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Autore: Cassandra14    17/07/2010    1 recensioni
Era una notte buia e piovigginava, nell'aria alleggiava il tipico odore dell'asfalto bagnato; su una strada deserta camminava una ragazza, vestiva in nero ma era strana: aveva una coda da gatto e sul capo portava delle orecchie... >>>RIVEDUTA E CORRETTA<<<
Genere: Dark, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 21: La dura vita in carcere

 

Capitolo 21: La dura vita in carcere

 

La Cacciatrice-Vampiro lavorava per la Morte da ormai qualche giorno. Ogni mattina la svegliavano mandando in giro un ragazzino che sbatteva i coperchi delle pentole tra loro, la gattina lo avrebbe preso volentieri e gli avrebbe allungato il collo senza pensarci su troppo. Due guardie, come ogni giorno, la prendevano di peso e la trascinavano in una stanzetta dove i detenuti venivano “lavati” con metodi poco ortodossi: alcune donne entravano, la spogliavano e successivamente una di queste prendeva un tubo da cui usciva un potente getto d’acqua fredda. La ragazza aveva sempre i brividi e cercava di riparare il suo corpo come meglio poteva, ma il flusso dell’acqua sulla sua pelle era troppo potente e spesso dei piccoli lividi rimanevano ben visibili.
Dopo questa operazione la asciugavano con dei panni che grattavano la pelle e le rimettevano dei vestiti puliti, infine le guardie la riportavano nella cella dove la Cacciatrice-Vampiro trovava sempre la colazione, che lasciava a desiderare come gli altri che le offrivano. La colazione era un pasto che la gattina saltava quasi sempre, poche volte era riuscita ad ingurgitare quello che le veniva messo in quella strana ciotola che sembrava tanto quella di un cane.

Ma un giorno questo equilibrio che oramai aveva abituato la ragazza venne rotto.

Una mattina dopo la doccia, la Cacciatrice-Vampiro venne ricondotta nella sua cella per la classica colazione, già era disgustata al solo pensiero di trovare strane pietanze con colori osceni all’interno della ciotola che le davano sempre. Sospirò mentre procedeva con le guardie che la tenevano da dietro per non farla scappare: ma era difficile riuscire a scappare con mura così alte e spesse che non si potevano né saltare né distruggere. La guardia la incitava a spintoni e lei brontolava qualcosa a denti stretti: forse qualche maledizione o semplicemente qualche insulto da riservare all’uomo.

Arrivarono alla cella, come di consueto e dopo che la ragazza venne spinta per farla entrare all’interno della cella, chiusero la porta dicendo che l’avrebbero prelevata dopo la colazione. La gattina arricciò il nasino e si voltò verso i due uomini che si allontanavano con una risata e dopo averli guardati urlò “Idioti!”, ed era stata alquanto generosa ad appellarli così, prima nella sua testa erano passati insulti ben più peggiori.

Si sedette sul letto e osservò la ciotola, la fame la divorava ma quella roba faceva davvero ribrezzo. Non l’avrebbe mai mangiata e avrebbe resistito volentieri. Chiuse gli occhi e quando li riaprì una figura catturò lo sguardo della Cacciatrice-Vampiro. Prima si spostarono solamente le iridi e si puntarono su quella figura che non doveva stare all’interno di una cella del genere, poi voltò anche il capo puntandole addosso nuovamente quello sguardo serio che sembrava minaccioso. Ma in realtà la gattina era solamente curiosa di quella presenza.

La figura era solamente una bambina, sui dieci anni se non di meno che si stringeva nelle spalle con aria preoccupata mentre guardava con occhi terrorizzati la Cacciatrice-Vampiro. La ragazza cercò di modificare il suo sguardo, almeno per rassicurarla che non le avrebbe fatto niente, ma la piccola continuava a tremare.

