Capitolo Due: La
macchina del tempo.
Lo scribacchiare della penna del dottor Watson si fermò
bruscamente e lui la guardò
sorpreso. “Chiedo scusa?” Lanciò
un'occhiata a Holmes che stava ora seduto dritto sulla sua sedia.
“Vengo dal XXI secolo,” ripeté lei, facendo del suo meglio
per non manifestare il suo disagio. Non
posso biasimare gli sguardi sulle loro facce… Non ci avrei creduto neanch’io. “Dall’anno
2007. Io-ecco.” Cercò nella tasca dei suoi jeans e prese qualche moneta. Le
porse a Holmes. “Potete vedere l’anno…”
Holmes studiò le monete, voltandole. Erano di un modello più nuovo rispetto a quello
che gli era familiare e lesse gli anni 1995, 2004, 1999, 2006 e 2000. Portò
nuovamente lo sguardo sulla signorina Andrews e porse le monete a Watson, che le osservò con meraviglia.
“Sono nata nell’anno 1981,” continuò lei. “Sono tornata indietro nel 1895 con una macchina del tempo costruita da mio padre.” Tese una mano mentre Watson le restituiva
le monete.
“Per quale ragione?” Chiese Holmes.
“È necessario
che vi racconti qualche antefatto prima di spiegarvelo, temo.”
“Vada avanti.” Lui si
appoggiò indietro sulla sedia, un dito sulle labbra con fare attento.
Lei tacque per
un momento, raccogliendo i suoi pensieri. Allora riprese. “Mio padre, Henry
Andrews, era proprietario di una grande compagnia chiamata Naturtech…”
“Era?” Chiese Watson,
smettendo nuovamente di prendere appunti.
“Sì. Lui…” La sua voce si spezzò e le occorse un interno minuto prima di essere in grado di
continuare. “È morto a gennaio.”
Nonostante la completa stranezza di tutta la faccenda, la
simpatia di Watson fu tutta per lei. “Mi dispiace.”
Lei gli sorrise con gratitudine. “La ringrazio, dottor
Watson.”
“La prego, continui,
signorina Andrews.” Disse Holmes bruscamente, lanciando un brevissimo sguardo
irritato nella direzione di Watson.
“Giusto, mi scusi.” Si schiarì la voce. “Era proprietario di
una grande compagnia chiamata Naturtech che costruisce macchinari e oggetti che
provocano poco o nessun danno all’ambiente. È una delle più grandi corporazioni di Londra, al mio tempo. Mio
padre era un brillante inventore. Diede vita alla compagnia e ha ideato molte delle macchine che
erano, e ancora sono, prodotte lì. Una di queste invenzioni era la macchina del
tempo. Ora, nessuno conosceva l’esistenza di questa macchina del tempo, salvo
mio padre, il suo vice presidente (il mio padrino) Walter Birmingham, e me. Non
pensava che la mente umana fosse pronta per una tale macchina, così non venne
mai fatta conoscere al pubblico.”
“Ma l’informazione trapelò in qualche modo.”
Lei un'occhiata
sorpresa a Holmes. Com’è
possibile… beh, lui È Sherlock Holmes, cosa ti aspetti? “Sì. È esatto. Non so veramente come sia
accaduto. Forse mio padre fu udito per caso. In qualunque modo sia successo,
Jason Lanaghan lo scoprì.”
"Jason Lanaghan?"
“Sì. Era amico di uno dei membri del consiglio. È uno studioso di storia… veniva alla compagnia ogni tanto, così lo
vedevo di frequente. Ero l’assistente personale di mio padre, subito dopo il
college, così lo aiutavo a sovrintendere tutto. Lui, Jason intendo, mi venne
dietro per un po’, ma vedevo chiaramente cosa voleva: soltanto i miei
soldi. Dopo aver realizzato che non ero interessata, lasciò perdere. Dopo alcuni mesi riprese a tornare nuovamente nel
mio ufficio e una volta mi chiese della macchina del tempo, casualmente. Lo
rimproverai e lui se ne andò.”
