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Autore: Ely79    03/07/2010    4 recensioni
Harry è Auror e vive a Grimmauld Place con la sua famiglia, ma il palazzo cade a pezzi e le memorie dei Black ingombrano ancora le stanze. Ginny, preoccupata per James e Albus e per la figlioletta in arrivo, decide di rivolgersi a chi può dar loro una mano.
Genere: Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: James Sirius Potter, Nuovo personaggio | Coppie: Harry/Ginny
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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Tavola 7 - Variante in corso d'opera
«Flamula
Fiammelle blu guizzarono in corrispondenza degli agganci della scala, saldandola al muro di spina. Camille si avvicinò a quelli più in basso ed osservò il risultato. Il metallo brunito mandava ancora un lieve baluginio azzurro, segno che l’innesto era riuscito. Si sfregò gli occhi, irritati dai vapori che sprigionava la Pozione Protettiva che aveva applicato sulla struttura. Era un effetto collaterale minimo, sarebbe svanito in pochi minuti.
Sfilò gli occhiali e tornò dal Capomastro, che sedeva dove una volta era esposta l’antica porcellana dei Black. Le tracce del passato Purosangue divenivano via via più insignificanti, al contrario delle proteste di Kreacher, che invece si lagnava ad ogni levar di bacchetta. Insisteva nel dire che quella casa non era più quella di una volta, ed aveva ragione. I vetusti paramenti lasciavano spazio al carattere dei nuovi proprietari, ben diversi dall’antica casata che aveva eretto quelle mura.
«Anche questa è fatta» disse, cercando d’asciugare le lacrime causate dalle esalazioni. «Ora cos’abbiamo in programma? Vediamo…»
Prese gli appunti, facendo scorrere la penna d’aquila lungo una lunga lista di locali completamente rimessi a nuovo,  fronteggiata un altrettanto interminabile elenco di fatture e pozioni poste in atto.
«Gratta-e-netta; Consolidante dopo dieci minuti; Stabilizzante per i gradini. Ed infine, Filtro Luci… James Sirius?»
Con la vista ancora annebbiata, scorse uno strano fagotto informe dove il suo Capomastro era intento a giocare con le pedate in legno e marmo della nuova scala. Averle ridotte alle dimensioni di un cucchiaino da the aveva aperto nuove possibilità d’impiego, prima fra tutte quella delle costruzioni giocattolo. Si era raccomandata col piccolo che non le sbattesse a terra o le mordesse, visto che avevano l’aria di cioccolatini bicolori e lui, diligente, aveva cominciato a disporle una sull’altra per fare una casetta. Da diversi minuti aveva però rallentato il ritmo di posa ed ora scopriva perché: era l’ora del sonnellino pomeridiano ed il bimbo si era allungato sul lenzuolo steso a terra. Rigirava lentamente una delle pedate tra le dita, le palpebre pesanti.
«Oh, no. Non ti addormentare qui!» supplicò l’Archiamaga prendendolo in braccio.
«Ninna» sbadigliò, accoccolandosi contro il suo petto.
«Certo che mi sono scelta proprio un bel Capomastro! Guarda che gli orari di cantiere li decido io, non tu» lo derise, accarezzandogli i capelli.
«Ninna» sbadigliò di nuovo.
Istintivamente, anche Camille sbadigliò. La sua stanchezza la contagiava.
«Accidenti, James Sirius, così non finiremo mai. Cerca di resistere ancora qualche minuto, fammi completare la scala e ti porto di sopra. Proprio oggi tua madre doveva decidere di uscire con le amiche e lasciarti qui?» sospirò.
Da quella posizione poteva vedere l’impalcato metallico della scala torcersi e sparire dietro la parete per ricomparire al primo piano, dove la terza rampa s’inerpicava verso l’alto come un’edera scheletrita.
«Engorgio. Gradino locomotor. Balaustra locomotor. E… com’era? Ah, sì. Assembla unicum totalitatis» mormorò, riscuotendosi da un’improvvisa confusione.
Il grande salone a doppia altezza assomigliava vagamente ad uno stadio di Quidditch durante una partita. Le girava la testa per il vorticare dei predellini che andavano in cerca del loro alloggiamento.
Il corpicino del bambino premeva morbido contro di lei, accorciandole il respiro.
