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Autore: GT 18    14/09/2005    2 recensioni
Da piccole le bambine credono nel Principe azzurro. Questa convinzione,in realtà, serve a mascherare i dolori che si nascondono dietro certi eventi. 18,da piccola,per me rappresenta l'icona ideale: "Sin da quando ero una bimba piccola,i miei genitori mi raccontavano che se un giorno io fossi stata presa dall’orco cattivo, di sicuro il principe sarebbe giunto a salvarmi…"
Genere: Drammatico, Malinconico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: 17, 18, Altri, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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C’erano una volta due fratelli

 

C’erano una volta due fratelli. La loro vita proseguiva felice,

ma un brutto giorno un servo di un orco cattivo li rapì…

 

Il dottor Gero li fissava. Accennò un sorriso e si mise in ginocchio

all’altezza dei gemelli. “Signore…quando arriverà la mamma?” chiese intristito

il bambino,ora battezzato come numero 17.

“La tua mammina mi ha detto che tornerà…a patto che voi facciate quello che dico. Mi sono spiegato?” rispose Gero carezzandogli una guancia.

La bimba,18, era in lacrime,spaventata dal posto umido e da quelle persone

da poco conosciute. “Quanti anni avete,piccoli?” chiese numero 6 a qualche

metro di distanza. “Sei…” mormorarono all’unisono i due.

“Siete ancora un po’ giovani…inizierò a praticare quando sarete più grandi…”

borbottò tra se e se l’uomo.  I bimbi furono accompagnati alle loro camere.

Come ogni bimbo della loro età,si aspettavano una stanza piena di balocchi,di

tende colorate. “Ecco qui.” fece Gero spingendoli dentro.

I loro visi,al veder i loro lettini,persero ogni piccolo bagliore di felicità:

due piccole brande,sporche e malridotte,stavano nel mezzo di una stanza di circa

tre metri per quattro di diametro. Tutto intorno vi erano tubi,fili della corrente che servivano per il laboratorio adiacente.

Come una prigione.

Non vi erano finestre,ne,quanto minimo,una piccola porta sul mondo esterno.

“Credo sia ancora molto tardi per voi,piccoli…vi conviene dormire ancora. Il bagno se vi serve è alla prima porta a sinistra. Buonanotte…” sghignazzò Gero

apprestandosi a chiudere la porta di ferro. Ma prima di poterlo fare,venne bloccato

dalla manina gelida di 18.

Embè…cosa hai,ora?” domandò stizzito.

La bimba assunse un’espressione imbronciata.

“Signore…questo posto non mi piace,e il nome che mi hai dato,lo trovo brutto…”

non ebbe nemmeno tempo di finir la frase,che fu colpita al volto da uno schiaffo,

cadendo all’indietro e battendo la testa sulla parete.

“Sorellina!!!” urlò 17 correndole incontro. 18 era grondante di lacrime,e si teneva la guancia arrossata.

“Perché mi hai picchiato,signore?” pianse tra un singulto e l’altro.

“Che vi piaccia oppure no,questa è la vostra casa,ora!Non vi permettete di lamentarvi,altrimenti non mi faccio problemi a picchiarvi. Anzi,posso anche

farvi di peggio.” così dicendo si tolse la cinghia e la fece schioccare tra le mani.

17 e 18 trattennero il fiato e le lacrime,terrorizzati.

Gero si mise poi alla porta e la chiuse sonoramente “Scordatevi che io vi vizi come

i vostri genitori,marmocchi…ora filate a dormire!!!” urlò,e i gemelli obbedirono

istantaneamente.

Il fratello si sdraiò accanto alla sorellina,ancora dolorante.

“Fratellino mio…perché è stato cattivo con me?” domandò singhiozzando.

“Non lo so…voglio la mamma…” mormorò coprendosi con una lercia coperta.

“Spero che torni presto…” concluse la bimba imitando il fratello.

I gemelli chiusero poi gli occhi e si addormentarono.

Nello stesso momento,numero 6 stava seduto su una sedia,osservando la scena.

“Che cazzo guardi,tu?” chiese il dottore avvicinandosi.

Lei è troppo cattivo,dottor Gero…” mormorò a testa bassa.

L’uomo lo fissò irritato,ma poi si mise a ridere.

“Cattivo,dici?No…io sono davvero una persona per bene…”così dicendo si rimise

la cintura. Proseguì poi a parlare “I genitori di quei due li stavano rovinando…

se vizi i mocciosi così,da grandi non ti danno altro che grattacapi…”.

6 lo osservò insensibile,sempre con la solita espressione,mentre gli carezzava i capelli bianchi.

“…6…sai che tu sei come un figlio per me…ti ho salvato dai tuoi genitori,ricordi,vero?”.

L’androide assunse un viso sorpreso. “Certo che ti ricordi…non ti ho resettato tutta la memoria,quindi so per certo che puoi…”.

Gero non finì la frase e iniziò ad allontanarsi lentamente.

Ma 6 lo fermò prendendolo per un braccio.

Che c’è figliolo?” domandò con un ghigno.

“La prego…non voglio più che mi faccia fare come prima…non voglio più

uccidere…” supplicò l’androide con tono remissivo.

“…Ci penserò su…” abbozzò noncurante l’uomo,per poi dirigersi verso la sua

camera. La porta quindi si chiuse e venne chiusa a chiave dall’interno.

Solo numero 6 rimase in piedi nel laboratorio.

Da quando il Red Ribbon era stato distrutto,Gero aveva costruito in una cavità

di un monte a nord il suo laboratorio. Lui era stato il primo androide a funzionare,

tra quelli che aveva costruito.

Il primo con anima umana…

Questa peculiarità era stata la sua condanna. Il suo corpo era per il 70% meccanico,e quindi poteva venir controllato dal suo creatore,tramite computer.

Ma la mente restava.

Volente o nolente,ogni volta che Gero decideva di uccidere

qualcuno,a lui toccava tenersi il rimorso.

Uscì fuori dalla base,sedendosi lentamente sul bordo del passaggio.

La luna brillava intensamente,ma a lui pareva rossa.

Rossa del sangue di chi aveva ucciso.

Tutto era accaduto così in fretta…

Non poteva immaginare che i genitori si svegliassero. Un cyborg non fa rumore.

Forse per istinto i due genitori si erano alzati dal letto.

Perché lo avevano fatto?Se se ne fossero stati la,non sarebbero dovuti morire.

La madre l’aveva uccisa con un colpo alla nuca,scoperchiandogli in parte la

calotta cranica,e spargendo materia cerebrale ovunque.

Il padre venne poi colpito dallo stesso tipo di proiettile,ma ebbe tempo di correre fino alla camera,con mezzo intestino di fuori.

Lo vide negli occhi,prima di ucciderlo con un colpo al volto.

Occhi blu,profondi…tanto profondi che parevano scrutarti nell’anima.

Occhi disperati,velati dal pianto e dal sangue.

Uno sparo silenzioso.

Quelle due persone erano morte. Tutte le cose belle che potevano aver fatto,

tutti i loro ricordi,la felicità,cancellati da un paio di proiettili calibro 46.

“Se solo se ne fossero stati a letto,non sarebbero…” mormorò l’androide

chinando il capo con un groppo alla gola.

“Morti…”.

Una lacrima.

Un liquido salato che iniziava lentamente a scendere dall’occhio destro,l’unico

dei due ancora organico.

“Perché piango…perché…” concluse 6 guardando la luna e pensando ai due

gemelli.

 

“Piccole anime innocenti,abbiate pietà di me…”

 

  
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