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Autore: Opalix    15/09/2005    5 recensioni
“La memoria è la parte più nobile dell’essere umano. Senza memoria non c’è identità e non c’è nemmeno alcuna coscienza di esistere.”
V.M.Manfredi
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sorpresa
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da V libro alternativo
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PARTE I

CAPITOLO 1: SOME KIND OF MONSTER

Chi ero non ha più nessuna importanza…

Cosa mi aspetta nel futuro ne ha ancora meno, poiché posso affermarlo con certezza assoluta: dannazione eterna… null’altro.

Chi sono io? Chi sono adesso?
Questa è la domanda che grido nel vento stanotte, mentre la mia vita scivola sulle acque stagnanti di un fiume senza senso e direzione… senza nessun possibile approdo al mondo reale.
Sono un animale ferito, che si dibatte nella sua gabbia galleggiante nel nulla… una bestia incatenata, dormiente, che si risveglia solo quando le viene ordinato di uccidere; sono un essere che si nutre solo della propria, incomprensibile, crudeltà e non ha quasi più nulla di umano…
Io sono colei-che-non-ricorda, è così che sono stata chiamata a volte… colei che non ricorda più il suo passato, non può ricordare che forma ha un sorriso, nè cosa significa davvero vivere…

Mi chiamano Sonja, ma è un nome che ho scelto io, un nome dolce e innocente, per una donna che non può sapere neppure come si pronuncia la parola “innocenza”.
Vivo a Mosca ora, ma non ho sempre vissuto qui… nella mia mente conservo confuse immagini di colline verdeggianti, nebbia dolce e fresca pioggia in primavera… sono paesaggi che talvolta mi appaiono nei sogni.
Conosco il russo alla perfezione, certo, ma so che la mia anima, se ancora può esistere qualcosa di vagamente simile all’anima dentro di me, sobbalza quando sento i suoni stranieri della lingua inglese.
Il russo non è la mia lingua, la Russia non è la mia patria… e Sonja non è il mio nome: queste sono le poche, squallide, certezze del mio presente.

Non credo di poter fuggire da questa gabbia dorata, ma non posso dirlo con certezza, perché in realtà non ricordo di aver mai provato. Mi accontento di uscire ogni tanto, senza che mi sfiori mai la tentazione di non fare ritorno. Mi accontento di brevi cavalcate fuori città o di guardare il mondo seduta sul davanzale di una finestra dalla quale si vede tutta Mosca, si vedono i babbani che la abitano, si vede la vita che va avanti, giorno dopo giorno, scivola tranquilla sotto i miei occhi, lasciandomi immutata…
Non so quanti anni ho. Non ricordo di essere mai stata bambina o adolescente, e non vedo segni sul mio viso, mattino dopo mattino…
…un essere che non ricorda e non invecchia, per il quale il tempo non passa mai… un essere che non sa contare il trascorrere dei giorni… fortunatamente.

Nel mio passato più recente c’è soltanto morte, che io ho provveduto a procurare, e torture indicibili, che ho subito sulla mia pelle… fino quasi ad esserne sopraffatta. Ma la tortura non mi ha mai ucciso. Forse perché in realtà non posso morire, non sono un essere umano: sono un parassita che prolifera nella sofferenza… e si rafforza, tanto che ora anche il tempo e la morte stessa lo evitano.

Un’altra delle pochissime consapevolezze del mio presente è quella di essere una strega potente; e so anche che il mio potere deriva, almeno in parte, dalla sofferenza che mi è stata inflitta. Forse è stato risvegliato da essa… o forse è stato solamente allenato. Non mi interessa, veramente, in fondo… nulla di concreto importa davvero… è affascinante come tutto possa sparire se non può essere collegato a nessun ricordo o evento, come quando si fissa una fiamma tanto intensamente… dopo un po’ esiste solo il dolore bruciante agli occhi, tutto è annebbiato, non ha importanza.
Ma sono certa che LUI sapeva esattamente cosa stava facendo quando, torturandomi, mi portava a diventare ciò che sono.
LUI è il vero mistero.

