Primo giorno da infermiera
Ila POV
Mi svegliai con un sorriso ebete stampato sulle labbra.
Scesi dal letto e ricordai.
Quel giorno dopo la scuola sarei dovuta andare da Simo a fargli compagnia e a fargli da infermiera, non poteva svegliarsi 10 secondi dopo? Così cercai di prendere le cose più importanti: carica batterie, spazzolino, dentifricio, cuffie del telefono, soldi, pigiama, qualche vestito di ricambio, reggiseno, anche se la Ary mi avrebbe portato qualsiasi cosa mi sarebbe servita dovevo portarmi dietro qualcosa.
Uscii di casa con la mia tracolla e la borsa.
Arrivai in fermata, presi il pullman.
Con la Ary parlammo del più e del meno.
Scendendo dal pullman accesi la mia solita sigaretta.
Arrivammo a scuola e c’era già Edo che aspettava la Ary. Che teneri che erano, stavano benissimo insieme.
Aspettavo la Fede con impazienza non so perché.
Ero felice, ma allo stesso tempo impaziente.
Il sorriso da ebete che avevo avuto da quando mi ero svegliata, mi scomparve quando vidi arrivare Mattia da lontano.
Cazzo, Mattia. Ecco di chi mi ero dimenticata e adesso che facevo? Non potevo dirgli che per i prossimi giorni sarei stata all’ospedale per fare da infermiera a Simo, cazzo. Non sapevo cosa inventarmi. La Ary in quel momento mi guardò e capì il mio stato d’animo.
-Ila, che pensi di dirgli? – mi chiese la Ary.
-Ho un parente all’ospedale? E se non glielo dicessi? Alla fine io e lui ci vediamo solo a scuola, non sarebbe un problema se non glielo dicessi. Tieni questa in mano. – le lanciai la borsa con dentro lo stretto necessario che mi sarebbe servito.
-Ciao amore.- mi disse Mattia che mi venne vicino e mi baciò.
-Ciao.- gli sorrisi. – Vengo su dopo.
-Ok.
-Mi spiegate che cosa non dovresti dire a Mattia?- la Fede era in parte a me che guardava prima me, poi la Ary e poi Edo.
-Simo una settimana fa più o meno ha fatto un incidente è in ospedale. – dissi io.
-Fino a ieri era in coma, poi è arrivata la Ila e si è svegliato. Adesso deve fargli da infermiera e lui vuole che stia là a dormire con lui. – aggiunse Edo.
-Waaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa.- la Fede si mise ad urlare. – Che teneri.
-Si, va bene. Ok. Io me ne vado. – dissi io. Salii le scale e me ne andai.
Mi stavo mettendo in un guaio che in quel momento non potevo nemmeno immaginare: come avrei fatto a stare con Simo e in più studiare? Sarei riuscita a dormire? Di certo non sarebbe guarito in poco. forse lo avrebbero mandato a casa in pochi giorni e io sarei tornata alla mia vita normale.
Va be, era inutile che mi fasciavo la testa prima del tempo, oggi sarei andata là e sarebbe successo quello che sarebbe successo.
La giornata passò abbastanza velocemente con i miei soliti scleri e le mie cazzate sparate.
Avevo voglia di vedere Simo, ma non avrei dovuto lasciarmi andare troppo. Ieri era la prima volta che lo vedevo dopo quasi un mese. Pensavo che rivederlo non mi avrebbe fatto più lo stesso effetto, ma forse, era anche peggiorato.
Uscii dalla classe ed andai a prendere la Ary, fuori dalla sua classe c’era già Edo.
-Ciao. Pronta per una nuova avventura?- mi chiese Edo sorridendo.
-Diciamo di sì. Non so nemmeno perché lo sto facendo. Non poteva svegliarsi qualche secondo dopo, così non mi avrebbe sentito?
-No, non poteva. Forse è meglio così.
Uscii la Ary dalla sua classe.
-Dopo ti do un passaggio fino all’ospedale, se vuoi.
-Non serve grazie.
Scendemmo le scale e facemmo la via. Io parlavo con la Fede e la Ary era dietro con Edo.
Salutai tutti e presi la filo per andare all’ospedale.
Arrivai nel reparto di Simo e successivamente alla stanza 22, la sua. Fuori c’era sua mamma.