Coraggiosamente, James resisteva alla Fatina della Buonanotte che gli bisbigliava dolci ninne-nanne all’orecchio. Cercava di seguire il volo di quelli che erano stati fino a poco prima i suoi giocattoli, con scarso successo.
«Presto, presto» bisbigliò la donna, gettando occhiate impensierite al materiale che pareva non esaurirsi mai.
Non poteva portare il bambino nella sua cameretta finché tutte gli elementi non fossero andati a posto ed  avesse impartito l’incantesimo di fissaggio.
James sbadigliò di nuovo, rigirandosi fra le sue braccia.
«Ancora un minuto, James Sirius… uno solo»
«Cola miuto» ripeté, sempre più intontito.
Non poteva attendere oltre o avrebbe dovuto bloccare tutto. Due ore di ritardo come minimo. Sarebbe stato impossibile lavorare con il bambino in braccio e non poteva certo farlo dormire per terra: doveva tessere incantesimi molto complessi e di grande potenza, avrebbe rischiato che qualche riverbero lo colpisse. Chiedere aiuto all’elfo di casa era altrettanto impensabile: non essendo la sua padrona, non si sarebbe abbassato a darle retta. Per James Sirius poi, meno ancora.
Odiava doverlo fare, perché sapeva quanto poteva essere pericoloso, ma era l’unica soluzione che le venisse in mente.
«Mediofirmis
La parte di scala terminata ebbe un lieve tremito, mentre i componenti ancora liberi seguitavano a fluttuare in cerca della propria posizione.
Appoggiandosi al muro, Camille prese a salire con cautela verso il secondo piano. Saggiava la stabilità dei gradini ad ogni passo, prima di poggiarvi il piede. Alcuni vibravano, altri cercavano di scivolare via. L’incantesimo non era stabile di per sé, figurarsi in associazione a quelli enunciati in precedenza. Teneva costantemente sotto controllo il compiersi dell’opera ai piani superiori, fermandosi di tanto in tanto per lasciar passare qualche elemento che vagava disorientato. Avrebbe concluso l’opera dal pianerottolo, se l’avesse raggiunto incolume. Sarebbe stato un punto d’osservazione perfetto, perché le avrebbe dato la possibilità d’abbracciare con uno sguardo tutto il sistema di collegamento verticale. Quel pisolino si stava dimostrando molto più utile del previsto.
«E bravo il mio Capomastro» si complimentò.
James non rispose, sprofondato in un sonno beato.
Nel superare il primo piano, Camille diede un’occhiata allo specchio posto nel corridoio. Per un fugace momento, si finse la madre del bambino. Una volta l'aveva fantasticato più spesso. Avrebbe voluto un figlio interessato all’Archimagia fin da piccolo? Un figlio che la imitasse, dimostrando tutta la sua curiosità per quel lavoro, che trovasse divertente infilarsi fra mucchi di materiale da costruzione come in un luna park? Ma soprattutto, desiderava un figlio? Scelse di non darsi una risposta e riprese a salire. Era troppo stanca per fare congetture del genere e poi mancavano pochi scalini alla cameretta.
Una vibrazione percorse la parte nuda della scala, scendendo fino al piano terra. Strano, i montati della balaustra ed i gradini erano guidati dall’incantesimo d’assemblaggio, non avrebbero dovuto urtare da nessuna parte.
«Kreacher?» chiamò.
Nessuno rispose all’appello. La signora Potter aveva detto che ultimamente il loro elfo era piuttosto debole e trascorreva gran parte del tempo nella camera di Regulus a farsi tormentare dal quadro. Forse era inciampato o era stato colpito da un legno. Meglio sincerarsi dell’accaduto: il sangue di elfo era fortemente corrosivo, se avesse intaccato gli ancoraggi della scala l’avrebbe fatta crollare in un baleno.
Aggiustò la presa su James e, con maggior attenzione, imboccò l’altra rampa.
Arrivò fino all’ammezzato che precedeva l’ultimo piano, bloccandosi spaventata. C’era un uomo, intento ad armeggiare con la porta dello studiolo. Le mancò il respiro quando udì scattare la serratura. Aveva sciolto l’Artificium Sigillaria in pochi istanti. Anche la porta della camera di Regulus era stata aperta.