Tutto ciò che so del mio rapporto con LUI, è che lo odio. Profondamente. Ma, in un modo assurdo e disperato, dipendo da lui. Il resto è nebbia, non riesco a vederlo… è sepolto nei meandri della memoria che ho perduto.
So che siamo legati, in qualche modo, e che il bracciale che porto è il simbolo… o la causa… del nostro legame. LUI ne ha uno identico: un serpente che si morde la coda, scolpito nell’ametista più pura, con gli occhi di cristalli luminosi, scintillanti di crudeltà. È assurdo quanto anche una pietra possa apparire malvagia… chi ha detto che le pietre non hanno vita?
So che prendo ordini da lui… ma anche questo concetto mi è estraneo: prendere ordini. In realtà non ho mai fatto nulla contro la mia volontà, io non ho nessuna volontà in proposito… ciò che mi chiede mi è completamente indifferente.
So che mi tiene rinchiusa, come un’arma pericolosa, da liberare solo quando la situazione lo richiede. So il suo nome, quello che pronunciano i suoi servi. Ma non so chi sia lui veramente… o cosa sia. Anche la sua umanità non mi appare poi così scontata: è vecchio, incredibilmente vecchio…
Ho visto persone cadere, uccise all’istante, per essersi rifiutate di piegare un ginocchio davanti a lui… io non ho mai abbassato nemmeno lo sguardo.
Ho udito persone chiamarlo “Signore”, o “Lord”, e mostrargli il rispetto che si deve a… un imperatore, forse. Per quanto mi riguarda, ciò che potrà ottenere da me sarà sempre… e soltanto… disprezzo.
Ma io non sono mai stata punita.
Chi sono io?
Chi sono per potermi permettere un simile affronto senza essere uccisa?
Chi sono perché lui tenga questo bracciale al mio polso… e queste catene alla mia anima?

Ci sono incantesimi su di me. Mi avvolgono, così strettamente da sentirmi quasi soffocare… eppure non so descrivere in termini sensati ciò che provo. Percepisco questa magia, densa come un bagno di melma viscida e tiepida, ma riesco ad avvertirla chiaramente solo nel momento in cui si indebolisce… forse perché lui si indebolisce, in realtà, lui… il tessitore dell’incantesimo. In quei momenti mi sembra di poter riafferrare immagini: luoghi, persone… o voci. Ma i visi che intravedo rimangono sfumati e i loro contorni nebbiosi. Perché… perché nessuna risposta è concessa alle mie domande?! Perché nessun sollievo è concesso alla mia anima irrequieta… perché!

Chi sono? Da dove vengo?
È davvero LUI che mi costringe a non ricordare?

Ci sono tante cose che non conosco… Chissà, forse un tempo mi erano familiari… quando? Non lo so: anche la percezione dello scorrere del tempo è alterata nella mia mente. A volte mi pare di essere qui da sempre, altre volte mi perdo, confusa, in questi lunghi e bui corridoi… come una libellula impazzita, intrappolata in un labirinto senza uscita.
Ci sono sensazioni a cui non so più dare un nome… e nomi che non collego a nessun concetto: non so cosa siano i desideri, non so cosa sia l’affetto o cosa sia l’amore. Ne sento parlare, a volte. LUI ne parla: dice spesso che mi ama…
Ma quello non è amore. Lo sento con sicurezza, lo sento grazie a qualcosa dentro di me, proveniente forse dalle radici della mia esistenza… quello stesso qualcosa che mi fa affermare senza alcun dubbio che ciò che provo per lui è puro ODIO.

So che devo obbedirgli.
So che non posso lasciarlo.
Ma lo odio.

“Buia nel buio scivola ininterrottamente la barca, alla deriva per l’infernal fiumana.
Ombra le ombre chiama, da abisso ad abisso orribile, precipite alla morte e antipodo del sogno.”
Hal Summers

   
 
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