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Autore: milly92    07/07/2010    3 recensioni
Seguito di "Dillo Alla Luna". Luna e Marco, finalmente insieme. Nonostante siano insieme da poco, sembrano cresciuti moltissimo e tantissime responsabilità si accavallano addosso a loro: una casa da gestire da sola con sua sorella per Luna, l’ultimo anno di università per Marco, che lo condurrà alla fatidica laurea in architettura. Eppure, come tutti i rapporti, il loro dovrà consolidarsi e superare varie prove, rappresentate soprattutto da Tommaso, affittuario di una stanza in casa di Luna. “Vedi, Tommaso, il fatto è che a pelle non mi hai dato una buona impressione, ed io sono fatta un po’ così, pensa che fino a quasi un anno fa avevo un brutto rapporto con Stella e con Marco stesso… Poi il fatto di averti trovato alla mia porta quando aspettavo Marco…”. “Ma c’è sempre Marco in mezzo? Cioè, voglio capire che state insieme, ma a me sembra quasi che non respiri se non te lo dice lui..!” m’interruppe Tommaso, con un’accentuata vena critica nella voce che non mi piacque affatto. “Ma come ti permetti? Tu non mi conosci…”. “E non ti conoscerò mai se continui a lanciarmi frecciatine in presenza sua e a parlare sempre e solo di lui!” ribattè. Lo guardai furente, alzandomi dal letto. “E dove sta scritto che devi conoscermi per forza? Te lo ha prescritto il medico?”. Tommaso si alzò a sua volta, guardandomi con disprezzo. “E pensare che quando ti vedevo all’Università mi ispiravi simpatia e dolcezza. Sei solo una vipera insicura che non vive senza il suo cagnolino da guardia” disse.
Genere: Commedia, Romantico, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Odi, Sed Amo'
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Fly Like You Do It

Capitolo 6

Fly Like You Do It

“Martina Cristalli? Assolutamente no, la so di vista e all’Università ha la fama di una maniaca dell’igiene… Lo faccio per te, non tollererebbe le condizioni del bagno dopo che ti sei fatta doccia, shampoo e compagnia bella” dichiarai risoluta, qualche giorno dopo la “visita” di quel Tommaso di Maio. Gli avevo detto che gli avrei fatto sapere entro una settimana visto che avevamo già altre richieste, cosa assolutamente non vera…. Fino a quel momento, almeno.

Infatti, quella mattina del  cinque agosto, Stella aveva ricevuto una chiamata da parte di una studentessa del terzo anno della mia stessa facoltà che si era proposta di diventare una nostra coinquilina, ma le avevo detto di rifiutare dato che conoscevo i suoi “precedenti”.

Perciò Stella sbuffò, guardandomi come se fossi un caso clinico disperato. “Luna! Insomma, questa non va bene, Tommaso nemmeno… Dimmi tu! Non voglio perdere l’affitto di agosto!” trillò con la voce petulante che sapeva fare quando era in crisi a ccausa di shopping-astinenza.

Esitai, sapendo che quando si metteva qualcosa in testa era difficile farle cambiare idea. Guardai verso Vic, per conoscere la sua opinione visto che ormai era una di noi, e lei colse la palla al balzo per dire la sua. Quella mattina sembrava di buon’umore, cosa che ultimamente era molto insolita a dire la verità. Da quando aveva ricevuto quella lettera non faceva altro che comportarsi in un modo estremamente lunatico ed era capace di arrabbiarsi per ogni minima cosa.

“Per me dovremo dire di sì al ragazzo. It’s better!” disse entusiasta con il suo solito sorriso, battendo le mani.

“E perché mai?” domandai. Perfetto, ora ci mancava pure lei contro di me ed eravamo a posto!

“Perché ha sentito la sua voce al telefono e ne è rimasta affascinata…” rispose Stella, vittoriosa.

“No, sentite, a questo punto dì di sì a Martina, Stella” mi arresi.

“Ma perché? Cos’hai contro Tommaso?” chiese esasperata mia sorella, e Vittoria annuì fermamente. 

