Mettere
citazioni ad inizio capitolo fa figo,
basta che non siano di Oscar Wilde.
-Mankind17_13
Vincent era diretto verso il negozio d’ armi.
Camminando per le grigie strade della città di Edge, ancora ben lontane dal potersi definire gradevoli, si rese conto di quanto il suo abbigliamento fosse un pugno in un occhio rispetto al grigiore imperante.
Già da tempo aveva abbandonato quel suo gusto malsano per le cinghie e per le calzature pop-art, preferendo un abbigliamento più comodo e meno appariscente, come potevano essere i completi eleganti e le scarpe che aveva iniziato a sfoggiare da qualche mese. Reminiscenze del suo passato da Turk.
Tuttavia, non era ancora riuscito a rinunciare ad una bandana tra i capelli ed al suo mantello, ormai paragonabile ad una coperta di Linus, banchetto di tarme e proiettili.
Finalmente arrivò in prossimità dell’ armaiolo.
Era una nuova gestione, negozio e mercanzia erano stati completamente rinnovati. Se all’ esterno sarebbe potuto sembrare un normalissimo negozio, all’ interno la bizzarria e lo strampalato facevano da padroni.
Maschere tribali di ogni forma, colore e dimensione stavano appese sui muri, incutendo profondo timore ai clienti meno coraggiosi o matti. A parte il bancone, inoltre non vi era un solo mobilio che ospitasse sulla sua superficie un’ arma.
Appoggiate ai muri laterali, incorniciate dalle maschere, vi erano delle imponenti cristalliere d’ epoca, contenenti paradossalmente pupazzi e bambole di porcellana, tutte perfettamente sistemate, vestite e curate. Sembravano vive.
Seduto al bancone
stava invece il proprietario di quella pazzia: Roger “Dracula” Schweinsteiger. Era un uomo enorme, sui due metri di
altezza, con dei lunghi mustacchi impomatati ad
evidenziare le labbra carnose. Ormai andava per la sessantina, ma il suo fisico
scultoreo ed il suo sguardo austero e imperscrutabile
facevano venire la tremarella a molti ventenni palestrati.
Il soprannome Dracula era dovuto alla sua agorafobia, che gli impediva di uscire dal suo maniero, non consentendogli di prendere il di sole. Vincent aveva riflettuto spesso su chi, tra i due, fosse più pallido.
“Salve Roger” salutò Vincent.
Roger Schweinsteiger alzò lo sguardo dal suo ultimo lavoro: un
fucile a cinque canne disposte a pentagono.
Esaminò per un momento il
cliente appena entrato, stringendo leggermente gli abbaglianti occhi azzurri a
causa di una leggera miopia.
“Vincent Valentine! Il mio miglior cliente dall’ ultima volta che
ho avuto una scottatura! Che piacere averti qui! Ancora alla
ricerca di armi strane?” ricambiò Roger.
Vincent abbozzò un mezzo
sorriso. Roger era veramente una persona strana, ma riusciva a metterlo a suo
agio. Inoltre, proprio nel suo strambo negozio era riuscito a trovare
“Non ti preoccupare! Quella
pistola non era nulla di speciale, sapevo che con un pistolero come te non
sarebbe durata. A grandi uomini vanno grandi pistole. Lo dico sempre!”
“Hai qualcosa per me?”
“Uhm..
fammi pensare..”
Scomparve dietro una tenda
posta in ombra oltre il bancone. Si sentì un forte fragore metallico, come di
un uomo che si mette a frugare tra annate intere di pistole di ogni specie.
Riemerse dal suo antro con un’ arma a dir poco
assurda.
Era un revolver, forse. Di
certo non aveva mai visto un tamburo a venti colpi ed
una canna di sessanta centimetri. Il calcio e la canna erano ricoperti da fini
decorazioni in argento, rappresentanti dei motivi floreali, ninfee, per la
precisione.
“Bella
vero?” chiese entusiasta Roger.
“Sì…insolita” rispose
stranito Vincent.
“Eh eh,
ed ha una storia tremenda alle spalle, non è una mia creazione”
“Una storia?”
“Sì, era
stata fatta costruire da un milionario proprietario di una miniera. Mi segui?
