CAPITOLO 2 – NOTTE
STELLATA. E POI L’ADDIO
Oleander
spense l’ultima candela del negozio, si
smaterializzò e ricomparve in
prossimità della barriera della Scuola di magia.
Sbuffò, infastidita dal caldo
umido ed appiccicoso, e pensare che solo pochi giorni prima si
lamentava per il
vento gelido che sferzava l’aria. Che giugno del cavolo!
Avevano ragione i
gemelli, era un tempo assurdo.
Costeggiò
il margine della Foresta proibita, dalla quale si levò un
suono sordo e gutturale,
alcuni abeti si piegarono come fossero canne di bambù ed il
gigantesco faccione
di Grop fece capolino da dietro di essi “Oooleeee.”
la indicò con un dito. Assomigliava
più ad uno sguaiato grido da stadio che ad un saluto, ma
costituiva un notevole
progresso rispetto ai primi tempi, quando i suoi gesti inconsulti
facevano
sudare freddo gran parte del personale di Hogwarts, nonchè i
centauri costretti
a sopportare quell'ingombrante inquilino.
“Buonasera
Grop.” gli rispose con un sorriso, agitando la mano.
Arrivata
in camera fece appena in tempo a cambiarsi, indossando dei pratici
vestiti
babbani (vecchi jeans scoloriti e la felpa bianca di una tuta) quando
un elfo
domestico bussò alla porta: “Signora, perdoni
signora, il preside Silente
desidera vedere la signora. Subito.” E per essere ancora
più eloquente puntò un
braccio magro verso il corridoio.
Oleander
raggiunse in fretta il grosso portone di pietra che permetteva
l’accesso alla
presidenza, pronunciò la parola d’ordine
“Muffins alla nocciola” e salì dal
preside.
Dall’inizio
di quell'anno scolastico, e precisamente dal momento in cui aveva
appreso che
Severus era stato scelto come insegnante di Difesa contro le arti
oscure,
Oleander non poteva negare a se stessa di provare un certo risentimento
nei
confronti dell’anziano mago.
I
ragazzi sostenevano che quella cattedra fosse stata maledetta da
Voldemort in
persona e anche se Albus Silente aveva sempre negato la cosa,
beh… il fatto che
nessun professore fosse mai riuscito a conservare il posto per
più di un anno,
qualche dubbio lo faceva sorgere. Senza contare che molti dei
sopraccitati professori
avevano fatto una fine orribile: lei riteneva che l’incarico
di spia di Severus
gli facesse correre già sufficienti pericoli, senza dover
andare a cercarne altri
a tutti i costi.
Aveva
espresso queste preoccupazioni anche a Severus, ma l’uomo le
aveva liquidate
come semplici sciocchezze e non vi aveva dato peso, contento di essere
riuscito
a conseguire l’agognata cattedra.
Tuttavia
le inquietudini della donna non erano svanite, ma si erano aggravate
con il
tempo e le notizie funeste di continui attacchi alla
comunità magica, tanto che
ogni volta che vedeva tornare Severus da qualche missione provava
sollievo,
come se il mago dovesse morire da un momento all’altro, e
faceva il conto alla
rovescia di quanto mancasse alla fine dell'anno scolastico. Assieme a
quel
disagio era cresciuta anche l’irritazione nei confronti del
preside: perché non
la insegnava lui quella dannata materia?
Comunque,
qualsiasi sentimento negativo Oleander potesse provare, si dissolse nel
momento
in cui entrò nello studio di Silente e lo vide sprofondato
in poltrona: in quel
momento sembrava solo un vecchio stanco, affaticato e provato dal
dolore.
