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Autore: Bitter_sweet    04/07/2010    3 recensioni
Una notte che dura in eterno. Una notte che dura più di quanto il dio del tempo possa dare a nessun altro.
Semplicemente come potrebbe essere andata.
Un incontro fortuito avvenuto qualche anno prima di tutto quello raccontato in One Piece da Oda-sensei.
Genere: Generale, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nami, Roronoa Zoro
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Notte seconda

Allora, dopo un mese, più o meno, aggiorno. Di certo sto capitolo è completamente diverso da quello pubblicato nella prima versione, ma mi piace di più anche se sembra non portare a nulla di concreto.

 

A parte questo:

 

RoloChan105:            sì, sono io XD Rolo gentilmente, continua a fracassarmi i maroni così almeno  continuo a scrivere. ;)

 

Nami19:          Eccolo qua il nuovo capitolo, sperando possa piacerti pure questo.

 

Lucy94:           Sì, tento di rimanere OC, forse è anche per questo che la prima versione di questa ff l’ho cancellata. Rispettava poco i caratteri. Di certo un’infanzia l’hanno avuta entrambi, anche se su Nami sappiamo qualcosa di più, su Zoro, diciamo che improvviso un pochino, anche perché non ho idea di cosa facesse, oltre a farsi battere da Kuina XD

 

Selina R84:     Come detto sopra, improvviso per l’infanzia di Zoro ;) per il resto lieta che sia di gradimento.

 

Tsukichan:      Io Oda? O___O Ma dai, paragonarmi al sensei, voi siete tutte matte >/////<

 

 

 

 

 

 

 

Le notti bianche

 
 

…O era stato forse egli creato
Per essere seppure un solo istante
Al tuo cuore legato?
 
(I. Turgenev)

 
 

Notte Seconda

 

Piovve. Per i giorni a seguire quello strano incontro il cielo riversò acqua, sembrava quasi che volesse sommergere tutto, terre, mari, case e persone complete. Si può dire che venne giù il cielo.

Me ne rimasi rintanata nella misera camera che avevo preso in affitto. Di certo il calduccio al suo interno attirava, più del gelido pungente esterno. La pioggia era un deterrente. Mettere il naso all’esterno era l’ultima cosa che volevo fare, non almeno dopo la fortunata fuga avvenuta solo qualche notte prima. Preferivo aspettare qualche giorno prima di farmi rivedere in giro.

Fu al quarto giorno che riuscì ad uscire dalla mia stanza. O per meglio dire fu durante la notte del quarto giorno che uscì di nuovo in strada.

La paura di rincontrare quei maldestri pirati era svanita. Una conversazione ascoltata per sbaglio mi aveva rassicurato completamente. Avevano preso il largo il giorno successivo al furto, andando a profilare come scusa, per i pochi spiccioli rubati, ad una ragazzina troppo svelta di mano.

Nessuno credette a quella storia.

La temperatura quella sera era frizzante, anche dovuta al temporale appena passato, ma l’umidità era scesa permettendomi di girare indisturbata con addosso solo un cappotto un po’ più pesante del solito. Certo, l’isola non era particolarmente fredda e la neve sembrava non voler scendere.

Non avevo mai avuto la possibilità di vedere la neve, ma di certo mi avrebbe stupita meno vederla scendere che ritrovarmi di nuovo a faccia a faccia con Zoro Roronoa.

“La ladra.” Lo disse più con stupore che per una presa in giro. Io mi limitai a stringermi nelle spalle, ancora senza riuscire a trovare le parole adatte ad esternare il mio stupore.

Non avevo mai creduto alle coincidenza, fino a quei giorni. Quella fu la prima volta che cominciai a pensare che forse le coincidenze potevano davvero esistere, sconvolgendo la vita delle persone, portando cambiamenti che non si credevano possibili.

“Ciao.”

Era poggiato ad una panchina, avvolto in un buffo piumino scuro. Vederlo lì, in quella posizione, di certo non faceva pensare di trovarsi Roronoa Zoro di fronte. Ancora faticavo a crederci, anche se poi la sensazione non è mai cambiata, vedendolo non lo assocerei mai ad un cacciatore di pirati, ne punterei nemmeno mezzo berry su di lui.

