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Autore: Mistral    10/07/2010    4 recensioni
Causa impegni vari delle autrici (leggasi, tra le altre cose, lavoro e cosplay per Fumettopoli e Lucca da preparare) la pubblicazione dei capitoli subirà uno slittamento. Chiediamo scusa a tutti i lettori per l'inconveniente!
YULLEN SAGA - PART 5
Anche per chi ha sempre convissuto con un’illusione, non è facile accettare l’idea di esserlo inspiegabilmente e improvvisamente diventato. Eppure, anche se la tua unica certezza è quella di non avere certezza alcuna, di non sapere né il dove, né il come né il perché di quanto stai vivendo, davanti ai tuoi occhi si susseguono quadri viventi che aprono scenari nuovi su chi non avevi mai voluto, forse per inconscio rifiuto, conoscere a fondo. Saprai cogliere ciò che è veramente importante?
[Sort of side story sulle Night 187-194][Pesantemente SPOILER]
Capitolo 5: Fu gettato sulla via, ma col fuoco nel cuore prese la sua croce e iniziò a camminare
Il generale continua a fare la bella vita e continua a non insegnare un bel nulla al suo allievo, aspettando il momento propizio per dare il via all'apprendistato ufficiale.
Il «momento propizio» tanto atteso alla fine arriva, all'incirca sei mesi dopo il loro arrivo, ma per l'Inglese la cosa è tutt'altro che facile. Messo davanti a una situazione critica, solo comprendendo e accendendo nel suo cuore il nuovo e bruciante desiderio di restituire alle anime ingannate la libertà perduta gli consentirà di attivare con successo, per la prima volta, la sua arma anti-akuma.
[…]
Vedendolo crescere assieme a quel ragazzino indigeno, ho capito cos’è successo al bambino incazzato col mondo che il generale raccolse su quella tomba. È in questo periodo, assieme a quel Narein, che il moyashi è diventato quel che conosco io…
Genere: Introspettivo, Malinconico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Allen Walker, Marian Cross, Yu Kanda
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Yullen Saga'
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L

 

L’ANGOLO DELLE AUTRICI

Rieccoci col quarto capitolo della nostra fic ^^ Questa volta abbiamo preparato un capitolo piuttosto lungo, ma a ragion veduta - infatti, come vedrete copriremo un intervallo piuttosto ampio sia in termini di tempo che di distanze percorse, in quanto ricostruiremo le vicende di Allen dal momento in cui Cross lo prende con sé dopo che Mana l’ha maledetto fino all’arrivo dei due in India (seguendo così quasi tutto il periodo dell’apprendistato del moyashi).

Questo è stato un capitolo abbastanza ostico da scrivere, soprattutto nella seconda parte e soprattutto per Lety, che ha dovuto ipotizzare le varie tappe in cui si è snodato il lunghissimo viaggio di Allen, senza però cadere in una narrazione noiosa. Speriamo che il risultato complessivo vi piaccia.

E ora passiamo alle risposte alle recensioni ^^

 

§ Carissima Retsu,

a proposito della morte di Mana, noi ci siamo semplicemente limitate a riferire quel che si vede nel manga… anche se, ad essere oneste, anche a noi lascia molto perplesse una fine del genere.

Riguardo l’apprendistato del moyashi, invece, anche lì non abbiamo inventato nulla XD come vedrai è tutto quanto già detto nell’anime! Il nostro lavoro è stato semplicemente quello di riordinare e collegare le varie scene.

Facci sapere se questo capitolo ti soddisfa!

Un abbraccio

 

§ Cara Flowermoon,

abbiamo ricontrollato - perché fidarsi è bene ma non fidarsi è meglio - ma confermiamo: dopo che Mana viene travolto dalla carrozza la scena si sposta subito al cimitero, quindi niente casa!

Per quanto riguarda il Conte, a quanto ricordiamo, nel momento in cui Allen richiama l'anima di Mana il Costruttore non sa ancora che Allen sarà il futuro Quattordicesimo. Almeno un paio di volte, nell’arco dei capitoli, si chiede perché in quella fatidica sera non ha pensato di ucciderlo, ma non si dà mai una risposta. Il collegamento Allen=futuro Quattordicesimo lo fa solo molto tempo dopo, e comunque in seguito agli avvenimenti dell'Arca - anche perché di fatto all’inizio l'unica cosa che, agli occhi degli altri, identifica Allen come Quattordicesimo è “l’abilità del compositore”, che il Conte vede all’opera nel momento in cui Allen suona il piano per ricostruire e liberare l'Arca.

Per quanto riguarda le tue teorie ne parleremo molto volentieri in privato... chissà, potremmo aver fatto le stesse supposizioni!

Ti lasciamo alla lettura del nuovo capitolo, ma ti anticipiamo subito che il giovane Allen non si troverà a lavare piatti... è roba da femminucce, quella! XD

Un bacione!

 

§ Cara Bradipiro,

innanzitutto grazie da parte di entrambe per i complimenti al capitolo - ebbene sì, siamo in due, Mistral e LetyJR; e siamo le stesse due folli che stanno costruendo mattone dopo mattone la Yullen Saga. (Vero è che quel progetto era stato iniziato da Mistral, con la collaborazione di LetyJR solo in qualità di beta... ma le cose non vanno mai come previsto, si sa! Ora, per vostra gioia, ci [s]ragioniamo sopra tutte e due XD)

Per la storia delle incongruenze non ti preoccupare, è normale che succeda, e come già detto a Kicchina le vostre critiche ci aiutano a capire se dobbiamo spiegare meglio o diversamente certi passaggi che a chi non sa come ragioniamo possono risultare oscuri ;) Comunque siamo contente che le spiegazioni ti abbiano soddisfatta! E no, non abbiamo mai incontrato la sensei, anche se ogni tanto qualcuno suggerisce che noi due e la Hoshino abbiamo un neurone in comune ^^

Come già detto, pure noi pensiamo che la morte di Mana sia effettivamente banale... anche se, diciamolo, ci sta che il Conte lavori nell'ombra facendo passare inosservato perfino un delitto del genere!

Per quanto riguarda la neve, c'era quando Allen era sulla tomba di Mana (nel manga è molto chiara, come parte) ma non al momento della sua morte (che nel manga non viene nemmeno mostrata [si vede solo nell'anime di neve e lì non ce n'è nemmeno l'ombra]).... crediamo comunque di poterci permettere una piccola licenza poetica, una volta tanto, no? XD

Ja nee!