-Ciao Ila. Come va?- mi chiese notevolmente felice e serena.
-Bene, grazie. Tu?
-Molto meglio. Senti, qua ti ho portato da mangiare.- mi porse un cestino con dentro da mangiare.
-Non dovevi, davvero. Potevo arrangiarmi.- le dissi sorridendo.
-È il minimo. Stai qua al posto mio, fai compagnia a Simo, l’hai salvato. Finché verrai qua ti porterò il pranzo tutti i giorni.
-Grazie, mi dispiace che ti disturbi e soprattutto che disturbo.
-Ma tu non disturbi tesoro, anzi. Tranquilla, non sei d’impiccio. Senti, quando hai voglia di farti una doccia o di darti una rinfrescata, basta che chiami e ti vengo a prendere. Vieni a casa mia e ti sistemi. Ok?- era davvero gentilissima.
-Davvero grazie.
-No, grazie a te. Io vado a casa. Per qualsiasi cosa chiama.
-Grazie. Ciao.
Entrai in camera con il cestino con le cose da mangiare. Che tenera che è stata. Appoggiai il cestino sul tavolo.
-Buongiorno.- la voce di Simo, mi ricordò perché ero lì.
-Buon pomeriggio, forse.- lo corressi.
-Non cominciare a mettere i puntini sulle i.- era nel letto sdraiato. Si vedeva che stava meglio, aveva riacquistato la sua faccia da stronzo. Gli avevano tolto tubi e tubicini. Appoggiai la tracolla.
-Come è andata la giornata?- mi chiese. Sembrava una conversazione tra moglie e marito, che brutta roba.
-Bene. – ero seduta sul tavolo.
-Non mordo lo sai vero?- disse indicandomi la sedia in parte al letto.
-Lo so, ma non ho voglia di sedermi su una sedia.
-E allora ti siedi sul tavolo?- sembrava divertito.
-Si. – ero seduta sul tavolo con le gambe piegate appoggiata contro il muro - sono più comoda - e così mantengo le distanze da te. Pensai.
Feci vagare lo sguardo per la stanza, era carina nel complesso. Era proprio vero che se avevi i soldi eri un po’ agevolato e immaginavo che Simo lo fosse.
-Non vorrai rimanere zitta per tutto il tempo, vero?
-E se anche fosse?- stavo tornando acida come sempre.
Il suo sorriso divenne una smorfia di dispiacere.
Il giorno prima ero tutta gentile e carina, e in quel momento? Lo trattavo di nuovo di merda.
-Scusa. Non volevo risponderti male. – dissi guardandolo.
La sua espressione cambiò, ma non del tutto.
Decisi di andare a sedermi sulla sedia in parte al suo letto, mi sarei appoggiata, mi sentivo la testa pesante.
Scesi dal tavolo e mi diressi verso la sedia.
Mi sedetti e appoggiai la testa sul letto.
-Ti fa niente?- gli chiesi guardandolo.
-No, tranquilla.- sembrava felice.
Chiusi gli occhi. Avevo sonno. Durante la settimana dormivo davvero poco e il pomeriggio tornavo a casa stanchissima.
Cominciò ad accarezzarmi i capelli.
-Non dovresti odiarmi?- gli chiesi ancora con gli occhi chiusi.
-Perché dovrei odiarti?-
-Se fossi in te, io mi odierei.- Lui rise, le sue mani passavano ed accarezzavano i miei capelli.
-Invece io non ti odio. Sei tu che odi me. – spalancai gli occhi di colpo e lo guardai.
-Io non ti odio. Non mi fido di te, è diverso.
-Hai ragione l’odio sarebbe sempre un sentimento, ma non provi neanche quello per me.
Non sapevo cosa dirgli, cosa rispondergli. Non lo odiavo, non lo amavo, ma comunque, nonostante tutto, gli volevo bene.
-Io……- non sapevo cosa rispondergli.
-Non serve che mi dai spiegazioni o dici qualcosa, va bene così, me ne farò una ragione.- si zittì, ma continuava a toccarmi i capelli.- come va con Mattia?
-Con chi?- mi stavo avvicinando tra le braccia di Morfeo.
-Con Mattia
-Mmmmm.- mi uscì un verso di piacere. Lui rise. – diciamo che….mmmmmm….va.- lentamente passò dai capelli alla schiena e cominciò a farmi i grattini. Pochi secondi dopo mi alzai di scatto.
