La stanza
di Percy era quella che, un tempo, era appartenuta al capitano della nave
(ovviamente). Il galeone si chiamava "Without heart" ai suoi
tempi migliori, questo perché quel vascello britannico portava
una banda di investigatori e guardiani dei mari d'Inghilterra, nonché
parecchi cacciatori di taglie; tutte persone volte a eliminare qualsiasi
pirata, contrabbandiere e corsaro inquinasse quel mare splendido. Il capitano,
La Chernier Thompson, era di padre inglese e madre francese. Era persona
raffinata, un aristocratico londinese, di quelli che amano frequentare
i circoli per ricchi, parlando di viaggi, giocando a scopa o a bridge.
La Chernier era rimasto incantato fin dalla prima volta che vide il mare,
a quattro anni. La sua famiglia, quando lui aveva sette anni, si era trasferito
nella città di Douglas, sull'isola di Man. Qui La Chernier poteva
stare quotidianamente a contatto col mare. All'età di quattordici
anni era uno dei campioni di nuoto nazionali. La Chernier era però
incantato soprattutto dalla possibilità di dominare il mare, di
solcarlo con le imbarcazioni, come faceva il padre, comandante di una
grossa nave, la "Flavosky". La madre, invece, era figlia di
una ricca famiglia con la quale da anni non era più in buoni rapporti.
Ora si occupava della casa, dei figli Thompson e Sermié, il fratellino
minore di La Chernier, e soprattutto del cucito, la sua più grande
passione. La Chernier si era trasferito a soli 25 anni a Londra per studiare
le navi e la possibilità di rivoluzionare le imbarcazioni, nel
tentativo di renderle più veloci, ma soprattutto più resistenti
alle tempeste e alle intemperie. Era un tipo tranquillo, a quel che si
sapeva, dedito a continui studi, ma anche al nuoto e all'allenamento fisico.
Oltre ad essere un ottimo nuotatore, era anche un bravo tiratore di fioretto.
A 32 anni, quando un ricco imprenditore navale lo accettò nella
sua compagnia, ricevette la notizia peggiore della sua vita: nel rientro
di suo padre nella casa a Douglas, l'abitazione era stata incendiata e
i suoi genitori uccisi. Per anni aveva cercato di scoprire chi fosse stato
quando una nave pirata non abbordò la Mensoniqué, la nave
di cui La Chernier era vice capitano in coperta. Glaciale fu la sensazione
che provò quando scoprì che uno dei tre capitani della nave
pirata era il suo fratello Sermié, più giovane di lui di
otto anni. Fu in quell'occasione che seppe che fu proprio suo fratello
ad uccidere i loro genitori. Il perché La Chernier non lo seppe
mai, ma è certo che Sermié fece sparare a tutto l'equipaggio
della nave abbordato, non uno escluso, eccetto Thompson, che con la scusa
che fosse suo fratello, Sermié lasciò su una scialuppa con
varie falle mentre il mare era in agitazione. Ma La Chernier riuscì
a salvarsi e, giunto a Downpatrick nell'Irlanda del nord, arruolò
un equipaggio per la nave "Without heart", che comprò
dando a fondo tutti i suoi risparmi. Fondò la prima organizzazione
galleggiante di cacciatori di taglie, di cui i proventi ricavati individualmente
con quest'attività dovevano andare il 30% alla persona che aveva
catturato una taglia, e il 70% alla direzione della nave, che divideva
gli "stipendi". La Without heart divenne popolare e molto ricca
in pochi anni, e presto La Chernier riuscì a rintracciare la nave
pirata di Sermié, che catturò e, oltre a saccheggiare e
imprigionare tutti i pirati, requisendo la nave, restituì a Sermié
il favore: lo lasciò su una scialuppa con molte falle durante una
tempesta. Ma La Chernier non poteva pensare solo al proprio ego: aveva
ucciso i propri genitori. Così, dopo che era calato in acqua, La
Chernier lasciò cadere sulla piccola imbarcazione una palla di
ferro con catena usata per bloccare i detenuti e Sermié fu inghiottito
dalle acque.
Percy guardò intorno a sé. Il suo era un bell'alloggio,
con opere di legno intagliate che imitavano antiche opere artistiche di
fama. L'alloggio era stato creato in un modo che funzionava da ufficio,
studio e camera da letto insieme, sfruttando diversi sistemi di tendaggio.
Era buio, notte tarda o mattino presto, ma del sole neanche i cenni: doveva
ancora passare del tempo prima che sorgesse. Il cielo era cupo, il mare
in subbuglio: la nave dondolava in modo inquietante da prua a poppa, alzandosi
e abbassandosi secondo un lento ritmo da musica classica. Percy era seduto
davati a un tavolino di legno d'epoca dove si trovava una boccetta d'inchiostro,
in cui stava intingendo la penna d'oca che aveva nella mano sinistra e
una pergamena fiocamente illuminata da una lampada a olio. Riportò
la penna sulla pergamena, continuando a scrivere dal punto in cui pareva
essersi interrotto "... e ancora oggi, ventiseiesimo giorno di navigazione
dal momento della partenza dal porto di Kilrush, in Irlanda, dopo la tappa
di rifornimento, le mie ricerche non sembrano procedere. I malesseri continuano,
in certi casi sono più intensi, e le perdite di sangue sono continue
e quotidiane come sempre, talvolta più gravose del solito... non
capisco quanto dovrà durare questa storia, quante volte dovrò
procurarmi illegalmente del sangue. Eppure non trovo motivazioni; neanche
le mie ricerche in medicina babbana e medimagia mi portano a dei risultati.
Ma questi potrebbero essere i giorni giusti: ho a bordo geniacci come
Hermione, e Neville, che aveva vinto una borsa di studio in erbologia.
Anche se in altri campi non eccelle, chissà che l'erbologia non
possa contenere una chiave di sbocco. Inoltre con le visite e i controlli
medici ho scoperto che hanno il mio stesso sangue. Quando si dice: due
fave con un piccione..." improvvisamente scostò la penna d'oca,
che ripose nella boccetta d'inchiostro, e coprì le pergamene con
un grosso libro sulla navigazione nel Mar del Nord. Un rumore dei passi,
intenso e rapido; qualcuno che correva. La porta si spalanco di conseguenza
all'impeto di Kirwaff, uno dei suoi marinai, più precisamente il
suo avvistatore: mattiniero e tardivo ad andare a dormire. Rimaneva per
gran parte della giornata appollaiato sull'albero maestro ad osservare
il mare e, in questo modo, fungeva da avvistatore. Ma ora pareva parecchio
scosso e Percy, che lo conosceva, sapeva che la motivazione doveva essere
tutt'altro che riprovevole, perché Kirwaff conosceva il mare meglio
di lui e non s'intimoriva facilmente. "Sig... signore..." sbraitò,
tra un affanno e l'altro prodotti dalla corsa, sgranò gli occhi
e osservò Percy con aria grave "SIAMO SOTTO ATTACCO!"
Sul ponte di legno del grande galeone Alsazia, una figura ammantata con
una grossa tunica color malva è appoggiata al corrimano ai lati
del pontile e osserva, apparentemente inespressiva, le onde del mare.
Dietro di lui, il marinaio Murraow osservava a turni il "Without
heart" e a turni il capo. Quest'ultimo prese la parola, il suo tono
era pacato: "Dimmi, Murraow..." accennò. "Sì
signore!" rispose pronto il robusto marinaio. "Sapresti ricordarmi
la fine che ha fatto il primo capitano della nave, Alsatio?" il marinaio
deglutì "Secondo la tradizione, morì tre secoli fa
quando ritirò la nave in seguito a un arrembaggio non conseguito
vittoriosamente. Un grande smacco per l'Alsazia: nessuno riusciva a impedire
la sua avanzata. All'epoca era il galeone più rapido, la struttura
della chiglia permetteva un'avanzatissima resistenza ai bombardamenti
e l'artiglieria della nave era davvero di grande qualità, oltre
che quantità. Il primo regolamento degli abbordaggi dell'Alsazia
era 'mai retrocedere'. Una volta cominciatone uno, si deve completare,
bene o male che vada a finire. La regola diceva che ai trasgressori dovevano
essere tagliati mani e pieni a calato sul pelo dell'acqua, per essere
poi così divorati dagli squali". La figura ammantata riprese
la parola: "L'Alsazia è l'imbarcazione più spietata
al mondo. Se il ponte non fosse stato ristrutturato e, con la magia, lavato,
adesso tutto il sangue sparso lo avrebbe alzato di almeno due dita. Il
Without heart rappresenta il territorio di negoziazione coi Magister.
Lo conquisteremo... deprederemo e, diplomaticamente, useremo" a quel
punto, si voltò "Dopodiché, vi cercherete un nuovo
capitano". Il marinaio trattenne il respiro. Dentro di sé,
la notizia gli aveva riempito il cuore di speranza: detestava quell'inviduo.
Non si sentiva mai al sicuro, vicino a lui. "O meglio..." si
corresse la figura "Cercheranno" Murraow sgranò
gli occhi, non sicuro di aver capito bene, mentre l'individuo si voltò
ad osservare il mare, dopodiché il cielo "Una tempesta farà
da background al mio trionfo".
Percy stava osservando l'imbarcazione nemica al fianco di Kirwaff. Non
occorreva neanche il cannochiale per vederla: non era molto distante.
Percy usava il cannochiale solo per accertarsi che la bandiera rossa issata
non fosse davvero la storica bandiera dei pirati-maghi, che usavano per
dichiarare arrembaggio. Infine ripose il cannochiale accanto a sé,
ripiegandolo "Proprio così, Kirwaff. L'Alsazia ci vuole attaccare,
e se lo fa in questi giorni vorrebbe poter significare che allora è
alleata dei Magister" disse il medico. Kirwaff allora rispose: "Come
procediamo?" vide Percy sospirare, e poi voltarsi verso di lui: "Tu
sei molto più esperto di me, Kirwaff. Ti investo dei pieni poteri
di capitano fino al termine del conflitto. Conta su chiunque, e qualunque
risorsa. Devi riuscire ad avere la meglio". Prima ancora che Kirwaff
potesse rispondere, un forte tuono solcò i cieli, seguito da un
fulmine che illuminò la cortina di nuvole con uno sprazzo di luce.