 

§ Cara BloodberryJam,

finiti gli esami? Come sono andati? Speriamo bene ^^

Siamo contente che le descrizioni ti piacciano (vista la fatica per scriverle =_=), e che tu trovi Kanda adorabilmente volgare XD Certo che ogni tanto raggiunge certi picchi di delicatezza da far impallidire uno scaricatore di porto…

Strane ipotesi? Oh, suvvia, la storia della carrozza è tanto banale che non si può non ipotizzarci sopra XD E poi qui viviamo di strane ipotesi, quindi non troviamo strano che vengano anche a te... prima o poi ne parleremo volentieri, se ti va! Mh, e potremmo anche intrecciare il discorso con le opere della sensei Minekura, perchè no... *_*

Come hai immaginato in questo capitolo si vedrà quella parte che la Hoshino ha allegramente saltato a piè pari nel manga (e che abbiamo visto solo di sfuggita nell'anime). Anche noi siamo state costrette ad aumentare un po' la velocità, però, sia perché non c'è poi tanto materiale da sviluppare, sia perché se Kanda è veramente nelle memorie di Allen non vedrà comunque tutto quanto... ci metterebbe un'eternità! Speriamo che il risultato finale ti soddisfi... sicuramente è servito a confondere ancora di più qualcuno (ogni riferimento al baKanda è puramente casuale).

Facci sapere che ne pensi ^^

Un abbraccio

 

E per questo capitolo è tutto, a risentirci al prossimo “Angolo delle Autrici”!

Un abbraccio,

Lety&Mistral

 

 

 

Hachisu no Yume

(Il sogno del loto)

 


 

4. Dalla sua purezza fu precipitato negli inferi,

si riempì di violenza e peccato

 

Il freddo sole invernale è già tramontato quando la carrozza giunge nel piccolo paesino di campagna. Il rumore delle ruote e degli zoccoli del cavallo, benché attutito dal terreno non ricoperto di ghiaia, richiama all'esterno l'anziana abitante della canonica e la donna, scialle di lana sulle spalle e lanterna in mano, si ferma poco fuori dalla porta in attesa che il mezzo si fermi.

Ha qualche sospetto sull'identità dell'«ospite» (e quando il conducente arriva nella zona illuminata, il colore poco comune dei suoi capelli le dà ragione), ma non ha la minima idea di chi possa essere la sagoma che intravede tra le tendine che nascondono l'interno della carrozza.

“Fammi capire, Marian... sparisci nel nulla per più di sette anni e poi ti presenti ad un'ora del genere senza nemmeno avvertire? Non che mi dispiaccia, per l'amor del cielo, però ogni volta che passi di qui significa che è successo o deve succedere qualcosa di grosso... preferirei prepararmi psicologicamente, sai?”

Nonostante il benvenuto dell’anziana non sia tra i più calorosi, Cross non si scompone minimamente. Salta a terra e si butta indietro i capelli scivolati sulla spalla, quindi sorride. “Avanti Mother, non fare tutta ‘sta scena…” le risponde, estraendo nel frattempo una sigaretta da una sottile scatola d’argento “…tanto lo so che sei contenta di vedermi. E sono sicuro che sarai contenta anche di vedere loro…” conclude, mentre la fiamma dell’accendino riverbera sul suo viso, facendo brillare di una luce furba l’iride castana.

“Bah. Vedete di entrare in casa, fa troppo freddo per perdere altro tempo qui fuori. Metto su del buon the, credo che ne abbiamo bisogno un po' tutti.” Borbotta lei, girando sui tacchi per rientrare nella canonica.

È curiosa di sapere di chi si tratti, ma non può certo ficcare il naso negli affari altrui come una ragazzina impicciona, no? Sa benissimo che tutto le sarà spiegato a tempo debito.

In caso contrario, il caro Marian si dovrà scordare sia della sua squisita ospitalità sia degli amati liquori...

L’esorcista la osserva allontanarsi, sogghignando divertito, quindi si avvicina alla carrozza e apre lo sportello per lasciar scendere i passeggeri.

“Dorme ancora?” chiede poi il generale, accennando col mento alla figuretta avvolta in una coperta che la donna stringe ancora a sé con fare protettivo. Lei sorride dolcemente e annuisce, ma non dice una parola.

“Meglio così, almeno avrò il tempo di spiegare tutto a Mother…” commenta Cross, tirando l’ultima boccata dalla sigaretta e gettando via il mozzicone, subito preso al volo da Timcanpy.

 

Dopo aver messo il bricco pieno d'acqua sul fuoco, l'anziana si avvicina alla dispensa per cercare il barattolo di the Assam, messo da parte per le occasioni speciali: l'infuso, dal sapore deciso e dall'aroma speziato, è proprio quello che ci vuole per combattere il freddo e mandar via la stanchezza.

Un pensiero improvviso la fa fermare mentre sta aprendo la credenza: sta preparando il the, ma non ha pensato di chiedere quanti ne vogliono una tazza! Scuote la testa e torna un attimo sulla soglia della cucina. Da lì vede chiaramente che il generale, seduto comodo al tavolo della sala, è in compagnia solo della sua amata sigaretta. Non c'è nemmeno quello strano affarino volante che si porta sempre dietro. Probabilmente l'uomo ha già provveduto a spedire i compagni di viaggio nelle stanze al piano di sopra... nemmeno fosse a casa sua! Ah, i giovani d'oggi...

“The per due, vedo.” sbotta, lanciando un'occhiata significativa verso le scale, dove gli altri ospiti sono spariti senza che lei se ne accorgesse, e poi torna subito in cucina a prendere due tazze di porcellana per sé e per l'esorcista.

Entra in sala poco dopo, un vassoio tra le mani con la teiera fumante, le tazze, cucchiaini, zucchero e una piccola lattiera colma.

“Per la torta di mele dovrai aspettare domani.” lo informa, sedendosi pesantemente al tavolo; quindi versa il the per entrambi e prende tra le mani la propria tazza. Mette un paio di cucchiaini di zucchero e una goccia di latte, poi comincia a girare l'infuso, gli occhi puntati sul liquido scuro.

“Allora? Che è successo, questa volta?”

 

La scena che mi ritrovo davanti quando l’ormai solito buio si dissolve, per una volta non mi risulta totalmente aliena (il che è assurdo, vista la situazione in cui mi ritrovo [ma a questo punto non mi stupisco più di niente… o almeno ci provo]). Ci metto un attimo, perché evidentemente il passare del tempo ha lasciato tracce dovunque, ma alla fine identifico con sicurezza il piccolo edificio che mi si para di fronte: questo è il luogo dove (un numero indefinito di anni fa) è nato il moyashi.

Vagamente sollevato da questa scoperta (sono proprio messo male, se mi basta così poco. Il fatto è che… è che - cazzo! - continuo a non sapere minimamente dove diavolo siamo! [Ma almeno ho già visto questo posto]), mi avvicino alla canonica e ci giro attorno, fino ad arrivare davanti alla porta, quindi entro (mi farebbe un effetto troppo strano passare attraverso il muro).

