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Autore: Aliseia    14/07/2010    2 recensioni
Questo è il mio "Guardami" E' Severus che parla con Lily, e poi con Harry, prima della fine.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Poesia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter, Lily Evans, Severus Piton
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il Corvo sull'Acqua

(Guardami)

 

«Oscenamente Fuori,

escludo dallo sguardo

Morte e Verità.

 

Lasciami fuori

come allora

dietro una porta chiusa.

 

Mi è negata

come allora

la tua Presenza:

la voce, le mani,

il cristallo verde degli occhi.»

 

Il Corvo si piega sui rivoli

dopo il temporale

quando nessuno lo vede

s'imbeve di lacrime

strazia la carne bianca

strappandole il tepore del Nido.

 

La fine.

Gli occhi come cera

liquidi scolorano

galleggiano nel buio.

 

Come la mano pallida

fantasma della volontà

che artiglia e strappa

quel sorriso infantile

quella beata ignoranza.

Tra poco si frangerà

sulle rocce nere del mio sguardo.

 

E io sarò libero

e tu saprai.

 

Guardami

come guarderesti un padre che va via

un padre con la borsa vuota

e gli stivali sporchi di fango e sangue

e sulla porta non lo puoi neanche salutare

tanto ti bruciano le lacrime

tanto ti soffoca la rabbia.

 

Guardami

come faresti con un intruso

che inaspettatamente ha trovato

 il codice giusto per bussare.

 

Tre colpi

tre parole

scandite da un rantolo di morte.

 

Ascoltane il silenzio

la pausa dove sospendo la mia rabbia

scegli quel momento

per uscire non visto

senza salutare

solo per guardare.

 

Sono qui, nel buio

ai piedi delle scale

le stesse che usavo per salire da mio padre.

Nero, come un uccello di sventura

nel suo vestito nero di operaio.

 

Ma non c'è ragione per fermarsi a pensare.

È la fine.

 

Ecco

con la tenacia sanguinosa di uno scalatore

arranco e mi aggrappo a ogni scalino

li supero a uno a uno.

 

Rabbia.

Orgoglio.

Gelosia.

 

C'era una tomba

immersa nel cristallo verde

nel fondo del suo sguardo.

 

Invidia.

Errore.

Vanità.

 

C'era uno sfregio

un serpente nero di pianto

dietro l'argento lucido.

 

Terrore.

Rimorso.

Accettazione.

 

C'erano cento anni

passati a straziarmi il petto

con becco e artigli destinati ai morti.

 

 

Eccomi di nuovo

in fondo a quelle scale.

 

Incapace di parlare.

Il respiro esce a fatica

sibila e stride dentro le mie orecchie.

 

Ho sangue

su mani e collo

ancora la mia ansia sale

misuro, con lo sguardo

nel buio

il profilo lattescente delle scale.

 

Colpa.

Coraggio.

Espiazione.

 

Ora

qualcosa nella profondità dei miei occhi

oscilla e si piega

l'ombra rovesciata nell'acqua

il fondo oscuro

si innalza in volo.

Il Corvo

lascia che il cielo gli scivoli addosso 

come lacrime che scorrono via

sulla superficie scura

di una tuta nera di lavoro.

 

Il basso diventa alto

l'alto non fa più paura

non ho più spine conficcate nella gola.

 

Ora

onde ricadono

la notte oscilla

si apre

si dispiega.

 

C'è una lama di Luce

si apre la Porta

in cima a quelle Scale.

 

  
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