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Autore: londonlilyt    13/09/2005    2 recensioni
Oscar sapeva cosa voleva dalla vita, la sua carriera era la cosa piu' importante per lei, c'era poco posto nella sua vita per l'amore o le cose frivole. fino a quando il suo nuovo assistente, Andre', arriva in ufficio. I grandi occhi verdi e i suoi modi gentili le mostreranno un lato della vita che le era sempre stato negato dai suoi obblighi e doveri, facendo tremare le fondamenta di tutte le sue certezze. Ma Andre' ha un segreto, che presto si frapponera tra i due e la loro felicita', riusciranno a superare tutti gli ostacoli e rimanere l'uno affianco all'atro? BHE' LEGGETE E SCOPRITE!!
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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L’ambulanza si fermó con uno sdridio di gomme davanti al pronto soccorso, un gruppo composto da infermieri e dottori li aspettava nell’ingresso, e Oscar li seguiva al massimo della disperazione. I due paramedici avevano iniziato a protestare quando gli aveva detto di aver intenzione di viaggiare con l’ambulanza, ma dopo averle dato un’occhiata non avevano piú proferito parola, anche lei aveva disperato bisogno di andar all’ospedale.

Ora lui era dentro una delle salette per le prime cure e lei lo osservava impotente dalla porta a vetri.

-Signorina?- un’infermiera le si era avvicinata –cosa le é accaduto?-

-Nulla...io...- non riusciva a staccare lo sguardo dall’uomo ancora incosciente dentro la saletta.

L’infermiere dette un’occhiata prima a lei e poi dentro la saletta, l’esperienza le aveva fatto capire la siatuazione al volo.

-Venga con me, anche lei ha bisogno di cure mediche. Il suo amico verrá subito portato nel reparto ustionati e lei potrá andare a vederlo non appena un dottore l’avrá visitata-

-No...non posso...- non l’avrebbe lasciato solo per un minuto.

-Mi creda é in ottime mani- gentilmente, ma con fermezza la condusse in una delle stanze usate per le visite e la fece sdraiare su un lettino.

Due ore dopo arrivava zoppicando alla stanza dove l’infermiera le aveva detto avevano sistemato Andrè, ora era piena di fasciature. Aveva riportato due bruciature non gravi sulla gamba sinistra, i palmi delle mani erano erscoriati, aveva un bernoccolo sulla nuca e una serie di echimosi e tagli minori che si sarebbero fatte sentire il giorno dopo, il dottore le aveva dato un antidolorifico e le aveva detto che se voleva poteva andare.

E lei era andata dritta a vedere come stava André.

Era in una stanza da solo, rimase a guardarlo dal vetro che dava sul suo letto, il macchinario che controllava le sue funzioni vitali che lampeggiava a un ritmo stabile, le sacche con dei liquidi colorati appese ai loro sostegni metallici, era pieno di aghi e tubicini. Non poteva morire si disse con fermezza, non l’avrebbe permesso!

-Signorina...-

La voce inaspettata la fece sussultare, un uomo di mezza etá la stava guardando serio, portava il camice e aveva una cartella in mano, doveva essere il dottore di turno.

-Conosce per caso il ragazzo in quella stanza?- le chiese pacato.

-Si, sono la sua fidanzata- dirlo a voce alta le faceva un certo effetto, anche perché a questo punto era una bugia, visto che non stavano piú insieme –come sta dottore?-

-È ancora in prognosi riservata, le bruciature non sono gravi come sospettavano, ma sono pur sempre ustioni di terzo grado, se riusciamo ad impedire l’infezione si riprenderá in quattro o cinque settimane, dipende dalle sue capacitá di recupero. Mi spiace ma una volta guarito rimarrano delle brutte cicatrici, nei prossimi giorni posso far venire il chirurgo plastico per vedere di salvare il salvabile-

-Lo posso vedere?-

-Certo, ma si faccia dare camice e mascherina dall’infermiera, queste stanze sono progettate per rimanere asettiche e ridurre al minimo i rischi di infezione- detto questo stava per andarsene quando si voltó nuovamente verso di lei –se il ragazzo ha famiglia, li contatti il prima possibile, bisogna essere preparati al peggio-

-Va bene, grazie dottore- l’uomo la lasciò sola e lei tornó a guardare attraverso il vetro.

Come avrebbe detto ai genitori di André,che il loro figlio era in fin di vita in un letto d’ospedale? Un’immagine fugace di Linda in lacrime le attraversò la mente, non era una telefonata che avrebbe voluto fare, ma non poteva aspettare, se in caso fosse successo il peggio loro dovevano essere qui.

Raccogliendo tutto il coragio prese il cellulare che era rimasto in tasca, non avrebbe potuto usarlo nell’ospedale ma era un emergenza.

Una quindicina di minuti dopo, munita dell’abbigliamento adatto, entrava nella camera di André, la telefonata ai suoi genitori non era stata piacevole, in lacrime la madre le aveva assicurato che sarebbero partiti con il primo aereo e Ryan li avrebbe di sicuro accompagnati, era l’unico che fosse abbastanza vicino.