Ma dopo che mio padre morì, ricominciò a girarmi intorno,
frequentemente, quasi un giorno sì e
uno no, e chiedendo della macchina quasi ad ogni occasione. Mi rifiutai di dirgli qualsiasi cosa e
alla fine si arrabbiò con me. Quando minacciai di chiamare la polizia, lui se
ne andò e non lo vidi più per
due settimane. Pensavo fosse finita…”
“Ma non lo era.”
“No. La volta successive lo vidi la note scorsa. Io…” Abbassò
lo sguardo, raccogliendo i pensieri. “Sono rimasta sveglia fino a tardi,
terminando alcune cose per lavoro. Ero nella mia stanza e all’improvviso tutta
la casa diventò buia. I nostri vicini vivono molto distanti, ma potevo vedere
le loro luci, così sapevo che non era una normale interruzione della correte.”
Ai loro sguardi perplessi aggiunse subito, “Elettricità, la luce elettrica
viene usata da tutti adesso… O meglio, nel futuro…non usiamo più la luce a
gas.” Disse lei, guardando la lampada sul tavolo. “A volte l’elettricità
subisce un calo di potenza e si interrompe.”
Si fermò per un momento, ma Holmes annuì lievemente verso di
lei, come a dire “continui.”
“Sapevo che non era un normale calo di potenza e presi il mio
zaino.” Si piegò e mise il suddetto zaino in vista. “Mio padre mi ha sempre
detto di tenerne uno a portata di mano… lui aveva i suoi nemici e nel caso
fosse successo qualcosa… un incendio, un furto, qualsiasi cosa, voleva che
fossi pronta. Così lo presi e scesi
al piano di sotto, la mia stanza è al secondo piano. Ero a metà delle scale
quando sentii gli spari. Ero così spaventata che pensai di non potermi muovere,
ma prima di rendermene conto ero
all’ultimo gradino. Stavo per andare fuori dalla porta principale, ma sentii
delle voci venire verso di me. Strisciai verso la porta del soggiorno e dentro
la sala da pranzo, pensavo di uscire dalla… porta della cucina.” Iniziò a
balbettare.
Watson smise un
attimo di prendere appunti per guardarla: era diventata pallida
all’improvviso e, francamente, sembrava stesse per vomitare.
“Vada avanti, signorina Andrews.” Disse Holmes dolcemente,
unendo le sue lunghe dita.
Lei deglutì e fece un profondo respiro. “Stavo per uscire
dalla porta della cucina, ma Tom e Gina…il maggiordomo e la cuoca… erano lì per
terra, morti. Io non… non avevo mai visto nessuno ucciso da dei proiettili
prima. Il loro… il loro sangue era ovunque…” La sua voce tremò e si portò una
mano alla bocca, chiudendo gli occhi per
un momento. “Mi dispiace,” sussurrò. “Credo di non aver pensato a tutto
questo prima… mi sono resa pienamente conto solo ora.”
Watson si alzò tranquillamente dalla sua sedia e andò alla
porta, dove chiese al maggiordomo in pantofole, che stava fuori, di portare
dell’altro tè. Quando tornò al suo posto, lei sembrava stare lievemente meglio. “Scusate,” disse lei nuovamente e ancora
una volta fece un profondo, tremolante, respiro. “Okay… dopo aver trovato i… i
corpi, corsi fuori dalla porta, indietro verso la sala da pranzo. Sentii delle
voci di uomini arrivare verso la mia direzione, così andai dalla parte opposta,
fuori dalla sala da pranzo, e mi nascosi vicino alla porta della cantina. Li ascoltai parlare per un momento e una voce si distinse tra le altre. Era
Jason e lo sentii dire qualcosa a proposito della macchina del tempo.