Mi ritrovo in un corridoio piuttosto ampio, arredato in maniera essenziale ma non per questo spoglio, su cui si aprono due porte e che termina con una rampa di scale che conduce al piano di sopra.

Resto per un attimo incerto, poi la voce di Cross che, noncurante e vagamente annoiato, sta raccontando alla donna gli ultimi avvenimenti (tralasciando tra l’altro una marea di cose… che infame! [Ma effettivamente non ha molta altra scelta, non può certo dirle tutto]), mi indica la loro posizione. Percorro rapidamente il corridoio, fino a raggiungerli in soggiorno, dove li trovo seduti di fronte ad una tazza di the.

Bah, di sicuro quel che devo vedere non è quest’allegra rimpatriata tra vecchi amici… non mi resta che aspettare e capire stavolta qual è il vero spettacolo…

 

“Capisco.” mormora lei alzandosi da tavola e riempiendo nuovamente il vassoio con le tazze ormai vuote. “Molto bene. Vi ospito volentieri, anche se ho la netta impressione che tu mi stia nascondendo qualcosa, ma sappi che è l'ultima volta che succede. Non sono più una giovincella, e finire coinvolta nei tuoi pasticci è l'ultima cosa che le mie vecchie ossa vorrebbero.”

L'anziana si allontana, lasciando il generale da solo nella sala silenziosa, ma non lo trova più lì quando, finito di lavare le stoviglie, torna in sala per spegnere le luci.

Sbuffando sale quindi al piano di sopra, dirigendosi verso le camere degli ospiti. Marian ha sicuramente scelto la solita stanza col camino (e infatti dall'interno si ode già il suo lento e costante russare), quindi la donna e il bambino sono nella stanza più piccola, quella che li aveva ospitati anche anni prima. Mother si avvicina senza fare rumore, e con gesti lievi socchiude la porta.

Quella che un tempo era una giovane madre piena di vita siede sul letto, la schiena poggiata alla testata, stringendo delicatamente a sé il proprio bambino. Questi, smagrito e dolorosamente ben diverso dal vispo neonato che l’anziana ricorda, dorme sonni inquieti, agitandosi ogni tanto sotto le pesanti coperte.

Mother scuote il capo, sospirando e richiudendo la porta. Le fa quasi male il cuore vedere come tutto il fuoco d'amore di pochi anni prima sia ormai ridotto a poche braci sonnolente... l'unica cosa che la consola è la consapevolezza che le braci, se ben alimentate, possono tornare a bruciare e scaldare anche meglio di prima.

 

La mattina seguente, è solo quando il sole è ormai alto da un pezzo che Mother riesce a parlare con il generale; ed è Cross stesso a venirla a cercare in cucina, chiedendole la colazione.

Al vederlo arrivare - in maniche di camicia (l’uniforme probabilmente è buttata da qualche parte in camera) ma con l’immancabile pistola nella fondina legata alla coscia e il piccolo golem dorato appollaiato sulla spalla - la donna scuote il capo e sorride materna: nonostante il tempo trascorso, Marian non è cambiato di una virgola, ma continua a dimostrare sempre la trentina d’anni che ormai non avrà più da un pezzo, e a indossare quel sorriso così beffardo che non riesce a lasciare indifferente nemmeno un’anziana come lei.

Mother però è un’attenta osservatrice e non le sfugge che nei movimenti dell’esorcista oggi non c’è la consueta leggerezza scanzonata: qualcosa lo infastidisce, anche se non al punto da intaccare la sicurezza di sé che ha sempre contraddistinto quell’uomo così indecifrabile.

Pur essendo certa della sua intuizione, tuttavia, la donna non si azzarda a porre una domanda esplicita, limitandosi ad interrogarlo con lo sguardo - tanto sa benissimo che se Cross ha intenzione di vuotare il sacco, lo farà di sua iniziativa.

E infatti, sedutosi a tavola, mentre lei gli riempie la tazza di caffè e gli presenta uova e pancetta per colazione, senza staccare gli occhi dal Times del giorno l’esorcista parla: “Sono stato appena informato che molto presto avrò una visita sgradevole… un sedicente pezzo grosso della Centrale mi sta col fiato sul collo perché vuole appiopparmi uno stupidissimo incarico.”

“E come avrebbe fatto questo signore a trovarti? Non sei sempre stato un maestro della fuga, tu?” lo pungola Mother.

Lui non se la prende, ma le risponde con un largo sorriso soddisfatto. “Probabilmente un conto di mille ghinee dal Savoy di Londra è stato un duro colpo per le venerande tasche di Sua Santità… devono aver seguito quella traccia…”

La donna, allibita per la cifra astronomica, strabuzza gli occhi e rimane senza parole mentre il generale ride di gusto.

All’improvviso però, Cross si blocca e torna immediatamente serio; dall’esterno si sente l’inconfondibile rumore di una carrozza che si ferma, lo sbuffare di una coppia di cavalli e subito dopo una voce maschile, melliflua e palesemente falsa.

L’esorcista si alza in piedi e si dirige verso la sala, facendo cenno a Mother di andare alla porta e intrattenere per qualche istante il visitatore. Nel frattempo, come se fosse stata chiamata (sebbene Cross non abbia pronunciato il suo nome, né abbia fatto altro cenno o segnale), Mària è apparsa silenziosa e leggera ai piedi della scala.

L’uomo le rivolge un sorriso. “Va’ di sopra e attiva il Magdala Curtain: tu e il bambino non dovete farvi vedere per nessun motivo, intesi?”

Mentre la donna annuisce e torna al piano superiore, l'anziana apre la porta d'ingresso. L'uomo che si trova di fronte, quasi colto sul fatto mentre si guarda attorno con aria sospettosa, torna immediatamente sorridente e saluta con un rapido ma elegante inchino.

“Buongiorno Madame, io sono Malcolm C. Leverrier. Scusi se mi presento senza preavviso, ma starei cercando una persona. Per caso il generale Marian Cross è da queste parti?”

Educato... all'apparenza cordiale... una personcina ammodo, insomma, non fosse per quegli occhi sottili e cattivi che stanno ancora scandagliando l'intera area, innervosendo parecchio la cara vecchina.

“Mi chiami Mother, qui mi conoscono con questo nome. Se non le dispiace gradirei sapere se si tratta di un colloquio di lavoro o di piacere... nel primo caso potrei farla entrare, anche se le dico subito che in questa casa certi argomenti preferirei non toccarli. Nel secondo fareste meglio a trovarvi un altro posto dove bagordare assieme!”

Quel tizio non le piace, e dal modo in cui lui cessa improvvisamente di sorridere la cosa sembra reciproca.

“Madame, è solo ed esclusivamente il lavoro che mi porta in un luogo del genere.”