Con pesantezza prese posto nella bassa poltroncina imbottita posta accanto al letto, l’infermiera le aveva detto che l’avevano sedato con della morfina e che avrebbe dormito per diverse ore, ora non le restava che vegliare al suo fianco e sperare per il meglio, fece scivolare una mano nella sua stringendogliela appena e sperando che lui avvertisse la sua presenza.

-Ti prego André non morire- ma non ebbe nessuna risposta, solo il cadenzato “bip” dei monitor.

Durante la notte gli salì la febbre e l’effetto della morfina stava svanendo, André aveva iniziato a delirare e a chiamare il suo nome in continuazione, convinto di averla lasciata morire nell’esplosione, e lei non poteva fare altro che stargli vicino e cercare di rassicurarlo che stava bene e che era riuscito a proteggerla, ora doveva solo riposare e pensare a guarire, gli sedeva accanto impotente, mentre le infermiere cambiavano le sacchette delle sue flebo una dopo l’altra, dovevano tenerlo idratato, far si che la febbre scendesse e medicargli la schiena scongiurando sempre la comparsa di un’infezione, nel mezzo della notte non riuscì piú a tenere gli occhi aperti e si addormentó, sempre tenendo stretta la mano di lui.

L’infermiera che ebbe il compito di svegliarla il giorno dopo, quasi se ne dispiacque, la collega del turno precedente, le aveva detto che la ragazza bionda era rimasta su quella poltrona per tutta la notte, senza mai lasciare la mano dell’uomo sdraiato nel letto, ma fuori dalla porta c’era una coppia che sosteneva di essere i genitori del paziente e volevano vederlo, e le visite erano ammesse una alla volta.

-Signorina si svegli- le scosse gentilmente una spalla.

Oscar si svegliò di soprassalto, trovandosi davanti il viso preoccupato di una giovane infermiera e subito pensó al peggio.

-Non si preoccupi, il suo amico sta bene, dorme, é solo che le visite sono ammesse solo una alla volta e fuori ci sono i suoi genitori che vorrebbero entrare-

-Come?- ancora intontita dal sonno le ci vollero diversi minuti per registrare quello che la donna le stava dicendo –oh! Certo ora esco-

Quando si alzò dalla poltrona tutto il suo corpo gridó in protesta, non c’era un angolo che non le facesse male, e bruciature le pulsavano insistentemente, la testa le girava e aveva dei crampi allo stomaco, era da ieri mattina che non mangiava nulla, non la forma migliore per incontrare i genitori di lui, per fortuna le tende erano tirate sul vetro che dava sul corridoio, non la potevano vedere.

Prima di andarse gli baciò la fronte ancora calda e imperlata di sudore.

-Torno al piú presto-

L’incontro con George e Linda fú denso di emozione, lei aveva gli occhi gonfi di pianto ma sembrava si fosse ricomposta e anche lui aeva lo sguardo incupito dalla proccupazione, entrambi vollero sapere cosa era successo, e Oscar gli diede una breve versione, riveduta e corretta, degli avvenimenti degli ultimi mesi, che avevano portato alla loro presenza nel magazzino quel giorno. Prima di sparire nella camera di André le consigliarono di andare a casa a cambiarsi e di riposare un pò, aveva l’aria di una che ne aveva passato delle belle e non sarebbe stata utile a nessuno, stremata e sull’orlo del cedimento, sarebbe potuta tornare più tardi per accertarsi delle condizioni di André.

Una volta sola Oscar si sedette su una delle sedie riservate ai visitatori, non si reggeva più in piedi, e il dolore stava lentamente prendendo possesso del suo cervello, Linda aveva ragione era sull’orlo del collasso, doveva andare a casa per qualche ora, almeno per cambiarsi i vestiti, che oramai erano da buttare.

-Caffé?- le disse una tazza da sotto il suo naso.

Sollevó gli occhi e vide Ryan che le sorrideva, non l’aveva visto insieme ai suoi genitori.

-Grazie- prese la tazza e bevvé qualche sorso, per poco non venne avvelenata ma non si lamentó –scusa se non ti ho salutato ma non ti avevo visto-

-Figurati, la mamma ha ragione sai, dovresti andare a casa, fai spavento!-

-Molto gentile- disse offesa cosa si aspettava!

-Andiamo biondina ti porto a casa- si ofrì.

-Non vuoi vedere tuo fratello prima?- chiese alzandosi.

-L’infermiera non mi fará entrare e mamma chioccia non lascerá la postazione tanto facilmente, e poi- a quel punto le rivolse un largo sorriso –se mio fratello scopre che non mi sono preso cura di te e che ti sei sentita male sono dolori una volta lasciato quel letto d’ospedale!-

L’intento era stato quello di strapparle un sorriso e per quanto tiepido ci era riuscito.