Percy alzò, con la bocca poco aperta, la mano destra lentamente:
sentì, sul palmo, le prime piccole gocce di pioggia.
Ventidue anni... Hermione si voltò sul letto della sua camera,
i lunghi capelli castani dalle sfumature dorate, scompigliati, erano poggiati
sulle lenzuola, abbattuta come lei. Ventidue anni... questo era tutto
quel che aveva concluso..? I suoi occhi si ritrassero fino a diventare
due fessure. L'ambiente che la circondava si annebbiò. Davanti
ai suoi occhi apparvero parecchie sequenze della sua vita. Eccola! Quasi
avesse premuto un tasto di stop, una particolare immagine si bloccò
davanti a lei. Londra, anno 1986, mese di Gennaio. Una piccola bambina,
con lunghi e bei capelli lisci castani, un vestito rosso che calzava a
pennello, era entrata con la madre in una grossa struttura bianca. Era
conosciuta come in London Medical Pool. Erano salite con l'ascensore privato,
riservato ai soli lavoratori. Le porte si riaprirono. Il corridoio in
cui si ritrovarono era altrettanto grande, lucido e bianco, tanto lucido
che sulle pareti e il pavimento potevi vedere un tuo sfuocato riflesso.
La madre dice qualcosa di confuso, con passo veloce, ma tranquilla: la
sua calma si percepisce sempre, anche da lontano. Svoltano un angolo.
Davanti alla porta in cui usualmente entriamo c'è una piccola famiglia
che aspetta. Il primo è un grosso signore di media altezza, con
una pancia di una certa consistenza e due grossi baffi da tricheco. La
bambina sorrise e si portò la mano alla bocca, come le aveva insegnato
la mamma, per non far vedere che l'uomo la divertiva. Dietro all'uomo,
tutto il contrario di quest'ultimo; una donna, più alta, molto
magra, tanto che alla bambina pareva di vedere ombre sfuocate delle ossa
del cranio. Dietro, due bambini. Il primo si è appena portato le
mani dietro la schiena dopo aver spinto a terra il secondo. Deve essere
davvero figlio di quell'uomo: i capelli sono simili, anche i lineamenti
del volto, ma soprattutto è già abbastanza grasso per la
sua età. Il ragazzino dietro di lui si rialza lentamente, senza
protestare. Sembra tranquillo. Ha dei bei capelli neri, tutti scompigliati,
gli occhi verdi affannati (non sembrava che ci vedesse molto bene), ed
era molto magro, ma con lunghi vestiti spioventi che parevano di seconda
mano, e probabilmente non suoi. Ci fermiamo davanti a loro. Mia madre
sorride e parla. Sono suoi clienti, ma è la prima volta che vengono.
Sembra che l'uomo abbia una ditta di tr...tr... trenini... no... temperini...
la bambina non si ricordava bene. Erano qui per il figlio, perché
mia madre le controllasse i denti. Forse avevano paura di una carie? Mia
madre annuì varie volte, sorridendo. Anche l'uomo ridacchiò
in modo davvero poco simpatico, ma la donna rimase seria, con la bocca
chiusa, labbra sottili che parevano pungenti. La madre aprì la
porta. La prima stanza era d'attesa, e molto bella: due schiere di basse
poltrone verdi che la bambina conosce bene e sa che sono comode. Al centro,
un basso tavolino di legno con delle pile di giornali e quotidiani presi
e sparsi a casa. Sul soffitto, una ventola che viene attivata solo d'estate.
Mia madre apre la porta della sua stanza da medicazione, prima di entrare
mi guarda e sorride, quindi mi dice le stesse cose, di aspettarla e stare
tranquilla, che se ho qualcosa che non và posso chiedere alla Carla,
un'infermiera italiana che è stata accettata a lavorare qui più
o meno quando mia mamma, e ha molta confidenza con la famiglia della bambina.
La bambina pensa che sua mamma è la migliore del mondo! Quindi
la madre entra, seguita dalla famiglia... ma prima che il ragazzino più
piccolo e magro, coi capelli neri entri, l'uomo lo spinge fuori e gli
parla in modo scorbutico, dicendogli qualcosa... non vuole che entri.
Perché? La bambina si siede su una poltroncina verde di destra
e afferra un quotidiano. Ha cinque anni, sua mamma le ha insegnato a leggere
da qualche mese ma non è ancora molto brava. Il quotidiano che
ha preso è il suo preferito: il Times! Non capisce molto bene gli
argomenti. Ha cominciato a capire che ci sono pagine diverse: costume,
politica, sport, società... non guarda le foto come fanno gli altri
bambini, legge, perché le piace molto leggere. Ci mette molto tempo
a leggere un solo articolo, e spesso non sa bene di cosa parli... parla
della regina, e poi del parlamento... ma cos'era il parlamento? Si sforzò
di pensarci... poi le venne in mente un grosso stanzone dove tante persone,
spensierate, sorseggiando un po' d'acqua, chiacchieravano del più
e del meno. La bambina alza gli occhi dal Times. Dritta davanti a lui,
su una poltroncina verde dell'altra schiera, c'è il bambino emarginato.
Si guarda intorno. E' stato trattato male, ma non sembra importargli.
Piuttosto, sembra solo. La bambina lo guarda e pensa che è proprio
carino. La mamma gli ha sempre detto che quelle cose che legge su società,
cioè che un attore dà alla luce un nuove amore con una cantante,
sono banalità. Che quello non è amore. E quando le ha chiesto
cos'è l'amore, la madre le ha risposto che è un sentimento
personale, e ognuno può sentirlo a modo suo. Secondo sua madre
è quando non puoi fare a meno di una certa persona, e stare con
questa ti riempie di felicità. La bambina medita... allora non
è innamorata di quel bambino. Meno male, se fosse un attore sarebbe
stata una cosa banale... però lei non era una cantante! All'improvviso
la bambina nota qualcosa, qualcosa che prima non aveva visto: sopra il
sopracciglio destro il bambino ha un segno. Somiglia a una saetta. All'improvviso
il segno brilla di una luce rossa che segue la sua sagoma. Il bambino
china il capo e tira un grido, rapido e di dolore istantaneo. Mia madre
si affaccia sulla sala d'attessa. La luce si è spenta. Il bambino
dice che è un suo vizio gridare all'improvviso... non ho mai sentito
un discorso simile. Poi la mamma torna dentro ed esce l'uomo. Và
dal bambino, lo prende per il colletto e pare minacciarlo. Quindi lo rigetta
sulla poltroncina e rientra nel laboratorio, chiudendo la porta alle sue
spalle. La bambina si è irrigidita e ha la mano sul cuore. Quella
luce non l'ha spaventata... l'ha cambiata. E' come se da tempo avesse
aspettato questo. Il bambino si alza in piedi. Sembra essere parecchio
scosso. "Perché ti sei sentito male?" chiede la bambina,
alzandosi anche lei "Io sono Hermione!" e lo saluta. Il bambino
suda e ha poco fiato "Ciao... eh... io sono... Harry" sorride,
innocente e con simpatia "non so cosa succeda... mi è già
capitato qualche volta... io a dire il vero..." la bambina prende
la parola "Ti senti in pericolo" conclude. Harry la guarda,
meravigliato "Sì... come lo sai?" "Non so... penso
me l'abbia suggerito quella luce... tu devi sopravvivere" Harry la
guarda senza capire "Cosa stai dicendo?" "Quello che mi
ha detto la luce... senza di te non c'è speranza. Sopravvivi, per
far sopravvivere noi. Gli astri e i vincoli profetici sono legati a te.
Al momento giusto, io ti sarò di aiuto" il bambino non capisce,
ma neanche la bambina capisce tanto, però con quella luce si sente
profondamente legata ad Harry "Un giorno, tu ed io faremo la differenza"
si avvicina e gli dà un bacio sulla guancia "senza di me non
ci sarai tu, ma io dovrò cadere per te. Tu puoi cambierai un percorso
già scritto... sta a te decidere come muoverti. Non farti... ingannare..."
la scena si sfuma. Hermione, nel suo letto, è in lacrime. Ventidue
anni... aveva sempre avuto il pallino della conoscenza fin da quando leggeva
il Times nella sala d'attesa della mamma. Voleva giungere a qualcosa cui
non è arrivato nessun altro. Fino al settimo anno di Hogwarts era
rientrata tra i cinque migliori studenti/esse della storia di Hogwarts.
"Perdonami Harry..." disse Hermione "ti ho deluso, ma tu
non sai..." quando il trio, Silente, Voldemort e Piton cercavano
i Protettori della Fenice e Harry stesso, lei era stessa catturata per
coprire la sua fuga. Era stata sottoposta al Veritaserum. E' una pozioni
pericolosa per i nemici, ma solo se sai quali domande fare. Per fortuna,
le più importanti non le sapevano. Ma la Veritaserum ti rispolvera
anche i più minimi cenni di ricordi che quasi non ti appartengono
più (nel caso te li chiedessero...) per questo si era ricordata
(e adesso aveva bello vivo in testa) quel discorso che aveva tenuto a
Londra con Harry. Non sapeva di averlo conosciuto prim di essere arrivata
a Hogwarts. Il trio voleva sapere dove fosse Harry, ma non avevano fatto
il conto con una cosa: Harry era legata a una profezia, forse anche di
più. Queste non volevano dire che avesse successo assicurato, ma
solo che lui... POTEVA! Lui e lei si erano fatti la promessa di non abbandonarsi.
Quando un legame profetico influenza una persona e questa fa una promessa
con un'altra, la promessa assume forma di barriera forte da infrangere.
Lo aveva capito quando il Veritaserum non riusciva a farle svelare dove
Harry si trovasse. Lo avevano capito anche loro (ovviamente...). In quei
giorni accadde quanto di più lo segnò in vita sua. C'era
bisogno di una forte emozione per infrangere una barriera del genere.
Il trio le mostrò la testa della madre, ma uno shock troppo violento
in tali condizioni poteva causare la morte, quindi gliela mostrarono in
foto e le dissero questo era un montaggio, ma se non avesse parlato sarebbe
davvero successo a sua madre. Ma impossibile, anche a questo costo Hermione,
con le lacrime agli occhi, non ci riusciva. "Torneremo domani...
hai tre giorni prima che lo faremo davvero a tuo madre, se non parli".