Nel mio zaino portavo, per sicurezza, un paio di chiavi in
più della cassaforte dove tenevo
la macchina del tempo. Sapevo che avrei dovuto impedirgli di arrivare alla macchina, così aprii la porta della
cantina e scesi di sotto. La mia casa è un po’ vecchia e tutte le porte scricchiolano
terribilmente. Quando la chiusi scricchiolò così forte che ero sicura che tutti
l’avessero sentita e scesi le scale più veloce che potei. Li sentii camminare sopra la mia testa e sapevo
che stavano per scendere in cantina… Corsi cassaforte e digitai la combinazione, poi aprii la scatola in
cui tenevo la macchina. Sentii qualcuno aprire la porta della cantina e,
più veloce e silenziosa che potei, misi la macchina sotto al braccio e corsi
nella direzione opposta. La nostra casa è situata su una collina e abbiamo
costruito una porta in cantina che conduce all’esterno. Delle volte si allaga,
ma lasciatemelo dire, non sono mai stata così felice di avere quella porta come
la scorsa notte.
Sentii Jason urlare “Sta scappando via!” e sapevo che era in
cantina, così corsi tanto veloce quanto le mie gambe me lo permisero. Viviamo
nei sobborghi di Londra, e potevo vedere le luci della città, quindi
decisi di tentare in quella direzione. La
stessa distanza ci separa dai nostri vicini più prossimi, ma pensavo di
poter fermare qualcuno andando verso la città per sfuggire a Jason.
Potevo sentirlo dietro di me, ogni tanto urlava. Era indietro
di un buon tratto, ma realizzai che non potevo correre più veloce di lui. Anche
se faccio esercizio regolarmente, sapevo di non poter correre più veloce…
specialmente con la macchina del tempo e lo zaino. Così scelsi quella che sembrava essere l’unica via
di fuga.”
“La macchina del tempo.”
“Esatto. Smisi di correre. Non avevo il tempo di controllare
su che anno fosse impostata, ma regolai
i quadranti e le combinazioni corrette perché funzionasse. Doveva
scaldarsi… far circolare la corrente nei circuiti… occorrevano alcuni minuti e di colpo Jason era vicino. si faceva
più vicino di secondo in
secondo. All’improvviso la macchina fece il suono ronzante che fa quando è pronta e tutto iniziò a
sbiadire.
Ma all’ultimo secondo sentii qualcuno afferrare l’altro lato
della macchina del tempo. Tutto divenne nero per qualche istante e, quando
tornai a vedere, ero qui, nella Londra vittoriana.
Ero in una zona della città che credo verrà abbattuta in
futuro, perché ci sono delle
strade nel mio tempo. Jason teneva l’altro lato della macchina del tempo e, sebbene la tenessi stretta, me la strappò di
mano e mi afferrò un braccio. Di solito è molto composto, ma capiva che era sorpreso tanto quanto me del
luogo in cui ci trovavamo. Esaminò
la macchina del tempo e iniziò ad urlarmi contro, chiedendo come funzionasse.
Fu allora che
ricordai che tenevamo i progetti della macchina in una cassaforte nella nostra soffitta; non c'era modo che riuscisse a farla
funzionare. Cercai di liberarmi dalla
sua presa, ma è un uomo forte. Non sarei riuscita a scappare se quella
carrozza non avesse girato l’angolo. Quasi ci investì, ma costrinse Jason a lasciarmi andare e, mentre la carrozza
ci teneva separati, corsi in un vicolo. Non sapevo realmente dove
correvo, semplicemente girai a destra e sinistra e lungo tutte le strade e
vicoli che potei, cercando di non seguire una linea retta. Devo aver corso per
circa un’ora.
Dopo essermi assicurata che non mi stesse seguendo,
finalmente rallentai. Ero in una strada vuota, così mi sedetti per terra per
capire cosa fare. C’era un giornale nella strada e lo presi per controllare che
anno fosse… ehm, è. Decisi fosse meglio riprendere a camminare e, quando girai
l’angolo, vidi questo palazzo.” Fece un gesto intorno a lei. “Riconobbi che era
il sito storico del Diogenes Club ed ero quasi sicura di trovare qui vostro
fratello, signor Holmes.”