“Mh. Siamo intesi. Entri pure e stia attento a pulirsi bene le scarpe, mentre vado ad avvertire il generale Cross del suo arrivo.”

La donna non ha nemmeno bisogno di percorrere il corridoio perché, appena si volta vede, Marian appoggiato con fare noncurante allo stipite della porta della sala, una sigaretta ancora spenta all’angolo della bocca e un sorriso all’apparenza cordiale sulle labbra.

“Non ti preoccupare Mother, come vedi sono già qui… non sta bene far aspettare gli ospiti, no?” dice con aria rilassata (ma non senza una sotterranea vena di sarcasmo), facendo scorrere rapidamente due dita lungo la catena del prezioso rosario d’oro che porta al collo “Buongiorno Sovrintendente! Qual buon vento?”

“Generale Cross... è un piacere trovarla, una volta tanto. Sono qui perché devo renderla edotta sul suo nuovo incarico. C'è un posto dove poter parlare in tranquillità?”

“Beh, non vorrete restare lì in piedi come due baccalà, no? Mi occupate l'ingresso! Sistematevi in sala, cercate di non fare danni e potrei offrirvi una fetta della torta di mele che sfornerò a momenti!” esclama Mother, prima di dare le spalle a entrambi e dirigersi con passo marziale verso la cucina. Si è accorta della tensione crescente, nonostante le espressioni cordiali dei due, e non vuole assolutamente rimanerci in mezzo... e a quanto pare non è l'unica: anche l'affarino dorato all'arrivo dell'ospite si è subito nascosto dietro il vaso di margherite sul davanzale.

 

Cazzo, questa non me l’aspettavo proprio! Non fossi così abituato a controllare e celare le mie emozioni, scoppierei a ridere… adesso credo proprio di aver capito qual è il punto stavolta…

Certo che questa famosa missione dev’essere parecchio importante se Leverrier stesso si è preoccupato di venire fin qui, in questo paesino sperduto (perché di sicuro la città più vicina è piuttosto lontana, a giudicare da quanto sono stanchi i cavalli attaccati alla sua carrozza), solo per beccare Cross (che poi mi piacerebbe capire come faceva a sapere che il Sovrintendente stava per arrivare)… sapessi quanti dannati anni mancano ad arrivare al presente, forse potrei anche capirci qualcosa di più da solo, ma visto che a quanto pare mi è impossibile, non mi resta che ascoltare la loro conversazione…

 

L'esorcista e il burocrate si siedono al tavolo, uno di fronte all'altro, squadrandosi per alcuni secondi. Lo sguardo di Leverrier, che non riesce a sostenere quello del generale, scivola sul mobilio e poi sul fascicolo che l'uomo ha posato davanti a sé, in un nemmeno poco velato tentativo di mettere un po' d'ansia al suo interlocutore. È in quel momento che l’ufficiale si rende conto di un piccolo particolare, al quale all'inizio non ha dato importanza. A quanto risultava dai rapporti, il generale Cross aveva un discepolo con sé... dov’è ora?

“Generale... vedo con dispiacere che il suo allievo non è qui con lei. Come mai?” chiede con fare untuoso, riportando lo sguardo su Cross e intrecciando le mani sul tavolo davanti a sé.

L’esorcista, che fino a quel momento si è limitato a starsene mollemente seduto, il gomito puntato sul tavolo e il mento poggiato sul palmo della mano, inarca sornione le sopracciglia, vagamente stupito dall’esordio che Leverrier ha deciso di dare alla conversazione.

La mia allieva, per essere precisi. Una gran bella donna che però ha avuto la sfortuna di essere una compatibile parassita…” lo butta lì con nonchalance, ma sa benissimo che insinuare che venir scelti dall’Innocence sia una disgrazia farà incavolare il Sovrintendente - ed è proprio per questo che lo dice.

“Donna o uomo che sia non cambia, stiamo sempre parlando di un apostolo scelto da Nostro Signore per vincere questa guerra santa... sa bene che non possiamo permetterci di perdere altri esorcisti. La ricerca di nuovi compatibili procede a ritmi serrati, ma dato che lei non pare interessato alla questione, gradirei almeno sapere dov'è finita l'Innocence che era in dotazione alla sua allieva, così da poterne riutilizzare il potenziale con un nuovo compatibile.”

Davanti a quella risposta infarcita di vuota, anacronistica retorica da Crociate, il generale non può fare a meno di sogghignare (cosa che ovviamente manda in bestia l’ufficiale). “Ah sì? E… dì un po’, Malcom - posso chiamarti Malcom, vero? - chi ti ha detto che a Mària non serve più la sua Innocence?”

Il Sovrintendente, piccato dal tono supponente del suo interlocutore e intimamente preoccupato dalle azioni del folle che gli siede di fronte, trattiene a stento un ringhio rabbioso.

“Generale, le consiglio caldamente di non scherzare con il fuoco. La pazienza di Sua Santità e dei nostri superiori potrebbe finire quando meno se lo aspetta, se lei si ostina a infrangere le regole come suo solito.”

Lasciata depositare per qualche secondo la nemmeno troppo velata minaccia, il burocrate decide di tornare all'argomento principale dell'incontro. Dopo essersi schiarito la voce, inizia nuovamente a parlare, le mani sul tavolo a sfogliare lentamente il fascicolo che si è portato dietro.

“Generale Marian Cross, sono qui in veste ufficiale per affidarle un incarico di vitale importanza per la nostra Santa Madre Chiesa. Come lei sicuramente sa, il nostro acerrimo nemico possiede una fabbrica, chiamata «uovo», mediante la quale produce senza sosta i suoi akuma. Compito di voi apostoli, naturalmente, è distruggere quegli esseri immondi per salvaguardare il benessere dell'umanità, ma crediamo che una parte importante di questa missione possa essere svolta più efficacemente risolvendo il problema alla radice. Generale Cross, quell'uovo deve essere individuato, raggiunto e infine distrutto. Solo così la Chiesa potrà fare un decisivo passo avanti nella guerra contro il Conte e la famiglia Noah.”

Man mano che Leverrier parla, l’espressione sul viso del generale attraversa diverse sfumature, fino a cristallizzarsi in un sorriso che sottintende molte cose - nessuna delle quali, ovviamente, sarà mai portata a conoscenza dell’altro uomo.

“Mh. Quindi volete che io mi infiltri nell’Arca per sbriciolare l’ovetto, giusto?” domanda infine, ma senza realmente aspettarsi alcuna risposta. Poco dopo infatti riprende, mentre si accende la sigaretta “Giusto per informazione, hai almeno una vaga idea del casino che comporta una cosa del genere?”