Ma quella notte uno dei Protettori della Fenice, il cugino della professoressa
Sprite, un Auror con l'Ordine di Merlino alla prima classe, la liberò
di nascosto e la fece fuggire. Hermione presto riuscì a fuggire
persino da lui. Era quasi al termine della preparazione del M.A.G.O.,
anche se il settimo anno non era ancora finito. Hogwarts era nel tumulto,
i più non sapevano di chi fosse veramente Silente, chi lo sapeva
non aveva il coraggio di parlare. Hermione era stata tenuta prigioniera
in un laboratorio nei sotterranei della Stamberga Strillante, dove Harry
aveva trovato il trio la prima volta. Era già molto in gamba, forse
anche più di Bester, il cugino della Sprite. Non era fuggita perché
era impossibile o quasi senza un aiuto esterno, ma ora era sfuggita anche
dall'Auror. Doveva accertarsi di una cosa... Cielo, come il cuore se lo
sentì scoppiare quando, tornata a casa, in una pozza di sangue
trovò il corpo di sua madre... senza la testa. Quella notte Londra
la ricordò come la "Palace crash", in cui, per motivazioni
ancora oggi ignare, il palazzo era stato disintegrato da un'onda di energia
rossa davvero potente. L'avevano sottovalutata... l'avrebbero pagata...
lei era stata sottoposta allo stesso influsso profetico (anche se in maniera
minore) che stava potenziando Harry, aveva conoscenza pari quasi a quelle
Ministeriali e si era addestrata moltissimo. Prima di polverizzare il
palazzo aveva trovato una targhetta: su una faccia c'era scritto "Core
Athlantic", sull'altra c'erano scritte di pennarelli, la maggior
parte delle quali sconce, che parevano essere state scritte da prostitute.
Ma da quelle righe insensate emergevano due nomi vitali: Douglan e Mikeal.
Logico, erano stati loro a fare i lavori sporchi minori. Si era recata
al Core Athlantic. Era un nightclub babbano. Douglan e Mikeal erano maghi
in incognito della "mala magica", e se la spassavano con un
gruppo di quelle che -aveva fatto centro- parevano davvero delle puttanelle.
Aveva già sentito i nomi Douglan e Mikeal. Ne aveva parlato Caramell
a Silente durante il sesto anno. Quando Caramell non fu rieletto, il sesto
anno passò molto tempo a Hogwarts. Un giorno lo aveva sentito conversare
riguardo all'argomento col Preside. Diceva che erano abili avvocati magici,
erano riusciti a salvarsi dalla prigione, ma erano pericolosi. A Hermione
non pareva. li avrebbe fatti secchi. Sfoderò allora la propria
bacchetta. La prima cosa che fece fu un Flipendo Gatling. Tutte le prostitute
che li circondavano furono colpite e scaraventate oltre il divano rosso
dove i due se la spassavano. Appena videro solo l'ombra della bacchetta,
entrambi i maghi scattarono in piedi e, con la velocità di due
cowboy, sfoderarono una bacchetta l'uno. Tutti i partecipanti della discoteca
si erano bloccati e osservavano stupefatti lo spettacolo. Magia..? Presto,
molti scapparono via. Hermione aveva fatto di peggio. Una decina di frequentati
si tolsero gli abiti da discoteca. Sotto, avevano la spilla di funzionari
del Ministero. Assistenti dei Magister... sfoderarono le bacchette. Allora
i due erano già tenuti sotto controllo. Ma le bacchette erano sfoderate
verso Hermione. Certo, era lei ad aver appenna commesso un reato. Magnifico...
oltre a Douglan e Mikeal ora doveva vedersela anche con una decina di
maghi, seppur minori. Prima ancora di qualsiasi azioni aveva cominciato
ad attaccare. Cominciò con un assistente di Auror. Il primo colpo
lo parò... ma il secondo lo sferro fatale, rapido e... vincente.
Lo trafisse, uccidendolo. E di lì, fu pandemonio. Ci volle quasi
un qiarto d'ora per uccidere i funzionari del Ministero... ora aveva tutto
il tempo che voleva per Douglan e Mikeal, che erano riuscita a non far
fuggire. Non li uccise soltanto: li devastò, cominciò dalle
aree meno vitali fino a quelle che più lo erano. Non doveva esserci
calcolo per il loro dolore... come non c'era stato per il suo, quando
era tornata a casa. In tutto quel trambusto, l'unica altra persona viva
e illesa che aveva assistita era stato il barista. Era il sostituto del
vero barista, c'era scritta anche su un bigliettino appeso al bancone.
Era Mike Island, ma lei non lo sapeva; non era molto popolare allora,
non sapeva ancora chi fosse. Ma già collaborava col Ministero e
con la mafia magica, dato che fu diffuso l'annuncio e la denuncia a Hermione,
che pure aveva polverizzato anche il nightclub (dando fondo a tutte le
sue forze, per quella sera) per eliminare ogni traccia. Mick era ovviamente
sopravissuto e doveva aver raccolto delle prove. Aveva delle foto, dei
video, delle dichiarazioni... troppi strumenti... era preparato, doveva
essere un uomo a cui uno del trio aveva parlato della fuga di Hermione.
Forse non si immaginavano che avesse scoperto di Douglan e Mikeal, ma
l'avevano ugualmente messo lì... ma per cosa? Per incastrarla?
Per loro non era produttivo... perciò più volte le era sorto
in mente il sospetto che, come Island aveva diretto anche un giornale,
fosse il suo bramoso desiderio da scoop ad averlo portato lì (magari
aveva solo origliato della fuga di Hermione), coi suoi insuperabili attrezzi
da lavoro. Da allora fu attribuita una taglia di grande valore alla testa
di Hermione, che fu da sempre costretta a fuggire... Dead or alive...
neanche aveva finito l'ultimo mese del settimo anno, e gli esami... che
peccato. La prima volta da dopo che aveva coperto la fuga di Harry il
giorno che la catturrarono in cui rivide Harry fu quando, cinque anni
dopo, quest'ultimo la salvò da Seamus. Negotiavit... serviva lei.
Se li avessero attaccati, non sarebbe servito ad altro che a del male.
Riconosceva chi era la figura ammantata dell'Alsazia che vedeva man mano
che si avvicinava al corrimano del ponte, ora che era salita. La lettera
che Colin le aveva mandato prima che lei arrivasse alla base era di monito.
Aveva scoperto che una persona stava indagando sul suo conto. Quest'ultima
credeva che lui fosse d'accordo, e pensava anche che non l'avesse riconosciuta...
ma lui l'aveva riconosciuta. Lui era il (con l'appellativo che oggi gli
danno) "Capitano..."
"...Raptor! Capitano Raptor!" la figura ammantata di viola tolse
il cappuccio. Pareva avere il viso di un attore. Pulito, con lineamenti
perfetti, corti capelli scuri... e occhi grigi. Aveva subito una radicale
trasformazione da quando il suo padrone era riuscito a farlo risorgere,
utilizzando l'essenza magica e vitale, e la forza e gli elementi corporali
di Sirius Black, che aveva perso l'anima nell'ufficio misteri, ma non
il resto. Il suo padrone aveva un potere smisurato. Nessuno avrebbe potuto
fare quello che ha fatto lui per risorgere una persona. Adesso Raptor
era di nuovo vivo, con una forma fisica perfetta, senza timori o paranoie,
scaltro e soprattutto... potente! L'essenza magica conservata in quella
camera dell'ufficio Misteri diventa davvero potente. Raptor era certo
che, appena avrebbe concluso i suoi affari, non avrebbe avuto difficoltà
a uccidere Harrylia. Ora era una specie di mercenario... faceva servizi
a chi gli era più comodo, e sapeva che i Magister avrebbero dato
fior di quattrini anche solo, ad esempio, per la grande ricercata Hermione.
Anche se non fosse stato così, avrebbe pur sempre potuto riscuotere
la taglia. Ed Hermione era là, sul Without heart! "Dimmi Enzenaff"
disse al suo nocchiero. Enzenaff parlò, allora "Volevo solo
comunicarle che gli uomini hanno tagliato i piedi di Murraow e lo hanno
calato in mare, come da lei ordinato "Perfetto" Raptor si leccò
le labbra "chi cadrà in mare allora sarà pasto per
gli squali che presto arriveranno" "Murraow ha frignato come
una bambina... ora è svenuto". Raptor sputò al mare,
disgustato. Perché esistevano uomini del genere? Così deboli?
In questo, odiava la sua versione di un tempo e perciò adorava
il padrone, che gli aveva concesso di diventare un forte "Padrone..."
disse lentamente "Harrylia ti ha ucciso... e come degno allievo,
erede e ... possiamo dire... figlio ... io ucciderò lui!"
Le gocce d'acqua crescevano con rapidità impressionante, e si susseguivano
lasciando un intervallo di tempo sempre più piccolo. Kirwaff era
salito al timone, dove suonò la campana di allarme. Percy tornò
sul ponte "Un megafono!" disse, mostrandolo a Kirwaff "comprato
un po' di anni fa alla Fiera del Babbano di Hogsmeade! Dunque..."
cominciò a trafficare coi pulsantini "...ecco... dovrebbe
essere questo qui! Aaaaaaahhh!
La mia voceee!" Kirwaff quasi cadde
a terra "Signore... capitano... che corde vocali!" "Ma
no... è questo aggeggio... bene, a quanto pare funziona.
Ciurma, prigionieri, equipaggio e ospiti... ho da
segnalarvi una cattiva notizia. Un vascello
nemico si sta avvicinando a noi a velocità impressionante, e dubito
abbia buone intenzioni. E' pericoloso...
che cosa?!" non aveva neanche finito la frase che quasi tutti
gli esseri umani (fatta eccezione per Dennis Canon, ancora prigioniero,
Harrylia e Hermelya) a bordo si erano già riuniti sul ponte "Vuol
dire che vogliono attaccarci?" chiese Neville "Ma abbiamo poca
artiglieria. Solo quattro cannoni... e non ho visto bombe. Dobbiamo negoziare...
i vascelli pirata ancora in giro appartengono solo a maghi. Scommetto
che c'entra qualcosa coi Magister" "E
cosa vorreste negoziare? Ops..."
