Capitolo III – Grigie oscurità
Complimenti Ginny.
“Ti raccomando di comportarti bene”.
Il primo pensiero che le
venne fu quello di tornare indietro. Subito. Immediatamente.
Era ferma in mezzo alla
strada, e gli occhi puntati avanti guardavano senza realmente vedere.
Poi si riscosse.
No. Harry.
Ricominciò a guardarsi
attorno con una certa caparbietà. Forse era entrato in qualcuno di quei negozi.
Si portò su un lato della
strada, camminando lentamente, decisa a non destare l’attenzione.
Non aveva idea del perché lo stesse seguendo. Dopo averlo visto, un
meccanismo inconscio era scattato dentro di lei, e non sapeva che cosa avrebbe
fatto una volta trovatolo. Che cosa gli avrebbe fatto.
Il suo
primo impulso era stato di avvicinarglisi per dargli
uno schiaffo. Poi qualcosa era
sopraggiunto insieme alla rabbia, qualcosa come un ricordo di, se non amore,
almeno di affetto, nei suoi confronti. Il suo cuore
aveva ricevuto una leggera stretta. Le era mancato.
Si era ritrovata molto
spesso, in quegli anni, a pensare a lui. Lui che era sempre
stato tutto ciò che avesse mai desiderato, tutto ciò che non aveva mai avuto
(forse, a pensarci bene, le due cose erano prettamente consequenziali). Aveva
cercato in tutti i ragazzi con cui era stata la dolce
armonia dei suoi occhi smeraldo, il profumo vellutato della sua pelle, il tocco
di quei capelli scarmigliati sul suo collo, e aveva continuato ad aspettarlo. Fino a quella notte, quando l’aveva finalmente avuto; poi se n’era
andato. Uscito dalla sua vita, come da quella di tutti.
Sapevano che era stato
l’anziano preside di Hogwarts a portarlo via. Via dai confini del loro amore,
per il suo bene, per il loro, per il bene del mondo, avrebbe detto.
E allora lei aveva sperato.
Aveva sperato che lui si
fosse chiuso quella porta alle spalle puramente per l’ineluttabilità del fato
che gli era stato assegnato, per non farle soffrire la sua mancanza, ma che
sarebbe ritornato, il più presto possibile, in quel letto, fra le sue braccia.
Lo avrebbe
aspettato tutto il tempo necessario, così si era detta. Ma il tempo
necessario non è infinito, e la dolcezza di una speranza non è mai abbastanza per riempire dei giorni troppo vuoti.
Ci sono avvenimenti che non
smettono mai di pesarti sulle spalle.
Si accorse che le era venuto
il singhiozzo, come sempre quando era estremamente
nervosa. Strinse ancora di più i denti, senza alzare gli occhi dal terreno, sollevandoli
solo di tanto in tanto per guardare oltre le vetrine al suo fianco, in quelle
stanze polverose e buie che sembravano tutte deserte.
Ad un certo punto si fermò.
La strada sembrava continuare all’infinito, e scendere sempre più in basso, in
curve tortuose che sembravano richiamare i gironi infernali, e lei era stanca.
Non sapeva quanto doveva aver camminato, e si fermò un attimo a riprendere
fiato.
Non le piaceva il posto dove
era andata a finire.
Era buio, sporco, poco
affollato, ma da quel genere di persone che non ti piacerebbe
incontrare, pensò.
Aveva guardato in alto. Il
cielo si era fatto più scuro, sembrava che le nuvole si fossero infittite.
E lei era sola.
Non poté reprimere un
brivido.
Alzò lo sguardo nel tentativo
di trovare qualcosa di rassicurante, ed incontrò un paio di occhi
neri a un metro dai suoi.
Trasalì per un attimo.
-
Bellezza. –
riconobbe la voce e le grandi mani, sue padrone per una notte.
-
Salve, Mr. Nott. – disse a bassa voce, facendo appello a tutta la sua
fermezza mentre affrontava il sorriso quasi ghignante dell’uomo.
Quegli si avvicinò di qualche
passo.
-
E cosa ci fa qui una bella ragazza tutta sola? Non è
certo posto per la passeggiatina quotidiana.
Aveva abbassato di nuovo la
testa.
Gli angoli della bocca di lui si erano allargati.
-
Ma forse, ora che sei qui, potresti fermarti per una
chiacchierata.