Questo tizio era appassionato di pistole e, per lasciare il segno, aveva
preteso di farsi costruire una pistola che portasse il suo nome. Solo che l’ armaiolo incaricato, era l’ amante della giovane moglie
annoiata del nostro riccone. La pistola che ne venne fuori era così potente,
che per il rinculo a quel poveraccio saltò via il braccio. Passò in molte altre
mani, tutte fatte saltare via dalla potenza di quest’ arma.
L’ ultimo proprietario è stato un SOLDIER.”
“Che fine ha fatto?”
“Frantumazione
di tutte le ossa dalla punta delle dita fino alla spalla. Fortunatamente quegli strafatti sono dei
tipi duri, quindi il braccio è rimasto attaccato al corpo”
“E cosa ti fa pensare che il
mio possa resistere? Date le mie condizioni, non è certo una valutazione molto
saggia”
“Perché tu sei speciale, lo
so.”
Vincent toccò la micidiale
arma. Sentì una voce.
Tu chi sei Bocconcino?
Vincent si guardò intorno
per trovare la sorgente di quella voce.
Non guardarti intorno Bocconcino, sono qui. Mi
stai toccando.
La voce era nella sua testa.
“Sei la pistola?” pensò
Vincent.
Si, ho sconfitto talmente tanti
uomini da aver sviluppato una mia coscienza, perché sono più forte. Ma tu, tu non sei un semplice uomo Bocconcino, tu potrai
usarmi.
“Hai un nome?”
Il mio creatore di Cognome faceva Harrison. Chiamami Gon,
Harrison Gon.
“E sia” disse Vincent
ad alta voce “La prendo”
“Ottima scelta” disse Roger.
Senza ulteriori
parole, Roger tornò nel magazzino oltre la tenda, da cui sbucò pochi minuti
dopo con un enorme fodero di cuoio nero, completo di imbragature.
“Beh, ad
una pistola grande serve una fondina grande. Pensavi di nasconderla nei
pantaloni?” disse Roger vedendo l’ espressione
dubbiosa del suo cliente.
Quest’ ultimo indossò l’ imbragatura, in modo tale
che il fodero si trovasse sulla sua schiena, in mezzo alle scapole.
“Però il mantello ti sarà d’ intralcio. Oltretutto è un colabrodo.”
Vincent rifletté un momento,
poi si tolse il mantello, piegandolo accuratamente.
“Come iniziare una nuova
vita” disse tra sé.
“O vivere quella che si ha
già. Buona fortuna Vincent, sento di dovertela augurare.”
“Grazie
Roger, arrivederci.”
La mattina successiva, in sella al suo chocobo,
il clone avanzava rapidamente, rimproverando spesso al suo destriero di non
saper galoppare; rovinando così l’ ipotetica atmosfera
western che aveva tanto desiderato per la sua entrata.
Arrivò alle porte di Edge, un po’ deluso
dalla bruttezza del luogo, così differente dalla città che si era immaginato
con Saloon e cowboy.
Il duello, pensò, ci sarebbe comunque stato, sissignore, e l’ avrebbe fatto fuori il suo originale, così da diventare
il vero protagonista della storia.
Dopotutto, cosa aveva in più l’ originale?
La melanina, un semi-dio al suo interno, uno stuolo di
fan ed un ruolo da protagonista in un sequel…
“Accidenti, non leggere così nei miei pensieri.
Piuttosto, concentriamoci sulla storia!” disse a se stesso.
Prese la cartina che gli era stata consegnata dal damerino in-sfregiabile, gentile regalo per compensare un senso dell’ orientamento paragonabile a quello di una bussola
nella terra delle calamite. Zone del cervello, sconosciute allo scrittore,
erano state irrimediabilmente danneggiate, o per meglio dire, costruite alla
ben meglio dal creatore. Quindi, non solo il clone era completamente sprovvisto
di senso dell’ orientamento, ma anche la sua
personalità ed il suo gusto estetico avevano raggiunto parabole di assurdità o
idiozia -a dir si voglia- potenzialmente infinite.
Come non citare il bizzarro soprabito nero a
quadretti rossi, i pantaloni mimetici bianchi e neri o il cravattino texano
bene in vista sulla camicia bianca. E che dire, poi,
dei ridicoli occhiali da sole a forma di stella.
“Ehi, non sono ridicoli” ribatté al vento il clone.