"ABBASSA QUEL CAVOLO DI AGGEGGIO, WEASLEY!" gridò Johnar
Diniz, con le mani a tappare le orecchie. Non era l'unico, e gran parte
del resto della ciurma era a terra, mezzo stordito dalle "grida"
di Percy "Scusate..." disse Percy, abbassandolo. All'improvviso
una voce, soave e divina, si alzò sopra di loro... a Percy faceva
venire in mente un paio di ali candide "Eterne ali avrà colui
che un giorno potrà spezzare gli squilibri che da secoli i piani
astrali hanno generato. Egli avrà le carte che gli rendono possibile
quest'azione, ma è su se stesso che dovrà contare. Eternal
wings... esso combacerà con una figura gemella, sono i due lati
di una spada a doppio taglio. Se uno dei due muore, l'altro non sopravvive.
Perché essi sono luce e ombra: all'uno occorre l'altro. Colui potrà
sarà colui che grande tempra ed essenza dei mitici maghi oscuri
conterrà, che è lontano dall'essere umano per il mostro
che diventerà" tutti si voltarono. In piedi, sul corrimano
di legno, stava Hermione. Aveva il capo rivolto verso il cielo cupo, con
gli occhi chiusi e le mani unite al petto "Eterne ali e elogi
divini spettano a colui che, tempra e essenza dei mitici maghi racchiude,
ha saputo far uso dei propri poteri per riequilibrare i piani astrali.
Esso è generato a specchio con una seconda creatura, e sono i due
lati di una spada a doppio-taglio. Sono luce ed ombra; se uno muore l'altro
non sopravvive, in quanto ad ognuno occorre l'altro per esistere"
Hermione aprì gli occhi "Non ne siamo certi... non l'abbiamo
mai ascoltata direttamente. Ma secondo più ipotesi, prove ed elaborazioni,
questa sarebbe la vera profezia... la profezia per cui Harry sarebbe uno
dei lati della spada a doppio-taglio. Lui è la figura descritta...
ha solo quello che manca a noi. L'essere nato per questa guerra... perché
lui è l'obelisco che, a seconda del campo in cui crollerà,
determinerà le sorti. Poi..." chiude di nuovo gli occhi "ne
esiste un'altra. Colorata ma forte è la farfalla che fa da scudo
a colui che ama. Ella sviluppa la propria anima in correlazione a un evento
imprevedibile, in cui concretizzerà il proprio amore. E' la farfalla
traghettatrice e motrice, senza la quale la situazione sarebbe di stallo.
E' colei che è vissuta per concretizzare un fine preciso. Questa
è la meno precisa... è una rielaborazione dei pochi ascolti
e delle prove che ho raccolto... all'incirca penso che il grosso si possa
capire. "Che vuoi dire, Hermelya? Spiegati!" disse Nevura, abbastanza
turbato. Non era mai accaduto, probabilmente, che fosse così poco
a corto di informazioni sulla situazione attuala "Che significa?
Cosa c'entra il tuo amore e i tuoi affari privati con questa situazione
complicata?" Hermione guardò Neville fissa negli occhi, che
addolcì "Neville... tu mi trovi affascinante?" "Eh?"
Neville rimase abbastanza scioccato "Beh... s... sì, diciamo..."
per un attimo sembrava essere tornato il Neville di un tempo "Esatto...
mi porteresti a letto, se potessi?" disse, come se nulla fosse. Neville
a quel punto arrossì in modo incontrastabile "Ma che vuoi
dire... che cos..." "Rispondi. Non mi porteresti a letto?"
"Ah... eh... beh... penso... penso di... beh... io credo... se ne
avessi l'opportunità... forse... sì..."
un istante dopo impazzì. Ma che aveva detto?! Però, a guardarla...
coi quei bellissimi capelli simili a quelli di una dèa, con sfumature
dorate... quella pelle delicata e affusolata, snella... non sapeva, ma
in effetti non ci aveva mai pensato... ma pensato a cosa? A quanto era
bella? Anche adesso non gli sembrava... lo era, ma era diverso... Hermione
era una persona concreta, degna di fiducia e stima... eppure pareva di
plastica sotto questo di punto di vista. Come se Neville fosse un bambino
che guarda Jennifer Lopez... però la situazione è ben diversa.
"Appunto" disse Hermione, per niente sorpresa o arrabbiata,
o imbarazzata "Io sono... bella, no? Si può dire, credo...
eppure nessuno per voi... tranne una persone... ha davvero nutrito amore
per me. Ma neanche desideri un po' minori, tipo quest'ultimo... questo
perché io ero vincolato a Harry fin da bambina, da quando quella
luce mi ha dato una parte di sé, mi ha rivelato quel per cui ero
nata, e io ho dato a lui una parte di me, con una bacio. Il mio amore
è lui. Ma non... non nel senso che io lo vorrei sposare. Nel senso
che io... ecco... come dire..." tutti la osservavano, e si può
dire che nessuno capiva nulla "... io... IO SONO... UN..."
Prigioni. Il corridoio è buio e umido. La pioggia imperversa, la
nave barcolla spaventosamente. "Perché sono ancora dietro
le sbarre?" chiese seccato Dennis, tichettando con le dita sul ferro
di una di queste, davanti alla quale era seduto in posa indiana. Davanti
a lui, dall'altra parte, un Harry dal viso cupo, appoggiato alla parete
di legno, che fissava il pavimento "Probabilmente temono che tu sia
ancora una spia". "Ma tu non lo credi" Dennis scattò
in piedi "Ti ho aiuto e lo sto ancora facendo... perché non
mi liberi? Mi daresti un motivo d'incoraggiamento per continuare?"
seguirono lunghi secondi di silenzio. Dopo quasi cinque secondi, Harry
alzò il capo come se avesse capito solo in quel momento "Mh?
Vuoi un motivo?" disse, alzando il capo. Gli saettavano le pupille,
pareva vi fosse un fuoco dietro. "AAAAAAAH!!! No, no, scusa scusa!!!
Solo un attimo di debolezza! Farò di tutto!!!" gridò
Dennis. "Ecco, bravo..." disse Harry, abbassando di nuovo il
capo. Dennis si sentiva davvero come un misero insetto... sigh, vita grama...
aiuti la gente e questa ti fa prigioniero... "Comunque" disse
Harry "E' per questo motivo che sei ancora prigioniero. Sei troppo
volubile. Potresti davvero essere del nemico ma per timore averci detto
quello che sai, per fingerti amico. Mi ricorda vagamente Peter Minus..
se non l'avessi carbonizzato, mi sarebbe piaciuto farvi conoscere. Comunque,
se anche non fosse così, il tuo poco equilibrio potrebbe causare
un tradimento nel caso che i nemici ti catturino. Forse sei buono nell'animo,
ma hai davvero poca forza di volontà... mi dispiace. In questo
tuo fratello è migliore". "Ah..." Dennis abbassò
il capo, abbattuto. Un velo di cupità calò sul suo volto.
Raptor, col Sonorus, ancora stava contrattando con Percy, che a distanza
parlava col megafono. "La signorina Granger e lasciamo perdere la
nave? Perché pensate che ci interessi lei?" esclamò
amplificato Raptor. Percy, in effetti, non sapeva cosa dire... aveva già
capito poco di quanto detto da Hermione per poter anche spiegarlo a un
altro. "Perché" Hermione prese il megafono di Percy "servo
io ai Magister, e ti pagheranno molto. Ma se ti scontrerai con questa
nave, potrei decidere di suicidarmi e allora i Magister non ti pagheranno
moLto... ma ti pagheranno moRto!" Raptor inarcò un sopracciglio.
Una battuta davvero disgustosa, senza un pizzico di umorismo "Così
sia. Ma vogliamo un secondo elemento, oltre al caso Granger. Vogliamo
Potter, sappiamo che lo tenete prigioniero!" Hermione non esitò
"Ovvio, verrà anche lui. I Magister desiderano anche lui.
E noi desideriamo che venga con me" "Qualcuno mi cercava?"
disse all'improvviso una voce tetra. Hermione non ebbe bisogno di voltarsi.
Dietro di lui era appena comparso, da una sfera d'oscurità, Harry.
Tono tetro... da quando aveva sviluppato, nella sede dell'Organizzazione,
quella sfera di potere oscuro, sembrava quasi aver conosciuto una parte
di sé che prima ignorava, e di cui Hermione non era a conoscenza
"Penso che tu non mi abbia messo al corrente di un po' di dettagli.
Perdonami, ti ascoltavo ma Dennis era un vero frignone... non ho capito
bene che cosa hai detto prima... tu sei un...?" Hermione si voltò
verso di lui. Da giorni di cupità, fu la prima volta che Harry
mostrò nuovamente una traccia di stupore sul viso: Hermione piangeva
lacrime smeraldine, che dove passavano sulla pelle lasciavano una traccia
di ustione, che in fretta però spariva. Ma... stava piangendo Essenza
Magica! Com'era possibile! "Io sono... un... angelo, Harry. Sono
l'angelo che è nato per te. Io sono legata a te dalla nascita"
e senza aggiungere altro, una luce ebbe origine dal suo cuore e si espanse
sulla nave. Hermione aveva fatto uscire dalla schiena due ali candide,
bellissime "Andiamo. Ti sarà tutto chiaro a tempo debito.
Neanche a me è così chiaro. Penso che oggi terminerà
di essere diffusa la taglia di Hermione Granger". Così dicendo,
si alzò in volto, seguita da Harry che, pur meravigliato, non aveva
esitato a venirle dietro.
***
I
Magister erano stati convocati e si erano radunti nel forte di Whisherland,
sull'isola di Lewis. Ogni volta cambiavano posizione. Li aveva chiamati
Raptor, e aveva detto di avere Hermelya e Harrylia con sé. Erano
venuti solo alcuni: in una grossa stanza con pietra di muro freddo e scuro,
a un tavolo, erano seduti Silente, Ginny, Seamus (che già pareva
aver fatto carriera), Dolohov e... Harry rimase sbalordito. Al centro
dei Magister, con una regale tunica dorata, il piccolo, vecchio e simpatico
professor Vitious. Ma adesso non era così: Vitious aveva un viso
crucciato e indisposto, e sembrava lanciare fulmini dalle pupille scure.