-Smettila. – lui mi guardò e rise.
-Sto fermo, giuro.- mi riappoggiai e chiusi gli occhi. Poco dopo le sue dita erano di nuovo sulla mia schiena.
-Mmmmmm. Non ti……avevo detto di…s-smetterla??- la mia voce non era più sicura come prima. Non mi rispose neanche.
Lentamente caddi tra braccia di Morfeo, accompagnata da quelle dita che scorrevano lentamente sulla mia schiena.
Mi svegliai con delle voci in sottofondo.
Erano entrati i ladri in casa? Oddio, ed io ero lì che dormivo tranquilla.
Poi mi accorsi di essere seduta su una sedia ed appoggiata ad un letto, quando aprii gli occhi, mi trovai davanti il viso di Simo.
-Dormito bene?- mi chiese sorridendo.
-S-siiiiiiii.- dissi sbadigliando. – Che ore sono?
-Le tre e un quarto. – disse guardando l’orologio appoggiato sul comodino.
-Vai sul sei. – dissi svegliandomi velocemente.
-Che c’è di così importante sul sei? – chiese sorridendo.
-Smallville. Ho un appuntamento con il mio ragazzo, ma lui non lo sa. - Lui mi guardò e rise, poi girò il canale.
C’erano ancora i Simpson.
-Dai vieni su. – disse spostandosi prima con il busto, poi prese la gamba.
-Sei pazzo? Stai comodo, non ne ho bisogno io.- ero seriamente preoccupata che stesse comodo e che non provasse dolore.
-Vieni su e basta.- Sconfitta, salii.
Volevo lasciargli più spazio possibile, non volevo essere di troppo. Infatti ero sul bordo del letto.
Cominciai ad avere freddo. Tremai.
Lui mi prese e mi abbracciò.
Avevo la testa appoggiata al suo petto e il braccio attorno alla sua vita.
Cominciò il telefilm e, come d’abitudine, cominciai a cantare la sigla. Era più forte di me, dovevo sempre cantarla.
Lui rise. Io gli diedi una manata sulla pancia, ma piano.
Fece un verso di dolore. A quanto pare gli avevo fatto male.
-Scusa, non pensavo di avertela data forte. Non volevo farti male.
Mi staccai da lui e lo guardai.
-Non è colpa tua, ho un taglio.
-Posso vederlo? – il mio lato materno stava uscendo a dismisura.
-Vedi solo i punti. – alzò la maglietta del pigiama. Gli diedi una mano. Rimase a dorso nudo e…..be, avevo davanti una visione celestiale. Aveva gli addominali e i pettorali scolpiti. Cioè era….era…perfetto. ero imbambolata che lo guardavo. Mi ripresi quando lui si schiarì la voce.
-Scusa.- arrossii. Mi avvicinai e guardai la ferita. Era proprio nel punto in cui l’avevo colpito. Stavo rischiando di stare male, a vedere ferite, tagli e quant’altro, rischiavo sempre di svenire, ma se fosse successo, sarei stata sicura di non morire ero in un ospedale.
-Ne ho un altro qua. – mi prese la mano, mi fece accarezzare gli addominali ed i pettorali e mi fece toccare una benda sul fianco. – per la verità sono tutto pieno.
Aveva la pelle morbida e i muscoli scolpiti. Tornai nella posizione iniziale
- Qual è il tuo ragazzo?- mi chiese incuriosito e con una certa nota ironica nella voce.
-Appena arriva te lo faccio vedere e non ti preoccupare che te ne accorgerai.
Guardammo il telefilm ad un certo punto…..
-Ciao amoooooooore. Come stai? Sai che oggi sei più bello del solito.- avevo letteralmente la bavetta alla bocca.
-E quello sarebbe il tuo ragazzo?- mi chiese un po’ contrariato.
-Si, perché cos’ha? – chiesi continuando a guardare il mio “ragazzo” alla televisione.
-È biondo.- disse con una faccia strana.
-E allora?- che cosa c’entrava il fatto che fosse biondo? Non è che era geloso vero?
-Pensavo ti piacessero i mori. – che affermazione stupida.
-Se uno è figo, è figo sia che sia moro, biondo o anche castano. Se è figo è figo. Penso che sia la stessa cosa per te con le ragazze.
