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Autore: Exentia_dream    17/07/2010    1 recensioni
Dall'8 capitolo: Non vi sarà nessun preavviso, se non quello di una maga che riuscirà a condurre da sè le Predestinate e tutto avrà inizio di lì a poco, al confine tra il bene e il male, dove questi si fonderanno e diventaranno una cosa sola. Il cielo diverrà scuro e non ci sarà luce, se non quella delle fiamme che bruceranno le città e mai la terra sarà così arsa di sangue innocente e tutto diventerà del colore del sole al tramonto. Mai gli uomini si sentiranno così afflitti, ma la pioggia concederà alle loro forze un breve riposo, poi tutto tornerà: ogni uomo avrà tra le mani una spada, ma solo due di queste riusciranno a ferire il male nel suo profondo. E non saranno mani forti a sferrare i colpi, bensì gracili ed esili mani. Le Predestinate si troveranno di fronte al loro peggior nemico e dovranno combattere, rinnegando anche sè stesse. Urleranno di dolore per gli affetti che perderanno: calde lacrime righeranno il loro viso e mai sentiranno così forte il desiderio di pregare gli dei, per far spezzare il filo delle loro vite. Mai più questo mondo vivrà una guerra simile: la GRANDE GUERRA. Alla fine di tutto, il sole brillerà di una luce fioca e debole, oscurata ancora dalle colonne di fumo nero e nei campi, i sopravvisuti passeranno tra un numero imprecisato di corpi senza vita, e in onore di essi ricostruiranno ciò che è stato distrutto. Delle Predestinate non ho più visto il volto e non so se saranno tra quei corpi morti, nè se le ninfe saranno capaci di ridare la vita a coloro che l'avranno persa. Ma il cielo tornerà ad essere limpido e il sole a splendere alto, senza più la minaccia di venire oscurato. E' la prima volta che provo a scrivere un fantasy... perciò vi prego di lasciare i vostri commenti e le vostre critiche soprattutto. Non so bene su quale filo proseguirà la storia, non ne ho la minima idea, ma spero di riuscire a scrivere qualcosa di piacevole. Ringrazio in anticipo tutti coloro che leggeranno e recensiranno.
Genere: Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Alberi. Una sterminata visuale di alberi e nient'altro.
Dall'alta finestra era tutto ciò che si vedeva: un'infinita foresta buia, scura. Nera. Come il suo cuore.
Un cuore intriso di odio, di sete di potere, di voglia di distruggere.
Era lontano dal trono, sito al centro della grande sala circolare. Era teso, nervoso, irato. Aveva paura.
Erano trascorsi anni prima che i lavori al suo castello giungessero a termine. Ora, tutto ciò che aveva costruito correva il rischio di essere distrutto, cancellato.
Il suo castello. Alto, enorme. Le scalanature lungo le pareti e le grosse statue raffiguranti giganti draghi alati con enormi fauci, incutevano paura da lontano.
L'interno era ancora più spaventoso e quasi accademico: le immense colonne, puntellate di aghi, sostenevano le grandi arcate rosse e nere, del colore del sangue e della morte.
Ogni arcata faceva da cornice ad una squallida nicchia, con dentro la testa delle vittime di quel sovrano maligno. Molte altre, erano ancora vuote.
Dall'ultima nicchia in poi, partiva una lunga serie di corridoi angusti e bui, illuminati ogni quindici metri da un candelabro a tre braccia. Alla fine di ognuno di essi v'erano due scale: una che portava ai sotterranei, l'altra ai piani più alti, fino a giungere all'ultimo piano, alla sala del trono.
Ogni piano era suddiviso in numerosi affluenti e ognuno portava alle stanze delle guardie che li controllavano e dei soldati.
I sotterranei, invece, erano divisi in piccole contee, dove i soldati si allenavano per combattere ogni eventualità. L'addestramento era estenuante, li stancava, ma li rendeva padroni di una forza bruta, paragonabili a quella degli animali più feroci. Ma ora, quella forza non sarebbe bastata.

Oidos si sistemò comodo sul trono. Le dita premute sugli occhi, in segno di stanchezza o, forse, di negazione, di rifiuto verso la realtà.
