, io non sono affatto di qui. So
a malapena dove mi trovo, non so da quanto tempo sono qui…e non capisco perché
tutti qui crediate che io sia una spia del Diavolo…non pensavo nemmeno
esistesse veramente, il Diavolo intendo-
-Dunque tu non sei una spia?-
-No, mio signore-
-E allora perché le guardie ti hanno
imprigionato?non ne vedo il motivo-
-Ecco, mio signore…quando sono arrivato in questo
posto ho incontrato una guardia, e mi ha scambiato per una spia solo perché ero
uno straniero e avevo questo, che mi si è formato quando sono arrivato qui,
perché ho cercato di consultare un libro…-
Aidamòs si ricordò improvvisamente della storia
narrata in “Black Hole”, e tutto iniziò a definirsi con maggiore chiarezza. Si
alzò dunque a fatica, poi si avvicinò lentamente al Re e gli mostrò il segno
che aveva sulla mano, quello che si era formato sul suo palmo sinistro quando
era arrivato nel Regno della Luce.
-Interessante…un triangolo rovesciato…e che libro
era, quello che hai consultato?-
-Un libro che parlava di questo mondo, un libro
strano, che si chiamava Black Hole, che però è sparito quando sono arrivato…-
-Braaaaaan- esclamò Re Krèston. La guardia
riapparve da una porta laterale, si inchinò e poi si mise in attesa di ordini.
-Chiamatemi il Capo Supremo dei Celebranti.
Adesso- ordinò il Re. Quindi Bran si allontanò dalla sala, per poi scomparire
dietro la porta principale.
-Il Capo Supremo dei Celebranti?Se mi permettete,
mio signore, chi è?-
-Vedi, mio caro…-
-Aidamòs. Mi chiamo Aidamòs, mio signore-
-Vedi, mio caro Aidamòs, il Capo Supremo è il
massimo grado che ci può essere fra i Celebranti, che sono la casta che si
occupa dei riti agli Dei Immortali-
-E per quale motivo serve il Capo Supremo dovrebbe
interessarsi alla questione?! Questo simbolo ha qualcosa di strano?-
-Tutto è strano, Aidamòs, ed è per questo che c’è
bisogno del suo consiglio- rispose il Re, che non proferì più parola. Allora Aidamòs
attivò la fantasia e s’immaginò che il Capo Supremo dei Celebranti fosse un
uomo maturo e molto istruito, possente, vestito di nero e con una voce profonda
e bassa. Pensò a cosa il triangolo sulla mano potesse significare e pensò al
perché proprio lui era capitato ad Aletheimora, ma non trovò alcuna risposta.
Dopo quelli che parvero solo pochi istanti, si
sentì il cigolio della porta, e dei passi riecheggiarono nella sala. Il giovane
non volle voltarsi, e rimase in ascolto a testa bassa di quei passi neutri,
finchè non li sentì fermarsi davanti a sé. Solo allora alzò la testa per vedere
in faccia il Capo Supermo, un Capo che non era affatto come si aspettava,
perché davanti a lui c’era una donna. Una donna giovane, con il viso liscio e
allungato di chi è appena entrato nell’età adulta. Vestiva semplicemente, con
una sobria tunica larga e nere, e sulla testa portava una corona di sottili
fili d’argento. Gli occhi verdi erano puntati su di lui, ed erano contornati da
una massa di riccioli ramati.
-Mio signore, eccomi- sussurrò il Capo, piegando
leggeremente la testa.
-Buon giorno, mia cara Elèien, vedo che sei stata
tempestiva…- rispose il Re con lo stesso tono della donna. Aidamòs cercò di
ricordarsi di questo nome, cercando di ripeterselo silenziosamente per
imprimerlo nella mente.
-Per cosa mi ha fatto chiamare, mio signore?-
disse nuovamente Eleièn, sempre sussurrando, ma in modo da farsi sentire da
entrambi coloro che erano presenti nel salone.
-Vedi questo giovane?- e il Capo Supremo annuì
–credo che egli sia colui che cerchiamo-
-Come può esserne così sicuro, mio signore?-
-egli ha un simbolo sul palmo sinistro che non può
che essere un segno del Destino, e dal momento che è giunto fino a noi, credo
sia lui quello a cui dobbiamo fare affidamento-
-Se permette, posso dare un’occhiata alla mano?-
-Aidamòs, mostra la tua mano ad Elèien-
Il giovane ubbidì, anche se con un po’ di astio,
perché quella donna non gli piaceva: sembrava giovane, ubbidiente, e anche
simpatica, forse, ma il modo in cui lo aveva guardato lo inquietava, e credeva
anche, a primo acchito, di stargli molto antipatico. Elèien osservò il suo
palmo con attenzione, facendo scorrere le sue lunghe e curate unghie per i
contorni del simbolo. Poi gli esaminò il resto del corpo, soffermandosi a lungo
sulla forma del viso e sugli occhi, cosa che mise molto a disagio Aidamòs.
- È lui, mio signore, aveva ragione…è proprio lui-
dichiarò la donna sicura, rivolta verso Re Krèston.
-io sono cosa?- si azzardò a chiedere il giovane,
incuriosito.
-Sei il Prescelto, e non puoi tirarti indietro dal
tuo compito, nè ora né mai…-
-Come non posso tirarmi indietro, cosa vuol dire?-
-Capirai, Aidamòs, capirai-
e con questo si concluse la prima conversazione
del giovane con il Re del Regno della Luce.
***
spazio autrice:eccomi qua, con non so quanti secoli di ritardo...spero sia decente...XDXD ringrazio come sempre Afaneia e Amaerise per le recensioni....un bacio a tutti