L’occhio le cadde inevitabilmente sulla mano annerita e
carbonizzata; Silente,
accortosene, la coprì con la lunga manica della sua veste
blu notte,
dichiarando tacitamente che quello non sarebbe stato argomento di
conversazione, quella sera. La donna sospettava che Severus sapesse
cosa fosse
accaduto all'anziano preside, ma su quell'argomento la sua bocca era
sigillata
al pari di quella di Silente. Il vecchio preside di tanto in tanto la
invitava
nel suo studio per una tisana e per parlare della situazione presente,
le aveva
anche raccontato qualcosa delle sue lezioni con Harry, però
non c'era verso di
fargli dire come si fosse procurato quella terribile ustione. Ad ogni
modo, non
occorreva essere Hercule Poirot per capire che si era trattato di un
incidente
molto grave e, di quei tempi, grave poteva essere solo sinonimo di
Voldemort.
“Professor
Silente.” Oleander piegò la testa in un cenno di
saluto.
“Vieni,
Oleander.” il mago le sorrise, indicando la poltrona davanti
alla sua.
Nell’attraversare lo studio Oleander udì un *HIC*
piuttosto forte, un inequivocabile
singhiozzo da ubriaco e strabuzzò gli occhi castani dietro
le lenti dei suoi
occhiali. Sibilla Cooman era sdraiata su un divano in un angolo buio
della
stanza, in uno stato simile ad un coma etilico e biascicava parole
indistinte.
Il dolciastro odore dello sherry arrivava fin lì.
“Ma-ma…” balbettò la maga dai
cupi capelli viola.
“Accomodati
pure.” proseguì il preside in tono gioviale, come
se un membro del corpo
docenti non giacesse affatto lì, in uno stato indecoroso.
Oleander
scosse la testa, abbastanza abituata alle stranezze di entrambi per
passarci
sopra “Posso fare qualcosa per lei?”
Circa
un’ora dopo Oleander lasciò la stanza di Silente
piuttosto stanca e con un fastidioso
cerchio alla testa: l’anziano mago aveva pensato di inserire
il suo laboratorio
di Cristallogia e talismani magici (ora facoltativo e saltuario) tra i
corsi ufficiali
di Hogwarts per gli ultimi due anni, ma il progetto di cui le aveva
parlato era
così fumoso e vago che Oleander non riusciva a capire se era
solo un’idea estemporanea
del preside o qualcosa di veramente concreto. E poi, era davvero
così urgente
da doverne parlare quella sera? Una pendola battè le ore e
la donna si stupì:
non si era resa conto di essersi trattenuta così tanto nello
studio di Silente.
Decise
di uscire un attimo su un balcone a prendere una boccata
d’aria fresca per
schiarirsi la mente. Tirò una porta-finestra già
socchiusa e vide che anche
Harry Potter era lì, seduto sulle piastrelle a fissare le
stelle, perso nei
suoi pensieri.
“Ti
spiace se ti faccio compagnia?”
La
voce nasale e acuta di Oleander lo fece trasalire. Istintivamente la
mano del
ragazzo era corsa alla tasca dei pantaloni dove teneva la bacchetta, ma
si era
fermato immediatamente, una volta riconosciuto il suo interlocutore
“No, affatto.”
"Scusa,
non volevo spaventarti. Ho solo bisogno di un po' di aria." La maga si
accomodò a cavalcioni del cornicione del balcone,
appoggiandosi alla parete di
pietra. I due restarono a lungo in silenzio ad ammirare la volta
celeste. Ad
Harry piaceva la compagnia di Oleander: era una delle poche persone che
non lo aveva
assillato e soffocato con continue domande tipo “Stai
bene?”, “Sicuro che è
tutto a posto?” dopo la perdita di Sirius. Era un presenza
discreta e di questo
le era grato.
“Le
stelle sono più belle quando non devi studiarle.”
disse la maga dopo un po’.
“Vero.”
Il ragazzo sorrise. “Ah, prima ero passato nella tua stanza,
ma non c’eri.
Volevo sapere se puoi riparare questa clessidra magica di Hermione: una
volta
che la sabbia è scesa, non si gira più da sola e
lei diventa matta se non
riesce a cronometrarsi durante gli esercizi di Aritmanzia.”