“Ma che vento e vento, ti sento benissimo,
stupida voce narrante” disse scioccamente, non rendendosi conto di non essere
per nulla concentrato sulla storia.
“Va bene, non lo faccio più.” Concluse, fortunatamente.
Girò e continuò a rigirare la cartina con fare dubbioso per un bel
pezzo, trovando complesso persino orientarsi su di essa. Quando, con estreme
difficoltà, trovò il verso giusto, si diresse a galoppo verso il suo obiettivo,
o almeno lui credeva di galoppare, dopotutto era ancora sopra ad un chocobo.
Dopo circa tre ore, durante le quali era
riuscito a perdersi su almeno quattro sensi unici, vide un angelo.
Era una ragazza bellissima, dai lunghi capelli castano scuro e gli
occhi rossi ma soprattutto, notò il clone, dall’ enorme
seno.
Ma, come poté notare il nostro antieroe dal suo punto d’ osservazione, quella mirabile visione era pedinata da tre
balordi, non più belli dello sterco di un moguri
affetto da diarrea e, dall’ espressione, non più intelligenti di un cane con la
testa fracassata.
Il clone, bisogna dirlo, non aveva la minima concezione di concetti
come: discrezione, umiltà o diplomazia. Il non-tempo passato nel relativo gli era servito solamente a visionare tutti i film di Clint
Eastwood e John Wayne, oltre che per divorare annate
di Tex. Non sorprende dunque, se la sua prima azione fu:
BANG!
La gente per la strada rivolse lo sguardo verso la direzione del
rumore. Sconcerto e paura, miste a curiosità sorsero alla vista del bizzarro
albino in sella ad un chocobo.
Sembrava decisamente un cowboy, passato per sbaglio in
un concerto rock anni ’80 e finito in una rosticceria a chiedere una
cavalcatura.
I tre balordi, terrorizzati dal proiettile passato a circa due
millimetri dalle loro teste, videro quella stranezza ambulante avvicinarsi.
Come già spiegato, discrezione e diplomazia appartenevano a quella serie
di comportamenti che il clone aveva elegantemente buttato nello scarico del
water. Si fece sempre più vicino, la 44 Magnum bene in
vista ed un sorriso ben poco rassicurante sul viso.
“Ehi voi, feccia. Vi ho visto, sapete? Cosa
volevate fare a quella ragazza?”
I tre non risposero. Il clone puntò la pistola in aria, sparando tre
colpi.
“L-la stavamo
pedinando!” balbettarono, colmi di panico.
Il clone scese dalla sella, arrivando a puntare la pistola alla
fronte delle sue vittime.
Come dal nulla, un possente pugno andò a schiantarsi sul suo zigomo,
sbalzandolo a qualche metro di distanza, mandandolo irrimediabilmente a terra.
Nel frattempo i tre balordi erano riusciti a scappare.
“Ehi!” disse rialzandosi “Ti stavo aiutando”
“Grazie tante” ribatté la ragazza “Se per aiutare intendi mandare
quasi nel panico un’ intera via solo per fare lo
spaccone con tre smidollati devo proprio dirtelo, sei un idiota.”
“Ho il cervello un po’ bacato, lo ammetto, tuttavia mi devi
concedere una cosa: l’ entrata era molto western.”
“Ti concedo tre secondi per dirmi chi sei e cosa ci fai qui armato
con quel cannone.”
Il clone rimase interdetto. Non poteva certo dirle
la verità, dopotutto la sua storia, ad una mente razionale, poteva risultare l’
allucinazione provocata da una canna di pon pon di moguri…da un bel
quantitativo di canne per essere precisi. Insomma, essere il clone di un mutaforma posseduto da un semi-dio, creato da tre tizi
senza volto residenti in un non-spazio a cavallo tra esistenza ed inesistenza non era certo una storia credibile.
Pensò velocemente, in modo tale da crearsi un background credibile.
Ma, come già ribadito ai lettori, il suo cervello non
era dei più sani.
“Sottolinea ancora questo aspetto e passo a
narrare in prima persona” minacciò il clone.
“Come?” chiese un poco alterata la ragazza.