«Chi è lei? Com’è entrato nel mio cantiere?» chiese, puntando la bacchetta con mano malferma.
Tutt’altro che spaventato, l’intruso si girò. Aveva una faccia torva, per nulla rassicurante, e portava un grosso borsello di pelle alla cintura, dal quale provenivano gemiti soffocati. Grilli Apriporta, attrezzatura da scassinatori, da ladri. Un brivido la percorse.
«La domanda è come farai ad uscire tu» ribatté Dimitri Miles, con un ghigno.
Arretrò d’un passo, tenendolo sotto tiro e parlando a bassa voce per non svegliare il pargolo, che continuava a dormire abbracciato a lei.
«Questa casa è piena di incantesimi di richiamo, gli Auror saranno qui…»
«Se non sono ancora arrivati, nessuna segnalazione magica è apparsa nei loro uffici. Hai tolto tutte le protezioni, dovrei ringraziarti del favore» rispose, dando un calcio ad un pilastrino che volteggiava a mezz’aria.
Camille trasecolò. Improvvisa e violentissima, la certezza di non aver riattivato alcuna fattura di sicurezza la colpì. Senza quelle barriere, chiunque avrebbe avuto libero accesso, persino un Babbano. Quel malvivente l’aveva tenuta d’occhio, sfruttando il suo errore. Era la cosa più stupida che avesse mai fatto.
Strinse la mano sull’impugnatura della bacchetta.
«Non ti permetterò di saccheggiare questa casa» ma Miles non stava ascoltando.
Fissava il bambino con un’ombra cattiva dipinta sul volto.
«È il figlio di Potter, quello?»
Senza riflettere, Camille strinse a sé James e si mise in guardia.

***

Gli Auror rientrarono trionfanti al Ministero. Zuppi fino al midollo, ma trionfanti. L’acquazzone scatenatosi sull’Isola di Man non aveva impedito loro di stroncare definitivamente il traffico illegale di creature magiche. Un intero branco di unicorni era stato salvato da un gruppo di lestofanti, che non stavano sicuramente cercando animaletti da compagnia.
«Ehi, Harry! Succedono tutte a te e non mi dici niente?» esclamò ilare Kingsley, allungandogli un bicchiere.
Il Ministro si era presentato negli uffici della Polizia Magica con una consistente scorta di beveraggi, per unirsi ai festeggiamenti. Era il più grosso colpo inferto alla criminalità da almeno tre anni a quella parte.
«Dirti? Merlino… Ginny!» strillò, scansando la bottiglia per gettarsi nella Metropolvere e raggiungere la moglie.
Il termine della gravidanza era fissato di lì a venti giorni, ma poteva essere accaduto come con Albus, che aveva anticipato di una settimana. Ma davvero Lily voleva nascere con tanto anticipo? E chi c’era con Ginevra? Chi l’aveva portata al San Mungo? Perché lui non era al suo fianco?
Il Ministro lo accalappiò per la mantella appena in tempo, allontanandolo dal camino. Preso dall’ottimo risultato non aveva soppesato a dovere le parole.
«Ginny sta benone a quanto ne so. È con Annie ed Hermione a Diagon Alley, a far compere per i bambini. L’unica cosa a non star bene saranno i nostri conti alla Gringott»
Potter si appoggiò all’amico, tirando un sospiro di sollievo.
«Parlavo di questo. Ora ti metti a fare il Cupido?» e gli mise sotto al naso l’ultimo numero della Gazzetta del Profeta.
Nelle pagine di cronaca rosa campeggiavano alcune fotografie della Goldstein in compagnia di Ernie Macmillan. Passeggiavano per Piccadilly Circus, ridevano, lui le apriva la porta di un locale dove li si vedeva pranzare seduti l’uno accanto all’altra. In una si abbracciavano. Scorse rapidamente l’articolo. Pareva che i due, pur conoscendosi da tempo, avessero chiarito solo di recente i reciproci sentimenti. L’autrice attribuiva lo sbocciare della relazione alla lontananza causata dalle opere che la Goldstein stava eseguendo a casa sua. Erano stati avvistati nel week-end presso fioristi e negozi specializzati in allestimenti nuziali, dove avevano fatto sfoggio della grande complicità che li univa. Nonostante entrambi fossero molto presi dai rispettivi lavori (Macmillan era volato oltremanica per affari la sera stessa), indiscrezioni li volevano all’altare in settembre.