“Che sia facile o difficile non è un problema di Sua Santità. Voi, in qualità di apostoli scelti appositamente dall'unico Dio, siete tenuti a fare il possibile e anche l'impossibile per raggiungere obiettivi di questo genere.” ribatte il Sovrintendente, incrociando le braccia.

“Oh certo, l’unico problema di Sua Santità è trovare una veste ogni giorno più sfarzosa…” replica quieto il generale, soffiando in alto una boccata di fumo. Poi torna a guardare dritto in faccia Leverrier, la sicurezza che brilla provocatoria nel suo sguardo “Comunque non ho detto che rifiuto l’incarico, era solo per capire se avete capito cosa mi state chiedendo. Sai com’è, voi che passate tutto il tempo con il culo incollato alla sedia, di solito non sapete molto bene come funzionano queste faccende…”

Il burocrate fa per alzarsi e protestare, contrariato dalla sfacciataggine dell'altro. La tensione tra i due è diventata quasi palpabile quindi, prima che il tutto finisca in rissa, Mother pensa bene di lasciare il suo rifugio in cucina e rientrare in sala con la torta ancora calda.

“Spero che abbiate finito di parlare, signori, è ora di assaggiare una fetta della mia specialissima apple pie! Non vorrete mica lasciarla freddare, spero!”

L'anziana taglia rapidamente due fette, le dispone sui piattini e le mette direttamente sotto al naso dei due. Il morbido profumo riempie la stanza, riportando un'apparenza di serenità.

In pochi minuti i piatti sono ormai vuoti, e il Sovrintendente si congeda. Mother lo accompagna alla porta e, dopo essersi accertata della sua effettiva partenza, ritorna in sala dove si accomoda e si serve a sua volta di un'abbondante porzione.

“Povera la mia torta, sprecata per un omuncolo del genere! Spero gli venga una bella carie, prima o poi!” borbotta, infilzando un pezzo di dolce con la forchettina decorata e seguendo con lo sguardo Timcanpy nel suo svolazzare dal davanzale alla testa dell'esorcista.

“Bah! È che purtroppo di solito quelli della sua risma sono i più duri a crepare, sai?” commenta infastidito Cross, alzandosi in piedi e avvicinandosi alla finestra, le mani sprofondate nelle tasche dei pantaloni di pelle. “Comunque mi ha rifilato una bella gatta da pelare… devo partire subito, assieme a Mària e al bambino. Ma che quelli della Sede non si sognino che gli mandi una letterina tutti i mesi per dirgli che sto bene!” conclude acido - è evidente che l’Ordine con tutta la sua burocrazia ingessata e i suoi baciapile gli va proprio stretto.

Il boccone di torta in bilico sulla forchetta cade nel piattino, seguito subito dalla posata. Mother scatta in piedi, infuriata.

“Cosa?! Ma il piccolo non si è ancora nemmeno svegliato! È talmente smagrito e indebolito che dubito riuscirebbe a stare in piedi da solo, figuriamoci di partire per un lungo viaggio! Ti proibisco tassativamente di farlo uscire di qui, almeno per il prossimo mese... Ha un assoluto bisogno di cure e sua madre non può certo fare miracoli in così breve tempo, anche se io l'aiuto dandole il cambio ogni tanto!”

L’esorcista non si fa per niente impressionare. Si volta verso Mother, poggiandosi al davanzale, con le braccia conserte. “Non hai capito, donna: non ti sto chiedendo un parere. Ho detto che partirò domani, dopodomani al più tardi, portandomi dietro entrambi e così sarà. Il bambino ha passato di peggio negli anni scorsi, sopravviverà. Quanto a sua madre, come ti ho già spiegato non è più viva da molto tempo, quindi non soffre tutte le nostre limitazioni.”

La donna gli tiene comunque testa, nonostante la differenza di stazza e statura. C'è una grande saggezza che brilla nei suoi occhi, una conoscenza davanti alla quale anche il grande generale Cross potrebbe vacillare.

“Trenta giorni, non uno di più, non uno di meno. Non sono disposta a lasciarti fare uno dei più grossi errori della tua vita, Marian. Qualunque siano i tuoi piani per quel bambino, ti sarà difficile realizzarli se il piccolo non riesce a sopravvivere già al primo viaggio, non credi? Quattro settimane di lavoro intensivo, fra me e sua madre, e poi potrai portarlo dove ti pare.”

Davanti a quella replica testarda, l’esorcista inarca le sopracciglia perplesso: deve ammettere a se stesso che non si aspettava che Mother osasse tanto. Sforzandosi di considerare le sue parole con obbiettività, deve comunque riconoscere che ha ragione. Amiel (anzi, Allen - ora è quello il nome con cui deve chiamarlo, gli ha detto Mana) non ha proprio una salute di ferro, anche se la tempra è robusta, e per di più lo shock psicologico che ha subìto, con la morte del padre e tutto il resto, non ha certo migliorato le cose.

Ovviamente però, il generale non riconoscerà mai nulla di tutto ciò all’anziana, ne andrebbe del suo onore. Si limita quindi ad annuire e poi rivolge un sorriso alla figura silenziosa ferma sulla soglia della sala, alle spalle di Mother. “Va bene, sia come dici tu. Ma vedi di non tirarmi in mezzo, intesi?”

“Non corri alcun rischio, tranquillo. Già una volta ce la siamo cavata senza di te, ce la faremo anche stavolta.” sogghigna lei, compiaciuta, prima di tornare al tavolo e prendere il vassoio con la mezza torta di mele avanzata.

Avvicinandosi al corridoio con il suo dolce carico, sorride teneramente alla donna senza vita che sembra la stia aspettando. “Ora portiamo questa buonissima torta al piano di sopra. Appena il piccolino si sveglierà avrà sicuramente una fame da lupi, vero cara?”

 

Tsè, decisamente lo spettacolo si sta facendo più interessante… continuo a non sapere minimamente dove cazzo sono finito o in che epoca siamo (anche se adesso ho già un’idea più precisa [mancheranno al massimo tre o quattro anni al presente]), né tantomeno perché sono qui, ma è innegabile che vedere quel pallone gonfiato di Leverrier scornato in quel modo dà le sue soddisfazioni.

Incrocio le braccia, ghignando: non avrei mai detto che Cross fosse un tipo del genere… (anche se, da quel che ho visto e che mi ha raccontato Tiedoll, avrei dovuto immaginarlo). E comunque anche la vecchia ha una bella faccia tosta ad opporsi al generale…

La osservo salire al piano di sopra e decido di seguirla - voglio vedere come è ridotto il moyashi; assieme a lei c’è sempre quella donna, Grave of Mària (la madre di Walker…).