La lanciò alla donna.
“Ancora…”
gemette Oleander.
“Ti
è già capitato?”
“Sì,
ne parlavo qualche giorno fa ai gemelli Weasley: da un po' gli oggetti
magici e
le pietre sembrano aver perso efficacia, durano molto meno del
previsto. E io
non ho idea del perché.”
“Io
sì – la voce del ragazzo si fece tagliente
all’improvviso – è colpa di
Voldemort.”
"Come?"
"Me l'ha detto stasera il professor Silente. Mi ha spiegato che a
questo
mondo ogni cosa è in equilibrio: bene e male, magia positiva
e oscura, luce e
tenebra; a tratti prevale l'uno, a tratti l'altro, ma alla fine tutto
si
bilancia. La terra vive grazie a questo equilibrio, ma quando uno dei
due
elementi prende un sopravvento eccessivo sull'altro, tutto ne viene
toccato: le
stagioni sono stravolte, le pietre perdono i loro poteri, gli
incantesimi non
funzionano a dovere, gli eventi catastrofici si moltiplicano e si
riverberano
anche sul mondo babbano. E' ciò che sta succedendo in questo
momento."
Oleander
riflettè: era vero, solo a maggio Francia e Spagna erano
state devastate da tre
tempeste di potenza inaudita, in Cina c’erano stati due
fortissimi terremoti e
Los Angeles era circondata da violenti incendi. Certo, questi eventi
naturali
rientravano nell’ordine delle cose della Terra, erano sempre
accaduti, ma in
quel periodo la forza e la frequenza di quelle sciagure era a dir poco
preoccupante. Ed inoltre gli assalti e gli agguati diretti dei
mangiamorte, si
erano fatti più frequenti. Senza dubbio una grossa
quantità di energia negativa
si stava diffondendo ovunque e anche pietre e cristalli, alla lunga, ne
risentivano. Il ritorno del più temuto mago oscuro aveva
dunque anche effetti
di quel genere? E se questa volta l'equilibrio della Terra non si fosse
ristabilito? Rabbrividì, nonostante l’aria immota
e pesante. "Il professor
Silente ti ha detto questo?"
"Beh,
il succo era questo, ma dire il vero ha fatto un discorso molto, molto
più
lungo. Però - si grattò la testa imbarazzato -
non lo ricordo molto bene... non
era del tutto sensato... mi pare... ah! Sono un po' confuso e molto
stanco."
Harry sospirò pesantemente e si mosse, evidentemente a
disagio.
"Hai
dei dubbi, vero? Sulle tue ‘lezioni’ con il
professor Silente."
"Sì!
Noi esaminiamo ricordi, ci immergiamo nel passato di Ridde o altre
persone,
analizziamo, scopriamo indizi, ma... tutto sommato mi sembra di non
fare alcun
progresso. Vorrei dei risultati, adesso!" il ragazzo picchiò
un pugno
sulle mattonelle del balcone, frustrato.
Oleander
lo guardò di sottecchi: era solo un ragazzo, non ancora
maggiorenne e aveva già
affrontato molto più di quanto un uomo - mago o babbano -
affronta in tutta la
vita, ma restava pur sempre un ragazzo. Ancora una volta si chiese se
Silente avesse
davvero le idee chiare, a volte gli sembrava quasi che l'anziano mago
incoraggiasse Harry allo scontro diretto con il mago oscuro, basandosi
solo su
quella famosa profezia.
Alla
fine disse, non sapeva se rivolta più a se stessa o ad
Harry, "Mah...
stiamo pur sempre parlando di Silente: lui sa qual è
l'obiettivo finale di
tutto ciò, anche se ci arriva per vie contorte. Almeno
credo."
Harry
ridacchiò "Questo non è molto rassicurante, sai?"