E così, uno dei più ambiti scapoli d’Inghilterra si è lasciato circondare dalle solide mura dell’amore.

concludeva romanticamente la giornalista.
Cercò Francis. Temeva la sua reazione al titolo: “Macmillan. Le immagini della futura sposa”. Lo trovò che sghignazzava in compagnia di alcuni colleghi. Era ancora abbastanza sobrio.
«Ehi, capo! Dov’eri? Whisky o champagne? Nigel dice che mischiati non sono male… a me fanno schifo» e gli allungò un bicchiere dall’aria sospetta.
«Vieni con me»
«Ma… la festa?» protestò.
«Vieni!» ordinò.
Lo trascinò nell’ufficio, chiudendolo ed oscurandolo. Meglio lo sapesse da lui, in un posto tranquillo dove poteva sfogarsi, che in mezzo a dei colleghi su di giri.
Lo fece sedere e gli porse la Gazzetta. L’Auror scrutò le pagine strizzando gli occhi per qualche istante, per via dell’alcol. Appena mise a fuoco il servizio, la sua espressione mutò. L’allegria trascolorò nella confusione e di seguito nello sconforto. Non si capacitava di quel che leggeva, guizzava ansioso tra le colonne e le foto. Camille aveva un altro ed era una cosa seria. Fin troppo.
Chiuse gli occhi, mordendosi le labbra nel tentativo di scacciare dalla mente quanto aveva letto, quasi si trattasse di un incubo. Quante volte avevano fantasticato del loro matrimonio, là, nell’appartamento di Dublino, con lo stomaco che protestava? Milioni. Ed ora doveva assistere impotente al realizzarsi di quel sogno. Un sogno di cui non faceva parte.
Sentendo il dovere di dargli una speranza, Harry gli pose una mano sulla spalla.
«È della Skeeter, non so quanto ci sia di vero. È assurdo che qualcuno creda ancora a quello che scrive. Per esperienza ti direi di non tenerne conto, sono certamente un mucchio di fesserie che s’è inventata come al solito e…»
Francis ripiegò le pagine, tranquillo, quasi avesse appena terminato i reportage più noiosi. L’accenno di sbornia era evaporato di colpo, concentrandosi in un fastidioso groppo che premeva in gola.
«Tutto bene?»
Era una domanda assolutamente fuori luogo, se ne rendeva conto.
«Mmmsì, direi di sì» fece lui, incrociando le braccia dietro la testa. «Accidenti, capo. Questa non me l’aspettavo proprio. Un Bolide nelle palle fa meno male. Mai provato?»
«No»
«Fortunato»
Gli occorsero alcuni profondi respiri per rimettere in sesto i pensieri e ricacciare indietro le lacrime che minacciavano di tracimare senza controllo. Da quando era diventato un sentimentale? Non aveva pianto quando si erano lasciati. Piangere per una donna. Roba da romanzetti.
«Vuoi stare un po’ da solo? Dico agli altri che sei in bagno o che sei uscito a prendere aria»
L’uomo premette i palmi sul viso, inspirando con calma un’ultima volta.
«No, vengo di là»
«Francis, posso immaginare quanto sia dura»
«Non puoi, Harry. Tua moglie capirebbe, non tu»
La voce era graffiata dall’avvilimento, ma cordiale.
«L’ho vista con altri» tenne a precisare.
«Tu le sei stato portato via dalla caccia a Voldemort, sapeva che avresti potuto non tornare. Era preparata a perderti. Quelli che stavano con lei invece non te l’hanno tolta per sempre, non l’hanno sposata» osservò alzandosi, diretto alla porta. «Senti, ti ringrazio per avermelo fatto vedere qui. Con Dave in giro chissà cosa sarebbe successo. Avrebbe capito al volo e tanti saluti al mio orgoglio ed alla mia dignità di Auror»
Cercò di persuaderlo a sedere di nuovo, a prendersi del tempo, ma non volle sentir ragioni. Per quanto si mostrasse sereno e rassegnato, la sua sofferenza era lampante.
