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Autore: ghirigoro    20/07/2010    4 recensioni
Cosa succederebbe se, appena orfana, arrivasse da New York la nipote di Slash? -FOTTITIIIIIIIIIIIIIIIIII!!!!!- gli urlai. Lo zio era...scandalizzato? -Signorinella! Ma chi ti ha insegnato queste parole?!- -Tu.- Dall'altro capo della stanza, Duff disse, rivolto ad Axl:-50 dollari sulla bimba.-
Genere: Romantico, Comico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Dear Uncle Slash'
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Attenzione, parte triste!!!!!

Erano passati quindici minuti ma lo zio non si faceva ancora vivo.
Cominciavo a preoccuparmi, perchè, si sa, un folle non va mai lasciato da solo.
Mi alzai da tavola proprio quando la cameriera ci portava il resto dei piatti, e mi diressi verso il bagno.
Una porta blu recava un cartello con su scritto "Bagno: sin. donne des. uomini. Indecisi e trans... boh, cazzo so, dove vogliono"
Senza farmi vedere, scivolai verso destra, cercando lo zio.
Non lo chiamai, in fondo ero una ragazzina in un bagno degli uomini...
Sentii del rumore e degli schiamazzi provenire da una stanzetta, e riconobbi la voce dello zio.
-Apri queste gambe, cazzo!- ringhiò da dietro la porta.
-Ci provo, ma ho la gonna!-
-E allora la togliamo!-
Sentii il rumore di qualcosa che cade.
Non riuscivo a crederci... cioè, ci credevo che stava scopando, in fondo non era una cosa strana, ma ero lo stesso... non so come mi sentissi in quel momento...
Aprii la porta, implorando alla mia mano di fermarsi.
C'era lo zio, con i pantaloni abbassati, che schiacciava contro la parete una ragazza.
Per un attimo vidi i suoi occhi, e rabbrividii.
Mi ricordavano gli occhi di un cadavere, vuoti ma pieni...
Poi la guardai meglio: l'avevo già vista da qualche parte?
No, non mi sembrava... eppure vedevo qualcosa di familiare in lei...
Poi capii, e spalancai gli occhi.
Io, io che avevo sempre guardato male le ragazze troppo disinibite, io che fino a poco tempo prima avrei tirato uno schiaffo a uno come Jeff... io ero come quella ragazza.
E la cosa mi feriva, mi opprimeva, non mi lasciava respirare senza ricordarmi che, senza la parentela, avrei potuto essere io quella che lo zio stava spogliando.
Mi sentii subito sporca, sbagliata, mi sentii una puttana, per dirla breve.
E, allo stesso tempo, sapevo di non esserlo, mi sentivo ingannata.
Quanto tempo sarebbe durato? Quanto tempo avrei ancora avuto uno zio, una famiglia, degli amici, per quanto tempo ancora avrei sorriso?
Quanto sarebbe passato prima che tutti si dimenticassero di me, prima di diventare solo una scocciatura, una a cui mandare ripetitive e fredde cartoline di Natale?
Per quanto tempo sarei stata Samantha, e non uno sfocato ricordo?
E, soprattutto, che cosa c'entravo io? Ero arrivata e non avevo atto altro che complicare la vita di tutti.
La ragazza si girò verso di me e arrossì..
Avevo continuato a guardarli per tutto il tempo, senza quasi accorgermene.
-Hey, hey, quella ci guarda!-
Lo zio si voltò nell'attimo in cui sparii richiudendo la porta.
-La conoscevi?-
-E che ne so, mica l'ho vista...-
-Era piccola.-
-Non ho bambine in casa.-
-Nemmeno adolescenti? Figlie, sorelle, nipoti?-
Una pausa, silenzio.
-No, vivo da solo. Non sono così idiota.-
-Secondo me era tipo tua nipote, una ragazzina mica viene a vedere due che scopano se non li conosce.-
-No, cazzo, ti ho detto che non ho nessuna nipote!-
Che cosa mi aspettavo? Che dicesse "Oh, cavolo, magari era Sammy!"? No, lui era Slash, il grande Slash. Non aveva tempo per sentimentalismi. Non quando doveva fare bella figura.
Stavo piangendo, è vero.