-Esatto. Ma è….è biondo. – titubante.
-Ancora. Cosa c’è se è biondo.- sbaglio o stavo avendo una mezza discussione?
-È biondo.- sembrava disgustato.
-Senti anche il mio ex era biondo, non ci vedo niente di male.
Rimase in silenzio. Io continuai a guardare il telefilm. Quando facevano vedere Oliver Queen, io facevo perennemente un sospiro di ammirazione, lui sbuffava.
-che cos’hai da sbuffare?- mi stava dando sui nervi
-Niente. – mi girai e aveva un broncio da bambino sul viso. Risi.
-Si, come no.
Cominciò la pubblicità e noi due avevamo gli sguardi legati.
Io mi specchiavo nei suoi occhi neri petrolio, che in quel momento sembravano ancora più neri.
Dovevo slegarmi da quel filo immaginario che ci stava legando in quel momento.
Tornai ad appoggiarmi sul suo petto.
Guardammo tutto il telefilm, poi mi riaddormentai.
Era bello dormire tra le sue braccia.
Sognai di essere in una gigantesca villa, in non so quale posto sperduto. C’eravamo io e Simo. La vista era bellissima, la villa era uno spettacolo. Era tutto molto romantico, ci stavamo per baciare, ma mi svegliai. La fame mi stava chiamando.
Erano le sei e mezza. Tra poco sarebbe arrivata la cena a Simo.
Feci in tempo a scendere dal letto ed arrivò.
-Buona sera. Gliela lascio qua. Vengo a prendere il carrello più tardi.- disse l’infermiera.
-Grazie. Buona sera.
Andai a rovistare nel cestino che mi aveva lasciato la Bea. C’era riso freddo, panini di tutti i generi, insalata, frutta, brioches. Quanto pensava che mangiassi? Per un reggimento?
Tirai fuori del riso freddo e cominciai a mangiarlo seduta sul tavolo mentre guardavo fuori dalla finestra.
Ero persa nei miei pensieri, non mi ero nemmeno accorta, che non so come, Simo si era alzato dal letto ed aveva preso il carrello con il cibo.
Quando mi girai, me lo ritrovai che mangiava.
-Come hai fatto a prendere il carrello? – avevo capito che si era alzato dal letto e se l’era preso da solo.
-Con le mani, forse? – pensava di fare una battuta?
-Che spiritoso.- Misi a posto il contenitore del riso freddo.
Andai in bagno.
Avevo bisogno di una sigaretta, mentre mangiato avevo cominciato a pensare alla mia storia con Mattia, a che piega stava prendendo in quel momento, al fatto che, da quando era arrivato Simo, Mattia non aveva più lo stesso effetto su di me. Dovevo schiarirmi le idee. Avevo la possibilità di stare da sola, lontana dal mondo.
Andai alla mia tracolla e presi una sigaretta e l’accendino.
-Dove vai?- mi chiese.
-A fumarmi una sigaretta.- mi sembrava una risposta ovvia. Cosa pensi che faccia una persona con in mano una sigaretta ed un accendino? Che vada a giocare a carte?
-Non hai ancora smesso?- mi chiese lui come se fosse mio padre.
-No. – presi su il giubbino e me ne andai.
Trovai subito l’uscita e mi rilassai su una panchina accendendo la sigaretta.
E come se li avessi chiamati, i pensieri cominciarono a vorticare nella mia testa.
Ero a massimo un chilometro di distanza da Mattia, abitava lì vicino. Se avessi voluto, avrei potuto vederlo, avrei potuto parlare e passare del tempo con lui, ma non ne sentivo il bisogno, non ne sentivo la voglia. Questo era un brutto segno, non era possibile non avere voglia di vedere il proprio ragazzo, non era assolutamente possibile. Eppure io non ne avevo voglia, cioè sì, ne avevo, ma non troppa.
Che cosa provavo io per Mattia? So che cosa provavo per lui una volta, lo amavo o forse ne ero solo convinta, ma in realtà non lo ero. Adesso? Provavo amicizia, affetto, cioè lui mi piaceva, ma l’idea di poter stare con Simo, mi piaceva molto di più. Stare con Simo mi dava le stesse emozioni di quando stavo con Mattia prima che sapesse che mi piaceva. Dovevo fare solo una cosa: lasciare Mattia. Non potevo continuare con lui qualcosa che in realtà non esisteva più, ci ho provato, ho provato a stare con lui, ma Simo tornava sempre nei miei pensieri. Ormai era deciso, lo avrei mollato, dovevo solo trovare il modo giusto, non volevo perdere del tutto i rapporti con lui, volevo rimanergli amica, avere almeno un’amicizia.