Aveva un corpicino magro, piccola di statura e sembrava fragile e delicata nella sua figura e innocenza di bambina. Capelli a caschetto neri tagliati irregolarmente, come se il lavoro non l’avesse compiuto un parrucchiere professionista ma uno stupido con in mano un paio di forbici. I capelli le contornavano quel visino delicato tipico dei bambini: occhi spaventati e innocenti di chi ha visto cose che non doveva vedere. La bocca serrata come se fosse stata sgridata al silenzio forzato e il viso che doveva avere una pelle bianca come il latte, era sporco di sporcizia e polvere. Indossava una tunica lunga fino al ginocchio, una tunica che sembrava un sacco di patate perlopiù e anche esso sporco, così come le gambette esili che uscivano da quella tunica larga per la bambina. A completare l’abbigliamento uno strano cappello in testa che la faceva sembrare un puffo. Anche il cappello era troppo grande per la sua testa.

Ragazza e bambina si guardavano una negli occhi dell’altra. La bambina terrorizzata e la gattina curiosa. Silenzio tra loro mentre si studiavano con attenzione immagazzinando informazioni nella testa.

Ma fu la Cacciatrice-Vampiro a rompere il silenzio mormorando un leggero “Salve” ma non fece in tempo ad avere una risposta che le guardie arrivarono e aprirono la porta, la bambina con passo svelto uscì dalla cella senza farsi vedere dalle due guardie che avevano la loro attenzione sulla ragazza che dovevano portare via. Lei si alzò dal letto e li osservò, non aveva voglia di discutere, tanto oramai lavorava per la Morte e lei odiava aspettare. Sospirò e si avviò verso il cortile dove l’avrebbero condotta altrove.

Mentre camminava ripensava a quello strano incontro che l’aveva messo la curiosità addosso. Forse era stato un sogno, era così affamata che stava iniziando anche ad avere le allucinazioni, oppure era stata la realtà…Ma le guardie l’avrebbero vista.

Restò in silenzio nelle sue domande che le passavano nella testa, le guardie si guardarono per qualche istante e poi annuirono: avevano interpretato male quel silenzio. La Cacciatrice-vampiro non si era affatto arresa, semplicemente aveva la sua attenzione da un’altra parte.

 

***

La piccola bambina era riuscita ad uscire dalla cella senza farsi vedere da quei uomini che se l’avessero vista potevano farle passare dei grossi guai. Il codice doveva essere rispettato e anche se era solo una bambina sui dieci anni non era stupida.

Il codice che le avevano insegnato a colpi di frusta sulla pelle diceva che i detenuti non dovevano vederti. I detenuti non dovevano nemmeno immaginare che chi portava il cibo era solo un ragazzino. Ma quella detenuta nuova l’aveva incuriosita, quella ragazza era diversa da tutti gli altri: primo perché era l’unica donna in una prigione maschile e secondo perché il nome, Cacciatrice-Vampiro, era un nome che aveva una certa fama e peso in tutto il mondo delle creature Magiche.

 

Era una notte fredda di Dicembre, nell’orfanotrofio della piccola cittadina di uno dei tanti regni del Mondo Magico vi era la preparazione di quello che nel mondo degli esseri umani è chiamato Natale. Tradizione uguale a quella degli umani proprio perché i bambini che venivano accolti all’interno degli orfanotrofi spesso erano bambini che venivano sia dal mondo umano sia anche da creature che non erano propriamente umane ma che avevano perso i loro poteri dato che erano stati abbandonati dai genitori.

Infatti era usanza presso molte famiglie di vampiri e non solo, che i bambini che non erano reputati degni di stare nella famiglia venivano “uccisi” e quindi resi senza potere e poi allontanati. Ed era per questo che giravano vecchiette che prendevano i bambini dalla strada e li portavano in questi posti nella speranza di ricevere soldi per mantenerli e soprattutto di poterli rendere utili nelle carceri e nelle miniere.

Madame Bernoit era una di queste vecchie che di notte andava anche a prendere bambini lasciati nel mondo degli umani. Soprattutto i più piccoli, che potevano essere rieducati alla vita che li aspettava nella nuova casa.

E così era successo alla piccola bambina che ha guardato gli occhi della Cacciatrice-Vampiro. Lei era stata abbandonata da una famiglia e raccolta da Madame Bernoit che poi l’aveva venduta alle carceri per farla lavorare in quel posto.

Ma quella sera di Natale la dama si sedette alla sua poltrona e chiamati i bambini raccontò loro una storia:

“In una notte come questa, fredda, buia e con la neve che soffice scendeva andandosi a posare sul terreno, mi capitò una cosa che voi nemmeno immaginate.