Il suo flusso di pensieri, veloce e vuoto, fu interrotto dall'ingresso del suo servo, Pulcrito.
Lo guardò dapprima con ferocia, poi semplicemente chiuse chiuse gli occhi. "L'avete trovata?", chiese.
"No maestà."
"Vieni solo a comunicarmi disgrazie."
"Maestà, con piacere devo contraddire la vostra affermazione: non abbiamo trovato la ragazza, ma lo stregone è qui."
"Bene." per un pò, parve pensieroso. "Quanti soldati sono morti?"
"Non siamo riusciti a contarli, molti corpi sono andati dispersi. Personalmente, durante le ricerche, ne ho riconosciuti alcuni."
"Chi sono?"
"Jaloy, il ragazzo biondo, bravo con l'arco e i pugnali. Sol e Rean, i gemelli, figli del venditore di ottone, colui da cui avete acquistato gli ornamenti per i vostri bagni. Earl, il ragazzo dagli occhi verdi, moro. Bravo nella lotta corpo a corpo."
"Come li hai riconosciuti?"
"I loro scudi. Ogni scudo ha un disegno, lo stesso disegno riportato sulle porte dei loro alloggi. Ogni porta, ha un alloggio diverso."
"Capisco. E' tardi, è notte inoltrata. Sistema lo stregone in una stanza vuota. Comunicagli che lo convocherò domattina di buon'ora. Ora vai."
Si levò dal trono e si stese sul freddo pavimento di marmo. Chiuse gli occhi.
L'indomani, la magia avrebbe cambiato le sorti di quella guerra che aveva tanto desiderato, quella guerra in cui aveva riposto la speranza di estendere il suo dominio su quello che restava di quel mondo in rovina.
Ancora una volta, Pulcrito interruppe i suoi pensieri. "Maestà, mi spiace disturbare il suo riposo, ma lo stregone vuole parlare con voi."
"Fallo entrare." e il giovane servo lasciò la camera, dopo aver chiuso la grande porta.
"Oidos." disse il mago.
"Dehot, che piacere averti nel mio castello."
"E' il mio più grande onore essere stato condotto qui."
"La tregua è quasi terminata."
"Lo so bene."
"La situazione non è delle migliori: molti soldati sono morti durante la battaglia, altri, invece, dopo, a causa delle ferite che gli sono state inflitte."
"La magia serve a questo. La magia nera ti aiuterà a vincere la tua guerra."
"Me lo auguro."
"Però, c'è sempre un prezzo da pagare, Oidos."
"Quale sarebbe? L'anima?"
"No, non è un prezzo così alto, Oidos. Si tratta di una piccola ricompensa che spetta a chi compie la magia."
"Sarebbe?"
"Un mago perde un pò di sè stesso, ogni volta che compie una magia. La perdita aumenta, se il mago compie una magia nera."
"Cosa vuoi?"
"Il potere."
"Non ti darò il mio trono."
"Non voglio il trono, Oidos. Un potere molto più piccolo."
"Parla chiaro."
"Dividerai il tuo regno in contee o casate, a tuo piacimento. Una di queste, sarà sotto il mio potere."
"E' già tua, caro amico."
"Una di queste, però, sarà destinata ad essere un agglomerato di celle, per i prigionieri."
"Deciderai tu come è meglio dividere il mio regno."
"Un'altra ancora, sarà la contea dei militari. Meritano anche loro di avere qualche premio."
"Ne abbiamo già una: Death."
"Iserhun rimarrà così com'è. La mia patria boschiva non verrà distrutta. E Obrius è la sede del castello. Potrà solo divenire più grande e potente: la affiancheremo a qualche altra contea e diventerà più grande della città di Fiabhat, il fulcro del potere benigno. Il fulcro di quel tumore che dobbiamo eliminare."
"Sì."
Lo stregone si congedò e andò a rintanarsi e a sognare del futuro potere che avrebbe avuto tra le mani.
Oidos guardò lontano. Sorrise: la sua vendetta si sarebbe finalmente compiuta.
   
 
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