“Quando si parla di lui Marco fa una faccia che non mi piace” ammisi quasi con un sussurro. “Sta ancora pensando alla questione della telefonata, ritiene che non è vero che ha chiamato prima te e avevi il telefono staccato e che vuole venire qui perché già mi conosce, e non voglio dargli preoccupazioni, tutto qui. Anzi, a dirla tutta quel tipo non mi piace proprio” aggiunsi.

Dopo la famosa cena saltata, a causa del fatto che Marco era dovuto rimanere a casa di sua nonna perché non si era sentita bene, gli avevo raccontato della visita di Tommaso e del suo atteggiamento e si era dimostrato ancora più infastidito. Non mi aveva mai chiesto esplicitamente di non accettarlo come coinquilino perché sapeva che io e Stella avevamo bisogno di un affittuario al momento, ma lo avevo capito e non volevo dargli pretesti di gelosia o cose simili, ora che le cose tra noi si erano modificate con ulteriori passi avanti e tutto procedeva per il meglio.  

Stella e Vic mi scrutavano senza sapere cosa dire, poi, alla fine, la mia gemella fece un cenno affermativo con la testa. “Vado a richiamare Martina… Speriamo solo che non sia così fissata come dici!” disse, e si alzò, prima che l’abbracciassi, sollevata.

 

Martina sarebbe arrivata il giorno dopo, verso le dieci del mattino, e così ecco che insieme a Vic, Stella e Antonio sistemai la casa alla perfezione, giusto per ispirare alla nuova arrivata un senso di confortevole benvenuto, specialmente se le voci sul suo conto si fossero rivelate vere.

“Scusatemi se me ne vado, ma devo aiutare mia… Oh, non ve l’ho detto!”.

Tutte quante ci voltammo verso Antonio, ancora intente nel sistemare le ultime cose nella stanza che sarebbe diventata di Martina.

“Che cosa, Anto?” domandai.

Aveva l’espressione di chi si è dimenticato una cosa di vitale importanza, ad essere onesti.

“Non vi ho invitato alla mia festa di domani, compierò ventun’anni e mia madre ha voluto organizzare una festa a casa mia” disse, ancora stupito dalla sua mancanza di memoria. “Ci venite, vero?”.

Udendo quelle parole, mi ricordai di non aver mai saputo la sua data di nascita.

“Ma certo che ci veniamo, Antonio!” trillò Vic entusiasta, abbracciandolo e lasciandolo un po’ spiazzato.

“Infatti, non posso mancare!” esclamai, seguita a ruota da Stella.

“Perfetto! Ovviamente portate anche Marco, Mario e Martina…”.

“Certo! Oh, ci voleva una bella festa!” esclamò Stella.

Fu così che oltre all’arrivo di Martina avevamo anche il pensiero del regalo da fare ad Antonio. Ci stavo giusto meditando quando, alle dieci e un minuto, bussarono al citofono.

“Oh! E’ lei! E’ lei! Vado io, dopotutto al telefono ha parlato con me, si sentirà più rassicurata…” disse Stella agitata, correndo verso il citofono.

“Guarda che non siamo una clinica e lei non è venuta qui per ricoverarsi, perché mai dovremmo rassicurarla?!” obiettai, sospirando.

“Non capisci niente! Ehm ehm… Chi è? Oh, Martina, cara, sali!”.

Inutile dire che mi sentii nauseata, e già iniziai ad immaginarmi il continuo del comportamento mieloso di mi sorella. Cosa non si farebbe per denaro…

Dopo una breve attesa, durante la quale io me ne stavo nell’ingresso a braccia incrociate, Vic continuava a fare gli affari suoi in bagno e Stella se ne stava rigida davanti alla porta, il campanello bussò, facendo sussultare quest’ultima.

Contò a bassissima voce fino a tre, poi, dopo avermi fatto segno di accendere la luce nell’ingresso nonostante fosse pieno giorno, aprì la porta d’entrata.

“Ciao Mar..Ti…Na…”.

Evidentemente non era la coinquilina che si aspettava. Forse mia sorella si aspettava una miss? Bocchèggiò un po’, sorpresa, dopo averla squadrata per bene. La ragazza era fin troppo alta, con dei capelli un po’ crespi neri, degli occhiali enormi e indossava dei bermuda a quadretti che mettevano in risalto le sue gambe bene in carne.