“Ehm, sono un ex cavia della Shinra, ho perso la memoria in seguito ad un rigetto dell’
energia mako nel mio corpo e ad una successiva caduta
da chocobo, dimenticando il mio nome ed i miei
ricordi in generale. Ho vagato per mesi e mesi, sono finito ad
un concerto dei Twisted Sisters
e mi son ritrovato con questi vestiti la mattina successiva, durante le prove
dei Boston. Dopo di che ho vagato senza meta fino a giungere in questa città dimenticata da…non ricordo, abbiamo una divinità su questo
pianeta? Infine eccomi qui”
“Santo cielo, è una storia talmente assurda
che non potrei crederci nemmeno vivendola.”
“Eppure dico la verità mia cara…posso
sapere il tuo nome?”
“Beh, dopotutto ti ho rifilato un pugno, inoltre uno che mente così
male non può essere poi così cattivo. Mi chiamo Tifa. Tu non ricordi il tuo, esatto?”
“Uh? A questo si può rimediare. Beh, puoi
chiamarmi…Wincent, è un nome che mi è sempre
piaciuto.”.
Inconsciamente, il clone si era appena auto-battezzato.
“Ehm…per caso non avresti del ghiaccio?”. Disse, toccandosi un po’
dolorante lo zigomo dove la ragazza gli aveva mollato il pugno.
“Non qui” fece lei, guardandolo impietosita “gestisco un locale poco più di là” disse
indicando il fondo della via “lì ho tutto il ghiaccio che vuoi.”.
Ho provato a fare
ben due descrizioni, ce la metterò tutta per completarmi un pochino di più. è_é
E con questo
capitolo abbiamo quasi finito di inserire i personaggi principali, ne mancano
giusto un paio.
Come avete potuto
notare, Wincent non ha per nulla lo stesso carattere
di Vincent ma anzi, è più simile ad un Kefka sotto anfetamine e psicofarmaci, per non includere le
mille varietà di droghe pesanti e leggere. Anche il suo stile di battaglia ed alcuni poteri saranno inediti, ma quelli principali (Le
mutazioni) rimarranno invariati.
Harrison Gon, la nuova pistola di Vincent. Inizialmente volevo
fargli costruire una nuova Cerberus, ma Wicked Soul mi ha dato l’ ideona e perciò la ringrazio. Il nome Harrison Gon ha due fonti: innanzitutto Harrison Ford, attore che
spero tutti conosciate. In secondo luogo Gon, era il
nome di un fucile nella versione britannica di “uomini d’ arme”,
bellissimo Fantasy-Thriller-Commedia dell’ autore inglese
Terry Pratchett, sempre sia lodato. Naturalmente Gon è la parodia di Gun.
Il mitico (almeno
per me) Roger “Dracula” Schweinsteiger, è
basato sull’ ideale di uomo che vorrei diventare.
Soprattutto per i baffi ben curati ed impomatati, un
mio sogno fin da quando ho visto la serie Tv di Hercule Poirot.
Il cognome l’ ho preso dal giocatore della nazionale
tedesca di calcio dato che, senza rendermene conto, mi sono ritrovato a
pronunciarlo incessantemente. Adoro i cognomi tedeschi, eccetto quello dei
gemelli dei Tokio Hotel, perché non sono ancora ben
riuscito a pronunciarlo.
Infine, grazie a
tutti per i commenti che mi avete fatto e che mi farete, a Wicked
Soul, OWA (il The lo ometto perché non so quale dei millemila sei: Con Crisis Core le monoali sono diventate
una moda, per giunta un po’ cretina, o almeno, io preferirei averne due di ali,
per simmetria o, ancora meglio, ventiquattro, per appagare il mio smisurato ego.)
Arysan e tutti quelli che hanno letto, con la
speranza che un giorno commentino, in modo da non essere vittime di anatemi
lanciati dall’ autore. È
tutto!
Anzi no, vorrei
rendervi partecipi delle musiche che ascolto mentre immagino le gesta dei miei
personaggi. Come? Non ve ne frega nulla? Fic mia,
gestione mia cari.
Ecco una breve
lista:
Create: Daft Punk - Harder, Better, Faster, Stronger.
Change: Moby - Bittersweet Simphony (Remix
techno)
Destroy: P.O.D. - Boom
Vincent: The Beatles - Helter Skelter .
Wincent: King Crimson - 21st
Century Schizoid Man
Ora è veramente
tutto! Hail 2 U!