«Cam è riuscita a fare quel che non sono riuscito a fare io. Ha superato la cosa, si è rifatta una vita. Ha trovato la persona giusta. È il mio turno adesso. Forse, continuando a fare l’idiota, ho solo rimandato l’inevitabile e la mia dolce metà mi sta ancora aspettando»
Le iridi verdi lo squadravano sospettose.
«Non parli sul serio» sentenziò Harry aprendo la porta.
«No, per niente» ammise sbuffando, appoggiandosi allo stipite. «Merlino, Macmillan… ha pure un anno meno di lei! S’è buttata sui bambinetti, astuta. Cercava la bacchetta della vecchiaia. Oh, scusa capo. Tu e quello siete dello stesso anno. Però tu sei l’Eroe di Hogwarts, c’è una bella differenza. Cliodna, vorrei buttarmi sotto un Gigante che fa tip-tap, magari passerebbe tutto. Ma anche affogare nel whisky potrebbe andare. Il Ministro ne ha portato parecchio. Che dici, capo? Non possiamo mancare di rispetto all’ospite»
Vederlo recuperare un po’ della solita goliardia fece ben sperare Potter, che sorrise spingendolo fuori dell’ufficio.
«Che non diventi un’abitudine» lo ammonì bonariamente.
Anche se la risata che udì sapeva di forzato, non aggiunse altro.
«Padrone!» gracchiò una voce esausta nel corridoio.
«Kreacher! Che fai qui? È successo qualcosa?»
L’elfo barcollò verso di loro, sfinito e pesto.
«P-padron Harry… la casa… la signora…» balbettò, prima di crollare a terra.

***

Era occorsa un’ora per rimettere in sesto il povero elfo. Harry non ricordava d’averlo visto tanto malconcio, persino dopo la Battaglia di Hogwarts. Kreacher era venuto ad avvertirlo: un mago sconosciuto era entrato in casa ed aveva fatto del male all’Archimaga ed al padroncino. Lui aveva cercato di respingerlo, ma quello l’aveva colpito ed era fuggito. Aveva tentato d’inseguirlo, perché aveva portato via delle cose dalla stanza di Padron Regulus e non poteva permettere che finissero in mani altrui.
«Kreacher è tanto stanco, Padron Harry. Kreacher non è riuscito a punire il mago cattivo. Padron Regulus sarà molto arrabbiato» aveva pianto il poveretto, mortificato come non mai.
Aveva impiegato quasi un quarto d’ora a convincere Francis ad accompagnarlo. L’idea di rivedere Camille e rischiare nuovamente le sue ire, ora che sapeva di non poterla più riconquistare, gli faceva troppo male. Harry, suo malgrado, si era visto costretto a minacciarlo.
«O mi segui o ti faccio rapporto!»
Aveva assolutamente bisogno del suo aiuto: Francis conosceva gli incantesimi base dell’Archimagia e sicuramente ce n’erano decine sparsi per casa. Avrebbe dovuto neutralizzarli se si fossero rivelati d’intralcio ai soccorsi.
«Chi pensi fosse?»
«Miles» rispose Harry, spalancando la porta.
Ne era certo. Ai secondini che aveva sopraffatto nella fuga aveva gridato che si sarebbe vendicato del Sopravvissuto. Non serviva un genio per capire.
Entrarono circospetti. Il salone era ingombro di pezzi di marmo e schegge di legno, come se qualcosa fosse crollato. Alcuni montanti volteggiavano senza posa, sbattendo contro le pareti. Un silenzio denso e pesante era calato su ogni cosa.
«Aspetta» lo bloccò Lawson, quando furono davanti alla scala.
L’Auror diede una leggera spinta al gradino che si mosse, strusciando rumorosamente sul ferro.
«Aeroimmobilis»
«A che serve?» chiese Harry mentre salivano.
«Stabilizza ponteggi e muri prima degli interventi. Non capisco perché non l’abbia usato. È talmente ovvio»
Trovarono Camille riversa a terra, davanti alle camerette dei bambini. I segni della lotta erano evidenti sui muri e nei gradini mancanti. La bacchetta della strega era stata scagliata lontano, forse da un Expelliarmus. Teneva James stretto fra le braccia. Il piccolo dormiva raggomitolato contro il suo seno, i pugni vicini al viso, ignaro dell’accaduto. Con molta attenzione, Harry liberò il figlio dall’abbraccio salvifico, tirando un sospiro di sollievo. Non aveva un graffio.
