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Autore: Miki_TR    14/09/2005    6 recensioni
Una storia che è tre storie. Parole che descrivono un uomo raccontando tre vite. Un racconto che parla di Black.
Non vuole esserci verità nelle mie parole.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Famiglia Black, Sirius Black
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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Come per errore

Come per errore

 

Quando sono nato avevo già un fratello. Ovviamente non lo sapevo, forse conoscevo quegli occhi quando mi guardava, e di sicuro potrei ricordare le braccia di mia madre se solo non fossi così stanco. Sono nato in una grande casa piena di segreti, in una grande famiglia piena di segreti e ora so che fu un errore. Qualcuno ci chiede prima di nascere dove vogliamo andare? Se è così, ho sbagliato tutto. Se tornassi indietro vorrei una piccola casa e una piccola famiglia e soprattutto nessun fratello nella stanza di fianco.

Mi chiamo Regulus Black e tra poco morirò. Qualcuno dirà che me lo sono meritato. Qualcuno dirà che mi sono invischiato in qualcosa più grande di me. Sirius di sicuro dirà così. E qualcuno potrebbe pensare che ci sia un riscatto, ma io non lo vedo in questa cella fredda e lurida, perchè è stato solo un errore. Uno stupido errore di valutazione. E vorrei tornare indietro, urlare al carnefice che c'è stato un malinteso e che io non dovrei essere qui. Eppure qui resterò, il silenzio come compagnia fino alla mia ora. I ricordi sono più intensi, come riflessi sulle pareti umide e scure, mi prendono con loro.

Ma se vogliamo addentrarci nel dormiveglia della mia infanzia le luci devono essere basse e malate, perchè così ricordo casa mia, e l'odore di cera e di chiuso deve impregnare l'aria, e da qualche parte deve sentirsi il battito cupo di un pendolo. Ci deve essere mio padre, rigido in cima alla scala, e deve guardare in basso con gli occhi severi a noi bambini che giochiamo, come se odiasse la nostra innocenza, perchè così io me lo ricordo. Mio padre è la paura. Ci deve essere mia madre e il suo sorriso vuoto, seduta in poltrona rigida come una bambola di porcellana, un libro polveroso e terribile tra le mani bianche. Mia madre è il freddo. E ci deve essere lui, ovviamente, Sirius sempre pronto a prendere la mia mano e a ridere di tutto, che si erge come un faro tra me e il buio. Mio fratello è tutto il mio mondo.

Non è stata lunga la mia infanzia, sebbene allora mi sembrasse infinita. Diventiamo adulti acquisendo consapevolezza, e a me accadde prima che ad altri. Ma in questo momento, nell'attimo che è la mia morte e che si protrarrà all'infinito in questa notte di luglio, tutta la mia vita adulta affonda le sue marce radici nella palude della mia infanzia, e io, bambino, corro ancora per le stanze e trattengo il respiro, e la paura e il freddo sono ancora lì, e naturalmente c'è anche Sirius.

Sono nato, dicevo, nella maestosa stanza di mia madre, tra le urla e il sangue come tutti. Trassi un primo respiro esitante tra le mani di una balia, e inspirai quell'aria greve che sapeva di Black. Da subito somigliavo a mio padre, e crescendo non feci altro che avvicinarmi a lui. Se potessi vedermi a quarant'anni vedrei di nuovo lui, bello forse, ma infinitamente nero e pallido, la linea perfetta delle sopracciglia e degli zigomi così dura e inflessibile.

Fu chiaro da subito che io ero il figlio che lui preferiva. Forse il suo sangue antico gli aveva donato un'intuizione di quello che avrebbe fatto da grande Sirius. Forse si rifletteva in me e, vanesio com'era -com'ero anch'io- amava questo figlio-specchio. Forse percepiva in qualche modo la viscerale e morbosa attrazione tra mio fratello e mia madre, e cercava di proteggermi dalla pazzia di lei e dall'infantile e innocua gelosia di Sirius.

Ricordo la sua voce fiera e il luccichio dei suoi occhi verdi e le sue parole fredde e fiere -Bravo, Regulus- e lo stesso tono, sempre quello, quando imparavo a reggere il cucchiaio e quando imparavo nuovi poteri. Ricordo la stessa voce quando nell'ultima estate prima del tradimento colpiva Sirius col dorso della mano, e mentre mio fratello lo sfidava con gli occhi, io diventavo involontario oggetto di confronto e bersaglio di odio.