Si incamminarono piano verso l’uscita, anche i piedi le facevo un male atroce, poi si ricordó di avere ancora addosso i tacchi a spillo, li avrebbe butti una volta giunta a casa tutti! Uno dopo l’altro! Per il momento si accontento di sfilarsi questi e gettarli nel primo cestino per l’immondizia che trovarono.

-Ah...- sospiró agitando le dita dei piedi finalmente libere –molto meglio!-

-Decisamente- concordó lui –ti sei abbassata di almeno dieci centimetri!-

Lei lo guardó a bocca aperta, come poteva fare delle battute di spirito in un momento del genere?

-Sei oltraggioso lo sai?- non sapeva ridere o infuriarsi, ma in un certo qual modo le aveva tolto un pó della spossatezza che l’aveva pervasa.

-Solo nei momenti del bisogno- poco sapeva Oscar che quello di fare delle battutine era l’unico modo che Ryan aveva di scendere a patti con la possibilitá di stare per perdere il fratello maggiore.

Una volta entrati nel taxi e dato l’indirizzo all’autista, l’espressione di Ryan si fece seria.

-Allora, dimmi cosa é successo. E dammi la versione originale e dettagliata, non quella che hai fornito ai miei genitori-

Oscar lo guardó stanca, tanto sarebbero rimasti a lungo nel traffico, che male poteva fare? Allora gli raccontó tutto nei dettagli, omettendo quelli della relazione nata tra lei e il fratello.

-Waw che pasticcio!- esclamò colpito.

-Dillo forte, ora non ci resta che sperare che la mafia non risalga mai a noi o siamo fritti-

-E il fatto che mio fratello é innamorato perso di te, come entra in tutta la faccenda?- chiese a brucia pelo.

-Non ci entra, la complica e basta!- poi si rese conto di cosa aveva appena ammesso, la risposta le era venuta automatica senza pensare, e dall’espressione di lui, era chiaramente troppo tardi per ritrattare.

-Quello zuccone questa volta l’ha combinata davvero grossa!-

-Siamo arrivati- sollevata di poter cambiare argomento, non aveva nessuna voglia di discutere la sua relazione con André, non ora per lo meno.

-Vuoi che ti accompagni di sopra?- le chiese preoccupato, era pallida e sembrava stesse per crollare.

-Non c’é ne bisogno- voleva rimanere un pò sola –é meglio se ora stai vicino ai tuoi genitori-

-Come vuoi, ci vediamo dopo in ospedale-

Rimase sul marciapiede fino a quando il taxi non si fu allontanato, poi si avvicinó al portone, per ricordarsi che non aveva le chiavi, erano rimaste in ufficio, maledizione! Avrebbe dovuto suonare per il portiere e farsi aprire da lui.

Fred, il portiere, era un signore sulla cinquantina che rimase a bocca aperta nel vederla, doveva essere ridotta davvero male se suscitava quel tipo di reazione.

-Cosa le é successo? Vuole che le chiami un dottore?-

-Solo un piccolo incidente Fred, e sono giá stata al pronto soccorso, non ti preoccupare, dovresti farmi la cortesia di aprirmi la porta di casa, temo di aver perso le chiavi-

Una ventina di minuti dopo, Oscar si trovava nuda davanti allo specchio esaminando i danni. Era conciata proprio per le feste, i lividi spiccavano bluastri da per tutto, aveva due occhiaie nere che facevano paura e i suoi capelli erano tutti bruciacchiati, avrebbe dovuto andare dal parrucchiere farne tagliare un bel pó.

Andó in bagno per lavarsi come meglio poteva, il dottore le aveva detto niente doccia per qualche giorno, ora che ci pensava avrebbe dovuto cambiare la medicazione alle bruciature e comprare la pomata che le era stata prescritta, piú tardi si disse, ora voleva solo sdraiarsi nel letto comodo.

Ma quando si ritrovó avvolta nelle coltri accoglienti del suo letto il sonno non veniva, ogni volta che chiudeva gli occhi si ritrovava davanti l’immagine di André steso sul lettino dell’ospedale che delirava e chiamava il suo nome. Il dottore non l’aveva ancora dichiarato fuori pericolo, c’era ancora una distinta possibilitá che non si riprendesse e lei rischiava di perderlo.

Le lacrime che si era rifiutata di versare negli ultimi giorni le salirono agli occhi in un fiume inarrestabile, e non riuscì a trattenere i singhiozzi che le scuotevano il corpo, non poteva perderlo, non ora, non ora che le cose tra loro erano messe così male. Non poteva continuare a fargli credere che tra loro non ci fosse piú nulla da salvare, perché la sua rabbia nei confronti della sua duplicitá, era evaporata come neve al sole, di fronte alla prospettiva di perderlo nulla contava piú.

Il suo ultimo pensiero coerente prima di addormentarsi tra le lacrime, riguardava la sua inabilitá di stare a guardare mentre la vita lo abbandonava lenta, non per la seconda volta, non ne avrebbbe avuto il coraggio.

  
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