Francis riuscì per miracolo a mantenere il sangue freddo. Si allungò, prendendola fra le braccia ed esaminando i segni che portava.
«Camille? Camille, svegliati! Guardami!» chiamò dandole leggeri schiaffi sul viso. «No, no… Guarda qui, Harry. Fratture alla mano e al braccio, lividi, ha un taglio sulla tempia… forse anche la gamba rotta… Camille! Camille, rispondimi!» ma ai suoi richiami non seguì replica.
«Ha difeso entrambi fino a venir disarmata e colpita» disse Potter indicando il segno di uno Schiatesimo sulla felpa che indossava. «Colpita alla schiena, stava fuggendo»
Lawson tacque. Teneva stretta l’Archimaga, maledicendo chi le aveva fatto del male e chi non l’aveva difesa. Poco importava se quel compito spettava a lui o a Macmillan: nessuno dei due si era trovato al suo fianco nel momento del bisogno. Ecco perché non meritava più l’amore di Camille.
«Papà, ninna» piagnucolò James, fissando stupito il genitore.
Quando si svegliava suo padre non era mai lì, c’era la mamma. Harry lo scostò un poco, osservandolo con apprensione.
«Jamie! Jamie, stai bene?»
«Ninna io» sbadigliò il bimbo, stropicciandosi gli occhi.
La lamentela fece fare una capriola al cuore dell’uomo. Lo abbracciò, tastando le gambe e la schiena in cerca delle ultime conferme. Lui rise, gli faceva il solletico. Ma quando si mise seduto sulla sua gamba e si guardò intorno, le risate svanirono. Vicino alla sua amica c’era la persona che l’aveva fatta arrabbiare tanto, che l’aveva fatta andare via. Non l’aveva dimenticato.
«Laccia! Ttega è mia! Butto Toll! Via! Via!» pigolò, agitando le braccia nel tentativo di colpire Francis.
«Jamie, smettila» lo sgridò Harry
«Butto! Mia! Mia ttega!»
«James!» chiamò, in un tono che non ammetteva repliche. «La strega sta male. Francis vuole solo aiutarla»
Gli occhi assonnati del piccolo si posarono sul volto pallido della donna. In qualche modo sembrò capire.
«Tammale? Mette ci-ci?» chiese, posando la manina sulla fronte.
Indicava il panno bagnato che sua madre gli posava sul capo quando aveva la febbre.
«Sì, deve mettere il ci-ci» confermò il padre, prima di rivolgersi al collega: «Portala al San Mungo, sbrigati»
L’Auror tentennò qualche secondo, prima di sollevare il corpo e Smaterializzarsi.
«No! No! Mia ttega! Mia!» gridò il bambino, tendendo le manine verso il punto in cui i due erano scomparsi.
«Basta piangere, Jamie. Andrà tutto bene» cercò di rassicurarlo.
Da sotto giunse una voce concitata: Ginny era stata avvisata dell’accaduto ed era tornata di corsa a casa. Harry scese col piccino che piangeva disperato contro la sua spalla. La moglie gli andò incontro, stanca e spaventata. La famiglia si strinse in un abbraccio liberatorio, da tempo non provavano una simile angoscia. La paura era una bestia terrificante per i coniugi Potter.
Albus, sentendo il fratello piangere, si unì al coro dei singhiozzi. Ginevra lasciò il secondogenito al marito, prendendo in braccio James per calmarlo. Il pensiero del bimbo era però uno solo, e seguitava a ripeterlo fra le lacrime:
«Mamma, io vojo ttega!»


In primis, come sempre i ringraziamenti ai lettori e il benvenuto a Emily Doyle, Potterina_88_ e PrincessMarauders.
Aspetto come sempre che mi facciate sapere i vostri pareri.
Per Foolfetta: in realtà il problema con cui si scontravano Francis e Camille durante la guerra era la diffidenza verso due che apparivano fuggiaschi e non tanto la questione dell’essere o meno Purosangue. Insomma, due così o erano inseguiti o inseguitori! Comunque portatori di guai per chi li avesse avuti vicini.
Per Circe: questa coppia ha certamente avuto una vita difficile, non c’è che dire. Sono stata cattiva.^^
   
 
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