"Professore... professor Vitious!" esclamò Harry "Cosa
c'entra lei qui?". Vitious sorrise "Cosa c'entro io qui, Harry?
Io coordino le azioni dei Magister. Io sono il capo-partito dei Magister.
Io ne sono a guida. E per un caso così importante, ho deciso di
venire anch'io". Harry non capiva: Vitious era morto "... il
giorno della distruzione di Hogsmeade". Vitious ridacchiò
"Già, cercando di salvare tre studentesse... che razza di
idea, Harry! All'epoca eri ingenuo, ma ora mi sembravi più scaltro!
Tre studentesse sgualdrine che veniva a letto per una semplice O... magari
potevano essermi solo utili. Ma loro sono morte, io no... non avevo intenzione
di morire lì. Non te ne sei mai appurato, è stato un tuo
errore. E un altro errore è che tu mi veda in posizione negativa:
cosa pensi, Harry?" Vitious si alzò appena sulla pila di cuscini,
guardandolo con sguardo pieno di odio "Che solo perchè ho
ucciso e tramo uccisioni sia una persona cattiva? O che lo sia perché
uso arti oscure? A parte il fatto che... béh..." qui ebbe
una risatina sotto i baffi "... le usi anche tu. Ma tutto esiste
per un motivo. Le arti oscure, la possibilità di uccidere... perché
in questo modo noi possiamo creare una razza, un mondo migliore, comandato
da esseri immortali... tu Harry non capisci che la chiave è questa!
Sei così... eccessivamente conservatorio..." Harry parlò
con voce lenta e cupa; ma non pareva avere molta voglia di parlare. Hermione
lo guardò preoccupata. Vedere una persona che stimavi essere capace
di fare cose del genere ti fa venire uno shock. A Hermione non era venuto
per il semplice fatto che la sua realtà era salita a galla, e ora
doveva perseguirla, senza influenze esterne. "No, signor Vitious...
a mo' del suo discorso, anche le persone esistono per un motivo. Per caratterizzare
questo mondo. Non possiamo ridurlo a questa ipotetica razza regale...
che non ha assolutamente superiorità sulle altre. E non possiamo
permetterci che eserciti oscuri si diffondano per il globo, comandato
da divinità per le quali noi siamo semplici giocattoli. Ma ora
basta. Faccia quel che deve fare". Vitious non aggiunse altro, e
guardò Raptor "Raptor, cinque milioni di galeoni ti vanno
bene?" Raptor indietreggiò di un passo e fece un inchino "So
accontentarmi, signore". Cinque milioni di galeoni... non ci avrebbe
mai sperato. Ma è sempre bene farsi vedere che non è una
cifra alta. Un trucco perché le offerte non calino. E neanche farsi
vedere arroganti, perché tutti insieme, quei Magister, potevano
anche farlo secco. "Bene... piglia!" lanciò a Raptor
una chiave e una busta "Per raggiungere la camera della Gringott
dove ho depositato il denaro. Ottimo lavoro, potresti servirci ancora
in futuro. Un peccato che tu non sia arruolato tra i Magister... ma forse,
in questo caso, saresti meno efficace". "Eh già... se
mi è permesso, signore... che avete intenzione di farne di Potter?"
ma Vitious inarcò le sopracciglia, e Raptor non richiese risposte.
Uscì, ma con un desiderio stampato ancora in faccia: voglia di
uccidere Harrylia. "Ora che siamo rimasti soli, signori" prese
la parola Silente, col suo solito tono di voce pacato "Verrete condotti
alle vostre locazioni, Granger e Potter. Rispettivamente... alle rovine
di Hogsmeade e a una cella speciale costruita appositamente per te, Harrylia,
a China-jail" "NO!" si oppose Vitious "Harrylia
ha bisogno di vedere il primo hekatòs, per essere sacrificato.
Abbiamo anche manette di quella sostanza, ricordate? Le useremo perché
non si ribelli". Primo hekatòs? Allora Hermione era il sacrificio.
Harry si voltò a guardarla. Lei era impassibile. Era come se sapesse
già tutto. Hermione l'aveva sorpresa... e così era il suo
angelo custode?
Malfoy era eccitatissimo! Gli pareva di sentire puzza di cospirazione...
e infatti in quei giorni aveva indagato e scoperto che il partito dei
Magister, di cui non conosceva i membri, era un'organizzazione pazza...
ma al tempo stesso intelligente, capace di aprire i piani astrali. Quando
Draco era tornato dal piano di transizione, aveva portato con sé
un oggetto, perché gli ricordasse l'esperienza. Voleva infatti
trovare il modo di entrare da lì ai vari piani per poter far tornare
sul piano materiale la madre, l'unica donna che lui aveva davvero amato,
Narcissa Malfoy. Sicuro che la stanza di Island fosse davvero un buon
punto di partenza, raggiunse il luogo dove si era bloccato pochi mesi
prima: era uno schedario, con pacchi di schede di colore diverso. Malfoy
prese una scheda vuota col colore preferito da Island, il verde chiaro,
e la compilò con la generalità dell'esperto di Quidditch.
In parola chiave scrisse: Magister. Aveva fatto centro? La inserì
in una fessura a lato dello schedario. Il foglio fu inghiottito. Draco
sentì vari rumori e cominciò a pensare che fosse stato un
buco nell'acqua... ma finalmente ecco che una parte di muro, da irrigidita
parve sciogliersi. Era diventata una tenda. Draco la scostò ed
entrò nell'ultima stanza. Era la più grande di tutte. Sulle
pareti platinate apparivano e scorrevano numerosi dati e immagini. Ve
n'era una, una foto in bianco e nero di Sirius Black quando era stato
catturato. Malfoy toccò la parete laddove vi era la foto... poi
fece uno scatto indietro. Era touch-screen! La foto si ingrandi, e comparvero
numerosi dettagli. Ma la stanza non era solo questo: vi erano due piedistalli
circolari collegati a dei macchinari e una scrivania con un cassetto.
Draco si sedette al tavolo e aprì quel cassetto. Non sapeva dove
altrimenti guardare, se non sulle pareti... e di marchingegni non se ne
intendeva. Ah, ecco! Trovò un unico libro... un diario. Era di
Island, ovviamente. Pochissimi giorni erano compilati, e tutti sparsi.
Parevano essere stati i più importanti, quelli che gli avevano
offerto delle emozioni che desiderava trascrivere. Le prime partivano
da alcuni anni prima "... il rapporto con Roxanne progredisce, sto
davvero bene con lei..." per poi arrivare, due mesi dopo, a "...stanotte
era la prima volta. Roxanne era bellissima, come una farfalla, e il suo
profumo era quello di una dea...", e ancora "...oggi i cannoni
di Chudley hanno vinto la coppa! Sono davvero in lacrime, li sostengo
da quanto ero un bambino..." ma poi "...i Magister sono dei
veri amici. Mai pensavo di ritrovarne alcuni in momenti così cupi..."
e "... senza i Magister ora sarei ancora a disperarmi per Roxanne
e Bellatrix... ma i Magister mi hanno insegnato a guardare avanti"
("Bellatrix?" pensò Draco "La mangiamorte? Cosa
c'entra?") e "...oggi ho pianto ancora. Ma perché l'ho
fatto? Perché ho ucciso Weasley? Ronald Weasley... era un ragazzo
pieno di opportunità... e che aveva conosciuto anni come i miei,
forse anche peggiori, perdendo famiglia, amici e amori... perché
l'ho fatto... non sono io... davvero..." e "... oggi Percy Weasley
è fuggito... è la prima volta che non riusciamo a riacciuffare
un membro in fuga. Scommetto che è per via del mutamento che sta
conoscendo in questi giorni... Ginny Weasley si è affiancata a
noi, i suoi grandi poteri sono temibili e l'hanno portata a divenire subito
Magister di un certo grado..." infine "... oltre a Percy e Ginny,
l'unico altro elemento ancora in vita, il reporter Fred Weasley, oggi
è stato seccato... l'ha fatto Dolohov... io non avrei mai voluto..."
per finire "... gli hekatòs sono cominciati. Peccato per quel
Perkins... mi auguro che tu viva meglio, d'ora in poi..." "TI
STAI DIVERTENDO?" mani giganti, appartenenti a un energumeno, costrinsero
Draco a voltarsi e lo afferrarono per il colletto. Era Island: Draco non
lo aveva mai vista così adirato. "DIMMI, MALFOY..." e
lo scagliò contro la parete (Draco sentì qualcosa fare crack
da dentro di sé) "... TI STAI DIVERTENDO? ALLORA?! EH?!?".
Malfoy gattonò un po' sul pavimento, in posizione di totale inferiorità
"Mick... non sapevo fossi così tormentato... io posso darti
il modo... di tornare a vivere una vita tranquilla..." Mick ridacchiò
"Non condivido propriamente tutti i metodi dei Magister... ma loro
hanno saputo risvegliarmi. Senza di loro sarei perso. E quando apriremo
i piani, Roxanne, che ho fatto uccidere (e qui fuoriuscirono delle lacrime
dai suoi occhi) solo... per farle capire... che io l'amavo e lei mi ha
spezzato il cuore... e Bellatrix, mia madre... torneranno qui, da me!"
"Ehi?" esclamò Draco "Bellatrix... tua madre? Ma
è mia parente... mia zia... in questo siamo simili, io vorrei far
tornare mia madre Narcissa... ma allora tu sei mio cugino? Non sapevo
che..." "Sì, Malfoy... siamo cugini. Ma sono un figlio
clandestino. Bellatrix mi ha partorito a sedici anni. Mio padre non fu
il suo ufficiale marito. Mio padre fu..." "Fu...?" quel
che Draco sentì sembrava un tuono dentro la propria testa. Possibile?
LUI?
La pioggia ancora imperversava, quando raggiunsero le rovine di Hogsmeade.
Si erano radunati davanti a un pozzo di marmo distrutto di una via. Non
era necessario raggiungere il centro della città. Harry avanzava,
scortato da due Tute Rosse. Scelta quasi inutile: non riusciva a invocare
il benché minimo potere, con le manette che gli avevano messo.