Ero il figlio perfetto per lui. Ero il figlio che voleva. Lui non fu mai il padre che desideravo, e le sue attenzioni mi spaventavano. E poi non c'era mai, e per ore e giorni noi tre aspettavamo, e io ero da solo. Ma i suoi ritorni significavano premi per me e sofferenza per Sirius, e paura, perchè per quanto figlio preferito nessuno in casa era immune dalla sua rabbia.

Ricordo che avevo quattro anni una volta, e ruppi un vetro della credenza del soggiorno. Al suo rientro tremavo in un angolo della mia stanza, pieno di paura.

Ricordo che a dodici anni ebbi il permesso di bere vino a tavola per la prima volta. La cena in casa nostra era formale, con posate d'argento e servitori in un angolo e tovaglie candide e preziose. La mia mano tremava per emozione e anticipazione, perchè bere vino voleva dire essere un uomo agli occhi della famiglia. Ma ero solo un bambino, e il tremore si trasmise impalcabile al cristallo e la tovaglia si tinse come di sangue. E venne la paura. E fui punito.

Ricordo la sua morte e le lunghe ore inutili di attesa che seguirono, e mia madre che per tre giorni non parlò. E allora forse divenni davvero un uomo, e mi caricai la famiglia sulle spalle e avevo solo sedici anni. Non c'era nessun altro per farlo. Solo io e lei nelle stanze e i parenti lontani in lutto. La sostenni per giorni ma non fu a me che tornò a parlare.

Forse mia madre non mi ha mai amato. Ma è certo che io amavo lei. Cercavo il suo calore e non l'ho mai trovato davvero, solo mani gelide e occhi spenti, tanto che spesso mi chiesi se conosceva il mio nome davvero. Non disse mai Regulus come diceva Sirius. Mi chiamava "ragazzo" e lui "figlio". Non credo neppure che lo sapesse; semplicemente, io ero qualcuno di troppo, inutile se aveva già Sirius. E lui del resto le somigliava, stessi occhi fieri e stesso coraggio e dignità. Io e mio padre confronto a loro eravamo statue. Dove noi eravamo marmo, loro erano ghiaccio e fuoco. La nostra bellezza era dipinta e la loro sempre così viva. Noi eravamo superbi e loro orgogliosi. Noi furbi e loro coraggiosi. Mia madre non ha mai trattato Sirius meglio di me, nè peggio. Ma per lui c'era il calore nelle sue grida, per me solo freddo e convenzioni.

Come posso stanotte dare voce e parole a tutto questo? Loro erano i vivi, e noi i morti. Nei gesti di lei, sempre misurati e così perfetti, ricordo l'emozione trattenuta, e non sono mai riuscito ad imitarla. E quando mio fratello ci lasciò, e quando mio padre morì, anche allora noi ci allontanammo. Mi sforzai di essere per lei più di un ritratto. Imboccai la strada che mi ha portato qui. E' amaro sapere che l'unico dono che avrei potuto farle era di non nascere da lei.

Ci sono altre figure che dalla mia infanzia stanotte mi visitano. Voci di bambini in un cortile, parenti austeri e famiglie nobili a cui rivolgersi con rispetto e ammirazione. Ma adesso che il mio tempo è così poco, i ricordi d'infanzia si allontanano, si sfocano, eccetto quelli di lui. Mi tormenta come nei quattordici anni che abbiamo condiviso, amandoci e odiandoci come solo due fratelli possono fare. Mi tormenta e ancora mi protegge dal buio della mia disperazione.

Non ricordo un momento della mia infanzia in cui lui non fosse lì. La mattina a colazione mi guardava con occhi impazienti dall'altro lato della tavola e scalpitava sulla sedia come se odiasse quel posto. -Sbrigati, Regulus.-

Lui voleva correre a giocare, sentirsi forse libero nel giardino dietro casa nostra, scoprire nuovi tesori e esplorare quella giungla a misura di bambino. Io lo seguivo ovunque. Eravamo soli, due bambini contro un mondo di adulti. Condividevamo un'infanzia solitaria, piccoli segreti e un'innocenza che abbiamo perso. Anche la luce del giorno era malata tra gli alberi antichi, ma era l'unica luce che conoscessimo. La mia mano poteva toccare infinite meraviglie e la sua voce ripeteva il mio nome ad ogni scoperta. E già allora il mio volto era immobile e il suo fremeva di vita.