Le aveva teso
una mano. Una mano grande, lievemente abbronzata, quasi invitante. Se poco più in alto non vi fosse stato quel sorriso. Si era
sforzata di guardarlo negli occhi neri, profondi come due buchi in un’oscurità
penetrante. La stessa che le sue lunghe notti portavano
con sé.
Non rispose, ma fece un passo
avanti, ignorando il palmo bianco, dopo averlo esaminato tentando di apparire noncurante,
con una certa riluttanza.
Le labbra dell’uomo si
riavvicinarono. Si voltò per entrare da un uscio lì davanti, girandosi di nuovo
verso di lei per controllare che vi fosse ancora.
Lo seguì. Represse un
singulto.
Era stata tentata dal
rifiutare, o almeno dal giragli le spalle ed
andarsene, ignorando i lucenti fori neri che adesso cercavano la sua figura lì
accanto.
Ma poi si disse che non ne sarebbe stata capace. Provava
ora una sorta di reverenziale timore che l’aveva privata dell’impulso con cui
poco prima era ostinatamente andata avanti per la via malfamata.
Non riusciva a spiegarsi.
Aveva avvertito qualcosa sulla testa, una sorta di senso d’impossibilità. Del
resto, lui non l’avrebbe lasciata andare.
Lui non avrebbe...
La sua coscienza si morse le
labbra per la futilità delle sue giustificazioni.
-
Prendi qualcosa,
regina? – erano seduti l’uno di fronte all’altra.
Si voltò di scatto,
dall’ombra al suo viso, nero su nero nel locale buio.
Gli rivolse uno sguardo
interrogativo.
-
Ginevra non era
forse la consorte di un re? – la sua voce si assottigliò quanto i suoi occhi.
Ginny si strinse nel
mantello. Quella mellifluità la infastidiva, la infastidiva il
fatto che lei stessa tentasse di non farglielo notare.
-
Un idromele,
grazie.
-
Un idromele e un
idromele doppio! – alzò la voce per farsi sentire da dietro al bancone.
Il suo sguardo incontrò di
nuovo quello della ragazza, allungò la mano per accarezzarle le dita, forse per
accorciare l’attesa di quella quiete troppo spessa.
-
Nott. – una voce sovrastò il silenzio. Il mangiamorte ne
individuò il proprietario oltre la testa di Ginny, che si voltò, confusa.
-
Nott, vedo che hai compagnia. – la ragazza poté
distinguere solamente una macchia chiara che prendeva posto alla sua destra.
Gli occhi ambra cercarono l’uomo davanti a sé, che ora rivolgeva un sorriso
forzato al nuovo arrivato.
-
Malfoy... –
mormorò in saluto.
Ginny avvertì la sua mascella
indurirsi sotto l’esame dei due occhi grigio ferro.
Non riuscì a fermare il
rossore che le invase le guance, repentino come il suo stupore. All’improvviso
si rese conto di non sapere dove guardare per dissimulare l’imbarazzo e la
curiosa sensazione indefinita che le si era formata al
centro dello stomaco.
Tentò di aggrapparsi ad un
pensiero sensato, uno qualsiasi, e si accorse quanto le riusciva difficile
trovarne.
Qualche piega incuriosita si
era formata agli angoli degli occhi chiari dell’uomo.
-
Forse conosci già la nostra bella Ginevra, Malfoy... – Nott si mostrò leggermente contrariato
dall’interruzione.
-
Forse? – la voce
profonda prese un tono interrogativo.
-
La nuova ospite
di Mrs.Greystone.
-
Mm. Capisco.
Ginny chiuse gli occhi.
Doveva concentrarsi su qualcosa. Su qualunque
cosa. Qualunque
cosa non la facesse pensare. Pensare di essere di
fronte al suo acerrimo nemico, nemico di sempre. Fin dai tempi di
Hogwarts. Dimenticati, lontani, inesistenti (oramai).
Inesistenti...
-
Cercavo proprio
te, Nott. A quanto pare hai
combinato un pasticcio in uno scambio di messaggi. – le labbra pallide si
stiracchiarono in un sorrisino a metà fra il divertito e lo schernitore – Avery vuole parlarti. E’ qui
fuori, ed è abbastanza... come dire... poco ben disposto? nei
tuoi confronti.