Fu istintivo forse, o forse la mia fu solo stupidità, sta di fatto che presi posto a sedere proprio sulla panchina dove lui era poggiato, posizionandomi alle sue spalle.

Rimasi ad osservare il cielo, coperto ancora dai rimasugli di quel temporale che aveva scombussolato il mondo. Solo il silenzio attorno a me ed il lieve respiro del ragazzo alle mie spalle.

Fu ancora una volta una sorpresa sentire la mia voce parlare, come se la mia mente avesse preso l’iniziativa, senza passare dal via.

“Perché un cacciatore?”

Non credevo rispondesse ad una domanda così stupida. Scossi il capo portandomi le ginocchia al petto e posandovi il mento. Tornai a guardare nell’oscurità illuminata dalle sporadiche luci dei lampioni. Ma fu una sorpresa sentirlo parlare.

Quella fu la seconda cosa che capì.

“Perché no?” Sembrava più una domanda rivolta a se stesso. “Sono gli altri che mi hanno affibbiato questo titolo. Io cerco solamente di sopravvivere.”

Mi stupì davvero, sembravano parole rivolte ad entrambi, ladra e cacciatore.

“Potevi scegliere un lavoro meno rischioso.” La buttai lì enfatizzando con una mano il tutto anche se lui ancora mi dava le spalle. Cercavo una risposta alle domande che mi frullavano in testa, tutte domande che mi riguardavano in prima persona, le mie scelte, le mie decisioni.

“Potevo…” Mi lasciò il dubbio a tarlarmi la mente. “Ma non avrebbe sortito lo stesso effetto.”

Capì solo che doveva esserci qualcosa di più dietro a quell’atteggiamento, come se nascondesse qualcosa. Stupidamente mi ritrovai a sorridere, tutti, nessuno escluso, hanno qualcosa di più dietro la facciata che mostravano alle persone intorno a loro. Io in primis lo sapevo molto bene.

Lasciai cadere il discorso nonostante volessi sapere, capire il perché di una scelta così rischiosa. Ma avevo preso la giusta decisione all’epoca, non lo sapevo, ma lo avrei scoperto un paio d’anni dopo.

“Tu invece?”

Ridacchiai. “Arrotondo.” Un movimento alle mie spalle mi fece intuire che aveva scosso le spalle, probabilmente divertito dalla mia stupida uscita senza senso. “È un periodo tranquillo questo, ho un po’ di tempo libero e lo sfrutto.” Cercai in qualche modo di spiegare, non riuscendoci, ma il lieve annuire di lui mi fece capire che altre parole erano inutili e senza senso.

Bastava così.

Fu quella la seconda cosa che capì. A volte bastava solo un gesto o una parola per farsi capire. Roronoa sembrava poi il classico ragazzo a cui poco importava. Forse era solo un menefreghista, ma poco mi importò all’epoca. E poi, mi sbagliavo.

Il campanile rintoccò la mezzanotte. Mi sembrò di essere tornata a quattro sere prima, come una strana sensazione di deja-vù. Ci voltammo entrambi verso quel suono e nei contai mentalmente i dodici rintocchi, come aspettando il momento in cui fosse svanito nel nulla. Come un sogno.

Fu solo dopo qualche minuto, dopo che il dodicesimo rintocco tuonò, che Roronoa si alzò staccandosi dal gelido e duro sedile. Rimasi a fissarlo dal sotto in su, aspettando il commiato.

“Non ti metterai ancora nei guai vero?” Scossi il capo divertita.

“No, hanno già salpato. Quindi direi che sono fuori pericolo.” Lo vidi abbozzare un sorrisetto e mi ritrovai a mia volta a ricambiare con un sorriso un po’ canzonatorio. “E poi so difendermi.” Proclamai mettendomi dritta, sfidandolo con lo sguardo.

Lui semplicemente scrollò le spalle.

“Bene.” Alzò di nuovo il viso al cielo scrutandolo attento. “Credo sia ora di salutarsi.”

Annuì lentamente infilando le mani nelle tasche del cappotto e stringendomi di più in esso.

Lo guardai scomparire ancora come l’altra sera, entrando in una delle vie laterali che costeggiavano la piazza in cui ci eravamo incontrati.

Sembrava solo uno stupido sogno.

   
 
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