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Autore: Madem    28/06/2010    3 recensioni
Un viaggio potrà cambiare le cose?
Genere: Romantico, Malinconico, Erotico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Akane Tendo, Ranma Saotome
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il matrimonio era fallito, e da quel giorno niente era più come prima.

Akane e Ranma litigavano ancora, ma non nello stesso modo. Le loro liti erano fredde, litigavano più per cercare di ritrovare il loro equilibrio che per motivazioni reali.

In breve tempo arrivò la fine della scuola, e di conseguenza gli esami.

Akane e Ranma camminavano verso scuola, lui sulla ringhiera, lei per strada. Erano in orario, come ormai capitava dal giorno delle mancate nozze. Akane aveva smesso di svegliare Ranma, e lui per evitare di farla arrabbiare si alzava presto ogni mattina e si faceva trovare pronto quando doveva uscire.

Giunti a scuola, il professore aveva cominciato ad elencare le varie prove che avrebbero dovuto sostenere per ottenere il diploma di scuola superiore.

Akane era serena, si era sempre preparata e aveva lavorato quotidianamente, per cui gli esami per lei erano solo una formalità. Ranma invece cominciava ad agitarsi.

Erano assorti nei loro pensieri quando la voce del preside, dall’altoparlante li riportò alla realtà: “Hello students! I’m your favourite preside!! So, guys, vorrei parlare con Miss Akane Tendo! Come here, please! L’aspetto nel mio ufficio!”.

Il professore aveva ascoltato l’annuncio, ma già sapeva cosa il preside voleva da Akane. “Vai, su, Akane. Avrai una bella sorpresa, nell’ufficio del preside!”, disse il professore. Akane non sapeva cosa pensare, ma si diresse ugualmente nell’ufficio del preside.

Ranma era agitato. L’idea che lei andasse da quel pazzo da sola non lo lasciava per niente tranquillo. – E poi cosa avrà voluto dire il professore con “bella sorpresa”? –. Ranma non stava più nella pelle. Appena possibile avrebbe chiesto ad Akane.

“Miss  Akane! It’s so nice to see you here!!” disse il preside. “Mi ha chiamato lei, Signor Preside!”, rispose Akane, seccata. “Bene, Akane. Abbiamo letto il tuo questionario con molto interesse. E così vuoi iscriverti a medicina, il prossimo anno!”, asserì lui. Akane si fece rossa in viso: “Beh, si, vorrei diventare pediatra!”. “Bene, Akane. Hai degli ottimi voti, e sei una studentessa modello. Abbiamo pensato di offrirti una borsa di studio per studiare un anno alla Columbia University. Il rettore è un mio amico, ed è d’accordo con il progetto”, disse il preside. Akane era basita. “New York”, riuscì a dire soltanto. “Bene, Miss Tendo, ha tempo un mese per pensarci. Have a nice day!”, disse, e sparì dall’ufficio.

Akane tornò in classe con i fogli in mano, li posò nella cartella, e si sedette. I compagni la guardarono incuriositi, ma lei non disse nulla. Solo il professore si azzardò a fare una domanda all’alunna: “Una bella sorpresa, non crede Signorina Tendo?”. “Si”, rispose Akane, inespressiva.

Suonò la campanella del pranzo. Akane era ancora seduta sulla sedia quando Ranma fece per avvicinarsi. Non abbastanza in fretta, però.

“Lanma, amole mio! Sono venuta a poltalti il planzo, così non mangelai le schifezze di quella glassona violenta!”.

 “Shampoo tu arrivi sempre nei momenti meno opportuni! Lasciami andare, su, staccati da me! Ma è possibile che devi sempre appiccicarti?”.

“Lascia stare il mio Ranma. Hai capito, cinesina?”, disse Ukyo tirando una spatola verso la ragazza dai capelli viola.

“Il tuo Lanma? Mi dispiace ma penso che tu ti stia sbagliando!”, rispose Shampoo.

E così, un nuovo scontro ebbe inizio.

Ranma le guardava soddisfatto. – Poco male, così avrò tempo per parlare con Akane – pensò lui. Si voltò e fece per andare dalla sua fidanzata, ma lei non era più lì. La cercò in lungo e in largo per la scuola, ma di lei non c’era traccia. Suonò la campanella che segnava la fine della pausa pranzo, e tutti si rimisero ai loro posti. Solo il banco di Akane era vuoto. Ranma si voltò verso le amiche di Akane per avere notizie, ma la loro risposta non fece altro che incrementare la sua curiosità. “Ha detto che non si sentiva molto bene, ed è andata a casa. Abbiamo provato a chiedere cosa voleva il preside, ma non ha voluto dirci nulla!”.

La campanella che annunciava la fine delle lezioni era finalmente suonata.