Ricordo che una una notte bussò piano alla porta della mia stanza. Forse avevo cinque anni. Ricordo il temporale che infuriava fuori e la luce dei lampi che bandiva le ombre e lo scoppio dei tuoni che mi paralizzava nel letto nell'infantile paura. So che stringevo le coperte come un rifugio e che avevo imparato a piangere in silenzio la mia paura da bimbo. E lui entrò, silenzioso come un piccolo spettro, e sapeva dall'alto dei suoi sette anni quello che sentivo. Rimase vicino a me e la sua forza si mise tra me e la paura, e lui era lì solo per confortarmi. Asciugò le mie lacrime e si prese cura di me, e nessun altro l'ha mai fatto. Lui aveva la forza di chi c'è già passato, e negli occhi un coraggio che io non avrò mai. Con la determinazione dei piccoli rimase con me quella notte, e incredibilmente presi sonno. Il mattino ci sorprese limpido con le grida di mia madre nella stanza. La paura era una colpa e mio padre un giudice inflessibile delle debolezze dei suoi figli. E Sirius si assunse la colpa di quella fuga notturna e ridente e ribelle fu punito per la mia paura. Mia madre capì e lessi il disprezzo nei suoi occhi per la mia debolezza.

L'Oscuro Signore non sa. Non può conoscere di quelle notti. Non capirebbe, forse. E' mai stato bambino? Qualcuno si è mai preso cura di lui? Le ore scorrono e le mie domande non avranno risposta. Quei giorni non torneranno, e mio fratello non è qui per stringere la mia mano.

Lui non è mai stato come me. Ma certo io volevo essere come lui, e questo fu il mio errore. Quando crescemmo nei nostri studi era sempre lui ad aiutarmi. Ricordo che non capivo come tenere in mano la lunga penna senza sporcare d'inchiostro la pergamena e le dita. Sapevo che per ogni mio errore mi attendeva un rimprovero. Allora lui prese la mia mano e la guidò sul foglio, e io imparai a scrivere da lui.

Come posso non amare mio fratello? Ma lui mi ha reso quello che sono.

Un giorno Sirius se ne andò. La casa rimase silenziosa, e gli occhi di mia madre si spensero e io imparai la solitudine. Desideravo come un dono il rientro a scuola per non sentire nell'eco dei miei passi in casa il suono dei suoi. Per non trovarmi davanti alla sua stanza con il desiderio di avere un motivo per bussare.

Negli anni dell'adolescenza già l'amicizia fra noi era sparita. Così diversi da non potere parlare tra noi senza insulti, così simili nel non perdonare mai. Ma la mia ammirazione per lui non si spense mai davvero. Prese la forma di un'invidia lacerante, e per la prima volta provai soddisfazione nel mio ruolo falso di figlio ideale. Un giorno d'estate persi anche questo mentre la porta d'ingresso si chiudeva. Pensai a mio fratello come un debole senza il coraggio delle sue azioni. Pensai a lui come un traditore e per anni -fino a ieri, forse- alimentai il mio odio per lui nella speranza inutile di farlo diventare reale. Spensi i miei tentativi di assomigliargli e fui un bravo figlio per genitori come i miei. Crescendo imparai a nascondere alla mia mente le cose che sentivo, e la paura morì e il freddo divenne abitudine.

Per anni nascosi il ricordo del suo sorriso quando diceva -Regulus, vieni a vedere!- nelle nebbie delle illusioni infantili. E la stanza accanto rimase vuota e silenziosa, e non ci sono più entrato. Il sangue che dividiamo e che mi fa levare fiero la testa divenne solo mio. Scordai mio fratello come un errore mentre vedevo il suo nome sparire nel fuoco dall'arazzo che tante volte ammiravamo da bambini.

Cos'è cambiato? Avrei dovuto nasconderlo meglio, bruciarlo via dalla mia anima, eppure lui è parte di me e il nostro sangue è ancora lo stesso. E, Mio Signore, davvero ieri ti ho tradito. Davvero non potevo uccidere mio fratello. Se lui non fosse mai nato, sarei stato un uomo diverso. Ma dal giorno in cui si chinò per la prima volta sulla mia culla e i suoi occhi toccarono i miei e la sua mano sfiorò la mia guancia, lui fu mio fratello, e nulla può cancellare questa realtà. Domani morirò perchè ho un fratello. Non ci saranno fiori sul mio sentiero verso l'aldilà, nè redenzione. La mia vita non è mai esistita senza di lui, e così sarà per sempre.