“Ciao! Tu sei Stella, vero?” disse lei, sorridendo.

“Si, si, sono io, benvenuta! Entra pure…”.

Potevo risultare perfida, ma per astenermi dal ridere mi ci volle un bello sforzo. Perché diamine Stella era rimasta  così?

“Ciao, Martina, non so se ti ricordi di me, ci siamo viste qualche volta all’Università…” la salutai, mentre le facevo strada nella sua stanza.

“Si, mi ricordo, ho assistito ad un tuo esame!”  esclamò. In quell’istante mi accorsi che aveva un po’ la r moscia.

“Sul serio?”.

“Si, prendesti trenta…”.

Il solo ricordo di quel’esame mi fece aprire in un sorriso. Era il famoso esame per cui studiai con il chiodo fisso di Marco in testa dopo che era sparito dalla circolazione per stare dietro ad Elisabetta, una ragazza con cui aveva avuto una storia estiva che aveva avuto dei problemi di anoressia.

“Ah, ricordo,era febbraio. Comunque ecco la stanza” dichiarai, quando ci trovammo sulla soglia della camera.

Martina squadrò tutto per bene, poi fece un cenno soddisfatto.

“E’ molto graziosa!”.

“Oh, che bello che ti piaccia…” bofonchiò Stella alle nostre spalle.

Martina le sorrise e la lasciammo da sola mentre sistemava la sua roba.

 

Quel giorno, a pranzo, fu strano stare  seduta a tavola con Vic e Martina. Le due avevano subito fatto amicizia dato che ovviamente la nostra americana non poteva non esibire il suo entusiasmo nei confronti della nuova arrivata. Il momento più esilarante, almeno per me, dato che Stella lo riteneva naturale, fu quello in cui annunciammo a Martina che era stata invitata alla festa di Antonio e Vic subito si offrì disponibile per aiutarla a darsi una sistematina per sembrare più elegante e adatta ad una festicciola.

“Vic, credo tu sappia che l’Italia è un paese libero, vero? Ragion per cui non puoi imporre alla gente come vestirsi” m’infervorai, mentre fingevo di essere impegnata nel riempirmi il bicchiere d’acqua.

La diretta interessata abbozzò un sorriso timido dopo aver mascherato una prima espressione di disagio. “Ma no, anzi, grazie, io non sono mai stata brava con vestiti e trucco…”.

Inutile descrivere l’espressione di Stella, in stile “Non avevo dubbi”.

 

“You belong to me, I belong to you, fire from my heart, burning just for you. When you're far away I'm in love with you, feeling that so high… What can I do…”.

Le note di “Fly like You do it” riempivano chiassosamente i miei timpani mentre bevevo un po’ di birra accanto al tavolo del buffet, alla festa di Antonio. Davanti a me c’erano decine di persone che si scatenavano in quel soggiorno che ormai fungeva da pista da ballo e il festeggiato parlava con un gruppo di ragazze che non avevo mai visto prima.

Io e Stella ci eravamo recate alla festa prima di Vic e Martina dato che secondo l’americana le occorreva un po’ di tempo in più per “aggiustare” l’amica e al momento io e mia sorella aspettavamo la venuta di Marco e Mario.

“Se penso che mesi fa mi piaceva Antonio…” borbottò mia sorella, squadrando il diretto interessato nel suo completo fatto di pantaloni neri e camicia blu.

La guardai interrogativa e lei scrollò le spalle. “Niente, così, non capisco come facesse a piacermi!” ammise.

“Se non lo sai tu” commentai, bevendo un altro sorso. “Io più che altro penso ai vari casini che ci sono stati quando gli interessavo…” aggiunsi, pensierosa. Le settimane in cui avevo scoperto che fosse interessato a me e quelle in cui Paola lo accusava di pensarmi ancora dopo la loro rottura sembravano remote per me. E’ proprio vero, quando ci si innamora si perde la cognizione di molte cose e a furia di pensare al soggetto dei propri pensieri si tende a dimenticare questioni che prima si trovavano al centro dei nostri pensieri.

Persa nei ricordi per qualche istante, a stento sentii delle braccia forti cingermi la vita.