Ero giovane all’epoca e inesperta in questo mestiere, ma avevo dei bambini con me che abitavano questa casa e aspettavano anche loro impazienti questa festa per l’apertura dei regali e dei doni. In questa sera mentre i bambini dormivano colmi di speranza, bussò alla mia porta una figura che chiedeva di entrare. Io aprii la porta e quando vidi chi era la donna rimasi a bocca aperta. Era una delle Cacciatrici-Vampiro, era bella, con la pelle color della luna e i capelli castani lunghi con alcuni boccoli che le incorniciavano il volto perfetto. Nel suo mantello che la proteggeva dal freddo teneva un piccolo fagotto che mi porse, era un bambino piccolo che cullato dalle braccia della donna, dormiva serenamente. “Si chiama Paul” esordì la donna con sguardo sereno e quel sorriso sul volto “è un trovatello, vorrei che lei lo accudisse…quando le sembrerà strano lo lasci andare indicandogli la via del Nord…Lui saprà che fare”.

Ma la Cacciatrice-Vampiro non terminò qui e consegnò anche due sacchi. In uno monete per crescere i bambini e nell’altro giochi e dopo se ne andò lasciandomi il bambino tra le braccia”

Madame Bernoit piegò la testa all’indietro colma di ricordi mentre i bambini seduti a terra restarono affascinati da quella storia. Una Cacciatrice-Vampiro che si preoccupava dei bambini…questa era l’idea che si era fatta la piccola nell’ascoltare quella storia. E quando andò a dormire aveva un solo desiderio: anche lei avrebbe trovato sulla sua strada una Cacciatrice-Vampiro.

 

E la bambina alla fine aveva trovato quella Cacciatrice-Vampiro. Certo non come l’aveva raccontata Madame Bernoit ma comunque si era rallegrata di averla incontrata. E adesso non temeva le botte che le avrebbero dato. Aveva trovato la Cacciatrice-Vampiro.

 

***

QUALCHE GIORNO PRIMA

Da qualche giorno alla Prigione era giunto un nuovo capo delle guardie. Si vociferava che molti dipendenti e i carcerati stessi fossero indisciplinati e che quindi c’era bisogno di qualcuno con il pugno di ferro.

Il vecchio capitano era diventato pazzo dopo soli trent’anni di onorato servizio in quel posto che era molto lontano dalle città e dal mondo stesso. E in effetti era un posto così lontano che per fare la guardia lì dovevi aver commesso molte infrazioni alla divisa che portavi abbassando così la condotta.

Per il capitano Von Kaunitz si prospettava un bel compito.

Lui era un uomo alto sul metro e novanta, magro con l’aria superba e fredda. Sul suo curriculum si segnalava la sua freddezza e la sua determinazione, un avaro che amava andare vestito bene con la sua uniforme perfetta.

Capelli biondi, di un biondo ossigenato, pelle bianca come il latte che sfiorava a volte il cadaverico, occhi color del ghiaccio, sguardo amorfo che metteva però un certo terrore a chi lo guardava.

La mano sinistra andò a sistemare il guanto bianco che copriva la destra, camminava con passo deciso, il suono che lo accompagnava era quello del tacco dello stivale nero che portava ai piedi e che aveva uno strano ritmo che sembrava più un passo di marcia. Le iridi color del ghiaccio erano inizialmente puntate davanti a sé, ma quando giunse nell’ala dove alloggiavano le altre guardie, lo sguardo vagava da destra a sinistra nell’osservare tutti quegli uomini in tenuta da notte che si erano svegliati di colpo per vedere il nuovo capitano. Ma quello sguardo già li metteva una certa paura. Non osavano però andare oltre al guardarlo, quei due occhi che puntavano su di loro e li scrutava li intimidiva. Era arrivato di notte e si era risparmiato la fanfara dell’accoglienza.

Con il suo passo giunse davanti alla porta della sua stanza, l’aprì e si chiuse dentro. Le guardie che non erano di certo presentabili, quando chiuse la porta tirarono un sospiro di sollievo e tornarono a dormire.