Il maggiordomo aveva portato il tè durante il racconto della
signorina Andrews e Watson le porse una nuova tazza.
“Oh. Grazie, dottor Watson.” Ne bevve un sorso.
“Così il signor Lanaghan sta correndo per Londra con la sua
macchina del tempo.” Disse Holmes brevemente.
“Temo sia così, signore. Ma non può usarla. Ho bisogno di
ritrovare la macchina del tempo, ritrovare Jason e riportarlo nel futuro… senza
che lui abbia la meglio su di me.
Mi rifiuto di dirgli come funziona la
macchina... almeno, ora dico così. Ma ci sono modi per far parlare la
gente che non posso neppure immaginare.”
“Infatti.” Holmes si era appoggiato molto indietro nella sua
sedia, i polpastrelli uniti, le labbra contratte.
“Non credo ci sia bisogno di dirvi quanto sia importante che
riportiamo la macchina indietro. Se fossi catturata da lui, e se scoprisse come
far funzionare la macchina, non ci sarebbero limiti al danno che potrebbe fare…
al futuro, al passato. È per
questo che ho bisogno del suo aiuto, signor Holmes.”
“E lo avrà, signorina Andrews.” Disse lui, raddrizzandosi
improvvisamente. “Mi parli del
signor Lanaghan.”
“Cosa,
caratteristiche fisiche o personalità?”
“Entrambe.”
“Beh, è alto. Non tanto quanto voi, signor Holmes… Credo sia
un metro e settantotto/ottanta. Ha i capelli ondulati biondo-rossastri che è
solito portare legati in una corta coda e, ad una delle orecchie, indossa un
cerchio d’oro. I suoi occhi sono…” Qui si fermò e aggrottò la fronte mentre pensava. “I suoi occhi sono difficili da
descrivere. Sono incavati e di un blu ardesia, ma sono… sono freddi. Non riesco a descriverli in un
modo diverso; capirebbe cosa intendo se lo vedesse. Ha sempre un'espressione gelida e impassibile.
Per quanto riguarda la personalità, come ho già detto, sembra sempre molto
controllato. È ricco e abituato a ottenere quello che vuole. È molto capace, pieno di risorse, e
non dubito che da stanotte si sarà già
messo in contatto con qualche…” Improvvisamente Christine restò senza
fiato; si portò le mani alla
bocca e puntò il suo sguardo su Holmes.
Watson la fissò, gli occhi spalancati. “Buon dio,” urlò.
“Cosa c’è?”
Holmes si piegò in avanti e Mycroft si mosse sulla sedia,
“Signor-signor Holmes, è… già stato… ha… voglio dire, ha…”
Tacque mentre il detective le prendeva
le mani.
“Signorina Andrews, si calmi.” Aspettò che facesse qualche
respiro profondo, quindi lascio le mani e disse: “Adesso, che cosa l’ha
allarmata?”
“Signor Holmes, è stato… è stato alle cascate di
Reichenbach?”
Gli occhi di lui brillarono
per un istante, capendo appieno
il suo ragionamento, e ancora una volta si reclinò sulla sedia. “Sì, signorina
Andrews.”
Watson pensava di non aver mai visto qualcuno così sollevato
come la signorina Andrews quando sentì questo.
“Grazie a Dio.” Disse lei, strofinandosi gli occhi. Guardò
verso di loro. “Stavo già pensando che se il professor Moriarty fosse ancora
vivo, Jason l’avrebbe sicuramente trovato.”
“Mi pare di capire che questo signor Lanaghan sia un uomo
molto pericoloso.”
“Lo è.” Disse Christine. La sua voce si fece sommessa. “Ho
fatto qualche indagine su di lui. Si dice che sia stato coinvolto in centinaia
di crimini a Londra, ma nessuno riesce
a inchiodarlo per provarlo...”
