Povertà

Di significati ben magra
la tua misera parola,
mi ricordavi quel corpo
trascinato ieri
sull'asfalto:

era una mendicante,
di stracci vestita
adornata di buio,
la sua faccia, dicevi,
metteva paura,
e aveva così tanta
paura
il suo ventre
da volerne quasi vomitare.

Ti guardava con gli occhi verdi
di tua madre,
di mia madre,
lontana,
misconosciuta
(Natura il suo nome –lo ricordi?),
violentata dai suoi figli
e gettata a mare
in macchie di petrolio;
aveva gli occhi dei cerbiatti
per ingordigia umana
sacrificati
sull'altare della patria,
e il tuo labbro anche oggi
ha sanguinato.
(non l'hai visto?)
Povero,
di sguardi povero
il tuo popolo,
troppo pieno lo stomaco
per poter vibrare.

Ci ferivamo spesso, all'inizio,
di dolore urlavamo
e di rabbia;
morivamo spesso, dopo,
dissanguati, e il tuo labbro
grondava;
dormivamo spesso, alla fine
(amaro letargo in solitarie
vie di provincia).

Un giorno di Febbraio
perdemmo la voce,
ce la rubarono insieme
ai sogni dorati,
ci rubarono la lotta,
le fittizie speranze
d'oro.

Da parte mia,
preferii sovente l'argento.





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Ho scritto questa poesia un po' di tempo fa, per partecipare ad un concorso, e sono felice di dare il mio contributo a questa iniziativa, sperando che possa avere una risonanza maggiore.