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Autore: wolfin    05/07/2010    1 recensioni
“Sì, scusi, mi sento.. confusa. Che mi è successo?” chiesi, per poi sentire una fitta alla testa. Ma cosa..? “Non ne abbiamo idea” iniziò a spiegare. “L’ha trovata un passante sulla tredicesima. Era svenuta. Ha chiamato subito l’ambulanza. Era il diciassette agosto”. Diciassette agosto. Ma.. “Scusi, e oggi quanti ne abbiamo?” chiesi, perplessa. “Sedici” “Come scusi?” Lui mi guardò, e fece un sorriso tra le scuse e l’apprensione. “Scusi, signorina, dimenticavo. È il sedici novembre”. [Dal capitolo 1]
Genere: Generale, Dark, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 6. Vicini

 

Dopo essere andata in banca, andai nella mia vecchia casa, quella in cui abitavo prima di sparire. Avevo bisogno di sapere.

L’indirizzo l’avevo trovato nel fascicolo. Ora, stavo entrando in un condominio ordinario, non troppo squallido ma neanche troppo messo bene.

Trovai l’appartamento in cui stavo io, al secondo piano. Il 2D. Bussai, ma non rispose nessuno. Probabilmente erano fuori.

Decisi controllare se alcuni dei vicini interrogati durante l’indagine abitavano ancora lì.

L’appartamento accanto al mio l’2C, doveva ospitare una coppia di anziani, i signori Smith. Bussai alla porta, e mi aprì la signora. Nel fascicolo non c’era l’età, ma a occhio ora aveva sessantacinque o settant’anni.

“Oh salve ragazzina. Non so chi tu sia, ma cosa posso fare per te?” mi chiese. Sembrava una di quelle vecchiette buone e gentili che vorresti avere come nonne.

“Salve signora Smith. Io.. abitavo qui, alcuni anni fa. Nel 2D. Si ricorda di me? Mi chiamo Eva Keehl Carter e..” ma mi bloccai.

Era stato lo sguardo della signora a bloccarmi. E poi, iniziò a parlare velocemente, come in preda al panico. Beh, non come.. era proprio in preda al panico. Si fece il segno della croce e baciò una collanina raffigurante Maria che aveva al collo, mentre invocava il Signore, chiedendo che la proteggesse.. dal fuoco di Satana?

“Scusi signora, va tutto bene?”

“Oh sì sì sì, ma devo proprio andare.. ciao” disse, chiudendomi la porta in faccia con un sorriso decisamente finto.

Rimasi lì, basita. Qualcuno mi poteva spiegare perché diavolo tutti avevano paura di me?

Decisi di tentare con gli altri.

Bussai ad ogni appartamento in cui abitasse qualcuno scritto sul rapporto. E ad ogni appartamento fu la stessa storia. Non mi riconobbero subito, ma quando mi presentai, tutti, in un modo o nell’altro, mi chiusero fuori dalla porta, senza dire più nulla.

Ora, mi mancava solo il padrone di casa. Andai al suo appartamento, e bussai.

Sentii dei passi che si avvicinavano, e poi si fermarono senza aprire la porta. Probabilmente stava guardando dallo spioncino.

Poi, li sentii allontanarsi, velocemente, e chiudere una porta. E non aprì nessuno.

 

Me n’ero andata dal condominio, sconsolata. Non sapevo più che diavolo fare.

Rimasi un poco a riflettere. Alla fine, decisi di andare in un negozio di cellulari. Dovevo pur avere un recapito. E di sicuro i soldi per me non erano più un problema.

Mi ero fatta dire quanto ci fosse nelle quattro carte di credito che avevo trovato. E ero rimasta sconvolta.

In tutto, venivano fuori un milione e mezzo di dollari.

Da dove venissero fuori, non ne avevo idea. Ma, insomma, quelle carte erano mie, no? Quindi non dovevano esserci problemi, anche se le usavo.

Così, decisi di andai a comprarmi un cellulare e una sim. Subito dopo, telefonai a Meg. Le spiegai dei vicini, che nessuno voleva dirmi nulla, e che non sapevo come riuscire a parlare con loro.