Ma chi non avrebbe pianto, in quella situazione, sentendosi rinnegare dal proprio unico parente?
Uscii di corsa dal bagno, cercando di respirare tra un singhiozzo e l'altro, ma non riuscendoci.
Non appena mi videro i ragazzi, al tavolo, si alzarono di scatto e fecero per venirmi incontro.
Poi lo zio uscì dal bagno con la ragazza, ripetendo ad alta voce di non avere nessuna nipote.
Tutti erano rimasti fermi, lo zio boccheggiò e tese una mano verso di me.
La scansai e corsi fuori , verso la macchina.
William scese in fretta e mi si avvicinò.
-Che è successo?- chiese, preoccupato.
Balbettai qualcosa tra i singhiozzi, ma il non riuscire a parlare mi faceva piangere ancora di più.
William mi prese delicatamente tra le braccia e mi accarezzò i capelli, sussurrandomi parole di conforto.
Mi sentii meglio, lì, contro il suo petto, ma subito ricordai i pensieri che avevo avuto nel bagno e mi allontanai.
William parve dispiaciuto.
-Samantha!-
Mi voltai e Jeff mi abbracciò con dolcezza.
-Non...- singhiozzai, ma non riuscii a finire la frase.
Mi strinse di più, dandomi un bacio sulla testa.
Capii, non aveva bisogno che parlassi.
-Vorrei tanto dirti che quello che è successo stasera non accadrà più, ma ti mentirei. Lo farò anche io, forse, e sarei egoista a dirti che non dovresti odiarci. Sappi che non mi dimenticherò mai di te, e neanche Slash. Lui ti vuole bene, Samantha. E' che è una testa di cazzo, un coglione senza freni. Non l'ha detto per ferirti, questo lo sai anche tu. Ma l'ha detto, e ti ha ferita... e tu hai tutte le ragioni del mondo per essere arrabbiata...- mi sussurrò.
-Voglio andare via di qua...- singhiozzai, nascondendo il viso tra le pieghe della sua maglietta.
Alzò la testa, verso William.
-Non mi sembra il caso di prendere la macchina, e poi non ho le chiavi... prendiamo un taxi, va bene?-
Annuii, senza staccarmi da lui.
-Lo chiamo.- si offrì Willia, correndo verso il ciglio della strada.
-Willy...- cominciò Jeff.
-Non ti preoccupare, resto qui.- disse lui, leggendogli nella mente.
Jeff sorrise e mi diede un bacio sulla testa, accarezzandomi la schiena.
Una macchina gialla si fermò davanti a William, Jeff mi prese la mano e mi fece salire.
-Dove andate?- chiese sbrigativo ma cordiale l'anziano tassista al volante.
Si girò a guardarci.
-Hey, piccola, che c'è da piangere?- mi chiese gentile.
-Oh, niente, le solite cose da ragazze.- rispose Jeff, e lo guardai male.
-Allora, dove vi porto?-
-Curtis Street, Maywood, per favore.- disse Jeff, tendendogli una banconota.
-Mi sa che 20 dollari non basteranno, figliolo. E' praticamente fuori città.-
-Oh, certo... vediamo... quaranta?- mormorò lui, tirando fuori un'altra banconota.
-Sì, dovrebbero bastare.-
Vidi lo zio uscire di corsa dal ristorante, seguito a ruota da Duff che cercava di fermarlo.
-Non farai che peggiorare le cose!-
-Andiamo via di qua.- bisbigliai sottovoce, stringendomi a Jeff.
Il taxi partì, rincorso dallo zio, senza fermarsi.


*-*-*

La casa di Jeff era assolutamente disordinata, ma ciò non mi importava.
Richiuse la porta e mi portò sul divano e accese la televisione, che nessuno di noi due guardò.
Mi appoggiai al suo petto e lo strinsi quando si sdraiò.
Restammo così, abbracciati sul divano, finchè qualcuno non bussò alla porta.
C'era lo zio che mi chiamava, fuori.
-Vuo che apra?- mi chiese Jeff.
-No.-


Ok, sono tornataaa!! E ho scoperto di essere l'unica persona sulla faccia della terra ad essere stata investita da una pecora del Connemara. Ed è deprimente...
Ma ciancio alle bande: capitoletto triste, no? E' che mi sono resa conto che non funziona così... la vita non è mai veramente felice...
  
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