Ed è proprio la sua stessa esistenza, il fatto che sembra dotata di intelletto e volontà, la cosa che mi lascia più sbalordito: com’è possibile che un cadavere sia senziente al punto da potersi ancora sincronizzare con l’Innocence? (Perché quella creatura è ancora un’esorcista, non si discute - l’allusone di Cross era chiara [A questo punto, forse, l’unica differenza tra me e lei è il fatto che io posso parlare…])

Quest’ultimo pensiero mi inquieta più di quanto credessi (non è il momento di riflettere su questioni esistenziali [che tanto non servono a un cazzo]), quindi scuoto energicamente la testa per scacciarlo e salgo le scale seguendo le due donne.

 

Un mese dopo, la stessa carrozza che è arrivata a casa di Mother quella notte si ferma davanti al porto più grande della costa inglese, Dover.

Il cielo è grigio e pieno di nubi, ma per fortuna il rischio di pioggia sembra scongiurato. Il sole appena sorto riesce timidamente a superare le fitte coltri con i suoi deboli raggi, rischiarando l'ambiente circostante e facendolo sembrare meno ostile, pur senza riuscire ancora a riscaldarlo. Ci vorranno settimane perché il sole primaverile torni a far splendere le caratteristiche scogliere di calcare.

Dalla carrozza, eccezionalmente condotta da un cocchiere assoldato apposta, scendono in due. Pochi istanti dopo la vettura riparte e il generale Cross si avvia a passo spedito verso l'ingresso del porto, seguito dal giovane Allen. 

Il ragazzino, visibilmente più in salute rispetto prima anche se non ancora completamente ristabilito, cammina incerto nei suoi abiti nuovi, trascinandosi dietro il pesante bagaglio del suo mentore. Quando l'uomo è sceso dalla carrozza e si è avviato lungo la banchina gli è venuto naturale prendere la valigia che l'altro stava dimenticando (succedeva anche a Mana di dimenticarsi le cose in giro... ), ma non si aspettava certo un peso del genere... Decide però di risparmiare il fiato ed evitare ogni domanda a riguardo, intuendo che forse in questo caso non si è trattato di una dimenticanza vera e propria. Anzi.

Raggiunta la banchina, improvvisamente l'uomo in divisa si ferma. Allen frena appena in tempo per non andare a sbattergli contro, e approfitta della piccola pausa per posare il bagaglio e riprendere le forze.

Cross rimane per qualche istante in silenzio, il piede puntato su una bitta e il gomito poggiato alla gamba; il suo sguardo si perde a contemplare il mare mentre, con gesti meccanici, estrae l’ennesima sigaretta e la accende. Stringe gli occhi, infastidito dalla luce che riverbera sull’acqua color cobalto e dal vento che gli scompiglia i capelli; espira lentamente una boccata di fumo e attraverso di essa osserva le coste francesi, che si intravvedono in lontananza nonostante la foschia sull’orizzonte.

“Più di sei secoli fa, Riccardo Cuordileone partì da qui, per la sua Terza Crociata…” commenta noncurante, lanciando un’occhiata di sottecchi al bambino, anch’egli assorto nella contemplazione dell’acqua scura e delle piccole onde che si frangono delicatamente sulle banchine di pietra. “…per un tratto seguiremo le sue orme. E chissà che poi non si finisca anche noi per stringere un’inaspettata alleanza con il «nemico»…” conclude, con una risata appena accennata.

Non l’ha buttata lì tanto per dire, la storia dell’alleanza: Cross ci spera davvero che alla fine, tra qualche anno, quando verrà il momento per lui di scoprire che le memorie del Quattordicesimo sono dentro di lui, il ragazzo riesca a venire a patti con l’intera faccenda.

Anche se, l’esorcista se ne rende conto, non dev’essere facile accettare l’idea che tuo padre viva fisicamente dentro di te e si serva del tuo corpo per tornare in questo mondo… Mana gli ha detto chiaramente che la cancellazione dell’ospite non è affatto inevitabile - dipende tutto dall’ospite stesso - ma gli ha altresì proibito di dire una sola parola a suo figlio su quella faccenda.

Per quanto è chiaro che, adesso come adesso, Allen ha ben altri problemi. Ognuno ha un modo tutto suo per elaborare il lutto e, benché sia convinto che per superare il trauma e i sensi di colpa per la morte di Mana non gli basterà una vita intera, il ragazzino ci ha provato - chiudendosi di nuovo in se stesso, in quel nascondiglio immaginario che già aveva creato da piccolo grazie alla propria fantasia.

È quindi un «Noi?», quasi afono ma anche incredibilmente stupito, la prima parola che Allen pronuncia dopo un mese di completo mutismo, mentre la comprensione gli illumina per un attimo il volto: ecco perché la valigia era così pesante! Anche lui partirà con il generale!

L'entusiasmo che tutti i bambini provano davanti a una nuova avventura, però, viene smorzato dal timore davanti all'ignoto. Certo, qualcosa gli dice che viaggiare con un esorcista - e diventare uno di loro - non sarà una cosa facile… ma non è questo che lo preoccupa di più, al momento.

Mettendo una mano sugli occhi a ripararsi dalla luce solare, Allen fa scorrere lo sguardo sulle imbarcazioni che, attraccate ai moli, già fumano in attesa dei loro passeggeri.

Il ragazzino sospira, abbassando lo sguardo a terra. Lui non vuole lasciare il Paese, non ci è abituato, e soprattutto... anche se con Mana, ha girato molto, non è mai salito su una nave!

Mentre Cross termina la sigaretta, non dando segno di averlo sentito, Timcanpy gli svolazza attorno comprensivo. Allen, che si sente in un certo qual modo confortato dall'amicizia del piccolo golem, riesce a radunare il coraggio necessario per schiarirsi la voce un paio di volte. Quando le corde vocali sono tornate a fare il loro lavoro, pone di nuovo la fatidica domanda all'uomo che lo precede: “Ma... devo per forza venire anch'io, signore?”

Alla frase incerta del bambino, il generale si volta verso di lui, le sopracciglia inarcate ad enfatizzare una perplessità che forse nemmeno prova. “Come pensi di fare a diventare un esorcista senza un maestro?” replica piatto, gettando il mozzicone tra le onde.

Il ragazzino torna a fissare il mare, gli occhi puntati sull'interminabile movimento della risacca, e deglutisce nervosamente. Ricorda bene la domanda che il generale gli aveva posto davanti alla tomba di Mana, e ricorda bene la promessa che ha fatto a suo padre prima che questi morisse: deve continuare a camminare, deve andare avanti... anche se questo significa attraversare l'oceano per diventare un esorcista!

Annuisce, distogliendo gli occhi dalla superficie increspata e portandoli con decisione, forse per la prima volta, sul viso dell'uomo. “Davvero mi insegnerete, Maestro? Allora verrò con voi ovunque andiate!” esclama infine, afferrando nuovamente il bagaglio di entrambi, prima di seguire il generale verso il molo più vicino.