La pausa sigaretta serviva sempre a qualcosa, mi aiutava a riflettere quando ero sola.
Rientrai ed arrivai nella stanza, proprio nel momento in cui il dottore era uscito dalla stanza.
Misi l’accendino a posto e mi misi a sedere sul tavolo con le gambe piegate. Ero ancora assorta nelle mie riflessioni.
Incrociai le gambe, scesi dal tavolo, presi le cuffie ed il telefono e tornai a sedere.
Avevo bisogno di ascoltare musica, di sfogarmi. Non era il massimo farlo davanti a Simo, ma era l’unico modo per farlo.
Misi su la mia playlist delle canzoni tristi che ascoltavo nei momenti no e che faceva l’effetto di un calmante. Simo mi guardava sul suo letto, non aveva ancora detto una parola.
Mi guardò e poi spense le luci.
Così sarei crollata.
Infatti. Poco dopo cominciai a piangere. Il modo migliore per sfogarsi è piangere e quando ne hai bisogno, è molto meglio farlo.
Ero a gambe incrociate sul tavolo, guardavo fuori e piangevo.
Poco dopo Simo accese le luci e mi guardò.
Mi fece segno di andare là con lui. Scesi dal tavolo ed andai ad appoggiarmi al suo petto. Mi abbracciò. Senza dire niente. Gli stavo rigando tutto il pigiama di lacrime. Spense di nuovo le luci.
Quando mi sentii meglio, mi alzai, tolsi gli auricolari e li misi a posto. Erano le 8, in tempo per vedere i Simpson.
-Metti sul sei.- gli dissi come una bambina.
Accese la tv.
-Ma tu non devi fare i compiti?- perché ogni volta doveva sempre fare la parte del papà?
-Sinceramente? Non mi ricordo. – dissi ridendo.
-Siamo a posto. – allargò il braccio per farmi posto.
-È la tua vicinanza che mi fa questo effetto.- dissi a pochi centimetri dalla sua bocca. Stavolta mi misi con la schiena contro il cuscino, nella sua stessa posizione.
-Se vuoi ti do una mano.
-A fare cosa?- mi girai e lo guardai.
-I compiti. – mi rispose facendo una faccia come per dire “era ovvio”.
-Non ho voglia di farli e poi adesso voglio vedere i Simpson.
-Sembri una bambina.
-A volte sono molto peggio.- ammisi sorridendo.
Guardammo il cartone, tranquilli senza parlare.
Quando finì cominciò il programma 100x100 con Raffaella Figo, che mi stava leggermente sui coglioni.
-Bene, adesso puoi spegnere. – gli dissi sorridendo.
-No. Adesso ti farò conoscere la mia ragazza.
-Non dirmi che è la Fico, se no me ne vado.- e di nuovo quel moto di gelosia. Pensare che lui volesse qualcun’altra, ma dovevo sopportare, io avevo fatto la stessa cosa il pomeriggio.
-Si, è lei. – ammise sorridendo.
-Bene. Ringrazia tua mamma per avermi fatto da mangiare, dille che domani non vengo, anzi che non verrò più in ospedale a trovarti, dille che è stato un piacere conoscerla.- dissi cominciando a raccogliere la mia roba.
-Dove stai andando? – cambiò immediatamente espressione. Il sorriso sulla labbra scomparve e vidi il terrore nei suoi occhi. Di cosa aveva paura? Che me ne sarei andata?
-A casa. Te l’avevo detto che me ne sarei andata se avessi detto che la tua ragazza era…..quella.- dissi con una faccia schifata, indicando la televisione.
Lui rise.
-Che cos’ha? A me piace così tanto.- sfrontato, stronzo. Aveva forse capito che mi dava fastidio?
-Mi sta sui coglioni.- adesso ancora di più, avrei aggiunto molto volentieri.
-A me no. Guarda che bel culo, guarda……- cominciò ad elencare i pregi della ragazza, ma io non riuscii a sopportarlo.