Non erano di Essenza Magica: questo non lo avrebbe fermato. No, contenevano
del sangue di unicorno. Lo sospettava, ma non era certo che potesse impedirgli
di invocare il potere. Era probabilmente accaduto perché nei suoi
anni di vita Voldemort aveva bevuto più volte il sangue di unicorno,
che stimolava il suo potere malefico (proprio perché il sangue
era purissimo: una legge dell'inverso), rendendolo di fatto pericoloso
ad Harry. Erano gli ultimi della fila, ma vicino a loro camminava Vitious,
cupamente soddisfatto. Davanti, Dolohov e Seamus, che tenevano sotto controllo
Hermione, che dava loro le spalle; lei era ammanettata con manette di
fatture di Essenza Magica, e al suo fianco procedevano Silente e Ginny.
In prossimità della fontana si trovava un uomo ancora giovane,
con corti capelli biondi e dalla corporatura muscolosa: Adrian Dabelt.
Hermione se lo ricordava: era un Rowen che pochi mesi prima gli dava la
caccia (//primo capitolo: ricordate?). "Salute, Silente, sig.ina
Weasley" Dabelt fece un cenno col capo "Signor Dolohov, Finnigan,
Vitious..." "Salute, Adrian" rispose Silente, con una nota
allegra "Sei pronto a recitare il rituale del primo hekatòs?
Una bella responsabilità, eh..." "Per un mondo migliore,
questo ed altro" rispose Dabelt. Hermione, affannata sotto il malore
provocato dalle manette, si voltò verso Harry, che ricambiò
lo sguardo...
Poco tempo prima di essere arrivati a Hogsmeade, Harry e Hermione, ammanettati,
erano tenuti rinchiusi nel forte di Whisherland, mentre i Magister creavano
una passaporta. "Oggi morirò" disse Hermione, cercando
di mantere un'aria impassibile. Harry si voltò a guardarla "Hermione...
forse potrei capirti, ma prima devo capire... spiegami bene cosa non so".
"Ti posso dire, Harry, che tu sei nato per volere delle divinità
che fuggirono dal piano etereo e dalle divinità oscure. Sei nato
per volere delle divinità celesti, legato a una profezia che ti
concede il potere di avere le carte in regola per infrangere gli squilibri
oggi determinati nei piani astrali... per infrangere questo circolo di
hekatòs, insomma, ed evitare che si ripetano. Molte persone sono
nate legate da una profezia, ma tu per loro eri importante: e loro non
erano abbastanza forti per concederti un potere con cui avere un vantaggio
sui nemici. V'era dunque la possibilità che tu fallissi miseramente...
anche da bambino, infatti Voldemort ti attaccò. Per questo sono
nata io: sono un angelo proveniente dalla nostra famiglia". Harry,
che finora aveva seguito il filo del discorso, non capì "Ma
se noi abbiamo famiglie diverse..." "No, Harry... noi avremmo
forse famiglie diverse, ma discendiamo dal figlio umano di una divinità,
vissuto tre secoli or sono. Apparteniamo alla sua stessa dinastia, siamo
comunque legati da un vincolo celeste. Tua madre è sua discendente,
ha usato quanto di poco divino v'era in lei per bloccare l'anatema di
Voldemort, e per questo grazie a tua zia un tempo eri al sicuro nella
dimora a Privet Drive. Io sono vissuta finora, aiutandoti in molte occasioni,
e in molte altre, di numero assai maggiore, tu hai aiutato me. Ma intendono
sacrificarmi, Harry, e tu sei alla ricerca della pergamena; io stessa
mi offrirò come sacrificio alle divinità celesti durante
l'hekatòs. Sarà un doppio sacrificio: la pergamena si muoverà
lentamente verso di te e tu otterrai la benedizione celeste, e un nuovo
potere con cui tu, Harry, devi infrangere per sempre gli hekatòs
e impedire che i Magister continuino il loro regime di terrore!".
Per terra, una macchia scura di generò. Poi un'altra, e un'altra
ancora. In quella giornata dal viso impassibile, anche Hermione si meravigliò:
perché per la prima volta, dopo tanti anni che Harry era ricercato
dal trio di Silente, Piton e Voldemort, lui stava... piangendo. "Io
sono nata per amarti, ti sarà chiaro quando morirò per te
e per il mondo, per le divinità e per gli equilibri dei piani.
Ci siamo conosciuti più di quindici anni fa, Harry, in cui tu mi
hai mostrato la tua profezia e io ti ho mostrato la mia. Ci siamo congiunti
in quel momento... e da quel momento, il destino, è entrato in
funzione" Hermione si avvicinò al suo volto. Tra le lacrime
e gli occhi chiusi, Harry ricambiò un bacio profondo, e con gli
occhi serrati non potè vedere che una sfera luminosa si era formata
intorno a loro e, in seguito, dissolta...
"A terra!" gridò Vitious. "Urgh..." Harry espresse
un gemito di dolore, quando le Tute Rosse lo scagliarono al suolo. Era
davvero debole... "Come ti senti, Harrylia, a non poter reagire?"
ghignò Vitious "Ad essere costretto a vedere la morte della
tua amica senza poterla impedire?". "Anf anf..." Harry
alzò il capo, e parlò con tono affannato "Come ti senti
a provocare a una persona... una morte... prima del sonno? Prima della
sua autentica ora? Hai anche ucciso Alan Jarod: ti aveva addirittura dedicato
un libro... dovrebbe sputarci, ora, la sua anima". "Lui mi ha
fatto un favore, io gliene ho fatto un altro" parlò Vitious,
adirato "Morire per uno scopo di interesse comune... Silente, fai
cominciare Dabelt! Che questo fetente soffra!" e sul pozzo di marmo,
ora con l'apertura serrata, si trovava Dabelt, davanti a un poggialibro
di legno vuoto e, china per terra, Hermione, ancora ammanettata. Il sangue
di unicorno che scorevva intorno a lui lo bloccava. Maledizione... era
uno dei suoi punti deboli... lo era a causa dell'anatema di Voldemort,
ed era forse il suo nemico peggiore. A fatica sollevò gli occhi
attorniati da una pelle consumata da un affannoso sudore perlaceo. Guardò
Dabelt. Lo focalizzò e ricordo le parole di Dennis: ora che faceva
il rituale non poteva più morire. Doveva essere ucciso solo dopo
aver concluso tutti i rituali. Guardò Hermione. "Un giorno
mi ricongiungerò a te" pensò, e in quel momento lei
alzò il capo, finora tenuto chino... e gli fece l'occhiolino. Lo
aveva sentito. Si vede che si era stabilito un vero legame in quel momento.
Dabelt cominciò: invocò il potere etereo con le preghiere,
che formarono il libro dei rituali sul poggialibro di legno. Si aprì
da solo alla giusta pagina. Lesse poche parole in latino e poi eccoli:
cinque fuochi fatali. Ma stavolta non colpirono direttamente Hermione.
Si alzarono nel cielo. In quel momento Harry fece caso a uno strano fenomeno:
non pioveva più, ma un cielo così non l'aveva mai visto.
Non si trattava di un addensamento di molte nuvole di forme e colori diversi.
Era -o almeno così gli sembrava- un'unica, mastodontica nube del
nero più scuro che avesse mai visto. La notte del giorno. Il giorno
sconfitto, ma solo per il momento. Poi ogni fuoco fatale generò
un lampo di energia elettrica che colpì Hermione; colpirono insieme,
nello stesso momento, e il suo grido si alzò nel cielo. Alzò
il capo e nel gridare, nei bagliori di quel potente attacco, Harry la
sua pelle consumarsi, la bocca e la gola spalancarsi come non mai, gli
occhi dilatarsi e i vestiti prima strapparsi e volare per l'altarne, poi
incendiarsi. Poi la luce si espanse e divenne blu, e come un fulmine al
contrario trafisse la nube. Una luce si generò dove la nube fu
colpita, e tonanti parole latine risuonarono. Tutti i Magister chinarono
il capo. La preghiera era stata esaudita. Lentamente, una lentezza esasperante,
una voragine si aprì nella nube, con al centro il fulmine. Si bloccò
solo quando fu molto ampia: doveva essere grossa almeno due volte Londra,
ed era molto alta. "Preparatevi al San Lorenzo... il primo circolo
etereo è libero!" ghignò Vitious. E presto Harry capì:
dopo qualche istante, un numero incalcolabile di piccole luci intense
uscirono dalla nube: sembravano stelle cadendi, dovevano essere milioni
e un secondo dopo che una atterrava, un'altra ne ricompariva. Già...
Harry ricordò che il piano etereo, gli aveva detto la Ribellione,
era formato dai vari circoli. E il primo erano creature come goblin, folletti,
elfi ribelli e creature della stessa stazza circa. Ma in gran numero,
sono molto potenti. Durò moltissimo: ogni secondo in più
che era, un milione o qualcosa del genere in più di liberati. E
infine, le luci terminarono. Il fulmine si spezzò. Il corpo di
Hermione cadde a terra... se quello poteva ancora definirsi "corpo".
"Andiamo" intimò Silente "Andiamo" confermò
Vitious "Dabelt, seguici. Sei molto importante adesso". "Non
restiamo a guardare..?" chiese Dabelt "Anche se..." "No"
troncò Silente "Ora la divinità è comunque potenzialmente
incontrollabile. Scende su un piano diverso dove gli hekatòs non
sono conclusi. Solo dopo la loro conclusione sarà la nostra belva.
Per modo dire: ricoprirà uno dei ruoli di maggiore potenza del
mondo. Diventerà una sorta di governatore. Le divinità sono
anche intelligenza. E ora andiamo, e lasciamo che incenerisca Potter.
Voldemort e Severus verranno vendicati per quando li uccisi, Potty"
ghignò "Addio!". Ma Harry non aveva la minima intenzione
di essere ucciso. Udì alle sue spalle le essenze magiche dissolversi.
Era rimasto da solo. Poi la voragine emise un lampo. Qualche secondo.
Un nuovo lampo, così intenso che rischiò la cecità.
Poi, al terzo lampo, un fracasso assurdo, come se un centinaio di fulmini
in fila si fossero schiantati al suolo. Quando, due secondi dopo, riaprì
gli occhi non c'era più la voragine di prima: velocemente, molto
velocemente si stava richiudendo e ci sarebbero voluti sì e no
una decina di secondi. Ma allora la divinità non era tornata...?
