Storie originali > Soprannaturale > Angeli e Demoni
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Autore: Maharet    04/07/2010    4 recensioni
Ginevra è una ragazza come tante. Forse più bella, forse più sola delle altre. Ma la sua vita in fondo è normale. Finché non incrocia due occhi verde muschio che la cambieranno per sempre. 'Lanciò uno sguardo disinteressato a sorvolare le nostre teste. Poi i suoi occhi si posarono su Ginevra, e non si mossero di lì. Non che fosse una grossa sorpresa, in realtà. Tra di noi lei spiccava come un raggio di sole in una mattinata uggiosa. Ma quello che forse solo io notai, con immenso stupore, fu che Ginevra ricambiava lo sguardo. Voltai appena la testa e la trovai come paralizzata, gli occhi sgranati e la bocca socchiusa in un leggero ansito. E capii che qualcosa era passata tra quei due.'
Genere: Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo pubblicato al volo, solo per non farvi aspettare un'altra settimana... Vi adoro, dalla prima all'ultima.

Un bacio particolare alla mia adorata AliceCullen93, ricomparsa dall'oblio :)

ATTENZIONE: il prossimo capitolo sarà probabilmente l'ultimo...

 

Rafael non se lo fece ripetere una seconda volta. Con un balzo raggiunse la scaletta antincendio che avevano usato per salire fin lassù e sparì oltre il parapetto. Solo tanti anni di ferreo autocontrollo gli impedirono di imitare Ginevra nel suo folle volo, pur di raggiungerla più in fretta. Si costrinse a scendere un gradino alla volta, il più velocemente possibile, senza staccare gli occhi dai mattoni rossi della facciata. Non poteva voltarsi per osservarla, o si sarebbe certamente buttato. Dopo un tempo che a lui parve infinito poggiò finalmente le suole degli stivali sull'asfalto ruvido, un'ansia crescente che dilagava in ogni angolo della sua mente. Chiuse gli occhi per un istante, poi si girò.

Lei era lì, riversa su un fianco, affondata in una pozza di sangue vermiglio. Il braccio destro era piegato in una posizione anomala, certamente rotto, e il viso recava profonde abrasioni dovute all'impatto con il suolo. Nonostante tutto a lui parve bella come non mai, di una bellezza sofferente che gli fece male al cuore. Teneva gli occhi chiusi, ma l'occhio esperto del Guardiano notò il lento sollevarsi ed abbassarsi del petto attraverso la canotta strappata. Si avvicinò lentamente, con una sensazione di nausea che saliva via via ad ogni passo. Si inginocchiò al suo fianco e dolcemente le scostò i capelli incrostati di sangue dal viso.

A quel contatto improvviso lei spalancò gli occhi, mentre il respiro accelerava bruscamente, strappandole un gemito di dolore. Poi il suo sguardo azzurro si offuscò di lacrime nel riconoscerlo, e lei allungò una mano diafana a sfiorargli il viso in una carezza timida, che parve costarle uno sforzo disumano. Rafael lo vide dalla smorfia di dolore che le deformò per un istante il viso. Doveva avere più di una costola rotta. A dire il vero era un miracolo che fosse ancora viva, dopo una caduta del genere.

  • Il Distruttore?

La voce della sua protetta era debole ed affannata. Il sollievo nel rivederlo pareva essere durato appena un battito di ciglia, poi la paura si era riaffacciata nei suoi occhi color del cielo.

  • E' morto. Non aver paura piccola, ci sono io con te...

  • Ho freddo...

Senza una parola Rafael si chinò su di lei, e la sollevò tra le braccia. Era la prima volta, e si stupì di quanto fosse leggera. Lei con un sospiro esausto si abbandonò sul suo petto, quasi priva di conoscenza a causa del dolore e del sangue che aveva perso. Trovò appena la forza di stringere tra le dita la sua maglietta, prima di affondarvici il viso.

  • Ti porto a casa amore... Andrà tutto bene...

Sussurrò quelle parole di consolazione soprattutto a sé stesso. Lei non poteva più sentirlo, ormai sprofondata nell'abisso nebuloso dell'incoscienza.

 

Corse sotto la pioggia battente con quel corpo riverso tra le braccia, incurante degli sguardi curiosi e vagamente inquisitori dei passanti. Fortunatamente i corti capelli neri della ragazza celavano almeno in parte le abrasioni che deturpavano il suo bel viso, altrimenti qualcuno avrebbe certamente provato a fermarlo. O forse no. Aveva appurato più di una volta che erano davvero rare le persone propense ad interessarsi di ciò che accadeva loro intorno, a meno che non li riguardasse direttamente. Rafael poteva sentire il battito del cuore di Ginevra attraverso la maglietta bagnata, un battito che si faceva più lento ed irregolare di minuto in minuto. Si augurò che l'oblio le impedisse di avvertire le scosse che la corsa forsennata stava imponendo a quel povero corpo martoriato. Ma non poteva permettersi di perdere nemmeno un istante, non in quella fase così critica. Sarebbero stati un facile bersaglio per qualsiasi demone maggiore, e il ragazzo sapeva bene che il sangue della sua protetta, che scorreva copioso ad impregnare i vestiti di entrambi, in quel frangente aveva per loro l'odore del nettare più dolce. Corse senza curarsi, per una volta, di nascondere al mondo di cosa fosse in grado un corpo immortale, privo delle limitazioni umane. Nulla contava, in quel momento, tranne la ragazza che stava lentamente morendo tra le sue braccia. L'unica che, lo sapeva, avrebbe amato per il resto dell'eternità.