-Si, va bene. Basta, non voglio sentire altro. Ciao.
-Dai, stai qua. Oggi ti ho fatto vedere il tuo ragazzo e io non volevo vederlo? Adesso guardi tu la mia ragazza. – sogghignava lo stronzo.
-Ma a me sta sui coglioni.
-Anche a me stava sui coglioni il tuo ragazzo.
-Non ti stava sui coglioni, non ti piaceva perché era biondo. A me lei sta proprio suoi coglioni.- più andavo avanti a parlare più sembravo una bambina.
-E a me no. È questo che conta, ma tu rimani.- diventò serio verso la fine della frase.
-No.- misi il broncio. Lui rise.
-Non ridere, non ti azzardare a prendermi per il culo.- lo intimai stavolta con la mia solita voce, forse un po’ più alterata.
-Scusa. - andai a sedermi sul tavolo in modo da non vedere la televisione. Rimanemmo in silenzio per un po’ di tempo.
-certo che ha un bel culo. – ok, non potevo sopportare oltre.
-Vado a fumarmi un’altra sigaretta.- lui cominciò a ridere.
-Dai, dove vuoi andare? – rideva. Ma non riusciva a capire che io ero serissima.
-A fumarmi una sigaretta. Non voglio vedere quella per mezz’ora e sentire te che dici “Che bel culo”, “Guarda questo”, “Guarda quello”.
Ormai ero uscita dalla stanza.
Ero appena stata gelosa di una della televisione?
Ma fino a che punto ero arrivata?
Andai nel posto di prima a fumarmi un’altra sigaretta.
Stavolta i pensieri non vorticavano, ero tranquilla, non avevo niente a cui pensare. Ormai avevo preso la mia decisione.
Finii la sigaretta ed entrai.
Quando arrivai nella stanza c’erano la Bea ed Edo.
-Ciao.- li salutai.
-Ciao.- mi salutò Edo dandomi un bacio sulla guancia.
-Mio figlio ha detto che non lo sorvegli e scompari.- mi disse la Bea sorridendo.
-Sa badare a se stesso e dove vuoi che vada conciato così?
-Ha detto anche che te la fai con un dottore. – disse ridendo.
-Si, è alto, biondo, con gli occhi marroni. Di giorno è un dottore, ma di notte è un paladino della giustizia, si chiama Freccia Verde, va in giro con una tutina attillata nei punti giusti, verde ovviamente. Quando non sa cosa fare viene a trovarmi a casa, ma siccome in questo momento sono qua, viene qua.- Simo era leggermente infastidito da questa cosa.- infatti prendo la scusa di andare a fumarmi una sigaretta, per vederlo di nascosto e fare una sveltina. In realtà non la chiamerei sveltina, dura più di mezz’ora e ti giuro che……..mmmmmmmmmmmmm.
Simo era incazzato e continuava a sbuffare. Sua mamma ed Edo ridevano come scemi.
-Ma tu non eri vergine?- mi chiese lui.
-No, in realtà no. Lo dico a tutti, ma in realtà lo faccio tre volte al giorno con lui. Ci piace farlo nei posti più strani e nelle posizioni più strane.- cominciai a ridere anch’io, unendomi alla Bea ed ad Edo.
-Anch’io mamma, ho la ragazza sai? Si chiama Raffaella Fico ed eccola lì che lavora. Appena può prende un aereo e viene a trovarmi. Quel “appena può” vuol dire tutti i giorni e non ci limitiamo a farlo 3 volte al giorno, ma tre volte di seguito. – mi stava cominciando a dare fastidio anche me. Sentivo gli occhi più infuocati. Presupposi che avessero cambiato colore, cambiano con il mio umore e con il tempo.
-Ila, che occhi grigi che hai, non erano azzurri? mi chiese Edo, per fortuna nessuno di loro conosceva questa mia caratteristica.
-Sisi. Ho gli occhi cerulei.
-Che belli. – esclamò Edo.
-E mi stavi parlando di questa ragazza, vai avanti.
Andai alla mia tracolla e presi un’altra sigaretta.
-Ciao Bea, Ciao Edo. Se non ci vediamo dopo, buona notte. Vado a fumare. – ero appena tornata dalla pausa sigaretta da meno di cinque e volevo già fumarne un’altra, quel moto di gelosia mi aveva spinta a fumarne un’altra. Non so se potete capirmi.