L’uomo giunse nella sua stanza e si guardò attorno: l’arredamento era semplice, una piccola scrivania fornita di una lampada che illuminava bene lo spazio del tavolo; una libreria anonima e un letto spoglio su cui stavano delle lenzuola e delle coperte ripiegate.

Accanto al letto un semplice comodino, tutti i mobili erano di legno massiccio, resistenti nonostante tutti quegli anni in cui i vari capitani si erano susseguiti uno dopo l’altro. Una piccola finestrella da cui entrava un raggio di luna a illuminare debolmente il tutto, concludeva la stanza.

L’uomo osservò tutta la camera con attenzione, il suo sguardo scivolava sull’arredo e sulla finestra che era chiusa con delle sbarre, peggio di un convento. Si avvicinò andando a guardare il cielo da quella piccola apertura lasciando che l’aria fresca entrasse all’interno della stanza, lui che veniva da un paese freddo era abituato a tale clima.

Con tali pensieri, ricordando anche la patria, si accomodò davanti alla scrivania sedendosi su quella sedia di legno che reggeva tranquillamente il suo peso leggero. Con un gesto lento si spogliò della uniforme e aprì i cassetti per andare a cercare carta da lettere e inchiostro per poter scrivere una lettera…Ma sospirò desistendo a quell’idea che gli era venuta così all’improvviso. Nessuna debolezza, adesso era il nuovo capitano della prigione.

Però sentiva il bisogno di scrivere e così prese un foglio e una matita andando a scrivere una lettera che non avrebbe mai inviato.

Un modo per aprire il suo cuore malato era quello di scrivere…Perché lui un cuore, seppur debole e in agonia, ce l’aveva ma non l’avrebbe mai mostrato.

 

***

La Cacciatrice-Vampiro venne condotta fuori dalla sua cella per andare come suo solito al cortile dove l’avrebbe attesa il solito uomo per portarla dalla Morte.

Oramai era una abitudine ma sentiva che quel giorno la solita e pallosa routine era stata rotta da quell’incontro.

Camminava contando i passi lenti, doveva distrarre la mente da domande inutili che le avrebbero mandato in fumo il cervello, meglio contare i passi che farsi domande a cui non riusciva a rispondere. Ma dato che più e più volte aveva perso il conto di quanti passi fossero quelli dalla cella al cortile aveva deciso di buttare la mente all’indietro, ripensava al giorno in cui era stata portata in carcere, poi la Morte e adesso quel dovere che doveva compiere per la Morte stessa. Era tutto così strano e non riusciva a capirne il senso di tale disegno che era stato preparato per lei.

Possibile che il Supremo non fosse intervenuto? E gli altri che aveva visto al castello del Supremo? Doveva esserci sotto qualcosa perché non capiva come mai lei, Cacciatrice-Vampiro, fosse stata rinchiusa in un posto come quello per un crimine non commesso. Arricciò il naso ripensando poi alla Morte e alle sue forme. Era un bel simbolo.

Prima si era presentata come donna bella e perfetta, poi come uomo bello e perfetto e la gattina voleva decisamente approfondire tale conoscenza, poi da bambino innocente e tenero…E oggi come si sarebbe presentata? Riservava mille e mille sorprese quell’essere, però era giusto così. La morte aveva mille facce e colpiva con mano imparziale davanti a tutti.

Aveva sottratto l’anima di un ricco, di un vagabondo, di giovani e di vecchi…Una vasta gamma di anime raccolte in quei giorni che aveva lavorato come sicario. Ma aveva iniziato a farci il callo e la cosa la divertiva. Magari stava scoprendo di avere una vena sadica che prima non c’era mai stata.

La morte doveva insegnarli qualcosa…ma lei ancora non trovava il senso di quella esperienza, che di certo era migliore che spaccare sassi tutto il giorno.

Con tali pensieri la ragazza si ritrovò nel cortile della prigione, ma quel giorno non era affatto uguale agli altri. L’uomo pelato era in ritardo ma forse non era un ritardo casuale, lavorando con la Morte una cosa sola aveva imparato: nulla è lasciato al caso. E quel ritardo non era visto come un qualsiasi ritardo.

La gattina alzò gli occhi verso il cancello e cercò la figura dell’uomo che doveva prenderla, ma non c’era nessuno.