"Spiacente,
io non so offrire di meglio. Ora ti conviene tornare nel tuo
dormitorio, prima
che un vero professore ti scopra ancora alzato. Non mi sembra che ti
occorrano
altre punizioni, no?"
Oleander
restò ancora un po’ a guardare le stelle,
finchè da lontano non vide
avvicinarsi alla scuola una figura scura che sembrava scivolare
sull’erba e si
diresse verso le stanze di Severus.
Il
mago sembrava più che mai in vena di polemiche “Su
un balcone in bella vista,
con una *cosa* bianca addosso… perché non ci
dipingi un bel bersaglio? I
mangiamorte ti ringrazierebbero.”
“Con
le difese che possiede questa scuola, i mangiamorte non possono nemmeno
avvicinarsi, come ti farebbe notare Hermione Granger, e la *cosa* per
tua
informazione si chiama felpa.”
Severus
fissò per un momento il suo abbigliamento con occhio critico
“Un sacco di iuta
sarebbe più elegante. Non capisco perché ti
ostini ad indossare stracci
babbani.”
“Perché
sono comodi! Senti un po’, Severus – Oleander si
piantò le braccia sui fianchi
– se hai così voglia di litigare, vado a cercarti
un Molliccio, così ti sfoghi
con lui.”
Il
mago scrollò le spalle e si portò ad una
finestra, maledicendosi
silenziosamente: non aveva avuto intenzione di essere così
brusco, stava
semplicemente sfogando su di lei lo stress dell’ennesima
missione senza
risultati. Non si sarebbe stupito se ora Oleander se ne fosse andata
sbattendo
la porta, invece sentì le mani robuste della donna posarsi
sulle sue spalle indolenzite
e muoversi piano, in piccoli cerchi, per sciogliere la tensione
accumulata. “Dimmi
– proseguì lei –
cos’è successo? Non ci piove che tu abbia un
carattere
spaventoso, ma non è da te scattare a questo modo, se non
c’è una valida
ragione.”
Di
fronte all’ostinato silenzio dell’uomo, Oleander
gli andò di fronte. “Mmh…
allora devo scoprirlo chiedendo a qualcun altro? Perché sai
benissimo che lo
farò.”
Il
mago storse le labbra in una smorfia: oh, lo sapeva eccome.
“Oggi con Lupin abbiamo
scoperto che altri tre Auror mandati a cercare Olivander sono stati
vittime dei
Dissennatori.” Mosse qualche passo nervosamente per la
stanza: Draco non si
fidava più di lui e non riusciva a far confessare al ragazzo
quale piano avesse
in mente Lord Voldemort, quello sciagurato di Potter non riusciva a
star
lontano dai guai nemmeno immobilizzato con un Petrificus Totalus, i
Dissennatori
e i Mangiamorte si andavano radunando sempre più numerosi
attorno all’Oscuro
Signore. La ricerca degli horcrux procedeva a rilento e Albus non gli
permetteva di partecipare, lasciando tutto nelle mani di quel ragazzino
arrogante; inoltre sentiva che presto avrebbe dovuto
adempiere il compito
promesso al vecchio preside: presto, troppo presto, sarebbe giunto quel
giorno…
si sentiva frustrato e impotente.
Oleander
sapeva che l'unica cosa che poteva fare per lui era provare a
distrarlo, anche solo
per un po’, dalle mille preoccupazioni che lo affliggevano e
fargli dimenticare
brevemente il pesante fardello che l’uomo si era caricato
sulle spalle.
"Quando
hai finito di demolire i compiti dei tuoi allievi, ti aspetto in camera
mia."