“L’ospite della serata è qui!” sussurrò al mio orecchio la voce del mio ragazzo.

Sorrisi entusiasta al solo pensiero di poter passare la serata con lui, dato che io, anzi, i miei ormoni, non avevano digerito quella piccola buca che mi aveva dato anche se per motivi serissimi, per carità.

Così mi girai verso Marco, circondandogli il collo con le braccia e stringendolo a me.

“E’ proprio vero che le persone importanti si fanno attendere” dichiarai, mentre al nostro lato destro Stella e Mario discutevano a bassa voce, chissà perché, poi. Ultimamente non facevano altro che battibeccare!

“Così mi fa emozionare, signorina Solari” ironizzò, tuttavia non volendo accennare a diminuire la presa attorno ai miei fianchi, fissandomi intensamente.

“E’ lei che mi fa emozionare tutte le volte che mi guarda così, signor Valenti” ribattei, trovando chissà dove la concentrazione necessaria per articolare quella risposta dato che se fosse stato per me gli sarei letteralmente saltata addosso. Un normale sintomo da astinenza, tutto qui.

Senza che riuscissi ad aggiungere qualsiasi altra cosa, mi ritrovai nel mezzo di un bacio passionale. Sentivo le mani di Marco sulla mia schiena, il profumo inebriante del suo dopobarba, le sue labbra calde e soffici che avevano imparato a modellarsi perfettamente sulle mie…

Probabilmente mezza sala ci stava guardando, ma onestamente non avevo né la minima intenzione né la forza per oppormi a quello stato paradisiaco.

Quando ci separammo, un audace Marco mi prese per mano- mentre tutti si giravano la loro testa altrove per non far vedere che ci stessero guardando- e si avvicinò di nuovo al mio orecchio per sussurrarmi: “Voglio stare un po’ da solo con te”.

Quella fu la frase che mi fece arrivare al limite, facendomi battere il cuore all’impazzata mentre un improvviso calore iniziava a propagarsi in tutto il mio corpo. Non so come, ma in pochi secondi mi ritrovai fuori dall’appartamento di Antonio, ancora mano nella mano con il mio ragazzo.

“Dove…?” domandai.

“Seguimi.. So che non sarà romantico ma di certo non possiamo usufruire della camera del festeggiato” sussurrò.

Lo guardavo senza capire, domandami cosa diavolo avesse in mente, ma decisi di non fare domande quando mi fece segno di entrare nella sua auto.

“E’ tutta colpa tua, Luna, non dovevi indossare un vestito così eccitante stasera” disse all’improvviso, guardandomi maliziosamente con la coda dell’occhio mentre guidava.

“Marco! Ma posso capire che cosa hai in mente….?”. Mi spiego, sapevo cosa avesse in mente, era lo stesso che avevo io, ovvio, che comprendeva noi due appartati in qualche parte in santa pace impegnati in attività molto più che ludiche ma non sapevo precisamente dove avesse in mente di andare, quale luogo avesse scelto come location della nostra fuga.

Marco non mi rispose subito, non prima di fermare la sua auto in posto desolato e scuro.

“Lo capirai subito…” mormorò ad un centimetro dalle mie labbra, iniziandomi a baciare il collo con una bella dose di frenesia allo stato puro che mi fece andare subito su di giri. In realtà, dato che in quelle situazioni il mio cervello ci impiegava sempre un bel po’ per comprendere, capii a cosa si riferisse quando, con un unico scatto mentre era passato a baciarmi le labbra, fece abbassare totalmente il sediolino dell’auto, facendo sì che si ritrovasse su di me mentre cercava la cerniera del vestito blu che indossavo.

Facendo, con difficoltà, due più due, mi bloccai e spalancai la bocca.

“Cosa?? Tu vuoi fare l’amore con me in auto?!” sbottai, quasi indignata.

Lui smise di affaticarsi con la cerniera e mi guardò, con un’aria logica dipinta in volto. “Beh, sì, non credevo avresti fatto storie…”.

“Ma sei impazzito?”.

“No!” disse con un tono deciso, prima di sbuffare.

Levai un sopracciglio, quasi come per invitarlo ad esprimersi meglio.