In quel momento però giunsero anche altre due file: la prima dove stavano i detenuti da portare al lavoro e la seconda fila formata da ragazzini che avevano dai dieci ai tredici anni, ad occhio e croce. Ma non ne era sicura, aveva dato solamente uno sguardo generale all’insieme, non le importava poi molto della presenza di quelle persone, la sua attenzione era rivolta ad altro. Ma quel suo ignorare gli altri venne rotto quando una vocina da bambina lanciò un urlo richiamando l’attenzione e lo sguardo vigile della Cacciatrice-Vampiro.

Lei voltò la testa e fu allora che riconobbe la ragazzina che era entrata nella sua cella, la vedeva dimenarsi tra le mani di un energumeno che la posò a terra intimidendola di tacere; tutto accadde in fretta, la Cacciatrice-Vampiro si mosse indignata da quella scena che le stava davanti agli occhi. Lei che proteggeva i bambini, lei che difendeva i buoni e i giusti…lei che aveva un animo così indomito che voleva anche combattere un po’ per levare quella noia che aveva da quando era stata rinchiusa in carcere.

Nessuna catena a trattenerla e con un balzo arrivò dritta all’uomo.

 

La bambina stava lì tremante mentre osservava quel baule d’uomo che si avvicinava contro di lei con sguardo minaccioso, e si chiedeva quale pena le avrebbe inflitto.

L’uomo si tolse la cintura dei pantaloni, era così grasso che i pantaloni non li crollavano, lasciandola sfilare dai passanti con uno schiocco. La bambina trasalì. Altre percosse sulla carne che poi avrebbe bruciato e sanguinato. L’uomo si avvicinò alzando la cintura pronto a colpire la bambina ma in quel frangente la Cacciatrice-Vampiro arrivò portandosi in mezzo tra bambina e uomo.

Il braccio dell’uomo si abbassò velocemente lasciando che la cintura andasse a colpire la bambina ma colpì solamente il braccio della gattina che lo aveva alzato per parare quel colpo.

La pelle si era arrossata, ma nessuna smorfia di dolore apparve sul viso della ragazza, solo uno sguardo così intenso che avrebbe potuto uccidere l’uomo se fosse stato un’arma. La bambina aveva chiuso gli occhi intimorita ma aveva sentito solo uno schiocco e nessun dolore, così decise di aprire gli occhi e vedere la ragazza che l’aveva protetta con il suo corpo. Eccola la Cacciatrice-Vampiro che aveva sognato e immaginato. La paura si trasformò così in ammirazione per lei.

 

“Non dovevi metterti in mezzo…” iniziò l’uomo ricomponendosi nel suo sguardo cattivo per cercare di battere quello di lei, ma cosa impossibile da fare dato che lo sguardo della gattina era talmente intenso che avrebbe presto o tardi lasciato il posto all’ira che l’assaliva. Pochi istanti di silenzio che parevano un’eternità, loro due concentrati negli occhi dell’altro, i bambini confusi da ciò che stava accadendo, il loro aguzzino in difficoltà contro una donna, le guardie pietrificate. Istanti interminabili.

“Lo sai che tali strumenti non devono neanche sfiorare la pelle di una bambina?” chiese la Cacciatrice-Vampiro guardando l’uomo. Lui sorrise appena ma era comunque intimorito dagli occhi che lei gli aveva messo addosso. Lei afferrò la cintura con gesto veloce e la liberò dalle mani dell’uomo.

Adesso stupore negli occhi di lui che osservava lei che senza alcuna fatica aveva liberato la cintura dalla presa dell’uomo, ma lui si riprese e replicò “Taci, donna…loro mi appartengono, loro sono miei perché li ho comprati e ci faccio tutto ciò che voglio…E adesso spostati”.

Le parole non fecero alcun effetto sulla ragazza che alzò un sopracciglio e sorrise “Tuoi?” chiese lei con tono ironico e si avvicinò all’uomo come a voler continuare quella frase, e lui ne approfittò prendendola per il collo e scaraventandola verso i cespugli che stavano attaccate alle mura della prigione. Lui era più forte e lei leggera…le avrebbe fatto un bel po’ di male e il corpo della ragazza venne scaraventato con certa forza contro i cespugli. Ma non doveva fare una mossa del genere.