Così, lei si offrì di andare a parlarci. Cercai di dirle che non serviva, ma insistette. Così, le diedi l’indirizzo e mi disse che ci sarebbe andata nel pomeriggio. Mi consigliò anche, se avevo trovato abbastanza soldi in banca, di andare a fare un po’ di shopping per comprarmi qualche vestito e per distrarmi un attimo.

Seguii il suo consiglio,e terminai la mattinata per negozi, fermandomi a mangiare in un tailandese. Avevo comprato due paia di jeans, due magliette, due felpe e una borsa a tracolla. Cose semplici, ma che mi sarebbero senz’altro servite. Tutte rigorosamente nere.

Non so perché avevo preso tutto di quel colore. Avevo provato molte cose colorate, ma nessuna mi era piaciuta. Non mi sentivo a mio agio, là dentro. Come se non fossi me stessa. La cosa più buffa era che io non sapevo chi fossi. Eppure, avevo sentito che il nero era mio.

Mentre mangiavo, sfiorai la borsa con un piede. Ci avevo messo dentro tutto quello che avevo: i fogli, il fascicolo, le carte di credito, il nuovo cellulare.. e il computer.

Non avevo ancora avuto tempo per vedere cosa ci fosse dentro. Così, tornata alla pensioncina del giorno prima nonostante avessi un patrimonio nella borsa, passai il pomeriggio a guardare cose ci fosse dentro. Analizzai tutto, dai documenti, alla cronologia di internet.

Nel momento in cui finii, squillò il cellulare. “Eva? Sono Megan.. sono stata al condominio. Ceniamo insieme sta sera?”

Ci demmo appuntamento alle otto, in un ristorantino sulla diciottesima.

 

Arrivai ristorante in perfetto orario, e trovai Megan già lì.

Ci sedemmo ad un tavolo e, dopo aver ordinato, chiesi a Megan cosa avesse scoperto. Lei assunse un’aria grave. “Sì, ecco.. è stato.. strano”

La guardai, interrogativa, senza capire. Cioè, in parte sì, dato che sembrava avessero tutti paura di me.

Lei sembrò riordinare le idee, e poi prese a parlare. “Allora.. sono stata dalle persone che hai detto che c’erano sul rapporto. Sono riuscita a parlare con tutti tranne con un paio perché non erano in casa. E.. tutti, mi hanno detto più o meno la stessa cosa. Che la tua famiglia era maledetta, avendoti ricevuta in figlia. Che dovevano essere stati puniti da Dio per qualcosa” spiegò. Chiara, senza mezze parole. Mi piaceva questo modo di fare. “Cioè, quelli che hanno detto così erano i vecchietti e alcuni credenti devoti. Quelli più terra terra, hanno detto semplicemente che tu eri una maledizione per la tua famiglia e che erano contenti che foste spariti. Qualcuno compiangeva tua madre perché sembrava loro una brava donna, ma nulla di più” bevve un sorso di vino. “Comunque, il più interessante è stato il padrone di casa.  Ha detto che la casa non è rimasta abitata per più di due mesi di fila: gli altri condomini raccontavano cose della tua famiglia ai nuovi inquilini, e loro se ne scappavano via” disse. “Con questo ho finito”

Sorrisi. Quel pomeriggio, forse, ero riuscita a capire un minimo del perché tutti fossero spaventati da me. Certo, era assurdo fosse a quei livelli.. per di più i tizi in banca! Ma era pur sempre un inizio.

“Sai.. io invece credo di aver scoperto parecchie cose, oggi” dissi.

“Tipo?”

Misi in bocca qualcosa che c’era per contorno. Storsi il naso. “Mhh.. che non mi piace la verdura, ad esempio” dissi.

Ridemmo entrambe.

 

 

 

 

Note dell'autrice:

Ok, ok.. lo so, ho un ritardo pazzesco. Chiedo umilmente perdono >.<

Sono stata una settiama al mare, e poi non riuscivo più a scrivere, non so perché.. ma ora sono tornata in me, e ecco qui questo capitolo u.u

^^

  
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