“Insomma, in Abruzzo non ti sei mai fatta problemi a farlo in riva al lago, per terra, nella doccia… Sul tavolo da cucina…” e qui mi guardò proprio per sottolineare il tutto, “Quindi perché ora dovresti prendertela? L’importante non è dove ma con chi, no?”.

“Ma che c’entra! In auto è una cosa da…”.

“Da cosa?” mi  sfidò.

“Mi sentirei una …”.

“Oh, Luna!” mi interruppe, disperato. “Insomma, credevo che questa situazione ci avrebbe aiutato a raggiungere una maggiore intimità, e poi secondo me sarebbe sul serio eccitante…” aggiunse, e così dicendo fece salire la sua mano, fino a farla salire casualmente fino al mio seno.

Non poteva farmi questo no. Non poteva farmi ricordare tutti i nostri momenti più intimi aggiungendo parole come “eccitante” e per di più sfiorando il mio corpo con un tocco che di innocente non aveva assolutamente nulla.

Non dovevo lasciarmi convincere così, diamine! Non subito, almeno.

Chiusi gli occhi, per cercare di non lasciarmi prendere dal suo tocco, e dissi: “Accetterò solo se sarai sincero con me. Quante te ne sei portate in auto?!”.

“Una, due anni fa. Apprezzi la sincerità?” disse a bruciapelo, guardandomi con aria di sfida.

Esitai, incerta su cosa fare. Il solo pensiero del fatto che si fosse trovato in quella situazione già con un’altra mi faceva salire la rabbia e la gelosia a mille, ma dovevo apprezzare la sua sincerità. Dopotutto, quante volte era andato a letto con altre su un vero e proprio letto? Era la stessa cosa, e di certo non pensavo a ciò quando ci trovavamo in posti più normali.

“Allora? Dimmelo se non hai intenzion…” iniziò, ma non ne ebbe il tempo perché l’avevo attirato verso di me e avevo condotto le sue mani su entrambi i miei seni dato che aveva mollato la presa per mezzo minuto.

“Luna, cosa…?”.

“Zitto che altrimenti ci ripenso” sussurrai, cercando di non badare alla scomodità del posto.

Avevo troppa voglia di lui, inutile negarlo, così mi lasciai andare, anche perché non mi ci volle molto.

Era come se dentro di me fosse scoppiato un enorme incendio, avevo caldo ma non potevo fare a meno di sentire la pelle nuda di Marco contro la mia. Il “Burning just for you” della canzone che stavo ascoltando prima alla festa era azzeccatissimo, mi venne da pensare. Stavo bruciando letteralmente solo per lui, il mio lui che adoravo e amavo alla follia.

Il solo sentire la sua pelle a contatto con la mia e le sue mani che sapevano come farmi impazzire mi mandavano in extasy, e fu così che ci lasciammo andare in preda al piacere e alla voglia di essere un tutt’uno il più possibile.

 

Quando tornammo alla festa di Antonio, un’ora e quaranta minuti dopo- un po’ trafelati e vestiti alla bell’è meglio- vi trovammo letteralmente il caos.

Nel momento in cui entrammo nel soggiorno, quasi non fummo travolti da Martina che correva verso l’ingresso, con indosso un abito nero molto largo, lasciandosi alle spalle mia sorella e Mario che si guardavano infuriati.

Il tutto fu accompagnato dal tonfo pesante della porta d’ingresso che veniva chiusa con una particolare forza e da Antonio che irrompeva nella stanza, uscendo da una delle camere con una ragazza mora particolarmente aggraziata e vestita in modo molto disinibito.

“Che succede?” mi domandò subito, quasi come se fossi io la colpevole, evidentemente infastidito la l’interruzione.

“Vorrei saperlo anch’io” dissi. Almeno non si era accorto della nostra assenza, pensai. “Chiedilo a Stella!”.

La chiamata in causa si voltò di scatto. “Fatevi gli affari vostri! Vieni, Mario, andiamo, togliamo il disturbo così parliamo in pace!” strillò, prendendo per il polso il suo ragazzo e lasciandoci, così, a corto di informazioni.