Poi capì di aver fatto male i conti: una creatura, alta sì
e no tra i due metri e mezzo e i tre metri era china sul corpo di Hermione.
A Harry venne la pelle d'oca. L'aura di potenza della creatura era tale
che ne rimase intimorito perfino lui. Era superiore alla sua, lo sentiva.
Era arrivato forse a essere il più potente mago al mondo, ma non
al punto di distruggere una creatura divina. Poi però gli occhi
gli si infiammarono: un dolore e un'ira pari a poche. Superavano anche
quelli sortiti il giorno dell'esplosione nella sede della Ribellione.
Hermione morta... Ron morto... i suoi genitori morti... sua zia morta...
e tutti i ricordi passati per cui era il mago con la taglia sulla testa
più alta al mondo. Perché il mondo era così disgustoso?
PERCHE'?!? "Una fanciulla molto morbida" disse la creatura in
quel momento. Harry non placò la sua ira, ma la pelle d'oca tornò.
Era una divinità oscura, ma aveva una voce solenne e lucente. La
creatura toccò la pelle di Hermione. Era un'essere strano, non
capiva bene: pareva completamente rivestito di una lunga tunica bianca
con un cappuccio e dandogli le spalle Harry non lo vedeva. Era anche uno
stangone: saranno stati tre metri abbondanti. "Mio giovane amaeda"
disse, e Harry capì di essere il presunto amaeda "io sono
in grado di riportare qui il suo corpo, perché l'essenza del suo
corpo è contenuta in me. Mi è stata sacrificata, donata,
ma stranamente la sua mente e la sua anima non sono in me. Non lo sono...
per te. Per lei. Perché non è un semplice essere, quindi
non li contengo... sarebbe stato belli averli, così l'avrei rievocata...
ma non importa, un contro per un vantaggio: è di una razza celestinea,
quindi ciò mi permette di scendere sul piano terreno con quasi
tutti i miei poteri. Sai, il dono di un semplice essere umano non è
abbastanza, così di solito una divinità scende con una parte
dei suoi poteri. Con questo angelo, invece, io li contengo quasi tutti"
la creatura si alzò in piedi "Prima il corpo" puntò
due palmi di mano contro Hermione dal corpo devastato e tra le mani roteò
un cerchio la cui circonferenza parve essere costituita da un volteggio
di elettricità, che quindi colpì il corpo. Ed ecco ricomparire,
nella sua perfezione, il corpo di Hermione com'era sempre stato. Non aveva
veli addosso: tutti i vestiti erano andati distrutti. L'espressione del
suo volto era morta perché non conteneva un'anima, aveva gli occhi
solennemente chiusi "Io devo uccidere tu, Harrylia, poi evocherò
un'anima di donna e la deporrò nel corpo dell'angelo. Diventerà
la mia concubina a vita e" si guardò intorno "è
bello qui. Credo che qui edificherò il mio maniero contenenti le
mie lussuose ville. Siamo esseri superiori, e quindi destinati a dominare
su di voi. Per noi le vostre regole non valgono. Non respiro nemmeno,
ci pensi? Nel caso pensassi di uccidermi, quindi, ti scoraggio. Anche
perché... io sono già morto, no?" si chinò su
Hermione "Che spreco... una tale corpo ha sempre vissuto tra di voi"
e quindi la baciò. Concubina... bacio... Harry sentì esplodere
l'energia in lui. Il secondo anatema, la saetta orizzontale ricevuta pochi
anni prima incrociata a quella originaria s'illuminò di forza e
distrusse le manette "Tu vieni da un luogo di defunti, ma non sei
defunto!" gridò, il volto al cielo, la faccia imperniata da
una fiamma irata "Io ti rispedirò al mittente con un pacco
di sola andata: questa volta morirai!" La divinità si alzò
e si girò. Era identico a lui, solo che non aveva gli anatemi ed
era completamente pacato "Mi chiamo Castoner, sono la divinità
Bianca" fece un cenno alla tunica "Questo è il mirror-body.
Rievoco un aspetto primario del primo che mi vede. Ma la mia vera natura
è un'altra. Per stare tra voi uso il mirror-body, ma per gli avversari
evoco la mia vera natura, e non ti piacerà" quindi unì
i palmi di mano sopra di sé "Quanto sei pronto a sopportare
per lei, per te e per tutti quanti? Non durerai abbastanza a lungo"
e fu ricoperto da un'enorme fascio di luce candida. Ora sì che
era nei guai, pensò Harry. Ma mentre il suo corpo mutava, mentre
la sua forma di trasformava, Harry sentì qualcosa mai sentito:
era come se stesse prendendo la scocca, un'energia repentina e molto forte
percorreva il suo corpo. Poi sentì una voce... gli parve di sentire
la voce della profezia, e di quella di Hermione. E quindi capì:
Hermione si era sacrificata perché tutto potessi avverarsi e, come
la madre, si era risvegliato solo ora quel potere che per molto tempo
era rimasto celato: il secondo anatema, quello lasciato da Albus Silente
circa sette anni or sono. Non era armato: non aveva la sua bacchetta magica,
non aveva verghe con sé. Ma non ne aveva bisogno: il suo corpo
brillava di un'energia rinnovata tale che per un attimo Harry stesso ebbe
timore della propria forza. Sentiva l'oscurità impernargli i pensieri,
come sempre era stato a Hogwarts: l'indecisione del Cappello Parlante
per Serpeverde, il contatto con Voldemort, l'anatema... questa volta il
risultato sarebbe stato diverso. Avrebbe ribaltato gli avversari una volta
per tutte. E finalmente il suo avversario terminò di trasformarsi:
Castoner era diventato una figura davvero singolare. Era alto circa tre
metri, con la pelle viola scuro; la testa era bassa ma larga e rotonda
con due occhi a fessura di tipo orientale; aveva quattro braccia, due
per lato, molto lunghe. Sembrava una sorta di Buddha, ma più alto
e non grasso. E l'energia brillava nei suoi occhi. Però Harry era
sicuro di competere con lui, ora. Il risveglio del secondo anatema aveva
scaricato in lui un potere e una sicurezza invidiabili, ma anche l'oscurità
che la maledizione conteneva. Castoner levitava a mezz'aria, con l'aria
di chi attende. Harry si limitò a tendere un braccio "Fiamma
inscindere!" dal palmo della mano si formò una sfera di fuoco
brillante che saettò a gran velocità contro la divinità.
Quest'ultima mise un piede nudo per terra, quindi saltò e scavalcò
a pelo la sfera con una capriola. Aveva fatto tutto questo tranquillamente.
Ma non era finita: Harry unì le mani a formare una X sulla visuale
sulla sfera e gridò "Dividi!", quindi come se una lama
a forma di X avesse trapassato la sfera, questa si divise nella quattro
parti designate e ognuna levitò in aria e da un punto diverso attaccarono
tutte Castoner. Quest'ultimo comincio ad esibirsi una serie di numeri
d'agilità, con capriole, salti e giravolte, schivandole una ad
una, e quando tutte esplosero contro il terreno, non subì danni,
ma sfruttò in un certo modo l'aerodinamismo sprigionato per compiere
uno straordinario salto verso l'alto. Dall'alto, puntò il dito
indice della prima mano destra contro il cielo oscuro ora richiuso. Qualcosa
brillò. Rapidissimo, ancora prima del brillìo, Harry era
scattato: a stento aveva schivato un fulmine che aprì, tra fuoco
e fiamme, una buca dal diametro di almeno quattro metri. Nella corsa,
Harry saltò e colpì un tronco a piedi uniti, sfondandolo;
quindi ripiegandosi lo toccò col palmo della mancina e lo animò:
muovendolo come un burattinaio, lo alzò per aria e lo scagliò
contro Castoner. La divinità non pareva per nulla intimidita, ma
Harrylia aveva una sorpresa; con un gesto dell'indice e del medio destri
verso il terreno, richiamò da basso le quattro divisioni della
sfera di fuoco. L'impatto col terreno aveva generato delle esplosioni,
ma non le aveva distrutte. Per la prima volta, Castoner dimostrò
una nota di curiosità. Quindi, due frammenti di sfera si frapposero
fra il tronco animato e il rivale; il tronco li trapassò, ma non
s'incendiò. Semplicemente, la divinità saltò sul
tronco, fece due passi, e quindi ne saltò fuori permettendogli
di continuare la sua corsa. Ma subito dopo, gli altri due frammenti di
sfera attendevano il tronco al varco, e all'impatto l'albero ebbe una
forte esplosione, che colse di sorpresa la divinità bianca, la
quale ebbe una spinta - e anche qualche graffio - e fu costretta a tornare
a terra. "Davvero buono, come risultato" commentò "come
lo hai ottenuto?". Harry non dimostro alcun sorriso. Lo odiava. "Ho
semplicemente tramutato le sfere in bombe, come se fosse benzina".
La divinità annui; per qualche lungo istante sembrò non
far altro che guardarsi il petto, quindi scattò con una velocità
tale che Harry non riuscì a far niente perché gli mettesse
le mani, tutte e quattro, addosso, e lo mettesse con le spalle contro
il muro di una rovina. "Sei già finito" disse Castoner;
aprì la bocca e Harry notò che sulla sua bocca baluginava
una picciola fiammella "Ciao". Sapeva cosa sarebbe successo:
avrebbe richiuso, poi aperto e si sarebbe staccato, mentre una fiammata
lo avrebbe carbonizzato. Béh, non era ancora il momento "Frammentias!"
in quel momento, due grosse schegge di legno del tronco che aveva animato,
e che poteva continuare a usare, gli inchiodarono la mandibola. Castoner
parve parecchio infastidito, e Harry si era quasi liberato; ma lui gli
diede una portentosa testata. Ebbe una forza tale che sfondò il
muro e mandò Harry a cadere dall'altra parte, col la testa in confusione,
il luogo attorno a lui che roteava e si sdoppiava, una ferita visibile
sulla fronte a pochi centimentri dagli anatemi. Davanti a lui, sentì
Castoner, ora libero dalle schegge, saltargli addosso; concentrò
l'energia sulle cicatrici e da questa riuscì ad effettuare un forte
"Stupeficium!", più di quanto potesse mai pensare. Raramente
usava le cicatrici. La divinità schivò lo schiantesimo,
ma Harry riuscì a rialzarsi, seppur avesse ancora la testa in confusione.