L’espressione sul volto
dell’uomo di fronte a lei s’indurì. Si alzò senza ribattere, né lasciare all’altro possibilità di continuare. Sfiorò mentre usciva i
capelli sanguigni della ragazza. Che non si voltò. Né fece altro.
Malfoy ebbe un altro
luccichio in fondo agli occhi metallici guardando oltre la vetrina opaca.
Increspò gli angoli della bocca.
-
Allora, Ginevra.
Non ci conosciamo?
Ginny non seppe se
abbandonarsi alla meraviglia o all’ira, che in quel momento le combattevano a metà della gola.
-
Forse? – i suoi
occhi lampeggiarono sarcastici – Credevo che certe cose fossero difficili da
dimenticare. Ma forse
– e qui si fermò con enfasi – un Malfoy ha ben altro da pensare, ben più
importante delle vecchie... rivalità, risalenti ai lontani tempi della scuola. – sbuffò in qualcosa di simile ad una
risata nervosa.
Le sopracciglia dell’uomo al
suo fianco si inarcarono. Vi fu un attimo di religioso
e sospeso silenzio.
-
Weasley? –
abbracciò con uno sguardo i lunghi capelli rossi e gli occhi cristallini
lucenti di stizza, con la bocca semi-aperta, come a non voler credere ai suoi
occhi.
Si fermò, come considerando
ancora l’ipotesi, senza smettere di fissarla. Ebbe un sorriso ironico.
-
Beh, considerando
che ti mancano i palettoni della Granger...
sì, devi essere proprio tu.
Qualcuno poggiò sul tavolo
due boccali colmi di liquido profumato. Qualcun altro
borbottò un “grazie”.
L’uomo afferrò quello davanti
a lui, e lo poggiò sulle labbra chiare, quasi indistinguibili sul viso diafano.
-
Weasley... –
sembrò rigirarsi quel nome in bocca, troppo a lungo – Weasley. – scoppiò a
ridere.
Lei gli gettò un’occhiata
carica d’odio, ignorando il boccale colmo davanti a lei.
-
Non mi hai ancora
detto come tu sia diventata... com’era? “ospite”? della signora Greystone? –
represse un’altra risata.
-
Devi ancora
spiegarmi cosa ci trovi di tanto divertente, “mangiamorte”. – sfiorò con uno
sguardo schifato l’avambraccio coperto di Malfoy, nel punto in cui sapeva si
trovava il marchio nero.
-
Beh, sai... una
Grifondoro pezzente e babbanofila, pazzamente
innamorata di Potter, pazzamente!, che finisce a fare
la puttana d’alto borgo per i mangiamorte...
– il suo tono sottile e crudele le s’infilò sotto la pelle – Sai? Proprio
quelli come me. Non è una barzelletta?
Ginny strinse i denti. Una
nota di sardonica indulgenza comparve nel tono dell’uomo.
-
Oh... scusa... Forse avrei dovuto riconsiderare il “pezzente”... –
rise ancora.
Ginny ebbe l’istinto di
abbassare gli occhi e piangere, ma decide di non concederselo,
non davanti a lui, nei cui occhi le sembrava di leggere l’ironia verso quello
stesso lancinante conflitto interiore che tentava di sopprimere da mesi.
Scosse la testa, mentre gli
occhi le lampeggiavano.
-
Mm. Certo,
Malfoy. Notevole come chi passa al male per scelta fa
ironia su chi si sacrifica per necessità...
Per un attimo vide
l’espressione perennemente trionfante sparire dal volto dell’interlocutore. Per
un attimo.
-
Interessante
teoria, Weasley... – qualcosa di affilato ricomparve
sul viso dell’uomo.
Ginevra si sentì toccare a una spalla.
-
Bene, Malfoy... –
la voce di Nott strascicò le parole con una certa
enfasi – Grazie della compagnia e del disturbo.
– uscì fuori dalle labbra socchiuse una s allungata e sibilante.
-
Non c’è di che, Nott. Non c’è di che. – fece quegli alzandosi, senza
staccare gli occhi dall’impetuoso fiume di astio che
sgorgava dagli occhi della ragazza – Bene. Allora... vado, ma almeno la
compagnia in cui ti lascio io è ottima.
– si congedò con uno schiocco involontario delle labbra, ed un’ultima occhiata
ferrea.
Il frusciare del suo mantello
riempì un’ultima volta l’oscurità del locale.