 

Martina non si fece viva. Anzi, mi correggo: quando tornai a casa, all’una passata, di Martina non c’era più traccia. Non c’erano più le sue cose nella stanza che aveva affittato e Vic disse che quando era rincasata, mezz’ora prima di me, già se ne era andata.

“Scommetto che Stella l’ha offesa di brutto!” sbottai, seduta in soggiorno, rivolta a Vic e a Marco, quella stessa notte. “E’ da quando è venuta che non fa che guardarla come se fosse un mostro…”.

“Luna! Per favore, mcredi che Stella sia così insensibile?!” mi riprese Marco bonariamente, scuotendo il capo.

Non risposi, sentendomi decisamente stupida. Mia sorella non poteva essere così cattiva, dai.

La speranza di saperne qualcosa in più si ampliò quando sentii le chiavi nella toppa e la voce di Stella.

“Come credevo, ecco di qui la Corte D’Assise” ci accolse lei, posando la borsa con nonchalance sul divano, entrando nella sala. Alle sue spalle, Mario esibiva un’aria un bel po’ sbattuta.

“Stella, cos…?”.

“Zitta di Luna, fammi parl…”.

“Martina se ne è andata, non ci sono più le sue valige, ti rendi conto?!”.

Stella sbuffò, mettendosi le mani ai fianchi, prima di guardare verso il povero Mario.

“Fammi parlare, cavolo, Luna! Stasera ho scoperto che Martina non è nient’altro che una delle ex di Mario” disse, infastidita.

Aggrottai le sopracciglia, mentre Marco guardava confuso il fratello e Victoria emetteva un’acuta risatina.

“No, fratello, ora mi spieghi… Io non so niente di questa ex? Me la ricorderei, giuro” domandò Marco, cercando di non ridere per la situazione che si era creata.

Mario emise un verso di impazienza prima di sedersi con fare rassegnato su uno dei divani. “Idiota, dovresti ricordare che qualche anno fa stavo con una di nome Martina che non ti ho mai fatto consocere…”.

Marco ci meditò su. “Oh, si! Ricordo! Quella dell’Orientale! Ora capisco perché non me l’hai presentata, uno standard così alto, irraggiungibile direi…”.

Zittii la sua presa in giro con una gomitata e Mario mi guardò grato. “Dicevo” continuò, “Le cose tra noi non sono andate bene e ci siamo lasciati in un modo un po’ traumatico…”.

“Forse perché l’ha mollata subito dopo esserci andato a letto. Ma dico io!” sbottò Stella.

Annuii, guardando Mario, quello che per me era sempre stato come un santo da venerare, in un modo incredulo. “Mario! Stella ha ragione!Ma dico io, come si può?! Lasciare una subito dopo esserci andato a letto…”.

Stella mi guardò come se fossi pazza. “Guarda che io intendevo dire… Come cavolo ha fatto a andare a letto con quella?! Gli hai messo una busta in faccia?!”.

Tutti, Mario compreso, scoppiammo a ridere senza sosta, anche se non era giusto giudicare così Martina a causa del suo aspetto fisico.

“Comunque, appena lei ha scoperto che lui stava con me e l’ha visto si è pietrificata, ha detto qualche frase che non ho capito ed è fuggita via!” continuò Stella.

“Oh, Stella, smettila di fare tante storie, e poi qualche tempo fa era molto meglio…” disse dopo un po’ Mario.

Stella storse il naso. “Se quelli sono i tuoi standard, ora stai con una dea” dichiarò, togliendosi una ciocca di capelli da sopra la spalla con eleganza.

Di tutta quella situazione io non ci capivo più nulla ad essere onesti. Avevamo fatto tanto per trovare una coinquilina e alla fine tutto era andato in fumo di nuovo.

Stella parve leggermi nel pensiero perché all’improvviso si ridestò e disse: “Comunque, resta il fatto che siamo di nuovo senza coinquilino”.

Sospirai. “Lasciamo perdere tutto, Stella, e troviamoci un lavoro” dissi decisa. Quella situazione mi stava sfinendo e con l’inizio delle lezioni all’Università non avrei avuto tempo da perdere con tutti problemi che sembrava causare la presenza di un’altra persona in casa dopo Vic.