Ed ecco di fronte alla fiammata evocare un grosso scudo d'oro, come aveva
fatto Voldemort durante uno dei suoi duelli a cui Harry aveva assistito.
Ma la fiammata non s'infranse: anzi, si rampicò sullo scudo e si
avvolse. Harry lo rilanciò in avanti appena in tempo, e Castoner
saltò per schivarlo ma non era abbastanza; un grosso ceppo dell'albero
carbonizzato intaccò lo scudo da sotto e, prendendo fuoco a sua
volta, colpì la divinità da dietro. Questa volta, un segno
di autentico dolore era dipinto sul viso di Castoner; ma prima ancora
di toccar terra, quest'ultima era scattato e aveva evocato un potentissimo
dardo azzurro. Harry lo schivò sacrificando lo scudo che la divinità
gli aveva rilanciato contro. Ma un secondo dardo azzurro fu generato,
e questa volta Harry non riuscì a schivarlo: lo colpì in
pieno petto. Inizialmente fu come sentire l'impatto di una mano e, con
quello al petto, ebbe una spinta all'indietro di quasi dieci metri, colpendo
il muro di rovina e abbattendolo. In quel momento il dardo esplose, e
nei vapori di fumo rosso fuoco integrò Harry in pieno. Castoner
si avvicinò prudente al luogo dell'esplosione, facendo ruotare
tra di loro le mani, come se stesse maneggiando un oggetto rotondo invisibile;
poi, con un bagliore, tra i palmi delle mani si generò una sfera
lucente. Tese le orecchie, incuriosito da uno strano rumore: si abbassò
in fretta, evitando per un pelo un grosso legno infuocato che gli era
stato scagliato addosso, e quando si rialzò percepi la forza di
qualche incantesimo d'impatto d'innanzi a sé. "Protego!"
gridò, tendendo un dito ma facendo attenzione alla sfera lucente:
uno schiantesimo rosso come il tramonto, di una potenza come Castoner
non l'aveva mai sentita, ebbe impatto sulla sua barriera: impuntando i
piedi all'indietro come se una forza lo stesse spingendo, fu spinto indietro
di circa otto piedi: davanti a lui si alzava un lieve sbuffo di fumo generato
dall'impatto. Il suo avversario non sembrava voler cedere: Harry aveva
afferrato una spranga di ferro tra le rovine distrutte e la impugnava
coi pugni stretti ad entrembe le estremità, tendendola davanti
a sé. Castoner non parve capire i suoi piani, ma per lui era un'occasione
molto ghiotta: rapido, gli scagliò addosso la sfera. Ma Harry parve
non farci caso. I suoi pugni furono circondati da delle scintille, poi
una scossa elettrica abbagliante si scaricò sul ferro "Cosa?"
gridò Castoner "Ma come..?" Harry lo osservò "Un
semplice incantesimo da involucro... non conosci più un oggetto
è grande, più magia offensiva può contenere"
lo tese d'innanzi a sé e prese la sfera di punta: Castoner rimase
allibito, perché la sfera parve rimanere inghiottita "Assorbe
la tua sfera. E' dello stesso tipo: generata dall'elettricità.
E' come se due forze dello stesso tipo si contrastassero. Non l'ho vinta,
l'ho solo attutita" Castoner sbuffò "Sarà... ma
un fiume non può farsi sovrastare da un torrente!" gridò
"Impactus Regis!" tese una mano aperta verso l'alto, e su di
questa si formò una specie di grosso candelotto rosso "Vediamo
come reagisci a questo" ghignò, e rapido lo sferro: ma più
veloce fu Harry, che aveva agitato innanzi a sé la spranga come
se fosse una bacchetta, e una scarica di energia elettrica velocissima
contenuta in un raggio azzurro cielo colpì e avvolse il candelotto,
che esplose molto vicino a Castoner: ma prima dell'esplosione Harry lo
intravide fare un salto rassicuratorio e appostarsi dietro a un muro delle
rovine "Non ti servirà" grido Harry, sempre incollerito,
poi afferrò da terra un bastone e lo piegò alle estremità,
rendendolo un arco "Cavus Caeli!" esclamò, e uno spago
verde smeraldo si legò tra le due estremità. Il mago inserì
la spraga di ferro come un dardo: mentre tendeva la corda, lo riempì
di energia elettrica al massimo di quanto l'involucro potesse consentire,
quindi scagliò. L'impatto fu tremendo: enormi scariche elettrica
si alzarono in a mezz'aria, abbattendo il muro e provocando un'altra esplosione,
mentre avidi fiammi veniva generate e divoravano la fauna del luogo. Il
luogo ormai era un teatro funebre: il cielo cupo era colorato delle chiazze
rosso dei fumi non ancora diradati delle ultime esplosioni, mentre le
rovine erano state in gran parte distrutte e trascinate per tutta la zona,
tra crateri e voragini. Harry si guardò attorno con attenzione;
il forte rumore che la caduta dei massi delle macerie provocava gli impediva
di percepire possibili mosse del suo avversario. Sempre se esisteva ancora,
il suo avversario... Senza preavviso, un paio di forti braccia lo cinsero
all'altezza del petto e, in meno di un secondo, lo alzarono e lo lanciarono
via; ma Harry si rigirò e, imputato un piede, scattò di
nuovo: unì i polsi mentre i palmi restavano aperti a V: il fumo
rosso distante non più di quindici metri gli entrò nell'apertura
come se fosse un aspirapolvere e magicamente (nonché rapidamente)
sparì. "Non ti servirà usare dei trucchetti con me...
è finita per la vostra razza, stupido umano mezzosangue" gridò
la divinità, ma Harry pensava il contrario. Riaprì la V
e una forte scarica di fumo denso lo circondò, oscurandogli la
vista. Ma prima ancora di poter attaccare a sua volta, un bagliore d'oro
scaturì da quella cortina di fumo e lo investì in pieno
"Ti avevo detto che non saresti andato lontano" ghignò.
E Harry lo sapeva: stava morendo. Mai in vita sua, mai, aveva subito un
dolore così forte, investito da una potenza così immensa...
profondi squarci gli si aprirono nella pelle, il sangue volò, e
vide due denti staccarsi; aveva chiuso gli occhi in tempo e girato le
pupille. Altrimenti sicuramente sarebbe stato accecato, che sempre che
già non lo fosse. Ma ormai a che serviva. Prima la gamba destra,
poi il braccio sinistro, le loro ossa si sgretolarono; o così parve.
Poi intere strisce di pelle si staccarono dalla loro residenza originaria.
Era la fine... udì il cuore che stava per lacerarsi. I battiti
rudi che non resistevano più. E poi, una canzone... una canzone
dolce... sembrava cantata da una donna. No. No, non era una donna... era
qualcos'altro... tipo una sirena, ma proveniva da delle corde vocali non
umani. E poi sentì, in tutto quello, dell'acqua: gli si posò
sugli occhi ed entrò nelle pupille. E il raggio si diradò:
proprio a pochi istanti da quando pensava che sarebbe tutto finito. Si
ritrovava disteso su delle pietre distrutte che gli facevano da giaciglio.
Adesso sì, poteva sentirlo: un battito d'ali. Aprì gli occhi.
Sopra di lui, Fanny la fenice che aveva sempre visto nell'ufficio di Silente
e che non vedeva da circa sette anni, svolazzava in cerchio. Erano state
le sue lacrime. Gli avevano evitato la cecità "Ottimo, Fanny"
disse Harry "Ma non credo di..." ma si bloccò. In tutto
quello, capì di non avere mai capito l'importanza: in tutti i momenti
di disperazione, lei, Fanny, c'era; non a caso anche la corporazione contro
Voldemort si chiama "ordine della fenice". L'aveva sempre assistito.
E ora era tornata. E poi, un lungo sibilò di metallo. Provocando
un dolore atroce al collo, girò il capo e vide una spada maneggiata
quasi dodici anni prima: la spada di Godric Grifondoro. Ora aveva un'arma.
Aiutandosi con la gamba e la mano non rotte, si rialzò in piedi
con estrema lentezza. Percepì lo stupore del suo avversario, molto
lontano di lui, almeno trenta metri. Lo udì avvicinare le mani,
incerto se colpire subito o no. "Oh" fece Castoner "Ora
sei armato. Ma quale differenza farà una spada se non hai più
neanche la forza di muoverti?" e quindi scagliò tre dardi
di fuoco. Ma Harry, nonostante percepisse dolori tra i più atroci
mai provati in molte parti del corpo, sentiva ancora una buona forza in
sé: con velocità, mosse la spada, mentre generava delle
fasce che piegarono la gamba e la fasciarono. La spada trafisse tutti
i dardi, lasciandoli cadere e crepitare al suolo. E com'era successo tanti
anni fa, Harry capì che sarebbe finita. Ma per il suo avversario.
Che non una forza che non era la sua, si diede una spinta con la gamba
sana e scattò, levitando a pochi centimetri dalle creste dei detriti,
raggiungendo Castoner. "Ignobile umano... non puoi pensare di poter
uccidermi" e ancora una volta, evocò il raggio d'oro di prima,
ma più piccolo: era chiaro che non poteva sprecare troppe energia.
Poi sentì di nuovo il canto della fenice, e fu come se qualcuno
gli sussurrasse all'orecchio: "Colpisci..." la fenice si frappose
fra Harry e il raggio dorato di Castoner. "No!" gridò
"No, non posso farlo... perdere l'unica creatura che davvero... è
stata sincera e merita di vivere... NO... ma devo..." e senza neanche
che la sua ragione entrasse in funzione, il suo istintivo aveva fatto
capire che non aveva altra scelta. Non doveva cedere ai propri desideri.
E colpì: la spada con un fendente trapasso la fenice prima, poi
dissipò il raggio, e infine trapassò anche Castoner, che
cadde a terra col corpo tagliato orrendamente in due. Non usciva sangue,
probabilmente per motivi divini, ma era chiaramente morto. La fenice cade
a terra, e Harry sopra di lui. Questa volta non era la fenice a lasciare
le sue lacrime guaritorie: era morta. Ma Harry, guaritorie o no, versava
le sue lacrime, col corpo che lentamente ignorava ogni percezione di quel
che lo circondava.
Fine settimo capitolo
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