 

E così, questo è l’inizio dell’apprendistato da esorcista di Allen Walker… ha seguito Cross in giro per il mondo, mentre lui lavorava dietro le quinte perché un giorno il proprio allievo potesse entrare nell’Arca e controllarla. Sarei veramente curioso di vedere la reazione del moyashi se gli raccontassero tutto del suo passato: sarebbe un colpo durissimo alla memoria e alla fiducia che ha sempre riposto in Cross stesso e in Mana, le due persone che più ha amato nella sua vita (si sentirebbe tradito? [Probabilmente ne uscirebbe pazzo])

Comunque venendo qui ho finalmente capito dove accidenti siamo: quelle sono le scogliere di Dover, sono inconfondibili… quindi probabilmente anche tutte le scene precedenti erano ambientate da qualche parte nel sud dell’Inghilterra (e adesso stiamo per spostarci chissà dove […’fanculo, appena trovato un punto di riferimento subito me lo bruciano]). Vabbè, non sarà molto, ma almeno non mi sento più completamente sospeso in un limbo…

Incrocio le braccia e li seguo con lo sguardo mentre si imbarcano su un piroscafo, in attesa che scenda il solito sipario di buio e tempo e luogo cambino per l’ennesima volta.

 

Una volta messo piede in Europa, dopo aver girato per Calais alla ricerca di una carrozza, maestro, allievo e golem ripartono in treno per attraversare il continente in direzione sud.

Qui il generale sembra avere questioni da sbrigare in tutte le città esistenti e, per ogni giorno speso in «affari», se ne vanno almeno altri sei per il tour tutto compreso delle migliori taverne del luogo.

Tempo di arrivare a Parigi e Allen ha il primo assaggio di quella che sarà la routine della vita con il suo nuovo maestro, che prima afferma di aver «perduto» il gioiello di ottima fattura che voleva impegnare per saldare il conto dell'albergo e che poi, aggredito da un gruppetto di muscolosi creditori, lo lascia in loro balia per fuggire senza pagare.

Nei primi tempi di convivenza con Cross, quindi,  il giovane Allen non impara un bel niente di ciò che dovrebbe farlo diventare un esorcista. L'unica cosa che ottiene è capire che sta viaggiando con un adulto completamente inaffidabile, dedito solo al fumo, all'alcool e alle belle donne - cosa deprecabile per un uomo di Chiesa ma che al ragazzino non dà particolarmente fastidio... almeno fino a quando, una volta esaurita la cassa per il viaggio, tocca a lui tirarsi su le maniche per raggranellare i soldi necessari a pagare sia i vizi del Maestro che vitto, alloggio e trasporti per entrambi.

Fra treni e carrozze, ristoranti e taverne, debiti e creditori, passano i giorni e passano le settimane... tappa dopo tappa, parallelo dopo parallelo il clima diventa progressivamente più caldo, e quando finalmente i due giungono nel nord dell'Italia l'inverno ha ormai lasciato da un bel pezzo il posto alla primavera inoltrata.

Qui il copione ovviamente si ripete, ed Allen è costretto a lavorare di piccone per racimolare le lire necessarie a pagare i vizi del generale.

Certo, il lavoro gli consentirà di metter su qualche muscolo e soprattutto di esercitare meglio il braccio sinistro (che per fortuna sta aumentando giorno dopo giorno sensibilità e mobilità)... Ma proprio ora, in un vicolo buio e umido, mentre il Maestro gli sequestra tutto il suo stipendio (guadagnato con una lunga giornata di lavoro) per andarlo a spendere con una delle sue «amiche», il ragazzino non può fare a meno di ricordare la frase pronunciata a Dover in quella mattina di cielo grigio, chiedendosi chi cavolo gliel'ha fatto fare...

 

Le cose non migliorano durante il viaggio in treno verso l'Est Europa.

Il loro obiettivo, a quanto Allen ha capito, è il continente africano, ma tanto per cambiare il Maestro li ha nuovamente costretti a una deviazione forzata. Pare che stavolta debba passare a casa di un vecchio amico per riportare una particolare pianta che questi gli aveva prestato anni prima.

Scaricato in un villaggio lì vicino a lavorare come sguattero per racimolare i soldi per il treno, Allen può solo essere contento di non doversi più portare dietro la pianta - recuperata poco prima in Ungheria, a casa di un'altra delle centinaia di amiche del Maestro. Al ragazzino piante e fiori piacciono, a dire la verità, solo che Rosanne era una pianta carnivora non molto amichevole... accidenti, anche Timcanpy aveva rischiato di venire masticato!

Dopo mezza giornata il Maestro è di ritorno, e i due prendono un nuovo treno in direzione sud. La traversata dell'Ucraina procede tranquilla, l'allievo che riposa e il maestro che fuma, e dopo un paio di giorni si intravede all'orizzonte lo specchio azzurro del piccolo Mar di Marmara.

Giunti a Costantinopoli, i due cercano una nave che li porti in Egitto. Trovano un passaggio su una nave da pesca, e in cambio Allen finisce a sollevare reti e reti colme di sardine. Attraverso i Dardanelli, il mercantile arriva nel mar Egeo, vira verso Sud e poi, dopo una piccola tappa a Creta, inizia l'ultimo tratto di strada che in una settimana di pigro navigare porta pesci e passeggeri a sbarcare nel caldo Egitto.

 

Arrivati a questo punto, Cross non ha ancora effettivamente insegnato un bel nulla al suo allievo, ma Allen sta inconsciamente imparando a sopravvivere.

Il clima, caldo e secco nell'entroterra e caldo e umido lungo le coste, è considerevolmente diverso da quello inglese. Cross non sembra subire gli effetti delle alte temperature, mentre Allen ha già abbandonato giacca e panciotto per rimanere in maniche di camicia e, dopo essersi scottato leggermente, cerca ovunque l'ombra per evitare le insidie del sole cocente.

Presa a nolo una barca tipica, i due risalgono il grande fiume Nilo fino a Luxor. Nella città, importante centro turistico del Paese vicino alla famosa Valle dei Re, sono però obbligati a lasciare il fiume che si restringe troppo per consentire di procedere oltre.

Girando per locande e taverne, i due trovano anche stavolta un passaggio: il giorno dopo, quindi, si accodano a una carovana di mercanti che deve attraversare la zona delle grandi piramidi e il deserto per arrivare in Kenya. Niente carrozze, treni o cavalli, però. Questa volta Allen deve tirare fuori tutto il suo spirito di adattamento e una buona dose di coraggio, virtù indispensabili quando incontri per la prima volta un dromedario poco simpatico che sarà la tua cavalcatura per tutti i 23 giorni di viaggio!