“No, assolutamente no! Girls, chiamate Tommaso!” disse Vic, entrando per la prima volta nella conversazione.

“Vic, non avrai mica una cotta per questo tipo?!” sbottai.

“Come sei noiosa! Insomma, voi cercate anche il lavoro ma comunque fate venire anche Tommaso così guadagnate di più… Così mi farà compagnia quando voi lavorerete” ci implorò, pregando le mani in segno di preghiera e facendo gli occhi da cucciola indifesa.

“A questo punto assumi in baby-sitter, cara” ribattei acidamente. Quell’idea era assurda, decisamente.

“Luna ha ragione, ragazze, l’esempio di Martina vi ha fatto capire che è meglio non avere nuove persone in casa…” mi sostenne Marco, ragion per cui lo guardai amorevolmente per ringraziarlo.

Vic si alzò, guardandolo torva. “Tu sei solo jelous!  Non vuoi che in casa c’è

un altro maschio! You’re so selfish!” sbottò infuriata.

Al momento un manicomio faceva un baffo alla nostra casa, ad essere onesti.

“Che significa l’ultima frase?!” domandò Marco voltandosi verso di me.

“Che sei egoista” risposi.

“Eh?!”. Marcò si alzò a sua volta e fronteggiò Vic arrabbiato. “Io non sono egoista! Penso solo al bene per voi tre ora che siete da sole e loro due hanno i genitori lontani…”.

A quelle parole, Vic sembrò bloccarsi. Si irrigidì, i suoi occhi divennero lucidi e il suo labbro inferiore iniziò a tremare. “Ah, solo loro hanno i genitori lontani! La verità è che ovviamente qui you care only for them! Nobody cares about me, never!” e così dicendo se ne andò nella sua stanza, imitando quasi Martina versione furia.

Tutti fissavano il punto in cui era scomparsa, sbigottiti, e poi fissavano me.

“Ha detto che nessuno se ne frega di lei” dissi a mezza voce, sapendo che mi avrebbero chiesto di fare da traduttore.

E poi, non so come, improvvisamente tutto prese senso. La sua solitudine, il suo venire qui dall’America… Perché l’aveva fatto? Non sapevo nulla della sua vita prima di venire in Italia e probabilmente il suo eccessivo affetto verso anche chi conosceva da poco non era altro che dimostrazione di una mancanza di “coccole” da parte di qualcuno.

Io avevo Marco, Stella aveva Mario, ed era ovvio che trovandosi in una nuova città per l’ennesima volta, Vic non desiderasse altro  che un po’ di compagnia in più dato che non conosceva nessuno. Poco importava che conoscesse Tommaso solo telefonicamente… Se tutto ciò fosse servito a tirarla su e a farle compagnia quando noi eravamo impegnato, andava bene.

“Dobbiamo dare retta a Vic. Chiamiamo Tommaso e facciamogli firmare il contratto d’affitto” sospirai, tra le occhiate sbalordite di mia sorella e i due ragazzi, prima di andare da Vic per annunciarle la bella notizia.

 

***********

Spero che vedendo l’aggiornamento non vi abbia preso un colpo! xD

Ironia a parte, inizio scusandomi per l’enorme ritardo. So di non avere chissà quali giustificazioni, è estate, ma ho finito la scuola il 12 giugno e per qualche giorno ero ancora sotto shock e non avevo voglia di fare nulla a causa delle nottate fatte a studiare, poi ci si sono messi i preparativi per la festa per i miei 18 anni… Ora che è tutto finito e che mi hanno regalato un notebook con cui posso scrivere in tutta comodità sarò molto più rapida, promesso. Ah, ed ora che sono maggiorenne, stavo pensando di scrivere una one shot rossa circa la prima volta di Marco e Luna XD

Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e che abbia compensato la mia assenza. Dal prossimo cap in poi, le cose si faranno decisamente serie, gente! Iniziate  a tremare XD

Ringrazio di cuore tutti coloro che hanno recensito lo scorso cap e tutti coloro che mi lasceranno un commento nonostante il ritardo.

 

SE VI VA DI LEGGERE QUALCHE ALTRA MIA STORIA:

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Grazie tutti, mi siete mancati tantissimo!

La vostra milly92.

  
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