Piton
si risvegliò all’alba e si volse a guardare la
donna al suo fianco, che dormiva
scomposta, aggrovigliata tra le lenzuola, la testa semisepolta sotto al
cuscino:
al risveglio i suoi capelli corti sarebbero stati un disastro. La cosa
gli
strappò un lieve sorriso. Allungò una mano e le
sfiorò una spalla nuda. Da un
lato avrebbe voluto parlarle di tante cose: il voto infrangibile, Lily
Evans, la
promessa con Albus… glielo doveva. Per come sopportava i
suoi malumori, per
quegli attimi di serenità che gli stava donando,
perché lei lo amava, amava
lui, un ex-mangiamorte, perché era stata un dono insperato e
inaspettato e per
questo così prezioso.
Ma
d’altro canto, più di tutto, sentiva di doverla
tenere al sicuro, coinvolgerla
il meno possibile in tutto quello che, inevitabilmente, sarebbe
accaduto di lì
a poco.
Se
lei fosse stata al riparo, lontana dalla guerra, se fosse
sopravvissuta, se
questa volta fosse riuscito a salvare chi amava, allora non gli sarebbe
importato nulla, nemmeno di morire. Per questo avrebbe continuato a
tacere,
anche se questo era come mentirle.
Allungò
la mano verso la sua veste, buttata su una sedia vicino al letto ed
estrasse
dalla tasca una piccola fiala contenente un liquido denso e scuro. La
guardò
pensieroso a lungo, infine la rimise al suo posto, con la solita,
impenetrabile
espressione sul volto.
Poi
Oleander scalciò nel sonno, colpendolo piuttosto forte su
uno stinco, lui la
svegliò senza tante grazie ed i due iniziarono la giornata
con uno dei loro
consueti battibecchi.
Pochi
giorni dopo, giunse quella fatidica notte.
Oleander
stava preparando una colla speciale per aggiustare alcune bacchette
magiche;
Piton entrò nella sua stanza portando una teiera e due tazze
colme di tisana ai
mirtilli. La maga si tolse gli occhiali, guardandoli sospettosa come se
qualcuno li avesse stregati. “Spiritosa.”
sibilò l’ex-mangiamorte, porgendole
la tazza.
“Grazie,
ci voleva proprio.” accettò la tisana con un
sorriso, bevve una lunga sorsata,
ma poi fece una smorfia assurda e disgustata “Streghe e
fattucchiere, Severus!
E’ dolcissima! Ma quanto zucchero ci hai messo?”
Il
mago la guardò offeso, poi borbottò
“Neanche fosse pozione polisucco, quante
storie.”
“D’accordo,
d’accordo. – Oleander sospirò in tono
teatrale – Per dimostrarti il mio amore,
la bevo tutta d’un fiato!”
Il
rumore di passi pesanti di parecchie persone nel corridoio le fece
aggrottare
la fronte: il suo alloggio non era nella zona dei dormitori, non
potevano
essere studenti; allora chi diamine stava facendo tutto quel chiasso?
Fece per
alzarsi, ma le gambe non la ressero e ripiombò pesante sulla
sedia. In quel
momento la sua mente tornò a due anni prima e la donna
comprese cosa fosse una
sensazione di deja-vù [1]. Alzò gli occhi,
rivolgendo uno sguardo interrogativo
e allarmato insieme a Severus, il cui volto era una maschera perfetta,
seria ed
inespressiva. Se stava provando qualcosa, non lo dava a vedere. Con
grande
sforzo provò a rialzarsi di nuovo, ma gli franò
addosso “Perché?” fu l’ultima
cosa che chiese prima di chiudere gli occhi, addormentandosi.
Severus
l’adagiò delicatamente sul pavimento
“Per dimostrarti anch’io il mio amore.”
Un
ultimo bacio sulle labbra di lei, poi si alzò per
raggiungere gli altri Mangiamorte,
che si stavano scatenando nel vecchio maniero.
Si
voltò un istante a guardarla sulla soglia della porta.
“Perdonami.”
Ed
uscì.
Note
[1]
VdP - capitolo 10: Oleander finisce avvelenata dal liquido del Vaso di
Pandora.