Non voglio che lui sappia del piano, e nell'ultima misericordiosa lettera a mia madre inventerò una donna e un amore proibito, per mascherare che se mai io e lei abbiamo avuto qualcosa da spartire nella vita era l'amore per quel suo figlio preferito. Ma lui non saprà che ha rischiato di morire vergognosamente in un giorno di luglio, sotto il peso di una maledizione scagliata alle spalle da suo fratello. Non saprà che accettando la missione ho firmato la mia condanna per cancellare la sua. Avevi ragione, Mio Signore, davvero quel mio fratello è un uomo pericoloso. Davvero ora desidero che la sua mano inconsapevole possa vendicare il suo sangue.

Sirius non saprà, e so che la sua onestà lo condurrà al mio funerale con gli occhi asciutti, e potrò pensarlo così, dritto e fiero tra le vecchie lapidi, in un doveroso ricordo.

Non è stato un errore. Forse tutto il resto lo è stato, ma salvare la sua vita è stata solo giustizia. Domani mi metteranno in una tomba, e so che non avrò paura del buio, perchè Sirius sarà lì.

 

 

 


 

Vorrei ringraziare coloro che hanno commentato Storia di una Madre, in entrambe le pubblicazioni.

Non sono molto brava con queste cose, davvero. Rispetto ai ringraziamenti per l'altra versione che sono nell'introduzione, aggiungo un grazie a Ida59 che mi ha fatto venire un certo nodo nello stomaco con il suo commento. E anche dancer/Briseide che addirittura ha pensato di inserire la storia tra quelle consigliate dal Comitato Consiglio Fanfiction, rischiando seriamente di mandarmi a fuoco la faccia...

Per quanto riguarda questa pubblicazione, invece, ho modo di rispondere in maniera più completa a chi ha commentato senza combinare uno dei miei soliti guai...

Agartha: Il tuo commento era magnifico, lo dico davvero. Grandissimo, perchè in poche parole mi hai davvero fatto capire che questa fanfic aveva raggiunto il suo scopo, e che le sue contraddizioni, volute ma difficili da rendere, hanno saputo suscitare emozioni, contrastanti forse, ma emozioni. Non sai quanto piacere mi faccia, soprattutto vedere come hai letto tra le righe e colto quei mille piccoli sentimenti che avevo nascosto nel mezzo. Ti ringrazio tantissimo, davvero, anche se non so esattamente con che parole dirtelo. Un bacione grande.

Joy: Come sempre le tue parole, qui come nell'altra recensione che non ho dimenticato, mi hanno emozionato davvero tanto; leggi tutto con una poesia che rende impossibile risponderti senza sentirmi banale. Te l'ho già detto, ma sentirti parlare delle cose che scrivo me le fa amare di più, per merito tuo, anche se può sembrare assurdo. Ogni tanto mi chiedo come sia vedere le cose con i tuoi occhi, sai? Essere capace di emozionare con un commento, come fai tu con me... Grazie Joy. Credo che altre parole siano superflue. Grazie. Un bacione gigante.

Chu: Grazie, Chu, davvero. Grazie sorellina, soprattutto per esserti messa nei panni della madre, al punto di aver odiato Sirius pur non potendolo odiare davvero. Hai descritto davvero bene, non banalmente, ma con precisione e cuore, le emozioni che io stessa lego a questa storia, la crudeltà, i sentimenti estremi e la dignità che ho cercato di mettere in ogni riga. Hai colto tutto quello che avevo messo tra le righe con una grandissima sensibilità, e mi hai davvero emozionato usando quella parola, perla, che mi ha fatto luccicare gli occhi pericolosamente. Grazie davvero, sorellina, e un bacione grande con lo schiocco.

Serpedoro: Sta diventando un'abitudine buttare un occhio allo specchio e vedermi di colori improponibili dopo una tua recensione. Un'abitudine molto piacevole. La tua capacità di leggere tra le righe mi sorprende e mi spiazza sempre, anche se ormai dovrei esserci abituata. La forza della madre e il suo amore-odio così contraddittorio, descritte dalle tue parole in un commento, mi hanno fatto innamorare di lei di nuovo, sai? "Una famiglia devastata dall'odio perchè non sapeva comunicare i proprio amore" è una definizione perfetta, al punto che la sento mia davvero, come se l'avessi pensata io.  Ma soprattutto, in questa sede, ancora grazie, grazie del sostegno e di aver capito, dell'incoraggiamento e di tutte quelle faccine estatiche che continuano a sembrarmi spropositate, ma che mi spingono a tirare fuori le cose da cassetto quando penso a cosa c'è dietro... Grazie. Un bacione enorme.

  
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