 

Aprì la porta con violenza, mandandola a sbattere contro il muro retrostante e richiudendosela alle spalle con un calcio. Ginevra stava cominciando ad agitarsi, mentre deboli mugolii di dolore sfuggivano a tratti a quelle labbra tumefatte, che solo poche ore prima gli avevano donato uno scampolo di paradiso.

L'adagiò sul letto senza curarsi neppure di scostare il copriletto damascato. Sulla stoffa color panna si allargò subito una larga macchia scarlatta. Con mano tremante le scostò i capelli dal viso, soffermandosi in una incerta carezza. Era terrorizzato all'idea di farle del male, ma non riusciva ad impedirsi di accarezzarla dolcemente, come a volersi imprimere nella mente ogni millimetro di quel volto che da mesi popolava i suoi sogni.

  • Gin...

Non era sicuro che fosse una buona idea svegliarla, ma il bisogno di dirglielo era troppo forte. Se qualcosa fosse andato storto, e lei non si fosse più svegliata, non si sarebbe mai perdonato di averla lasciata andare senza sapere la verità. La ragazza aprì lentamente gli occhi, due enormi pozze d'acqua cupa. Quando lo sguardo spento si fissò su di lui un debole sorriso accarezzò per un istante le sue labbra. Ma persino quel minimo movimento parve causarle dolore, perché anche quella pallida ombra dei sorrisi meravigliosi che gli riservava di solito svanì in un istante.

  • Rafael...

Avvicinò le labbra al suo orecchio, sussurrando due piccole parole che non aveva mai detto a nessun'altra, perché nessuna era mai stata in grado di fargli provare quello che provava quando era con lei. La vide sgranare gli occhi, stupita. Poi fece qualcosa che non avrebbe mai dimenticato, neppure se fosse vissuto altri mille anni. Volse il viso verso di lui e posò sulle sue labbra fredde un bacio leggero come un alito di vento. Rafael sentì in bocca il sapore del sangue misto a qualcos'altro, un gusto aspro e salato. Lacrime. Ginevra stava piangendo. Ma non c'era tristezza nei suoi occhi, non c'era disperazione.

  • Ti giurò che tornerò da te... e se non avrai il coraggio di ripeterlo ti prenderò a calci da qui all'Arkansas!

Rafael sorrise suo malgrado, nonostante la morsa gelida che gli attanagliava le viscere. Eccola, la sua piccola combattente. Così forte e allo stesso tempo così fragile, incapace di credere che quella breve frase lui sarebbe disposto a ripeterla all'infinito. Perché finalmente ha trovato qualcosa per cui valga la pena vivere per sempre.

 

Con un'ultima carezza trovò la forza di strapparsi a quel corpo che lo attraeva più di una calamita. Non poteva permettersi di perdere il controllo, non ora che il momento si avvicinava di minuto in minuto. Poteva sentire la vita che la abbandonava poco a poco, scorrendo via da lei insieme al sangue che ormai impregnava le lenzuola. Stavolta non sarebbero bastate un paio di banconote a nascondere quel macello. Ma se... quando lei fosse tornata avrebbero trovato il modo di sparire senza dover affrontare troppe domande. Magari Gabe avrebbe mandato una delle sue squadre a ripulire quel disastro.

Come se il pensiero di Rafael l'avesse evocato il cellulare cominciò a ronzare insistentemente nella tasca posteriore dei jeans sdruciti. Il ragazzo rispose con foga:

  • Monique!

  • Rafael che è successo? Simon ci ha chiamati sconvolto... Lei come sta?

  • E' il momento Monique...

Dall'altro capo del filo, silenzio. Poi un sospiro.

  • Allora non possiamo aiutarti, conosci le regole... In questo frangente sei solo...

Si accasciò sul letto accanto a lei, portandosi una mano al viso. Il panico stava iniziando a crescere. Non andava per niente bene.

  • Non so cosa fare... Cristo Monique, non puoi capire...

Una breve risata, dall'altra parte, ebbe l'effetto di una doccia fredda.

- Capisco benissimo Rafael... ricordati che anche Gabe è stato un mio Prescelto, tanti anni fa...

Si diede mentalmente dello stupido. Come ogni creatura innamorata, era convinto di essere il primo a soffrire per amore.

  • Cosa posso fare?

  • Stalle vicino tesoro. Non puoi fare altro per lei.

Chiuse la comunicazione e lanciò lontano il cellulare, lasciandosi cadere pesantemente sul letto. Si trovò così a fissare quel volto pallido, solcato da lividi violacei. Aveva gli occhi chiusi, le palpebre serrate e tremanti. Con delicatezza la sollevò per le spalle, portandola tra le sue braccia e lasciando che si adagiasse sul suo petto. La ragazza si strinse a lui con un mugolio di soddisfazione che lo fece sorridere brevemente. Rafael portò un braccio dietro la testa, mentre con la mano libera accarezzava dolcemente i capelli di lei.

  • Sono qui Gin... Non ti lascio...

Con uno spasmo improvviso Ginevra strinse la maglietta del compagno, poi le sue dita lentamente lasciarono la presa, mentre la mano scivolava inerte sulle lenzuola candide. Rafael sentì distintamente quell'ultimo respiro strozzato, e poi fu il silenzio. E cominciò l'agonia.

   
 
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