La Cacciatrice-Vampiro si rotolò nella polvere e finì con la testa rivolta al verde di quelle piccole piante che davano un po’ di colore alle mura grigie della Prigione. Lei si arrabbiò e si accese ancora di più di ira, voleva e doveva attaccare ma non aveva arma per ucciderlo.

E fu allora che la sua attenzione si portò su alcuni luccichii che venivano dal cespuglio, frammenti dello specchio che lei aveva infranto il primo giorno. Un sorriso e raccogliendone uno si alzò e, pulitasi la polvere di dosso, attaccò l’uomo veloce come una gatta piena di vendetta.

L’uomo rimase fermo non riuscendo a decidere quale mossa usare per bloccare quella ragazza che adesso agiva con istinto. La Cacciatrice balzò verso di lui e lanciò il frammento di specchio contro la gola dell’uomo puntando alla giugulare. Una mossa precisa e perfetta con un taglio netto della gola, l’uomo, spalancati gli occhi, si accasciò a terra mentre il sangue macchiava il terreno. Un lago di sangue circondò l’uomo e alcune gocce erano finite anche sul corpo e sui vestiti della ragazza.

Lei si ricompose e si allontanò dal corpo lasciato a terra, aveva commesso un crimine davanti ad occhi innocenti ma la cosa non le importava poi molto. E la bambina invece di guardare il corpo riverso a terra osservò la ragazza che si allontanava. Ecco la cacciatrice-Vampiro che aveva sognato, che l’avrebbe protetta da tutto e adesso aveva ucciso un suo aguzzino.

La gattina si allontanò, si aspettava un attacco da parte delle guardie che erano senza parole dopo tale scena. Allora lei si voltò verso quello sbruffone che stava nel suo sangue e poi andò a posare lo sguardo sulla bambina che la osservava piena di ammirazione. Lei sorrise appena non sapendo che quel sorriso le sarebbe costato caro.

 

Le guardie stavano lì silenti e sorpresi, tutto era successo in molta fretta.

Il capo delle guardie, quel capitano biondo si avvicinò di corsa alla Cacciatrice-Vampiro prendendola per il braccio “Cosa mi tocca fare, un capitano comanda non deve punire i detenuti” urlava lui andando a strattonare la ragazza rivolgendosi a quelle guardie che non riuscivano ad agire. Gli occhi freddi e amorfi si puntarono sulla giovane e osservandola disse “Credo proprio che qualcuno oggi andrà a fare compagnia alle fruste” poche parole mentre la guardava osservando quelle gocce di sangue sul viso di lei.

Lei sorrise e replicò “Cos’è vuoi portarmi nella stanza degli orrori, come la chiamate voi? Ma che paura…” tronfia e ancora accesa dall’ira che l’aveva spinta ad uccidere quell’uomo. Von Kaunitz restò silente osservando quella spregevole persona che teneva per il braccio.

Aveva un bel coraggio a rispondere, ma se avesse usato i modi usati con lui all’accademia, a quella simpaticona si sarebbe cancellato il sorriso sul viso.

Un galoppo ruppe il silenzio e il pelato che doveva accompagnare la gattina arrivò per condurre come suo solito la ragazza. Il capitano era stato messo al corrente di questa cosa ma non sapeva dove lei andava e soprattutto non sapeva chi fosse lei, come lei non sapeva l’identità di lui.

Lui lasciò la presa e lei lo guardò senza abbassare lo sguardo, una sfida era nata tra i due che presto si sarebbero scontrati nuovamente. Lei si voltò e allontanandosi salì sul cavallo e venne portata via da quel posto.

Ora non sapeva cosa aspettarsi dato che la solita routine era stata alterata.

 

 

 

 

 

Ecco alla fine il capitolo 21.

Lo so che i tempi di aggiornamento sono oramai lunghissimi ma spero che l’attesa valga la pena…Ok mi sa che la battuta non piace e state reclamando la mia testa su un piatto d’argento.

Comunque la storia continua, e adesso sono arrivati questi nuovi personaggi in mezzo: La bambina e il Capitano delle Guardie della Prigione, tale Von Kaunitz.

Spero vi sia piaciuto e al prossimo capitolo.

 

Cassandra14

   
 
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