 

Arrivati finalmente in Kenya, tanto per cambiare Cross decide di concedersi una vacanza. Allen è convinto di essere arrivato a destinazione - pur non avendo ancora imparato un bel nulla del mestiere di esorcista - ma ovviamente il generale non è della stessa idea. Centellinando un ottimo vino del luogo, afferma candidamente di aver fatto un po' di confusione: la loro destinazione è l'India, non il Kenya!

Visto che sono nel continente africano, l'uomo vorrebbe partecipare a un safari, ma il tempo stringe. Possono concedersi soltanto tre giorni in una tranquilla cittadina vicino a Mombasa, e soltanto perché la nave che li porterà verso le Indie è ferma per riparazioni.

Mentre il Maestro si gode la vita come suo solito, sulle spalle il solo peso di Timcanpy (che ha preso il vizio di stare perennemente accoccolato sul comodo cappello di Cross), Allen si barcamena come può per raggranellare i soldi necessari per tutto.

Gira l’intera la città alla ricerca di lavoretti da fare, ma non tutti danno fiducia agli stranieri: una sera di ritrova quindi con nessun lavoro e il terrore di presentarsi da Cross a mani vuote. Anche in questo caso, quindi, finisce per fare di necessità virtù: senza sapere né come né perché, si ritrova seduto al tavolo da gioco di una taverna dove, utilizzando le proprie abilità di baro (imparate da Mother come terapia pratica per la riabilitazione della mano), riesce a vincere a poker il necessario per sopravvivere una settimana intera.

Questo piccolo espediente gli consente di ritagliarsi, per la prima volta dall'inizio del viaggio, un po' di tempo tutto per sé. Cross però sembra accorgersene e per impiegare «costruttivamente» quel tempo, oltre ad esortarlo a mettere a frutto i suoi trucchetti per avere più soldi da spendere, inizia anche ad affidargli missioni assurde e rischiose... arrivando addirittura a chiedergli di portargli un leone vivo!

Per fortuna i tre giorni passano in fretta e i due salpano in direzione Est, Cross che al solito beve e fuma mentre Allen dà una mano in sala macchine e si diverte a spennare a poker i componenti dell'equipaggio.

Ci vogliono un paio settimane, tra mare in tempesta e pause per sistemare i motori, ma anche stavolta i due riescono a raggiungere sani e salvi le coste dell'India...

...e Allen non ha ancora imparato nulla del nobile lavoro di esorcista.

 

Quando lo scenario intorno a me si fa infine completamente nero, crollo in ginocchio, esausto e con la testa che mi vortica in maniera ossessiva e convulsa. In un breve (quanto non lo so, ma comunque troppo) lasso di tempo la scena davanti ai miei occhi è cambiata un numero incalcolabile di volte e con una velocità tale da rendermi impossibile capire cosa stessi vedendo. Capivo per intuito, collegando indizi talmente labili da essere irriconoscibili, e basandomi su ricordi che nemmeno credevo d’avere (quando mai ho visto l’Egitto, io? […forse lo vide il vero me stesso…])

…’fanculo, mi auguro sinceramente che questo viaggio assurdo sia finito, non sopporterei un’altra serie così rapida di cambi di scena (ma quanto cazzo ha girato il moyashi?!).

A quanto pare, ora stiamo per sbarcare in India. Se non ricordo male avevo sentito dire che Walker era partito da qui quando è arrivato all’Ordine (spero non mi tocchi poi sorbirmi anche il viaggio di ritorno!), quindi posso supporre che almeno per un po’ ci fermeremo?

 

Pur avendo l'incredibile fortuna di non soffrire il mal di mare, per Allen il viaggio è stato tutt'altro che piacevole quindi, mentre il sole sorge ad Est illuminando il profondo porto naturale di Bombay che appare pian piano all'orizzonte, al ragazzino non sembra vero di poter finalmente rimettere piede sulla terraferma.

Sarebbe quasi tentato di baciare il polveroso terreno indiano, ma Cross non gli dà nemmeno il tempo di riprendere fiato: a quanto pare hanno un treno da prendere, e se devono anche passare nelle quattro o cinque taverne più famose della città, non possono certo perdere tempo...

 


 

PREVIEW:

Capitolo 5 - Fu gettato sulla via, ma col fuoco nel cuore prese la sua croce e iniziò a camminare

Il generale continua a fare la bella vita e continua a non insegnare un bel nulla al suo allievo, aspettando il momento propizio per dare il via all'apprendistato ufficiale.

Il «momento propizio» tanto atteso alla fine arriva, all'incirca sei mesi dopo il loro arrivo, ma per l'Inglese la cosa è tutt'altro che facile. Messo davanti a una situazione critica, solo comprendendo e accendendo nel suo cuore il nuovo e bruciante desiderio di restituire alle anime ingannate la libertà perduta gli consentirà di attivare con successo, per la prima volta, la sua arma anti-akuma.

[…]

Vedendolo crescere assieme a quel ragazzino indigeno, ho capito cos’è successo al bambino incazzato col mondo che il generale raccolse su quella tomba. È in questo periodo, assieme a quel Narein, che il moyashi è diventato quel che conosco io…

 


 

IL POST-IT DELLE AUTRICI

Come detto in precedenza, elenchiamo di seguito tutte le citazioni contenute nel capitolo che avete appena letto.

 

-    Il titolo: citazione composta traendo spunto da due passi biblici che l’esegesi riferisce a Lucifero e alla sua caduta dal Paradiso. In particolare Ez 28,12; 15-16 “Tu eri un modello di perfezione, / pieno di sapienza, / perfetto in bellezza. […] Perfetto tu eri nella tua condotta, / da quando sei stato creato, / finché fu trovata in te l'iniquità. / Crescendo i tuoi commerci / ti sei riempito di violenza e di peccati” e Is 14,11 “Negli inferi è precipitato il tuo fasto, / la musica delle tue arpe”.

-    La missione affidata da Leverrier a Cross: come avrete intuito, si tratta della missione che Cross poterà a termine solo 4 anni dopo, quando si ripresenterà nell’Arca per salvare la pellaccia ad Allen e agli altri. Il conferimento dell’incarico l’abbiamo collocato cronologicamente qui sulla scorta di quel che riferisce Link durante la riunione con i generali e i supervisori: “Generale Cross Marian, 4 anni fa, subito dopo che le era stata affidata la missione di distruggere l’impianto di creazione degli akuma, lei ha interrotto le comunicazioni con il Quartier Generale” (cap. 136, pag. 2)

 

Per questo capitolo è tutto! Se avete un qualsiasi dubbio, chiedete pure!

E ricordate… in missing moments we trust!

Alla prossima!

Lety&Mistral

 

 

 

NEXT SHOT ON AUG. 10, 2010

Dont miss it!

 

 

 

   
 
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