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Autore: Esther Sparks    09/07/2010    1 recensioni
Un nuovo piccolo delirio "Ancora quegli occhi erano capaci di attirarla. Di più era stata in grado di innamorarsene davvero. E non per il ruolo del vampiro buono che gli aveva portato la fama"
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Robert Pattinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Answer

What I need now is an honest answer, to make things better
You can see now my hands are tied, and I surrender
So I'll wait here for your final answer, your final answer

The Calling- Final Answer

 

 

Com’è stringere le tue mani? Me lo chiedo spesso quando fisso le mie e le trovo troppo vuote di te.

Com’è baciare le tue labbra? Me lo chiedo ogni volta che sfioro la mia bocca e la trovo arida dei tuoi baci.

Com’è scompigliare i tuoi capelli? Me lo chiedo quando spazzolo i miei troppo lisci e diritti, troppo in ordine in assenza di te.

Com’è accarezzare il tuo viso? Me lo chiedo vedendo le lacrime scivolare sul mio quando è troppo intenso il desiderio d’averti accanto.

Com’è il tuo profumo? Perché a me pare di conoscerlo?

Come dormi?

Dove voli quando sogni?

Come ti piace mangiare? Io adoro farlo camminando per strada. E lo so che è buffo ma io non sono troppo seria in queste cose.

Come studi i tuoi copioni? Ti immagino svaccato sul divano, a gambe incrociate su di un tappeto, con le gambe alte sulla ringhiera di una terrazza sigaretta tra le dita e chitarra di fianco pronto per un break.

Qual’era il tuo gioco preferito da bambino? Il mio era la caccia al Tesoro degli Gnomi. Papà preparava per me e altri bambini un percorso incantato tra i boschi e le radure. Trovavamo il prezioso tesoro, un sacco di caramelle in un piccolo cofanetto colorato, appena sotto terra tra le radici delle querce o nei pressi di piccole sorgenti o ancora all’ombra di enormi rocce.

E’ davvero il grigio il tuo colore preferito? Io non ce l’ho un colore preferito. Mi piacciono tutti i colori. Mi piace fare l’arcobaleno con i prismi come faceva Pollyanna. Ne parlavamo l’altro ieri con un’amica. Sai, tutte e due associamo la parola prisma a Pollyanna. Ci siamo proprio trovate io e lei. Tu li fai questi discorsi con i tuoi amici?

Ti manca Londra? A Londra tu manchi. Tu mi manchi a Londra. Insomma manchi a tutte e due. A Londra e a me. A me di più però, fa niente se non ti ho ancora incontrato.

Com’è litigare con te? Ci penso quando vorrei odiarti. Quando sto troppo male perché non riesco a raggiungerti e l’unica persona con cui posso prendermela sono solo io. Varrebbe la pena litigare fino ad urlare, fino a restare senza fiato, fino a piangere disperata, fino a maledire il giorno in cui t’ho incontrato. Varrebbe la pena se il prezzo da pagare fosse l’averti a fianco ogni giorno della mia vita. Varrebbe la pena per poi fare pace. Perché io lo so che la faremmo la pace.

Com’è venire a cena con te? Vedi, ho letto questa cosa. Ho letto di una tua cena con Kristen e ho pensato a come sarebbe, di cosa potremmo mai parlare, a cosa mangeremmo, di cosa faremmo dopo… Cose così insomma. E ho anche pensato che la invidio profondamente, Kristen intendo. La invidio perché lei queste cose non è che le deve immaginare, lei queste cose le puo’ fare.

Stai davvero con lei? Questa è una domanda che mi dilania se ci penso. Quindi di solito tento di non farlo. Quindi di solito la relego nell’angolo più lontano della mente… Ma è come una minuscola scheggia che anche se non vedi da fastidio. Sono patetica, forse. Ridicola? Sicuramente. D’altra parte non sono un po’ tutti ridicoli gli innamorati?

Mi ameresti se ci conoscessimo? Questa è un’altra domanda che mi dilania, però in un modo dolce. In un modo che prevede un lieto fine. In un modo che mi fa sorridere perché i sogni sono solo miei e le fiabe che mi racconto hanno come ultime sette parole “E vissero per sempre felici e contenti”.

Qual’era la tua fiaba preferita da bambino? La mia era la storia della casetta raffreddata. Non credo la conoscano in molti. L’inizio recita così “C’era una volta una casetta tutta blu col tetto d’ardesia…” Mi piacerebbe raccontarti il resto. E anche la storia dello specchio burlone e anche quella delle bambole. Non sono buona come Cenerentola che tace e sopporta. Non sono servizievole come Biancaneve che pulisce e canta. Forse sono più Cappuccetto Rosso… Di Lupi ne ho incontrati troppi per i miei gusti e il cacciatore non s’è mai visto… Fortuna che me la sono sempre cavata. Ah già… la Sirenetta. Era la Sirenetta la tua fiaba preferita… Beh, io farò finta di dimenticarmelo e tu me lo racconterai. Perché sono sicura che sentita dalla tua voce avrà il gusto della novità e si rivestirà della giusta tenerezza che deve ammantare questi ricordi.