-Vengo anch’io. – disse la Bea. Dopo poco mi raggiunse.
-Non sapevo fumassi. – mi disse.
-Si, fumo. Tuo figlio non ti rompe se fumi? –era meglio se cominciavo ad indagare.
-No, non ha mai detto niente. – ammise lei sorridendo.
-Solo a me rompe?- chiesi sbuffando. Lei rise.
-A quanto pare si.- se la rideva bellamente.
-Bene. Quanto deve stare in ospedale?- chiesi sperando che questa tortura prima o poi sarebbe finita. Volevo già tornare a casa, anche se passare del tempo con Simo mi andava bene, ma ero già stanca.
-Pensano una settimana ancora, ma penso che sarà di meno.
-Bene ed io devo rimanere qua una settimana. Il che vuol dire circa 3° 4 sigarette al giorno quando sono qua, il che vuol dire sentirlo farmi la predica come se fosse mio papà per 3 o 4 volte.- mi misi a sedere su una panchina.
-Sei la prima con cui lo fa. Non l’ha mai fatto con nessuna. Tiene particolarmente a te e adesso che ti ho conosciuto ho capito perché: sei una persona gentile, solare, diretta, ma penso che sotto sotto sei timida, romantica. Hai una corazza da cui ti difendi dalle persone che ti potrebbero far del male, ti stai difendendo anche da Simo, l’ho capito. E posso assicurarti che Simo sembra uno stronzo, superficiale, ma alla fine è come te. Anche lui porta una corazza.
-Non mi piace essere presa in giro. Mi sono fidata troppe volte delle persone e poi l’ho preso nel culo, adesso faccio fatica a fidarmi e di lui non ci riesco.
-So che cosa ha fatto e capisco la tua reazione, ma lui a te ci tiene, prima quando scherzavi sul dottore-paladino della giustizia, lui era geloso, parecchio anche. Lasciati andare, non te ne pentirai.- mi sorrise.
Finimmo la sigaretta.
Entrammo.
Simo stava parlando con Edo.
-Io direi che potremmo anche andare.- disse la Bea ad Edo.
-Giusto. Ciao Ila. Ci vediamo domani.- Edo mi baciò su una guancia.
-Ciao Ila. Spero che seguirai il mio consiglio. – disse abbracciandomi.
-Ciao Simo a domani.
Se ne andarono.
-Che consiglio ti ha dato mia mamma? – e per fortuna che dicono che sono le donne curiose.
-Cose da donne. – cercai di rimanere sul vago.
-Di cosa avete parlato mentre eravate via?- ancora? Era un curioso e che cosa?
-Di Freccia Verde. – sbuffò. – sei geloso?
-Io? Perché dovrei essere geloso? Di un uomo che va in giro con una tutina attillata? Naaaaaaaaaaaaaah. – mi sembrava ironico, ma non volevo azzardare supposizioni.
-Va be, se lo dici tu.- presi il pigiama ed andai in bagno a cambiarmi.
Uscii con il pigiama addosso e gli occhiali.
-Come mai porti gli occhiali? – mi guardava in un modo strano che non riuscii a decifrare.
-Perché porto le lenti a contatto forse?- non ci voleva mica un genio per capirlo.
-Davvero? – no, guarda per finta.
-Si.
-Stai così bene con gli occhiali.- mi girai di scatto fulminandolo.
-Non dirlo mai più, chiaro?- mi sentivo delle saette che uscivano dagli occhi da quanto lo stavo fulminando.
-Perché?- mi guardava basito.
-Odio gli occhiali. Li ho sempre odiati.
Presi il telefono. Chiamai la Ary.
-Buonaseraaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa. – dissi come una scema.
-Seraaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa – mi rispose lei.
-Come sta?- le dissi.
-Bene, lei?- tendevamo a darci del lei alcune volte.
-Insomma. Senti bella,- dissi imitando la voce della Fede - domani dovresti portarmi i libri di…..aspetta che prendo il diario. Che mi racconti?
-Niente di che. Oggi Mattia ti ha cercato in fermata. – ecco, che cosa voleva adesso?
-Cosa voleva?- cercai di sembrare il più naturale possibile e di non far trasparire quanto la cosa non mi facesse piacere.