“Sembra quasi un
Moriarty del futuro.” Commentò Watson.
“Lo è.” Disse Christine. “Ma non così intelligente. Lo è, non fraintendetemi, ma Moriarty era
ad un altro livello.”
“Sembra conoscerci molto bene, signorina Andrews.”
Un improvviso sorriso spuntò fra i suoi lineamenti e aprì la
tasca anteriore dello zaino. Da questa tirò fuori un libro, molto spesso e
molto consumato. Lo avvicinò perché lo
vedessero. “Ho letto tutti i vostri casi.” Disse. Sulla copertina del
libro si poteva leggere I casi completi
di Sherlock Holmes del Dottor John H. Watson.
Sulla faccia di Watson si diffuse un identico sorriso e i
bordi della bocca di Holmes si contrassero.
"Almeno quelli
pubblicati.” Rimise il libro al
suo posto e si sedette, le mani unite, il sorriso ora sbiadito e lontano. “C’è
qualcos’altro che le serve sapere, signor Holmes?”
“Credo di no.” Disse Holmes, alzandosi. “Dove posso
rintracciarla, signorina Andrews?”
“Oh.” Uno sguardo perplesso si formò sul suo viso. “Non lo
so. Non ho pensato così lontano.”
“Holmes.” Disse Watson tranquillamente, alzandosi anche lui.
Portò l’amico da una parte, vicino alla sedia di Mycroft. “Non ha un posto dove
stare. La signora Hudson ha sistemato la stanza accanto alla mia, che veniva
usata come deposito, ed è una settimana
che cerca di affittarla. Perché non facciamo rimanere la signorina
Andrews con noi? Sarebbe il posto più
sicuro per lei.”
“Credo sia un eccellente suggerimento.” Giunse la grave voce di Mycroft.
Entrambi lo guardarono, sorpresi. Non avevano idea che stesse ascoltando.
“Certamente non posso tenerla qui.”
Sherlock non rispose subito, ma cambiò argomento. “Cosa ne
pensi della vicenda, Mycroft?”
“Come ho detto, Sherlock, è molto singolare. Mi ha raccontato
la storia prima del vostro arrivo. Quel tipo, Lanaghan, sembra possa presentare
qualche problema. Fammi sapere come procede, d'accordo? ” Con questo affondò più profondamente nella sua
poltrona, unendo le sue grosse braccia sul petto e chiudendo gli occhi.
Il fantasma di una sorriso scintillò sulla faccia di Sherlock
di fronte all’indolenza di suo fratello.
“Allora Holmes? Cosa ne dice?” Chiese Watson.
Holmes guardò la signorina Andrews che sedeva molto
pazientemente, le mani sul grembo, cercando di trattenersi dal guardare nella
loro direzione o sentire per caso la loro conversazione. “Va bene, Watson. Venga, signorina Andrews!” Disse molto forte, camminando per la stanza e ritrovando il suo
cilindro. “Verrà con noi a Baker Street.”
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Alchimista: Ti ringrazio per i complimenti che per la maggior parte vanno
all'autrice ^_^. Sto cercando di mantenere il suo modo di scrivere, sia nelle
parole che nell'impostazione dei capoversi, anche per mantenere un po' di più
della storia originale. Molti modi di dire li ho tradotti, non avrebbero
altrimenti avuto senso, ma nell'insieme cerco di modificare il meno possibile.
Ho lottato un po' per decidere se tenere Miss Andrews o tradurlo con
"signorina": il primo suona molto meglio, soprattutto vista la
frequenza con cui viene detto, ma se lasciavo questo avrei dovuto lasciare
anche tutti i Mr... Ok, deliri da traduttrice!!!
Piccola modifica: ho cambiato "sacco da montagna" in
"zaino" per il semplice motivo che il primo non aveva molto
senso...Ehm, I'm sorry :-/
Cercherò di postare almeno due volte a settimana, impegni permettendo.
Al prossimo capitolo e grazie per il commento :-)))))