Ranma camminava sulla ringhiera immerso nei suoi pensieri.

Stupida Akane! Perché se ne è andata senza dirmi nulla? L’avrei accompagnata io! È così strana, ultimamente. O forse, siamo strani. Da quel giorno niente è più uguale a prima. Come vorrei poter sistemare le cose, come vorrei riuscire a dirle apertamente quanto è importante per me, quanto la… quanto la… quanto la amo. Ecco, l’ho detto. Lo so, eppure non riesco a dirglielo. Non riusciamo più a comunicare. Mi manca il mio maschiaccio, le nostre liti, mi manca tutto. Chissà che voleva oggi il preside. Devo correre a casa!

E così dicendo, corse verso la dimora dei Tendo.

“Bentornato Ranma!”, disse Kasumi, con la solita dolcezza. Soun e Genma stavano giocando a Sojo, e non si erano nemmeno accorti dell’ingresso del ragazzo.

Ranma corse di sopra, appoggiò i libri e andò verso la camera di Akane.

Bussò, ma nessuno rispose. Aprì la porta, ma Akane non era lì. – Ma dove può essere? È andata via dicendo che stava male. Nel dojo non c’è, quando ci sono passato davanti era vuoto – pensò.

“Kasumi, scusa, dov’è Akane?” chiese Ranma, cercando di nascondere il suo interesse. “E’ andata dal dottor Tofu, è tornata dicendo che non stava bene. È successo qualcosa a scuola, oggi, Ranma?”, chiese Kasumi. “No, niente di che. Io esco!”, concluse frettolosamente Ranma.

Nel frattempo, nello studio del Dotto Tofu…

“Piccola Akane, non so davvero cosa consigliarti. È un’opportunità incredibile. Studiare medicina negli Stati Uniti ti permetterebbe di avere un livello di preparazione che qui nessuna università può darti. Si tratta di un anno, ma potrebbe cambiare la tua vita. Ne hai già parlato con la tua famiglia?”, chiese il Dottor Tofu.

“No, non ancora. Ho un mese di tempo per pensarci, e vorrei avere io le idee chiare prima di parlarne con loro”, disse lei.

“E Ranma?”. Akane si aspettava quella domanda. Lei avrebbe voluto parlane con lui già alla pausa pranzo, ma quella stupida di Shampoo era arrivata e aveva rovinato tutto, e lui ovviamente non aveva fatto nulla per togliersela di dosso. “Non sono convinta che gli interesserà molto. Io non gli interesso. Forse sarebbe una buona scusa per rompere il fidanzamento”, riuscì a dire, mentre le lacrime scendevano copiose sul suo volto.

“Akane, sei tu che devi decidere cosa fare, ma io penso che Ranma abbia il diritto di sapere. Non puoi tenerlo all’oscuro di tutto”, disse lui. In quel momento, Ranma entrava nello studio del Dottore.

Non riuscì a sentire cosa si stavano dicendo, ma dai volti si poteva capire che era una cosa piuttosto seria. Si fece avanti è bussò alla porta. Il Dottor Tofu andò ad aprire, non gli sembrava che ci fossero pazienti nella sala d’aspetto.

“Oh, Ranma, sei tu! Che ci fai qui?” chiese Tofu.

“Eh, beh… ecco… io…”, in effetti non si era preparato nessuna scusa.

Tofu lo salvò dall’imbarazzo. “Meno male che sei venuto. Akane è parecchio stanca, e dovrebbe riposare. Potresti accompagnarla a casa?”. Ranma guardò Akane, ne era sicuro, aveva appena pianto. Gli occhi gonfi, rossi. Vederla piangere, vederla sofferente, lo uccideva., stava male con lei.

“Nessun problema, Dottor Tofu. Lo porto a casa io il maschiaccio!”, disse. Non fece in tempo a concludere la frase, che già si era pentito di quello che aveva detto. Maledetto Ranma, possibile che non riesca a tenere la bocca chiusa?

“Non ce n’è alcun bisogno, Dottor Tofu. Riesco a tornare benissimo da sola. Mi farà bene fare due passi!”.

Ranma non aveva mai sentito parlare Akane in modo così… glaciale. Doveva fare qualcosa.

“Ranma, mettimi giù!” disse lei. “Oh, no, Akane. Che ti piaccia o no il Dottore ha detto che ti devi riposare, per cui stai buona e fatti portare a casa!”. Il suo tono non permetteva obiezioni. Uscirono dallo studio, e saltando sui tetti si avviarono verso casa.

Akane si accoccolò meglio al petto di Ranma, si fece cullare dal movimento ondulatorio e dalle sue braccia forti, e lasciando cadere ogni barriera difensiva, si addormentò.

  
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