-
Io... forse è meglio che vada. – pronunciò Ginevra a voce bassa ma
chiara, alzando gli occhi sulle mani abbronzate che ora le stringevano le
spalle.
Un piccolo lampo di sorpresa
riempì gli occhi dell’altro.
-
Sì. Certo. –
fece, porgendole nuovamente invano la mano, mentre ella
si dirigeva verso l’esterno, alla luce del grigio sole invernale, un ultimo
sospiro e bagliore di occhi dorati.
Un po’ di tempo finalmente, anche se è davvero poco. Avevo
promesso un aggiornamento più veloce, ed eccolo qui, ne avevo
bisogno. Ho l’impressione che adesso le settimane mi sembreranno
più corte, visto che è iniziata la scuola, e mi sento già distrutta. Beh,
almeno leviamoci dai piedi questa Verità (soggettivissima,
come sempre), al resto ci si penserà dopo.
Thilwen: Ginny è una prostituta vergine, già, perché non avrà
mai il coraggio di svendersi abbastanza. È un’idealista, neanche la
sopravvivenza le sembra motivo sufficiente per concedersi, ma la sua pseudo-morale, inculcatagli da una famiglia che vuole
rinnegare ma a cui non riesce davvero a rinunciare (è pur sempre una Weasley
della peggior specie...) le concederà l’involucro di cui avrà bisogno. C’è una
Weasley e c’è un Malfoy, ma il sentimento è solo una scusa, quindi ci sarà un
motivo per cui non ho definito la fanfiction
“sentimentale”, cosa che la rende meno fruibile di tante altre, unfortunately...Sono tutte cose che sai, ma ti sto
puramente utilizzando come sfogo, visto quante volte lo sei già stata, tesoro.
E ricorda che non sei prolissa, ma sei una delle poche che riesce
sempre a dire tutto ciò di cui c’è bisogno. E di certo
non sarei qui adesso a lamentarmi delle mie fortune per via della stanchezza,
se non ci fossi tu... Ebbene, sto delirando. Liberissimi tutti di ignorarmi, sarà
l’idea di dover abbandonare presto la postazione computer a frustrarmi...
Helen Lance: No, niente svolta definitiva, non ancora.
I capitoli (epilogo a parte) sono sette, quindi, a buon
rendere, dovrete sopportarmi ancora per un po’. Ma
vi do l’autorizzazione ad abbandonarmi per lasciarmi ad impazzire da sola, non
c’è problema, sento di essere sulla buona strada. Grazie per i complimenti,
allora!
Hermia: Sono felice che ti piaccia, ognuno di questi commenti
è per me un peso in meno. Grazie davvero per i complimenti, sono contenta che
mi diciate anche solo di avere uno stile, è un passo avanti. Ma
temo di dover fare un piccolo appunto su quel ricordo. Pensavo si riuscisse a
comprendere che il famoso “rosso in mezzo alle gambe” di Ginny non fosse altro
che la perdita della verginità. Mi scuso comunque con
tutti/e coloro che avessero frainteso, promettendo che la prossima volta
sacrificherò il mio tentativo di poeticità alla chiarezza. Chiedo ancora
perdono. E ripeto: grazie!
Izumi: Beh, che dire? Posso solo farti i complimenti per
quello che sei riuscita a capire al terzo capitolo,
visto che io stessa pensavo che per averlo più chiaro bisognasse attendere la
fine, e dirti che non sei assolutamente in ritardo. Te l’ho già scritto via
e-mail, lo ribadisco qui, e ripeto che forse è il Dostoevskij che abbiamo in comune. Mi fa comunque
un sacco di piacere avere un tuo commento, davvero! Spero che questo capitolo
ti sembri accettabile, visto che finalmente appare l’”oggetto della questione”.
È inutile, se c’è Ginny e non c’è lui, la situazione precipita, meno male che è
sempre a portata di mano...
Briseide: Grazie. I tuoi complimenti mi imbarazzano
ed appagano allo stesso tempo. Anche perché (lo ripeto, ma è
un mio vizio essere sempre a corto di parole, soprattutto in certi frangenti) scritti
da te mi sembrano immeritati. Sono davvero lusingata dal fatto che
quello su cui ho speso tanto di me possa significare qualcosa.
Soprattutto per qualcuno che come te sa usare tanto
bene la parola. Ancora grazie.