-Mi ha detto che voleva salutarti.
-Ah ok. A tal proposito, ricordami che devo dirti una cosa.
-Su te e Mattia?- la Ary mi capiva sempre troppo bene.
-Si.- stavo rovistando nella tracolla per tirare fuori il diario.
-E perché non me lo dici adesso?
-Perché non posso.
-Perché c’è Simo?
-Si. – poteva arrivarci anche prima.
-Ah ok. Dimmi i libri che ti devo portare.
-Mmmmmm. Allora, storia dell’arte, il libro lo vedi subito qual è, il quaderno è quello con su le due volpi.
-Ok. Poi?- sentivo il rumore della penna sul foglio.
-Poi Russo. Il libro quello giallo, il quaderno e la cartelletta rossa. In teoria basta. – le dissi pensando alle varie copertine dei libri e dei quaderni.
-Sicura?
-Come minimo quando metto giù mi viene in mente qualcosa.
-Come minimo.
-Salutami Spike. Digli che mi manca e che lo amo alla follia, che mi dispiace abbandonarlo a se stesso tutto il giorno, senza di me. Povera stela.- Spike era il mio cane, il mio fratellino, eravamo cresciuti insieme.
-Si, ok. Ciao, buona notte. E fai la brava.- mi disse ridendo.
-Cercherò di fare il possibile.- dissi ridendo. – a domani.
Lasciai giù il telefono.
-Cazzo. È va be, ormai.- Cosa avevo detto? Che mettendo giù il telefono mi sarebbe venuto in mente qualcosa, infatti.
-Ti è venuto in mente qualcosa adesso. – disse ridendo.
-Si, stranamente.
-Devi dormire con me stanotte. Il letto lo mettono domani.- perché non mi sembrava affatto dispiaciuto?
-Dormo anche sulla sedia, non ci sono problemi e poi se dovesse entrare qualcuno, non mi sembra il massimo che ci vedano dormire insieme.- non volevo che ci trovassero nel letto insieme, non eravamo mica a casa nostra. Eravamo in un ospedale. Non mi sembrava il caso.
-Tranquilla, non entra nessuno se non succede niente.
-Ok.- Entrai nel letto con lui, anche se non ero ancora molto convinta.
-ti fanno male il braccio e la gamba?- chiesi preoccupata. Ricordandomi anche che non gli avevo chiesto come stava.
-Ogni tanto prudono, ma riesco a sopportare.- mi fece un sorriso che mi rassicurò completamente.
-E i punti? I tagli?- mi stavo preoccupando troppo.
-Anche quelli prudono e poi non è che sono cosparso. Ne ho uno sulla pancia, uno dietro la schiena, uno sul fianco e uno sulla gamba.
Gli tirai leggermente su la maglietta del pigiama, per vedere il taglio. A me faceva fastidio vederlo. Soprattutto per i punti.
-Perché questo non è bendato?- chiesi notando che uno era in bella vista, pronto a farmi stare male.
-Sinceramente non so.
Alla televisione stavano facendo un film.
Gli rimisi a posto la maglietta.
-Non ti do fastidio, vero?- dissi abbracciandolo e appoggiando la testa sul suo petto.
-No, anzi.- mi sentivo bene. Protetta. Al sicuro.
Ci fu un momento di silenzio, poi lui cominciò a parlare.
-Parlami della tua famiglia.
-Cosa vuoi sapere?- odiavo parlare della famiglia.
-Tutto quello che vuoi dirmi.
-Ti fa niente se ne parliamo domani? Voglio stare tranquilla e poi ho sonno.- non avevo molta voglia di parlare della mia famiglia e poi non volevo rovinarmi il sonno.
-Non è un modo per sviare il discorso vero?
-No. Sono davvero stanca. – piccola bugia. Era un modo per sviare il discorso. Speravo che il giorno dopo se ne fosse dimenticato e non avrebbe più fatto domande.
-Ok.- disse chiudendo il discorso.
Ero ancora nel dormiveglia, quando sentii che Simo mi tirava via gli occhiali e mi dava un bacio sui capelli.
Sentii lo schienale del letto, abbassarsi un po’.
Adesso ero più comoda.
Mi addormentai. Era stata una giornata lunga e il giorno seguente, lo sarebbe stata ancora di più.