Qual è il tuo primo ricordo? Io ricordo mia mamma mentre allatta mio fratello e mi ricordo che ero arrabbiata perché non poteva prendermi in braccio con quel coso tra le braccia. Che vita difficile le sorelle maggiori! Tu ne hai due. Le tratti bene vero? Perché sai, poco importano i dispetti o gli scherzi… Tra fratello e sorella si rimedia sempre tutto. Sempre.

Perché t’hanno buttato fuori da scuola? Non è che davvero mi importi poi… Insomma… Mi fa quasi sorridere perché non ti ci vedo a fare grandi cazzate per te stesso… Più che altro ti vedo finire nei casini per aver aiutato qualcun altro.

Ho forse una visione troppo “buonista” di te? E di grazia, un’innamorata come lo dovrebbe mai vedere il suo innamorato?

Come faccio ad amarti? Dimmelo tu, perché io non lo so. Io so solo che ti amo. Pensarlo mi sconvolge, scriverlo mi distrugge… Dirtelo… Dirtelo mi annienterebbe o mi concederebbe la grazia? Non so nemmeno questo. Ci sono così tante cose che non so. Ma il mio cuore pare abbia deciso da solo. Ha deciso che ti conosce. Ha deciso che ti riconosce. Ha deciso che t’appartiene. Il vero problema è che ora sta convincendo anche la mia testa. Dove mi porterà tutto questo? Fossi Wendy e tu Peter passeresti a prendermi e ce ne voleremmo a Neverland. Fossi Alice e tu Il Cappellaio Matto andremmo allegramente a berci un tea a Wonderland, a bordo di cappello ovviamente che è il modo più veloce per spostarsi. Se fossi solo io e tu fossi solo Robert ti porterei a vedere i posti in cui sono cresciuta e quelli che più ho amato e tu mi faresti riscoprire Londra attraverso i tuoi occhi, i tuoi ricordi e me ne innamorerei di nuovo. E mi innamorerei di nuovo di te, se non che già lo sono. M’innamorerei lì in quella piccola stradina di Soho che porta al tuo vecchio appartamento, lì su quella panchina che sta di fronte al pond del Barnes Green e che è dedicata a Shirley da tutti coloro che l’hanno amata. La vorrei anche io una panchina così un giorno. Quel giorno in cui sarò tra il vento e spirerò sui volti di chi su quella panchina si siederà e racconterò loro la mia storia d’amore e loro forse non capiranno le mie parole fatte di sussurri ma sentiranno un’emozione nel cuore che tenteranno di afferrare. E non sapranno d’avermi trovata.

Ascolta anche tu i sussurri del vento Amore mio e odi il mio cuore che t’invoca.

Guarda l’ombra che ti segue, io sono anche lì.

Tocca quella fronda e nel verde delle foglie scorgi il mio sguardo che ti segue.

Sdraiati al sole e senti il mio tocco nel tepore della sua carezza.

Dissetati alla fontana e nel ristoro dell’acqua fresca t’offrirò sollievo dalle arsure della vita.

Odora quei piccoli fiori di gelsomino e saprai riconoscermi se ti passassi accanto…

 

Maela chiuse le pagine del diario non prima di avere messo il suo segnalibro preferito. Una farfalla in ferro fatta a mano da una carissima Amica. L’orologio battè le 7.00. Il film sarebbe iniziato alle 8.30.
Mise un vestito, delle scarpe coi tacchi e si trucco’. Attenzioni che normalmente non si rivolgeva. Normalmente avrebbe indossato un paio di jeans e una t-shirt, le all stars e a malapena del burrocacao sulle labbra.
Ma quella sera avrebbe visto Robert, finalmente. Erano passati ben quattro mesi dall’ultima volta. E quattro mesi erano tanti per chi come lei viveva di quei 124 minuti.
Scese dalle scale di corsa e dopo un saluto veloce ai genitori sparì fuori dalla porta lasciandosi dietro una scia di profumo dal sentore di gelsomino.
“Ma dove va così di corsa?”
“Da Robert”
“E chi è questo? Uno nuovo? E perché non la viene a prendere a casa?”
“Oh… Lascia perdere. Non sono affari tuoi e comunque, è andata al cinema!”. La signora Manuela guardava la porta che la figlia per la fretta aveva lasciato aperta. Il marito continuava i suoi rimbrotti contro i tempi moderni in cui erano le ragazze a rincorrere i ragazzi. Ai suoi tempi era il contrario…
“Oh, ma non devi preoccuparti… Sembra venire da un altro secolo…” e con questo la signora Manuela tornò ai suoi affari lasciando il marito a meditare perplesso.

 

 

Yaketi Yak…

Delirio notturno… Chiedo Venia… Ma da dove mi vengono ‘ste cose Mia Dolce? Che qua a farsi male ci si mette ½ secondo…

  
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